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Cominciamo ora ad esplorare un percorso già battuto da studiosi autorevoli ai quali ci si rifà quasi interamente per questo paragrafo. I primi studi sulle fonti scritte si devono a G.P. Bognetti e M. Cagiano De Azevedo. In particolare quest’ultimo si interessò alla terminologia relativa all’abitare presente nelle documentazioni alto medievali201.

Nelle prossime righe invece, si riprendono in particolare le utilissime sintesi di Paola Galetti che ha analizzato le fonti scritte del periodo medievale alla ricerca di tracce per ricostruire l’edilizia in materiale deperibile.

Le sue ricerche hanno fatto da contraltare a quelle sul campo dei più importanti archeologi medievisti italiani202, completandole.

Nel periodo compreso tra il IV e l’VIII secolo la legislazione prodotta dai cosiddetti “barbari” contiene numerosi passi riferiti all’attività edilizia203. Ogni popolazione che si insediò in Italia cristallizzò le proprie consuetudini giuridiche, tramandate solitamente per via orale, in codici legislativi scritti che prendono oggi il nome di leggi barbariche. In queste leggi si integra il diritto consuetudinario di popolazioni alloctone con lo “ius comune” del defunto impero romano, le cui leggi erano tuttavia ancora vigenti per chi abitava l’Italia al tempo delle invasioni.

Le leggi barbariche hanno come caratteristica principale, utile per gli archeologici, di legarsi a situazioni di vita molto concrete, senza gli astrattismi del diritto romano204.

Galetti ci ricorda come i popoli germanici avessero un rapporto totalizzante con le ampie distese forestali con le quali convivevano: su di esse ruotavano l’economia, lo stile di vita e l’atteggiamento mentale. Il legno è infatti il materiale da costruzione prevalentemente menzionato in questi testi. La normativa visigota (V – VII sec.) punisce duramente chi incendia o taglia alberi, segno che il legno era tenuto in gran considerazione, presumibilmente anche come materiale da costruzione. Esaminando la legislazione Burgunda (V – VI sec.) la selva è considerata un’importante riserva di materie prime che poteva essere sfruttata da tutti per usi personali ma non come fonte di approvvigionamento di frutti o di materiale da costruzione (sono citate come specie pini e abeti). Inoltre una serie di norme sono state promulgate al fine di prevenire gli incendi, segno che molte abitazioni erano in gran parte composte da materiali infiammabili, come il legno. Nell’elencare l’importo da risarcire per l’uccisione di un servo il carpentarius è uno di quelli che valgono di più.

201 CAGIANO DE AZEVEDO 1974.

202 Cfr. GALETTI 1994, GALETTI 2010 nei convegni dedicati all’edilizia in età altomedievale. GALETTI 1997 e

GALETTI 2004, sono invece monografie dedicate all’edilizia e ai modi di abitare nel Medioevo.

203 Di seguito si farà riferimento alle seguenti edizioni: Leges Visigothorum, ed. a cura di K. Zeumer, in Monumenta

Germaniae Historica (M.G.H), Leges Nationum Germanicaru m , I, Hannover-Lipsia,1942; Lex Romana

Wisigothorum, ed. a cura di G. Haenel, Lipsia, 1849; Leges Burgundionum, ed. a cura di L.R.Von Salis, in M.G.H., Leges NationumGermanicarum,II/I, Hannover, 1892; Lex Salica, ed. a cura di K.A.Eckhardt, in M.G.H., Leges Nationum Germanicarum, IV/ Hannover,1969; Pactus Legis Salicae, ed. a cura di K.A. Eckhardt, in M.G.H., Leges Nationum Germanicarum, IV/I, Hannover, 1962; Lex Ripuaria, ed. a cura di F.Beyerle, R.Buchner, in M.G.H., Leges Nationum Germanicarum, III/II, Hannover, 1954; Leges Alamannorum, ed. a cura di K.Lehmann, in M.G.H., Leges nationum Germanicarum, V/I, Hannover, 1966; Edictus ceteraeque Langobardorum Leges, ed. a cura di F.Bluhme, in M.G.H., Fontes iuris germanici antiqui in usum scholarum, Hannover, 1869; Lex Baiuwariorum, ed.a cura di E.Schwind, in M.G.H., Leges, V,

Hannover, 1926.

