riflessioni intorno alla (perduta) fonte
7. Interventi redazionali dei compilatori del LG
Come si sono comportati i compilatori del LG di fronte alla fonte Virgili – vale a dire, sulla base di quanto sinora emerso, di fronte ad almeno due distinte redazioni di marginalia virgiliani?
Va anzitutto precisato che l’operazione fondamentale corrisponde senz’altro a quella che s’è già ricostruita, in generale e semplificando al limite la questione, nella Parte I, par. 18. Trattandosi di materiale sì di tradizione glossografica, ma sui generis, privo cioè di impostazione alfabetica, è verosimile che le voci della fonte Virgili fossero anzitutto copiate/trascritte ciascuna su una “schedina” a sé, e con indicazione Virgili; e queste quindi inserite nello “schedario” alfabetico preparatorio al Liber. In fase poi di
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Segnalo infine che sulle due occorrenze eneadiche del nesso ad quae l’esegesi serviana non si sofferma; più volte tuttavia essa glossa qui con qualis, ma sempre in passi in cui la sostituzione è in effetti idonea (cfr. ad es. Servio ad Aen. 1,615; 1,616; 8,427; Servio Danielino ad Aen. 1,237; 10,642, etc.).
stesura dell’opera, se il materiale di una “schedina” Virgili veniva a trovarsi subito successivo a quello di un’altra “schedina” Virgili, il tag non era perciò ripetuto – sappiamo comunque che errori o lacune di etichette non mancano nel Liber (cfr. Parte I, par. 3). Questa fase “intermedia” (tra le fonti e l’opera) ha naturalmente comportato un aumento del numero degli errori di trascrizione; è inoltre verosimile che sia proprio a seguito di questa fase che nella stesura del LG si dà qua e là l’indicazione Require, ‘controlla!’ (resa dalla sigla R barrata), ad indicare la necessità di un ritorno diretto alle fonti, appunto per verificarne l’esatto dettato, di fronte a testi privi di senso – ciò vale soprattutto quando l’indicazione è posta fra lemma e glossa61, come negli esempi seguenti.
AE 265 Aer[e]is in campis: clusis (-si ?) (Aen. 6,887) Aer[e]is ] Aereis P L ; clusis (-si ?) ] clusis P L
L’Ed. non ne dà notizia, ma nei codici fra lemma e glossa si trova una R barrata, appunto Require. In effetti, il testo della voce è problematico. A costituire problema non è certo la lezione aereis per aeris nel lemma, che non compromette l’espressione virgiliana di riferimento, ossia aeris in campis di Aen. 6,887 – banalmente un errore di sostituzione (l’aggettivo per il genitivo del sostantivo corrispondente, aeris), oppure l’interpolazione di una glossa (forse soprascritta, in un manoscritto di Virgilio) rispetto alla lezione aeris. Piuttosto, difficile accettare clusis come glossa dell’espressione in questione, che indica i campi Elisii, collocati da Virgilio nel circolo lunare62: forse ‘chiusi’ nel senso che sono ‘inaccessibili’? Vagamente possibile, ma meglio dare fiducia alla spia d’allarme Require, e tentare un emendamento. La congettura proposta dall’Ed., clusi, non mi è chiara; mi sembra invece verosimile che clusis rappresenti un errore per Elysiis, non solo per senso, ma anche per ragioni fonetico-paleografiche: i due termine non sono così distanti per suono e grafia63.
61 Altre volte essa si trova piuttosto al posto del tag, del lemma o della glossa, denunciandone lo smarrimento (cfr. Parte I, par. 4). Si tratta in ogni caso di segnalazioni sporadiche, rispetto all’effettiva quantità di voci corrotte.
62 In antitesi alla solida tradizione che vorrebbe piuttosto l’Elisio sottoterra. Infatti Servio, ad loc.:
Aeris in campis: conlisionem fecit. Locutus autem est secundum eos, qui putant Elysium lunarem esse circulum. Cfr. Norden 1957, nel suo commento all’edizione di Aen. VI, pp. 23-26; sulla questione, anche
la sintesi recente di Stok 2013b, p. 173, n. 39.
