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Hermann Hagen ha trascritto dal testimone F esempi numerosi di glosse grammaticali del Liber, raggruppandole per argomento (ad es.: de cognomine, de

nomine, de pronomine, de verbo, de adverbio, etc.)225.

Goetz ha quindi riconosciuto che nel Liber la grammatica, tra le scienze profane, occupa il primo posto226; nella stessa direzione va Biondi, che denuncia la copiosità delle glosse d’argomento grammaticale (ora più, ora meno eminente), e che nella rielaborazione strutturale dei contenuti di Isid. orig. 1,3-4, alla voce LI 524 Littera, scorge un preciso intento pedagogico-scolastico (più forte che nel modello di partenza, isidoriano)227. Tanta attenzione per la grammatica naturalmente non sorprende, poiché sappiamo bene che in età medievale, secondo il programma educativo e gli ideali ereditati dalla tarda antichità cristiana, tale disciplina era la prima delle sette arti liberali, rappresentava cioè il gradino d’accesso, basilare, per un percorso di studi che avrebbe infine condotto alla divina sapientia228.

In tal campo, come afferma Barbero, la materia fondamentale del LG è costituita dalla manualistica e dalle enciclopedie tardoantiche insieme ai testi scolastici, spesso anonimi e inediti. In particolare, la studiosa è riuscita a individuare del materiale

223 Hanslik 19772, p. 129, rr. 6-8. 224 Hanslik 19772, p. 114, rr. 7-9. 225 Hagen 1870, pp. XLIV-LII. 226 Goetz 1891, p. 5 [= 215]. 227 Biondi 2014. 228 Cfr. almeno Irvine 1994.

parallelo (a suo avviso una fonte) nel trattato grammaticale Quod, giuntoci soltanto tramite il cod. Erfurt, Wissenschaftliche Bibl., Amplon. Fol. 10, vergato secondo Bischoff in Germania occidentale all’inizio del sec. IX229; tale manuale attinge a testi tradizionali – quali l’Ars grammatica230 di Giuliano di Toledo, e questa in una forma più piena di quella tramandataci per via diretta, cioè comprensiva di citazioni di Eugenio di Toledo231, le Institutiones232 di Cassiodoro, le Etymologiae233 di Isidoro, il De

orthographia234 di Alcuino, le Regulae235 di Agostino, l’Ars de nomine et verbo236 di

Foca, gli De Scauri et Palladii libris excerpta per interrogationem et responsionem237 di Audace – rielaborati mediante la scomposizione in brevi frasi indipendenti l’una dall’altra e introdotte molto spesso dalla congiunzione quod, il più delle volte seguita dal verbo al congiuntivo: potrebbe trattarsi di una raccolta di notabilia, di appunti scolastici238.

E ancora: Goetz ha messo in relazione l’indicazione Pauli abbatis (o solo Pauli), che nel LG connota circa una ventina di voci239, con il breviarium menzionato nello stesso codice di Erfurt, Wissenschaftliche Bibl., Amplon. Fol. 10240 (f. 44r: ex libro

breviario Pauli abbatis)241 – breviarium che Holtz ha in seguito descritto come una

raccolta di brani del libro II delle Institutiones di Cassiodoro242. Tuttavia, Barbero ha di recente determinato che le glosse del Liber sotto l’etichetta Pauli (abbatis), che sono di argomento prevalentemente ortografico (talora invece riguardano il significato delle parole, e in alcuni casi probabilmente in riferimento ad un contesto virgiliano), non hanno alcun rapporto con quel testo. Inoltre, secondo Barbero dietro il nome di Paulus

229

Cfr. supra, n. 103.

230 Cfr. supra, n. 155.

231 Alberto 2008, pp. 19-22.

232 CPL 906. Per quest’opera l’edizione di riferimento è quella di Mynors 19612.

233

Cfr. supra, n. 126.