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Forse perché questa popolazione era nota per la sua abilità nella costruzione lignea, e con essa si guadagnava da vivere.

Anche le leggi dei Franchi (V-IX secc.) punivano gli incendi e chi rubava o incendiava riserve boschive, in particolare le selve per la produzione di legname da costruzione (indicato con la parola

materium / materiamen). Materia è il termine latino per indicare il legname da costruzione, e materiarius

era l’artigiano che si occupava della sua lavorazione.

La legislazione alamanna (VI – VIII secc.) è molto precisa nell’elencare pene differenziate a seconda dell’oggetto dell’incendio. Distingue addirittura tra incendio di stalle per cavalli ed incendio di stalle per suini e bovidi.

Molto più esplicita è la legislazione longobarda (VII sec.), che è stata a lungo l’unica fonte sulla quale si basavano le conoscenze sulle abitazioni altomedievali. Al comma 145 si menzionano case costruite in legno e pietra (sono usati i termini arbor aut lapis). Più avanti si punisce chi provoca danno o incendi a “casa erecta ligna” oppure legname accatastato “ad casam faciendam”205.

La normativa bavara (VIII sec.) è anch’essa particolarmente interessante, in quanto contiene norme che puniscono diversamente a seconda di quale parte della casa si danneggia. Si fa riferimento a travi portanti angolari e centrali dette columnae, travi che tengono insieme la casa dette spangas. Galetti così interpreta la legislazione bavara “La struttura più probabile che queste norme ci rimandano è quella di un edificio con colonna portante del tetto centrale, quattro colonne angolari interne e quattro esterne; perciò un edificio con tetto a quattro spioventi. I muri interni e quelli esterni sembrano essere di pali tenuti uniti dalle travi su cui si inseriscono gli spioventi del tetto e da travi esterne. È possibile immaginare rifiniture con tavole lignee”206.

In età carolingia alle leges si affiancarono i capitolari, da intendersi come frutto del diritto del sovrano ad emanare leggi e farle rispettare. Queste fonti sono anch’esse rivelatrici di consuetudini edilizie. In un capitolare del 789 emanato da Carlo Magno, nel quale si elencano le attività che non si possono svolgere la Domenica, in quanto giorno di riposo, troviamo la costruzione di case in pietre e legno (i termini utilizzati sono petris et arboris); in altri capitolari sono menzionati carpentieri e falegnami, tra le professioni necessarie alla vita di una città o di una villa207.

Tra le altre fonti utili si trova anche Isidoro di Siviglia (VI – VII sec.), di origine visigota, diligente compilatore delle Etymologiae. Nello spiegare l’origine delle varie parole ci fornisce una buona descrizione della tecnica del pisé (libro XV), mentre nel libro XIX ci indica come venivano costruiti i mattoni in adobe, che vengono fabbricati con stampi in legno208. Isidoro è una fonte che riprende le nozioni dei trattatisti latini, anche se con intento mnemotecnico ed è quindi chiaramente diverso dalle fonti legislative a lui coeve.

205 Editto di Rotari, rr. 282 e 283.

206 GALETTI 1994,p. 22.

207 GALETTI 2004, p. 25.

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Tra i secoli VIII e X notizie utili a capire le modalità costruttive possono essere desunte anche dalla documentazione privata, soprattutto analizzando la terminologia che compare nei vari contratti. Le tipologie abitative più menzionate sono due: la casa /solarium a sviluppo verticale e la casa a sviluppo orizzontale sul pian terreno dette casae terranae. La prima caratterizzava le aree urbanizzate o comunque recintate, mentre le seconde erano più diffuse in ambito rurale209. La casa solariata sembra avere, con tutte le cautele del caso, maggior valore, dato probabilmente dalla maggiore complessità costruttiva. Gli studi del Cagiano210 ricordano la continua menzione di termini quali solarium ed altri riferimenti all’esistenza di un piano superiore che lo inducono ad ipotizzare una