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A favorire lo scambio, probabilmente anche l’intervento della fonetica volgare: il passaggio y >
i/u e quello ii > i (cfr. Väänänen 19672, p. 84, par. 58; pp. 94-95, par. 74). Inoltre, a conferma della mia ipotesi pare un’altra voce del Liber, CL 217 (anch’essa di tradizione glossografica, ma sotto indicazione
AM 25 Amare focos: domos construere. (Aen. 3,134) construe P L ] construere L2
Anche in questo caso l’Ed. tace il Require, presentato dalla tradizione del LG fra lemma e glossa a segnalare un deficit nella relazione fra le due parti. In effetti, amare focos è nesso di Aen. 3,134 (hortor amare focos arcemque attollere tectis), ma la glossa domos construere doveva senz’altro ab origine riferirsi piuttosto all’espressione arcem attollere tectis, che si trova nella seconda parte dello stesso verso: sbarcati a Creta, Enea esorta i compagni sia ad amare focos, ‘amare i focolari’ sia ad arcem attollere tectis, ‘erigere la rocca sui tetti’. Ci aiuta a far luce sulla questione Servio, che ad loc. distingue Amare focos: sacrificia celebrare e Arcemque attollere tectis: poetica periphrasis, id est domos aedificare: nam arx est in civitate munitus locus. Vero è che il Servio Danielino integra la nota ad amare focos affermando che quidam ‘focos’ lares et per hoc domicilia tradunt; ma se anche domos potrebbe glossare focos, amare non può certo funzionare quale glossa di construere.
Il problema indicato (cioè riconosciuto come tale, ma non emendato) dai redattori del LG sussisterebbe dunque nell’errato rilevamento della coppia lemma-glossa a partire da un codice di Virgilio cum glossis (tipologia di errore di cui supra, par. 4, punto c).
Segnalo infine che nel Liber, in una sequenza virgiliana sotto l’etichetta Virgili di AR 104, si legge:
AR 107 Arcem attollere tectis: tecta construere. (Aen. 3,134)
attollere L ] adtollere P ; construere P ] construe L
Evidente che, se non fosse per l’errore sopra spiegato, AM 25 e AR 107 rappresenterebbero a tutti gli effetti una “coppia” di voci (del tipo illustrato supra, al par. 5): la corruttela discende da uno solo dei due codici virgiliani costitutivi della fonte Virgili, codici che, per l’espressione arcem attollere tectis di Aen. 3,134 presentavano l’uno l’annotazione domos construere, l’altro tecta construere, note molto similari64.
de glosis); lì ricorre infatti il lemma Cliseus, che è da emendare necessariamente in Elysius, recitando la
relativa glossa: campus aput inferos; sed hoc poetae fingunt (poetae] poete P L; sed L] seu P).
64 Non è forse impossibile immaginare l’alternativa che le glosse in esame (domos contruere; tecta
construere) fossero originariamente riferite ad ambedue le infinitive del verso virgiliano (amare focos arcemque attollere tectis), viste – diversamente che nell’esegesi serviana (per la quale cfr. supra) – come
una sorta di endiadi, in soluzione di estrema sintesi; chi ha poi rilevato il materiale dai codici di Virgilio avrebbe quindi riprodotto il lemma solo parzialmente (s’incontrano spesso nella tradizione glossografica lemmi “diminuiti/ridotti” rispetto alle relative spiegazioni; cfr. Parte I, par. 21). Resta il fatto che, se il
Oltre /a fianco all’operazione di spoglio appena ricordata, è però riconoscibile uno spazio di intervento attivo da parte dei compilatori del Liber sulla fonte Virgili. Nel LG s’incontrano infatti, sotto l’etichetta Virgili, alcune voci sui generis, che cioè non possono costituire in sé delle glosse a Virgilio, presentando lemmi non virgiliani (né riconducibili all’Appendix o alla Vita Vergilii). Si tratta dei casi seguenti, nell’ordine del “peso” dell’intervento:
a) inversione del rapporto lemma-glossa. Ad es., AB 168 Abyssum: profundum.
Abyssum ] Abissum P L
La voce porta indicazione Virgili, ma abyssum non è lemma virgiliano – tanto più che si tratta di un termine del latino cristiano: prestito dal greco biblico e proprio del lessico poetico (salmi) 65 . Profundum ricorre invece tre volte nella poesia (pseudo)virgiliana: ad Aen. 5,614, ad indicare il mare; ad Aetna 276 e 342, ad indicare le profondità della Terra.