234 Per quest’opera l’edizione di riferimento è quella in GL, vol. VII, pp. 295-312.

235 CPL 1558. Per quest’opera l’edizione di riferimento è quella in GL, vol. V, pp. 496-524.

236 Per quest’opera l’edizione di riferimento è quella in GL, vol. V, pp. 410-439.

237 Per quest’opera l’edizione di riferimento è quella in GL, vol. VII, pp. 320-362.

238

Barbero 1993, pp. 253-270. La vicinanza tra il cod. Erfurt, Wissenschaftliche Bibl., Amplon. Fol. 10 e il LG relativamente ai passi di Giuliano di Toledo era già stata notata – e tenuta presente, come accennato sopra – da Maria A.H. Maestre Yenes nella sua edizione dell’Ars Grammatica del 1973; cfr. in particolare pp. XCVI-XCIX.

239 La prima pubblicazione di (quindici di) tali glosse è già di Mai 1834, pp. 598-599; questa è poi stata ripresa da Hagen 1870, pp. CXXXVI-CXXXVII, che ha accostato ad essa la trascrizione delle voci con etichetta Pauli presenti in tre altri testimoni del LG (esattamente, F, S e il cod. Einsiedeln, Stiftsbibl., 293, che, come detto supra, documenta la stessa versione epitomata di S).

240

Cfr. supra, n. 103.

241 Goetz 1891, p. 5 [= 215].

abbas, attestato e in Quod e nel LG, si potrebbe celare, più che Paolo Diacono (come dava per scontato Bischoff)243, che non fu mai abate, Alcuino, probabilmente conosciuto da alcuni dotti amici anche con il nome di Paolo – così come Adalardo era certamente noto con quello di Antonio244: ne sarebbe prova l’intestazione di un’epistola di Alcuino (abate di Tours) inviata ad Adalardo (abate di Corbie), appunto Antonio

Paulus245. Al contrario, Claudia Villa è successivamente intervenuta con argomenti a

favore dell’attribuzione del nome in questione a Paolo Diacono: il titolo abbas potrebbe essere onorifico, quale colta e rispettosa traduzione dell’appellativo pater, impiegato per es. nell’epitaffio composto dal discepolo Ilderico (Quem requiem captare tuis fac queso perennem / sacratis precibus, semper amande pater), secondo una formula resa familiare dall’incipit del glossario Abba: pater, già in uso in area italiana nel sec. VIII come attesta l’antico cod. St. Gallen, Stiftsbibl., 912, a parere di Lowe redatto proprio nel sec. VII-VIII in Italia settentrionale – precisamente, in un centro dove esistevano molti testi antichi, poiché si tratta di fogli palinsesti datati fra il sec. V e il sec. VII e provenienti da sette testi differenti (più uno non identificato), tra i quali per es. Terenzio – e senz’altro entro fine sec. VIII approdato poi a San Gallo246; è addirittura possibile (benché più rischioso) supporre che il titolo abbas non fosse soltanto onorifico, perché, se non risulta che Paolo sia mai stato abate di Montecassino (dove fu monaco), va però tenuto presente che testi e iscrizioni romane di sec. VIII presentano l’amministratore della diaconia nei termini di Pater diaconiae (abbas potrebbe anche riferirsi a questo Pater); infine, in quanto funzionario di altissimo rilievo e certamente impegnato anche sul fronte della riorganizzazione degli studi, non suona strano che Paolo Diacono abbia potuto confezionare operette ad uso didattico, per es. riducendo in compendi testi di fondamentale rilevanza247. Tornando in particolare alla fonte del LG per le voci siglate Paulus (abbas), dal canto mio sottolineo come, in ogni caso, che la fonte in questione sia Alcuino (735-804) o Paolo Diacono (720-799), essa rappresenta un termine post

243

Bischoff 1972, p. 396.

244 Barbero 1993, pp. 270-278.

245 Dümmler 1895, p. 291, r. 11 (lettera di Alcuino nr. 176, del 10 luglio 799).

246 CLA, vol. VII, pp. 36-39, nrr. 967a-975. Una digitalizzazione è disponibile in e-codices,

http://www.e-codices.unifr.ch/it/list/one/csg/0912. Il primo studio ed edizione del cod. St. Gallen, Stiftsbibl., 912 è di Warren 1884; per le considerazioni successive di Goetz e Lindsay sul glossario, cfr.

infra, par. 17.

quem del Liber assai interessante, in quanto relativamente basso, almeno della metà del sec. VIII.

