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Già a Goetz era evidente che il Liber ricorre non solo alle Etymologiae ma anche ad altre opere del vescovo di Siviglia, normalmente segnalate comunque solo con il nome di Isidoro, in primis al De natura rerum138, la cui composizione ha preceduto quella delle Origines; da lì vengono anzitutto i passi sugli elementa mundi, combinati con citazioni delle Etymologiae là dove i due testi trattano lo stesso argomento. In linea con la sua ipotesi di un’origine nord-italiana del LG (esposta supra, par. 4), von Büren ha da ultimo sostenuto che la redazione del De natura rerum, presente quasi interamente nel Liber, è quella lunga, a suo avviso realizzata in Italia settentrionale proprio in occasione del Liber139; la tesi è stata però confutata da Grondeux140.

136 Grondeux 2015b, pp. 71-72; Biondi 2014, p. 56 e passim fra le note di pp. 58-64.

137 Grondeux 2011, p. 50.

138 CPL 1188. Per quest’opera l’edizione di riferimento è quella di Fontaine 1960. Relativamente

alla tradizione, cfr. lo status quaestionis delineato da Codoñer-Martín-Andrés 2005, pp. 353-362.

139 von Büren 2014.

Sempre da Goetz sappiamo che il LG attinge pure al De ecclesiasticis officiis141, ad es. per la voce EP 36 Epiphaniorum diem. E così anche al De ortu et obitu patrum142, ad es. per AR 45 Arbe. E al De differentiis libri duo143, ad es. per AD 227 Ad forum ire

et in forum ire144.

Anspach dichiara che «excerpiert ist noch Isidors Gotengeschichte»145, ossia il De

origine Getarum, Vandalorum et Sueborum146; in realtà egli non supporta la sua

affermazione con alcuna prova, ma da Cristóbal Rodríguez Alonso, l’editore dell’operetta isidoriana, veniamo a sapere che alla voce GO 28 Gotorum (Goth-) ricorre l’intero capitolo 66 di questo testo, il primo della sezione intitolata Recapitulatio, secondo una redazione contaminata147.

Inoltre, appena Ángel Custodio Vega ha edito nel 1936 l’operetta De

haeresibus148, sulla base del cod. El Escorial, Real Bibl. de San Lorenzo, R II 18

(secondo Lowe vergato in Spagna nel sec. VII ex.)149 – l’unica copia del testo sopravvissuta – attribuendola al vescovo di Siviglia sulla scorta di criteri interni, quali l’analogia di stile e di fonti tra questo trattato e le Etymologiae (soprattutto i capitoli 14 del libro VII e 4,5 e 6 dell’VIII)150, Anspach ha affermato che passi del De haeresibus sono riconoscibili nel LG ed affidati proprio all’etichetta Esidori, oppure senza alcuna indicazione ma immediatamente successivi a – se non addirittura, fra – brani isidoriani («und nach damaligem Brauch als isidorisch zu gelten haben»), oppure ancora connessi

141

CPL 1207. Per quest’opera l’edizione di riferimento è quella di Lawson 1989. Relativamente

alla tradizione, cfr. lo status quaestionis delineato da Codoñer-Martín-Andrés 2005, pp. 323-332.

142

CPL 1191. Per quest’opera l’edizione di riferimento è quella di Chaparro Gómez 1985.

Relativamente alla tradizione, cfr. lo status quaestionis delineato da Codoñer-Martín-Andrés 2005, pp. 345-352; cfr. anche lo studio di Chaparro Gómez 2008.

143 CPL 1187 e 1202. Per il libro I l’edizione di riferimento è quella di Codoñer 20122; per il libro II è quella di Andrés Sanz 2006. Relativamente alla tradizione, cfr. lo status quaestionis delineato da Codoñer-Martín-Andrés 2005, pp. 307-322.

144 Goetz 1891, pp. 47-48 [= 257-258]; Huglo 2001, p. 6.

145 Anspach 1936, p. 347.

146 CPL 1204. Per quest’opera l’edizione di riferimento è quella di Rodríguez Alonso 1975.

Relativamente alla tradizione, cfr. lo status quaestionis delineato da Codoñer-Martín-Andrés 2005, pp. 370-379; cfr. anche lo studio di Velázquez 2008.

147 Rodríguez Alonso 1975, pp. 126 e 152-154.

148 CPL 1201. L’edizione di riferimento è proprio quella di Vega 19402.

149

CLA, vol. XI, p. 15, nr. 1631.