È dunque verosimile che ab origine il termine abyssum sia stato scritto da un glossatore vicino a una delle suddette occorrenze di profundum – non tanto, evidentemente, come spiegazione a Virgilio, ma per generica associazione lessicale. Ciò che preme qui sottolineare è che il testo del LG attesta però l’inversione dei due vocaboli, e della voce ordinata “correttamente” nel Liber non resta traccia66.
b) creazione di nuova voce, frutto di spoglio lessicografico da una data glossa. Ad es.,
CA 52 Caduceum: virga<m> Mercurii. virga<m> ] virga P L
rapporto lemma-glossa di AR 107 funziona comunque, al di fuori del contesto virgiliano, non lo stesso per AM 25 – ragione del Require in quest’ultima voce.
65 Cfr. Mohrmann 1961-19652, vol. I, p. 45; vol. II, p. 121; III, pp. 61, 105, 144, 205-206, 208; Stotz 1996-2004, vol. I, p. 534, § IV 9.26; ThLL, vol. I, col. 243, r. 22-col. 244, r. 83, s. v. Abyssus [Diehl]; Antibarbarus, vol. I, p. 61; Souter 1949, p. 2.
66 Molto difficilmente l’inversione è propria già della fonte Virgili: bisognerebbe infatti presupporre nella tradizione di Virgilio un abyssum interpolato a testo, ma l’interpolazione avrebbe guastato l’esametro (nei tre versi suddetti profundum è in posizione finale: abyssum, iniziando per vocale, avrebbe provocato un’elisione che avrebbe impedito il dattilo del penultimo piede). Della possibile esistenza di glosse cristiane (almeno in termini di lessico) a Virgilio si è già detto al par. 3.
La voce porta indicazione Virgili, ma caduceum non è lemma virgiliano. La voce pare invece ricavata da un’altra voce virgiliana (ad Aen. 4,242), presente nel LG e anch’essa con etichetta Virgili:
VI 292 Virgam capit: caduceum invadit; virga enim Mercurii caduceum dicitur.
dicitur P ] ducitur L
Questa voce presenta infatti una glossa abbastanza estesa, fatta di una prima parte sinonimica e di un successivo approfondimento lessicale. Proprio questa seconda parte pare essere stata fatta oggetto di uno spoglio ad hoc: CA 52 – dove non è allora necessaria l’integrazione dell’Ed. virga<m> (alla ricerca forse di un aggancio con Aen. 4,242).
c) creazione di nuova voce, frutto di confronto e ricomposizione di voci date. Ad es.,
CE 185 Celeuma: clamor nauticus, id est nautarum vox.
La voce porta indicazione Virgili, ma celeuma non è lemma virgiliano. Piuttosto, la voce sembra essere generata da un’operazione di confronto e ricomposizione delle seguenti due voci virgiliane, attestate nel Liber entro sequenze sotto l’etichetta Virgili, entrambe relative all’espressione nauticus…clamor di Aen. 3,128, oppure clamor / nauticus di Aen. 5,140-141:
CL 41 Clamor nauticus: celeuma67. NA 193 Nauticus68: nautarum vox.
Ossia, CE 185 è l’esito in primis del ribaltamento lemma-glossa di CL 41 (la cui glossa è dotta, di matrice serviana; vedi Servio, ad Aen. 3,129: Cretam proavosque petamus: celeuma dicunt. Et bene metro celeumatis usus est, id est anapaestico trimetro
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Si noti che nel Liber si trova pure la voce NA 192, che è esattamente identica a questa, ma con inversione dei due elementi del sintagma a lemma: Nauticus clamor: celeuma (celeuma P] celaeume L). Colgo allora l’occasione per sottolineare che le inversioni di questo genere non sembrano da ricondurre ai compilatori del LG, essendo frequenti anche nella tradizione degli stessi marginalia a Virgilio (cfr. Parte I, par. 21): CL 41 e NA 192 potrebbero allora testimoniare l’uso, da parte dei compilatori del Liber, di due diverse redazioni di marginalia (sul tema, cfr. il par. 5). D’altra parte, la differenza fra le due voci potrebbe invece risiedere nel fatto che esse dipendono l’una da Aen. 3,128, dove il nesso è nauticus
clamor, l’altra da Aen. 5,140-141, dove il nesso è invece clamor nauticus.