tendenza a risedere nei piati superiori, tendenza che sarebbe, secondo Barbara Bianchi211, l’origine dell’elevazione delle case – torri, status symbol dei secoli successivi212. Per quanto riguarda l’articolazione interna, prevalgono tipologie poco complesse, con un unico locale nel quale si svolgeva la vita quotidiana degli abitanti. Nella documentazione relativa a trattative tra persone di alto rango sociale l’articolazione degli ambienti era più complessa.

Oltre a citazioni esplicite come quella della presenza di un edificium lignum a Pavia in una permuta del 970213, altri riferimenti indiretti all’uso di legno nelle abitazioni si possono trovare nei contratti di locazione tra IX e X secolo. L’affittuario, quando lasciava l’abitazione poteva asportare tutto, tranne le strutture edilizie. Il che significa che potevano essere asportate come testimoniano edifici storici più tardi, in cui alcuni elementi lignei sono chiaramente di reimpiego214.

Molto interessante è anche quanto riportato da Galvano Fiamma “est sciendum quod civitas mediolani,

propter multas destructiones non erat interius muratis domibus aedificata, sed ex cratibus et palibus quam plurimum composit”. 215 Le abitazioni di Mediolanum erano quindi in materiali deperibili e la menzione di cratibus e palibus fa pensare ad una tecnica a telaio ligneo con riempimento in torchis. Abitazioni di questo tipo del resto sono rappresentate in fonti iconografiche molto più tarde (vd. Figg. 1 e 2), che ne segnalano la persistenza fino agli inizi della rivoluzione industriale.

209 GALETTI 1997, p. 59. 210 CAGIANO DE AZEVEDO 1974,p. 36. 211 BIANCHI 2012. 212 SANTANGELI VALENZANI 2011, p. 142. 213 GALETTI 1997, P.92 214 GALETTI 1997,p. 94.

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Fig. 1 - Stralcio di un disegno di Vincenzo Seregni: Stato della costruzione del Palazzo Giureconsulti sul finire del XVI sec., fine del

XVI sec., Raccolta Bianconi, Milano. Come si vede case in legno del tutto simili a quelle di ambito germanico erano

presenti anche a Milano in piazza dei Mercanti, immediatamente adiacenti al Palazzo dei Giureconsulti.

Fig. 2 – Giuseppe Elena, Veduta della Piazza della Vetra in Milano, 1833, Olio su tela, Collezione Fondazione Cariplo. Si notino sulla destra della scena le case completamente lignee, oltre all’annesso al campanile della chiesa di San Lorenzo.

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Altre testimonianze indirette provengono dagli elenchi di attrezzi in dotazione alle proprietà rurali: non mancano seghe, pialle, asce, segno che anche i contadini avevano molte nozioni in materia di carpenteria216.

Altre notizie sull’edilizia provengono dalle fonti agiografiche, fonti dai fini molto più aulici che non la descrizione materiale degli abitati, ma che raccontano storie ambientate nella realtà e ad essa fanno riferimento. Così, il biografo di San Colombano, Gionna di Susa, monaco di Bobbio (prima metà del VII sec.) ci ricorda l’abilità dei monaci come carpentieri e falegnami, e come assemblatori di materiale edilizio ligneo217.

Sulle architetture in terra qualche breve nota ci viene dai cronisti islamici come Al Bakri, che nella sua Geografia de España racconta come le mura di Siviglia fossero costruite in tapia (= pisé).

