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Già in appendice al par. 3 è emersa la scarsa attenzione del LG per il panorama culturale a sé contemporaneo. Sorprende in particolare la completa assenza, fra le fonti del Liber, di autori che nell’alto medioevo furono particolarmente copiati e quindi assai diffusi: elemento in più per ascrivere l’opera a prima della fine del sec. VIII.

Si tratta in primo luogo dei neoplatonici Calcidio, traduttore e commentatore del

Timeo347, e Macrobio, che nei suoi Commentarii in somnium Scipionis348 non dissimula

la propria adesione alle teorie cosmologiche di Platone349. In particolare, l’assenza di quest’ultimo è enfatizzata dal fatto che il lessicografo italiano Papia (sec. XI), pur avendo come fonte principale il LG, inserisce invece nel suo Elementarium estratti macrobiani, per es. alle voci Fabricor, Praecox, Stadios, etc. Sembra dunque possibile che il Liber sia stato composto prima che la suddetta coppia di autori divenisse un must della formazione culturale medievale: benché la traduzione di Calcidio fosse nota presso l’entourage di Alcuino350, i suoi codici di IX secolo non sono che due; il commentario di Macrobio, poi, divenne un’opera di successo solo nella seconda metà del sec. IX, in seguito agli interessi di Lupo di Ferrières351.

Stupisce inoltre il silenzio intorno a un testo che tratta tanto lungamente delle sette arti liberali, in versi e in prosa, quale il De nuptiis Philologiae et Mercurii352 di Marziano Capella. Controllando infatti l’eventuale presenza entro il LG degli hapax legomena e dei rariora dei libri 6-9 di quest’opera – secondo una lista di centosessantatré termini realizzata da William Harris Stahl353 – Huglo non ne ha rilevati che otto (Astruere, Contigue, Copulatus, Demulcatus, Juge, Luxa, Scopa, Tritonida); e comunque le relative spiegazioni sono derivate non da Marziano, ma da altri scrittori

346

In questo paragrafo mi rifaccio principalmente, sin dall’espressione impiegata nel titolo, a Huglo 2001, pp. 10-11.

347 CPL 579. Per questa sua opera l’edizione di riferimento è quella di Waszink 19752.

348 Per quest’opera l’edizione di riferimento è quella teubneriana di Willis 19702; di recente è uscita, per ‘Les Belles Lettres’, l’edizione di Armisen-Marchetti 2001-2003.

349

La vicinanza tra le due opere in questione fu colta dagli stessi scribi, che le copiarono spesso in uno stesso libro; cfr. Huglo 1990, pp. 17-18, che fornisce anche un elenco di tali manoscritti. Sul neoplatonismo latino alla fine del sec. IV, cfr. Flamant 1977.

350

Marenbon 1981, pp. 57 e 167.

351 Huglo 1990, pp. 5-6 e 13.

352 Per quest’opera l’edizione di riferimento è quella teubneriana di Willis 1983. Pubblicazioni di singoli libri sono inoltre uscite per ‘Les Belles Lettres’: VII (Guillaumin 2003), IV (Ferré M. 2007), VI (Ferré B. 2007), IX (Guillaumin 2011), I (Chevalier 2014); da ricordare a parte, le edizioni di Cristante 1987 (libro IX) e 2011 (libri I-II). Segnalo anche l’edizione ‘Bompiani’ con traduzione e commento dell’opera intera, a cura di Ramelli 2001.

(ad es. Ambrogio, per Astruere; Arnobio il giovane, per Copulatus) o da glossari precedenti354 (per Demulcatus e Juge l’etichetta è Placidi). Una possibile e fondata ragione di tale assenza può risiedere nel fatto che il De nuptiis è entrato tardi nel programma di studio delle arti liberali: in effetti, è solo durante il regno di Ludovico il Pio (814-840) che quest’opera enciclopedica, rinvenuta in un manoscritto in capitale rustica dell’inizio del sec. VI, cominciò a diffondersi, a partire dallo scriptorium di Corbie355.