Un ruolo importante tra le fonti grammaticali rivestono i cosiddetti Synonyma Ciceronis, indicati dall’etichetta Ciceronis. Si tratta di liste di sinonimi (per sostantivi, aggettivi, avverbi ed espressioni brevi) ricondotti nella tradizione manoscritta a Cicerone. Più esattamente, da un passo del paragrafo 19 della seconda epistola sull’eloquenza di Frontone all’imperatore M. Antonino (Tum si quando tibi negotiis districto perpetuae orationis conscribundae tempus deesset, nonne te tumultuaris quibusdam et lucrativis studiorum solaciis fulciebas, synonymis colligendis, verbis

interdum singularibus requirendis […]?)248 Goetz deduce che raccolte di sinonimi latini

(non necessariamente desunti dalla produzione ciceroniana) dovevano esistere già nel sec. II; nel tempo queste si sarebbero progressivamente ampliate (con materiale ciceroniano e non) e solo intorno al sec. VI in ambiente scolastico avrebbero assunto la designazione di Synonyma Ciceronis, appunto subentrata nei codici giuntici. Di questi ultimi, che il medesimo filologo suddivideva in tre classi sulla base dell’ordine di disposizione dei sinonimi, il più antico è il cod. London, British Library, Harley 5792, fatto risalire da Goetz al sec. VII ma che gli studi successivi di Lowe e di Bischoff hanno infine definito vergato in Italia nel sec. VIII ex.249; in particolare, tale manoscritto è l’unico testimone della silloge Arba: humus (ai ff. 267v-272r), edita per la prima volta da Goetz250, più recentemente da Gatti251. Per quanto riguarda le voci sinonimiche del LG, dalla loro copiosità Goetz intuisce che i compilatori del Liber si sono serviti di una raccolta già ampia, di cui hanno per di più utilizzato ogni sinonimo a sua volta come lemma, chiaramente comportando un significativo incremento della mole dell’opera252.

Nel LG risultano anche voci appartenenti al genere delle differentiae verborum (secondo il quale due parole vengono messe in relazione, per valutarne la differenza, in termini di significato e significante/forma), che Goetz riconosce coltivato nell’antichità

248 van den Hout 1988, p. 144, rr. 17-20.

249

CLA, vol. II2, p. 25, nr. 203; Bischoff 19662, pp. 248-249, specialmente n. 124.

250 Goetz 1923, pp. 81-86.

251 Gatti 1993. A Gatti si deve anche l’edizione della silloge Accusat: lacescit (prima inedita): Gatti 1994.

252 Goetz 1891, pp. 5-6 [= 215-216]; 1923, pp. 75-86. Tra gli studi condotti in seguito sui

Synonyma Ciceronis, benché indipendentemente dal LG, segnalo Brugnoli 1955, pp. 25-37. A quanto mi

risulti, ancora manca uno studio mirato sul rapporto tra i Synonyma Ciceronis documentati dal LG e quelli giuntici per via diretta.

romana sin dal sec. II a.C.253; nel sec. IV circolavano ormai varie raccolte di differentiae, come testimonia il grammatico Carisio (Artis grammaticae libri 5,2,13: illi

qui de differentiis scribunt)254. Goetz concorda con Hagen che il Liber sembra aver