A partire dalla fine dell’XI secolo, con la rinascita delle città, le amministrazioni cittadine provvidero a dotarsi di strumenti giuridici più affinati in grado di far fronte alle esigenze della vita urbana, con taglio locale. E’ in questo periodo che compaiono infatti i primi statuti cittadini. Essi sono senz’altro fonti utilissime per lo studio dei materiali da costruzione in quanto buona parte della normativa è dedicata all’urbanistica e all’edilizia, per far fronte al boom edilizio che investì molte delle città italiane tra XI e XIII secolo.

Una delle prescrizioni più comuni era quella di sostituire il legno con la pietra al fine di prevenire gli incendi, volontà che persiste in diverse redazioni in alcune città, inequivocabile segno che le consuetudini popolari in materia costruttiva, erano difficili da sradicare. I termini domus lignae e

magistri lignaminis si ritrovano di continuo nei testi statutari, oltre alle rubriche dedicate

all’approvvigionamento del legno218.

Le fonti documentarie locali studiate in chiave “edilizia” noti alla scrivente non sono molti.

Fausto Aosta ha studiato i documenti del Fondo diplomatico degli Ospizi Civili di Piacenza contenente atti sia privati sia pubblici datati tra il X e il XVI secolo. Lo studioso cita in documenti relativi a cessioni immobiliari edifici definiti “gradizati”. La casa di Giacobina Pigaluga era “gradizata de pastonis”, mentre quella di proprietà del callegario Guglielmo da Trono era un in parte murata ed in parte gradizata con un unico ambiente pari a circa 20 m2. Il prezzo per l’affitto delle case definite murate (che avevano spesso un secondo piano) era decisamente superiore a quello delle casa gradizate. Sono citati anche edifici in pietra e legno219.

Tra le città maggiormente studiate vi è sicuramente Bologna, dove intorno alla figura di Paola Bocchi hanno lavorato diversi ricercatori. Tra le fonti più interessanti troviamo un contratto del 1285 per la costruzione di una casa in Piazza Maggiore: il mastro costruttore si impegna a costruire una casa con murature in mattoni e legno, con un portico, anch’esso ligneo220. Per quanto riguarda

216 GALETTI 1997,p. 96. Il tema di chi costruisse le abitazioni sarà trattato nella parte conclusiva della tesi.

217 GALETTI 2004,pp. 29 – 33.

218 GALETTI 2004, pp. 26 – 28.

219 AOSTA 1985 pp. 149 – 151.

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invece il ciclo produttivo, è testimoniato in diversi documenti l’approvvigionamento del legname attraverso fluitazione sui fiumi Reno e Silla a partire dalla fine del XII secolo. Società costituite anche da magistri lignamini si occupavano del trasporto di travi, assi e banconi di misure predefinite221.

Paola Galetti ha invece recentemente approfondito i casi di Rimini e Ravenna, rilevando peraltro scarsi riferimenti ad un’edilizia lignea222.

Pur esterni al limite territoriale di questo studio vale la pena ricordare gli studi di P. Hubert per Roma, di I. Belli Barsali per Lucca e di C. Lupi per Pisa. Quest’ultimo rileva la presenza in un lascito di un pezzo di terra “cum domo de lignamine super se” datato al 1311, oltre a precedenti menzioni relative al XII e XIII secolo223. Nota inoltre come “ mentre nel XIII secolo e nei successivi non si specifica il materiale esterno di una casa se non è fatta di legno, nei secoli XI e XII si fa il contrario, si nota cioè la materia soltanto quando questa è pietra o mattone. Onde è lecito argomentare che fossero per lo più di legno le case fino al XII secolo e per lo più in muratura quelle posteriori”224.

A Roma numerose sono le attestazioni nella documentazione notarile della presenza di carpentarii e dell’uso di coperture in legno, mentre per quanto riguarda le murature le fonti sono silenti225.

221 GUIDOTTI 1990, p. 152.

222 GALETTI 2010,pp.6466.

223 LUPI 1901,p. 76 e n. 2. 224 LUPI 1901,p. 77.

225 HUBERT 1990,pp.216-232;BELLI BARSALI 1973non menziona l’uso di legno ma rende bene l’idea di quante

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