Manca poi fra le fonti del Liber la produzione filosofica e “scientifica” di Severino Boezio. Anche questa volta il motivo può essere identificato nel fatto che le opere di Boezio non erano ancora diffuse alla fine del sec. VIII. L’esistenza del De

institutione musica356, per es., fu senza dubbio ignorata dai Carolingi fino alla scoperta

di un manoscritto della famiglia D del secondo libro delle Institutiones di Cassiodoro, dello stesso tipo quindi del cod. Karlsruhe, Badische Landesbibl., Aug. perg. 241 (olim 106), vergato probabilmente nel Nord Italia nell’ultimo terzo del sec. IX357, che al f. 53 addirittura riproduce il Systema teleion di Boezio358; in particolare, la prima citazione di questo trattato, dovuta ad Amalario (Liber officialis 3,11,15)359, amico dell’abate di Corbie, Wala († 836), non data che agli anni 821-823. Per le altre opere di Boezio, è probabilmente il “catalogo” cassiodoriano della produzione del grande filosofo, a noi giunto proprio nel suddetto codice (f. 53v) e noto con il nome di Anecdoton Holderi360, che indusse alla ricerca dei suoi vari trattati in Italia: il De institutione arithmetica361

354 Di cui infra, par. 17.

355 Préaux 1978, pp. 78 e 81.

356 CPL 880. Per quest’opera l’edizione di riferimento è quella di Friedlein 1867, pp. 175-371. Più

recente è l’edizione di Meyer 2004.

357 Bischoff 1998-2014, vol. I, p. 362, nr. 1727. Una digitalizzazione è disponibile in BLB,

http://digital.blb-karlsruhe.de/blbhs/content/titleinfo/20878.

358 Huglo 2000, pp. 38-41.

359 sicut Boetius in suo libro scribit, quem de Musica fecit: Vulgatum quippe est quam saepe

iracundias cantilena represserit, quam multa vel in corporum, vel in animorum affectionibus miranda perfecerit [= De inst. mus. 1,1 (Friedlein 1867, p. 184, rr. 7-9)] (Hanssens 1948-1950, vol. II, p. 297, rr.

35-37).

360

In quanto scoperto nel 1860 da Alfred Theophil Holder, prefetto della Biblioteca Granducale di Karlsruhe; ne uscì qualche anno dopo una pubblicazione curata da Usener. Si tratta sostanzialmente di alcuni estratti di una perduta opera autobiografica di Cassiodoro, che sottolineano la parentela di quest’ultimo con i Simmachi e con Boezio; il titolo del testo è infatti Ordo generis Cassiodoriorum: qui

scriptores extiterint ex eorum progenie vel ex quibus (civibus) eruditis. Cfr. Usener 1877, pp. 3-4.

361

CPL 879. Per quest’opera l’edizione di riferimento è quella di Friedlein 1867, pp. 3-173. Più

recente l’edizione, per ‘Les Belles Lettres’, di Guillaumin 1995; è anche uscita, per ‘Brepols’, l’edizione Schilling-Oosthout 1999.

ugualmente citato da Amalario (Canonis missae interpretatio 18 e 20)362: addirittura Huglo ipotizza che «Amalaire a probablement rédigé ses commentaires de façon à amener la citation des deux ouvrages de Boèce récemment découverts!»363 –, la traduzione e commento delle opere logiche di Aristotele364, i tre Opuscula sacra365 e soprattutto il suo ultimo capolavoro, il De consolatione philosophiae366 (benché in realtà non menzionato nell’Anecdoton)367.

Secondo Grondeux, l’assenza di Beda, la cui opera maggiore (Historia

ecclesiastica gentis Anglorum)368 ebbe ampia circolazione nell’alto medioevo e di cui

abbiamo manoscritti inglesi addirittura del sec. VIII369, è poi un significativo argomentum e silentio per escludere che lo spoglio alla base del LG risalga al Nord della Francia370.

Come già accennato sempre al termine del par. 3, fra i “grandi assenti” vanno naturalmente segnalati i classici, in particolare Cicerone, Sallustio, Virgilio e Terenzio – che invece stavano notoriamente alla base del canone scolastico tardoantico e altomedievale371. Il fatto potrebbe trovare una risposta nella tesi di Grondeux (esposta supra, in conclusione al par. 4) che i compilatori del LG si siano avvalsi essenzialmente di materiali spagnoli già isidoriani: secondo Fontaine, la biblioteca di Siviglia doveva essere priva di opere dell’antichità classica, dato che le citazioni che ne fa Isidoro sono di seconda mano (tratte in gran parte da Agostino o da vari sussidi scolastici)372.