attinto principalmente ai De differentiis libri duo255 di Isidoro, ma in parte anche ad un’altra raccolta: Hagen, pubblicando e studiando le voci del codice F con indicazione ex differentiis o ex differentiis sermonum, si è appunto accorto che molte di esse vengono dall’opera isidoriana, ma non tutte; ha quindi dichiarato che non è pensabile che i compilatori del LG avessero a disposizione una redazione dei De differentiis libri duo più ampia di quella giuntaci, in quanto alcuni lemmi presentano due glosse, delle quali l’una è uguale a quella di Isidoro, l’altra invece (più o meno) diversa256 – mi sembra però opportuno mettere in discussione siffatta tesi di Hagen, da un lato avvalendomi delle acquisizioni recenti di Codoñer e M. Adelaida Andrés sulla tradizione dell’opera isidoriana in questione, assai complessa e caratterizzata da più redazioni257, dall’altro estendendo la suddetta ipotesi di Grondeux sul metodo di spoglio delle Etymologiae anche ai De differentiis libri duo: si può pensare che i compilatori del LG abbiano prelevato excerpta da questo testo in fasi distinte, servendosi chiaramente di testimoni diversi, dalle lezioni (più o meno) differenti. In ogni caso, è già stato provato da Myra L. Uhlfelder che molte delle differentiae anonime del LG rimontano a raccolte non direttamente isidoriane258. Inoltre, Brugnoli denuncia lo scarso valore del Liber ai fini di edizioni critiche delle serie di differentiae da esso testimoniate: le varianti sono minime, e quasi sempre da considerarsi grossolane sviste o fraintendimenti dei redattori del LG259. Eloquente, infine, il caso di QUA 260, come osserva Grondeux: dato che all’interno di questa voce, provvista dell’etichetta Esidori e relativa alla distinzione fra quatenus e quatinus, è presente un guasto testuale che ben si spiega come saut du même

au même nella copia del De orthographia260 di Pseudo-Flavio Capro, che è fonte dei De

253 Goetz 1891, p. 6 [= 216]; 1923, pp. 87-93. Per una trattazione specifica sul genere delle

differentiae verborum rimando però all’introduzione dell’edizione di Uhlfelder 1954 (pp. 1-33) e agli

studi di Brugnoli 1955. 254 GL, vol. I, p. 205, r. 16. 255 Cfr. supra, n. 143. 256 Hagen 1870, pp. CXXIV-CXXXII. 257 Codoñer-Martín-Andrés 2005, pp. 307-322. 258 Uhlfelder 1954, pp. 102-113 («Appendix»). 259 Brugnoli 1955, pp. 184-185.

differentiis libri duo di Isidoro per il passo in questione, si deduce che i compilatori del

LG hanno collazionato l’opera isidoriana con le sue fonti261.

Un’altra fonte grammaticale, individuata da Huglo, è l’Expositio sermonum antiquorum, anche nota come De astrusis et inusitatis nominibus ad Calcidium

grammaticum262, di Fabio Planciade Fulgenzio263, i cui excerpta però, secondo lo

studioso, sono molto probabilmente entrati nel LG per via indiretta, cioè per mediazione di glossari: su ventotto spiegazioni di termini particolarmente rari rilevate da Huglo nell’opera di Fulgenzio, solamente sette risultano presenti nel Liber, e per di più con una forma fortemente diversa dall’originale, che evidentemente riflette una redazione altra; vedi per es. la voce SA 365 Sandapila, esplicitamente sotto l’etichetta del glossario Placidi (per il quale cfr. infra, par. 17)264.

Goetz osserva che il LG utilizza anche le Institutiones grammaticae265 di Prisciano, ma non estesamente: vi ricorre solo – e con qualche adattamento formale – un ampio excerptum del primo libro (parr. 1-2: Vocis autem differentiae sunt quattuor:

articulata […] ut ‘dux’ a ducendo)266 alla fine della spiegazione del termine Vox

(sviluppata su più voci, da VO 162 a VO 168), cioè a VO 168, distinta dall’indicazione Ex regula Prisciani grammatici. La voce VO 167 sembra invece provenire dal capitolo

de voce del secondo libro dell’Ars grammatica267 di Diomede (Vox est, ut Stoicis

videtur, spiritus tenuis auditu sensibilis, quantum in ipso est […] ut ‘fractasque ab litore

voces’)268, nonostante l’indicazione marginale riconduca piuttosto all’Ars de nomine et

verbo269 di Foca270; e ancora prima, a VO 165, si trova pure, sempre con qualche lieve

modifica, un brano degli De Scauri et Palladii libris excerpta per interrogationem et

responsionem271 di Audace272 (capitolo de voce: Vox quid est? Aër ictus auditu

261 Si tratta di un’osservazione gentilmente comunicatami da A. Grondeux, ancora non pubblicata.

262 Testo edito da Préaux 1970, pp. 111-126, sulla base di diversi manoscritti fra cui il Paris, Bibl. Nat., lat. 242 (dintorni di Reims, sec. IX ex.), dove il trattato di Fulgenzio fa seguito ai Synonyma

Ciceronis – Bischoff 1998-2014, vol. III, pp. 21-22, nr. 3969. Una digitalizzazione è disponibile in BnF Gallica, http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b8426293t.r=.langEN.