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Circa il lemma di questa voce l’Ed. è ingannevole: non riproducendo il lemma, si è portati a credere che valga lo stesso della voce precedente, ossia Nauticus clamor (per NA 192 cfr. nota precedente), e invece ho controllato sui codici del Liber che il lemma è soltanto Nauticus.
hypercatalecto); quindi dell’aggiunta dell’interpretamentum di NA 193 (invece mera parafrasi dell’espressione nauticus clamor).
In definitiva: il comune denominatore degli interventi qui illustrati può essere individuato nel desiderio dei compilatori del Liber di ampliare le possibilità/vie di accesso ad una medesima informazione, entro una prospettiva spiccatamente lessicale.
Si noti pure che è tipico dei glossari (quale il Liber è) lavorare le loro fonti in senso lessicografico, anche quando si tratta di una fonte esegetica (sia essa un commentario continuo, una silloge scoliastica o, come nel nostro caso, semplici marginalia); cfr. Parte I, par. 22. Le voci così create, però, non sono più, nella sostanza, glosse a Virgilio (il lemma non è virgiliano). Il fatto che i compilatori del LG associno tuttavia anche a queste nuove voci l’etichetta Virgili è spia che la loro concezione del significato e del valore dei marginalia virgiliani utilizzati per la stesura dell’enciclopedia è totalmente distante rispetto al senso originario e genuino del materiale in questione: non (più) strumento per la comprensione di Virgilio, ma asettico “dizionario”. Riprenderò la questione al par. 8.
Appendice: la diffidenza del mito
Una firma dei compilatori del Liber deve probabilmente essere riconosciuta nell’espressione (sed) hoc (tantum) poetae / pagani fingunt che funge da formula conclusiva di varie (benché non tutte le) glosse di argomento mitologico sotto l’etichetta Virgili o de glosis.
Si tratta esattamente dei casi seguenti: AL 77 (Alcyone), CE 344 (Centaurus), CL 217 (Elysius), CO 37 (Cocitus), LE 280 (Lethaeus), LU 79 (Lucina), MU 323 (Musa), PO 420 (Portunus), YD 18 (Hydra). Alla voce TI 178 (Tyria sol iungit ab urbe; circa la saga di Atreo e Tieste) la proposizione sed hoc pagani fingunt è data addirittura al posto del tag!
L’ipotesi che l’espressione in esame rappresenti un’aggiunta da parte dei compilatori del LG, non sia cioè già propria delle fonti glossografiche da questi impiegate, nasce dalla constatazione che la stessa formula si trova inserita in voci dal soggetto mitico che sono estratti da opere letterarie; è il caso per es. di DI 509 (Diomedes), che si sostanzia di un excerptum di Aug. civ. 18,16 e di un excerptum di Aug. civ. 18,18, ma fra i due excerpta è aggiunta proprio l’espressione sed hoc poetae
fingunt. Una restrizione similare (si tamen creditur; o si tamen credendum est) è pure inserita nelle voci tratte dal Physiologus69.
Di cosa è segno tanta diffidenza, da parte dei compilatori del Liber, nei confronti dei racconti mitici? Il nesso poetae fingunt si trova anche in Servio, ma in relazione a loci diversi rispetto ai casi sopra indicati (e peraltro solo tre volte – ad Aen. 1,52; 5,319; 6,705 – e senza l’avversativa sed); sembra perciò che tale diffidenza riveli piuttosto l’influenza sui compilatori del Liber dei Padri (Agostino in particolare), oltre che di Isidoro, i quali molto spesso, alludendo ai miti pagani, usano chiaramente espressioni del tipo fingunt gentiles, o de quo fabulae fingunt (vedi per es., negli stessi estratti testimoniati dal LG, la voce agostiniana AM 173, su Amfione, o la voce isidoriana CI 150, sulla Chimera).
8. Senso e valore dei marginalia a Virgilio tramandati nel LG: per i