362 Ita enim continetur in arithmetica disciplina: Sola enim unitas circum se duos terminos non

habet, atque ideo eius qui est prope se solius est medietas [= De inst. arithm. 1,7 (Friedlein 1867, p. 16,

rr. 20-22)]. E ancora: Ita vero scriptum est in supra dicta arte: In tribus enim una pars sola est, id est

tertia, quae a tribus scilicet denominata est, et ipsa tertia pars unitas [= De inst. arithm. 1,14 (Friedlein

1867, p. 30, rr. 22-24)] (Hanssens 1948-1950, vol. I, p. 297, rr. 14-16 e 26-27).

363 Huglo 2001, p. 11, n. 26.

364

Come il De interpretatione, di cui supra, n. 276.

365 CPL 889. Per quest’opera l’edizione di riferimento è quella di Steward-Rand 1918.

366 CPL 878. Per quest’opera l’edizione di riferimento è quella di Bieler 19842.

367 Poiché Cassiodoro scrisse il passo del “catalogo” delle opere boeziane intorno al 522, quindi prima che la Consolatio venisse realizzata. Cfr. Usener 1877, p. 73.

368

CPL 1375. Per quest’opera l’edizione di riferimento è quella di Colgrave-Mynors 1969.

369 Lapidge 2008, p. 78.

370 Grondeux 2015b, p. 73.

371

Cfr. Munk Olsen 1991, p. 21ss. Basti qui ricordare gli Exempla elocutionum del grammatico Arusiano Messio (sec. IV), che attingono esclusivamente a Virgilio e Cicerone, oltre che a Terenzio e Sallustio; l’edizione dell’opera è a cura di Della Casa 1977.

372 Fontaine 19832, vol. II, pp. 735-762; cfr. anche J.C. Martín, s. v. Isidore of Seville, in OGHRA, vol. II, 2013, pp. 1193-1196, specialmente pp. 1194-1195. Anche se per Virgilio e qualche altro poeta Fontaine ammette una possibile lettura diretta da parte di Isidoro, lo studioso conclude: «Aucun texte ne nous donne donc l’assurance explicite que les grandes œuvres poétiques du paganisme latin aient figuré dans la bibliothèque du Sévillan» (Fontaine 19832, vol. II, p. 744).

Va pure rimarcato che il LG, opera di genere glossografico, non attinge direttamente a certe opere (tardo)antiche di per sé ottima fonte di glosse, quali ad es. il

De verborum significatu di Festo373, il De compendiosa doctrina di Nonio Marcello374,

il commentario virgiliano di Servio375, il commentario terenziano di Elio Donato376, il

De lingua latina di Varrone377, la Naturalis historia di Plinio il Vecchio378. Al loro

373 Si tratta di un’epitome, realizzata dal grammatico Festo (sec. II), della perduta opera omonima del grammatico Verrio Flacco (sec. I a.C.-I d.C.); tale epitome fu a sua volta oggetto di compendio da parte di Paolo Diacono (sec. VIII). Il testo festiano (trattazione in venti libri di vari vocaboli, spiegati dal punto di vista dell’etimologia o della grammatica o della mitologia o della storia, raccogliendo una ricca serie di fonti più antiche) è definito da Holtz 1996a, p. 12 «le plus représentatif de la lexicologie dans la Rome classique»; cfr. anche De Nonno 1990, pp. 607-612; Codoñer 2016. L’ultima edizione di cui disponiamo è quella in GlossLat., vol IV, pp. 91-467: pur provvista di importanti materiali di confronto con la tradizione glossografica, essa è tuttavia priva dell’apparato critico, per il quale si deve ricorrere alla precedente edizione di Lindsay 1913 – basata sull’unico testimone di larga parte dell’opera festiana, il cod. Napoli, Bibl. Naz. Vittorio Emanuele III, fondo principale, IV A 3 (codex Farnesianus) del sec. XI

(per la bibliografia aggiornata su questo manoscritto, cfr.