263 Il Mitografo, per il quale cfr. supra, n. 209.

264 Huglo 2001, p. 8, specialmente n. 20.

265

Per quest’opera l’edizione di riferimento è quella in GL, voll. II-III.

266 GL, vol. II, p. 5, r. 5-p. 6, r. 5.

267 Per quest’opera l’edizione di riferimento è quella in GL, vol. I, pp. 299-529.

268 GL, vol. I, p. 420, rr. 9-23. 269 Cfr. supra, n. 236. 270 Mai 1834, pp. 599-600. 271 Cfr. supra, n. 237. 272 Mai 1834, pp. 589-590.

sensibilis. Vocis species quot sunt? Duae. Quae sunt? Articulata et confusa […] ex indivisis corporibus vocem constare dicunt, corpus autem esse aut efficiens aut

patiens)273, evidentemente altri due testi grammaticali cui i compilatori del Liber

attingono274 – quanto al secondo, Audace, per la voce VO 165 Barbero ha individuato, accanto al ricorso diretto, il tramite del florilegio grammaticale Quod menzionato

supra275. L’intera sezione VO 162-168 è stata analizzata in tempi molto recenti da

Grondeux, la quale presta grande attenzione al lavoro di collazione, selezione, incastro delle diverse fonti, che definisce significativamente «un travail de dentellière». Nel caso di Prisciano la studiosa segnala addirittura un rimaneggiamento profondo, di contenuto, dietro il quale crede plausibile scorgere una certa influenza della traduzione e commento di Boezio al Peri Hermeneias aristotelico276 (dove in effetti compare un’interpretazione di vox difficilmente conciliabile con quella priscianea), avvenuta però non per via diretta – Boezio non risulta tra le fonti del LG (cfr. infra, par. 16) –, bensì per mediazione di Alcuino, che doveva essere a conoscenza di Boezio perché talora vi attinge nel suo trattato grammaticale (nonostante poi nel passaggio sul termine vox si attenga scrupolosamente, nella sostanza, a Prisciano)277.

Grondeux rileva poi, in coda alla voce QUA 260 menzionata supra, l’aggiunta di un excerptum dall’Ars de orthographia278 di Agrocio, che avrebbe però dovuto, secondo logica, costituire voce autonoma, avendo per oggetto un termine diverso da quatenus et quatinus (ossia subducimus, assente fra i lemmi del LG); le ragioni della fusione di quelle che ab origine dovevano essere due voci distinte restano oscure279.

Infine, Huglo pensa sia possibile riconoscere fra le varie etichette anche una specifica per Alcuino: a fianco del lemma DE 318 Defecatum, spiegato come liquidum, purum, extersum, in tutta la tradizione vi è nel margine un altro sinonimo, expressum, che nel codice P, al f. 82r b, è accompagnato dall’indicazione Alc, interpretata dallo studioso quale abbreviazione per Alc(uinus)280. Lo stesso Huglo osserva che l’attribuzione di questo sinonimo a Alc compare solo in un altro testimone, F, poiché

273

GL, vol. VII, p. 323, rr. 5-16.

274 Goetz 1891, pp. 55-56 [= 265-266].

275 Barbero 1993, pp. 268-269.

276 CPL 883. Per quest’opera l’edizione di riferimento è quella di Meiser 1877-1880.

277 Grondeux 2013, specialmente pp. 262-272.

278

Per quest’opera l’edizione di riferimento è quella in GL, vol. VII, pp. 113-125.

279 Cfr. supra, n. 261.

negli altri non si trova affatto – ho potuto verificare, per es., che in L l’indicazione è genericamente Alibi. L’ipotesi di Huglo mi pare debole, soprattutto perché non adduce prove a sostegno dello scioglimento di Alc come Alcuino, ovvero dell’attribuzione del sinonimo (expressum) a tale autore.