150 Vega 19402, pp. 15-22: ricavo questi riferimenti di pagina da Codoñer-Martín-Andrés 2005, p. 413, n. 378; di persona ho infatti potuto consultare soltanto la prima edizione (1936), da cui cito (p. 11): «En primer lugar el estilo es marcadamente isidoriano: ese corte especial y rítmico de verso octosílabo, tan frecuente en sus obras; esa afición a colocar el verbo al final de la frase; ese estilo sencillo y trasparente, tan propio del Santo, brilla de modo patente e inconfundibile en todo nuestro tratad. […] Finalmente las fuentes de este tratado y del de las Etymologías son las mismas: San Agustín, San Jerónimo y Tertuliano».

ad altre opere dello stesso autore. Anspach ha quindi concluso che «daraus geht hervor, daβ die Kompilatoren des Liber glossarum das Werkchen als isidorisch kannten und anerkannten»; anche in questo caso, tuttavia, lo studioso non accompagna la sua dichiarazione con prove né dati precisi151. Si noti inoltre che, se Anspach ha immediatamente accettato la tesi di Vega sulla paternità isidoriana del trattato, un ventennio più tardi Manuel Cecilio Díaz y Díaz l’ha invece osteggiata, sostenendo piuttosto che il De haeresibus sarebbe un compendio anonimo di varie fonti, la cui affinità con la sezione sulle eresie delle Origines si giustificherebbe semplicemente in termini di dipendenza, non è chiaro in quale direzione152: la questione resta ad oggi irrisolta153.

Infine, Anspach ha anche ipotizzato che il LG rinvii addirittura a due testi di Isidoro a noi altrimenti non noti, cioè un suo Liber artium e una parte della sua opera grammaticale De octo partibus orationis. Le annotazioni marginali del LG indicano per il primo testo Esidor. Ex libro artium o solamente, senza il nome dell’autore, Ex libro

artium; si tratta di passi154 relativi a tematiche che sono sviluppate anche entro le

Etymologiae, ma in forma diversa, appartenenti a un’opera effettivamente composta da Isidoro o almeno a lui attribuita alla fine del sec. VIII. Per il secondo testo il tag è semplicemente Esidori; anche in questo caso la fonte non può essere individuata nelle Etymologiae, per quanto esse nel primo libro affrontino argomenti simili: gli stessi passi si riscontrano piuttosto nell’Ars grammatica155 di Giuliano di Toledo († 690 ca.), testo che risulta così intrecciarsi con il LG e con la fonte in questione. In particolare, sempre secondo Anspach, un’Ars grammatica di Isidoro diversa dalle Origines sarebbe da riconoscersi nell’anonima Ars del cod. Bern, Burgerbibl., 207 (copiato a Fleury, secondo Lowe tra il 779 e il 797, secondo Bischoff nel sec. IX)156, f. 8ss., e proprio da essa Giuliano avrebbe attinto molto e direttamente, seppur elaborando un’opera

151

Anspach 1936, p. 356.

152 Díaz y Díaz 1957, pp. 37-39. L’intervento di Vega 1958 ne rappresenta la risposta, dai toni virulenti.

153

Codoñer-Martín-Andrés 2005, pp. 411-417. Interessante però il fatto che il De haeresibus compare nella Renotatio Isidori di Braulione, come sottolinea Grondeux 2015c, p. 67.

154 Mai 1834, pp. 576-577; Goetz 1891, pp. 48-50 [= 258-260].

155 CPL 1555. Per quest’opera l’edizione di riferimento è quella di Maestre Yenes 1973 (Ars minor

e Ars maior), che tiene conto della testimonianza del LG; dell’Ars maior è poi uscita l’edizione di Munzi 1980-1981. Relativamente alla tradizione, cfr. lo status quaestionis sinteticamente delineato da Martín-Elfassi 2008, p. 376, specialmente n. 9.

differente157. Di tutta questa ricostruzione filologica risultano a conoscenza Bischoff e, più di recente, Huglo, i quali non hanno tuttavia approfondito (né quindi chiarito) la questione158 – Ulrich Schindel ha invece potuto dimostrare l’esistenza di uno stretto rapporto filologico fra l’opera di Giuliano di Toledo e le Etymologiae di Isidoro, immaginando una fonte comune, costituita da un grammatico cristiano vissuto fra Agostino e Isidoro159.