http://tlion.sns.it/mssb/rsolnav.php?op=browse&type=fetch&contenttype=manoscritto&id=116920), oltre che su alcune sue copie umanistiche, fra le quali una del Poliziano (utili perché tre fascicoli del Festo Farnesiano sono oggi perduti, e i sei superstiti presentano le colonne di scrittura esterne assai frammentarie, danneggiate in epoca imprecisata da un incendio), nonché sui manoscritti dell’epitome di Paolo Diacono. Secondo Moscadi 2001, pp. I-VI, resta comunque urgente una nuova edizione, che oltretutto tenga conto delle cosiddette ‘glosse festine fuori Festo’, ossia delle citazioni di Festo conservate nelle reportationes delle lezioni tenute da Pomponio Leto alla Sapienza di Roma, per le quali l’Umanista ebbe a disposizione il codex Farnesianus; Moscadi 2001, per parte sua, offre la trascrizione critica del testimone napoletano. Le sopramenzionate ‘glosse festine fuori Festo’ sono state pubblicate e studiate da Accame 1980; ulteriori ricerche sono state compiute da Alessandro Moscadi, a cominciare dal 1990.

374 L’opera lessicografica (sviluppata su venti libri e contenente molte citazioni di testi antichi) di questo grammatico numida, probabilmente del sec. IV, è disponibile nell’edizione di Lindsay 1903, che sta venendo progressivamente sostituita da un’edizione per ‘Sismel’, di cui ad oggi abbiamo i libri I-III (Mazzacane 2014) e V-XX (Gatti-Salvadori 2014). L’opera noniana è stata oggetto di numerosi contributi filologici e linguistici di vari studiosi (in particolare di Giuseppina Barabino e Ferruccio Bertini), che si trovano raccolti nei quindici volumi di Studi Noniani curati da Bertini-Barabino G. 1967-1997 e nei cinque tomi di Prolegomena Noniana editi da Bertini 2000-2005; cfr. anche Barabino G. 2006 e Bertini 2011.

375 Per lo status quaestionis sul grammaticus tardoantico (sec. IV-V) e sul suo testo, rimando anzitutto alle monografie di Pellizzari 2003 e Delvigo 2011 (per quest’ultimo volume, cfr. la recensione di Canetta 2015) – ulteriore e aggiornata bibliografia si potrà reperire nelle pagine di Stok 2013a che fungono da introduzione a un volume di contributi sull’esegesi virgiliana antica, per il quale cfr. la recensione di Tischer 2014. A sostituzione dell’edizione di Thilo 1881-1887, dopo l’interruzione dell’impresa harvardiana (commento ai libri I-II dell’Eneide, edd. Rand-Savage-Smith-Waldrop-Elder-Peebles-Stocker 1946; III-V, edd. Stocker-Travis 1965) – del cui progettato seguito resta il lavoro fondamentale di Murgia 1975 sulla tradizione manoscritta (in completamento e correzione a Savage 1932 e 1934) –, una nuova edizione è stata impostata nel 1996 da Giuseppe Ramires (libro IX, ed. Ramires 1996; VII, ed. Ramires 2003; l’VIII è annunciato di imminente pubblicazione; interessante anche lo studio di Ramires 2013). Da ultimo, l’editore ‘Les Belles Lettres’ ha inaugurato un’edizione bilingue (provvista cioè di traduzione in francese) dell’intero corpus serviano: è uscito il libro VI a cura di Jeunet-Mancy 2012 (ma cfr. la recensione, non pienamente positiva, di Delvigo 2012); è in preparazione il libro I a cura di D. Vallat e M. Béjuis.

376 Per quest’opera esegetica del grammatico Donato (sec. IV), giuntaci mutila della parte relativa all’Heautontimorumenos, l’edizione di riferimento è quella di Wessner 1902-1905.

377 Per tale trattato di Varrone (sec. I a.C.), inerente alle teorie linguistiche e grammaticali e sviluppato su venticinque libri (a noi ne sono pervenuti solo sei: V-X), l’edizione di riferimento è quella

posto, i redattori del LG si limitano infatti a sfruttare compilazioni glossografiche precedenti (cfr. il paragrafo seguente).

17. Il materiale ereditato dalla (non meglio nota) tradizione glossografica