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Guardando ai dati sintetizzati nel census codicum in apertura al mio lavoro, si osserva che i manoscritti del LG sopravvissuti completi sono in tutto sette. Proprio riferendosi a tali testimoni (quelli integri), Mirella Ferrari commenta: «Non moltissimi sono gli esemplari sopravvissuti: cosa naturale per una compilazione di simile ingombro»111; effettivamente si tratta di codici dalle dimensioni “monumentali”: posseggono mediamente 350-400 fogli, scritti su tre colonne, misurano ca. 45 × 35 cm e pesano ca. 11-13 kg.

Ci sono poi giunti alcuni codici lacunosi e numerosi frammenti di pochi fogli, un paio dei quali sono emersi pochi anni fa a Bologna e a Modena112, quindi a Besançon113. Fra i testimoni parziali sono comunemente annoverati anche diversi manoscritti che forniscono piuttosto versioni epitomate, e quindi abbreviate e (più o meno) modificate, del Liber. Oltre al codice D (su cui tornerò infra, par. 20), i due maggiori – fra i quali non esiste quel rapporto di parentela supposto in principio da Goetz114 – sono il palinsesto R e il manoscritto S, quest’ultimo pure noto come Glossarium Salomonis (da Salomone III, il vescovo di Costanza nonché abate di San Gallo, morto nel 919, al

110

Grondeux 2015b, pp. 67-73; 2015c. L’enorme lavoro di spoglio compiuto dallo scriptorium di Siviglia per la realizzazione delle Etymologiae è stato ben mostrato da Fontaine 19832; cfr. anche J.C. Martín, s. v. Isidore of Seville, in OGHRA, vol. II, 2013, pp. 1193-1196.

111 Ferrari 1972, p. 45.

112 Zuffrano 2011.

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Tramaux 2013. Per un aggiornato censimento dei frammenti del LG, cfr. Cinato 2015a, pp. 15-16 e 27-29; una prima sintesi risale invece a Hoffmann 1997, pp. 139-150.

quale tradizionalmente è attribuito il compendio), il cui testo è documentato anche da altri testimoni posteriori di area (linguistica) tedesca – quale, per es., il cod. Einsiedeln, Stiftsbibl., 293, copiato probabilmente in Svizzera, allo scriptorium di Einsiedeln, nel sec. XII115 – ed è stato addirittura stampato in numerosi incunaboli, rintracciati in oltre sessanta biblioteche – come, per es., quello edito presso il monastero dei Santi Ulrich e Afra ad Augsburg nel 1474 ca. e quindi posseduto da Johannes Hinderbach, vescovo di Trento dal 1465 al 1486 (incunabolo HC 14134*, conservato alla Biblioteca Comunale di Trento con segnatura G.1.a.60)116.

Fra le restanti epitomi del LG mi limito a menzionare il cosiddetto Summarium

Heinrici (ca. 1010), specialmente il suo libro XI, impostato alfabeticamente117. Per tutte

le altre rimando all’elenco fornitone innanzitutto da Goetz 1923, pp. 184-190118, sebbene in conclusione (p. 190) lo stesso studioso osservi: «nec dubito quin ne sic quidem totam materiem exhauserim: sed quae attuli satis demonstrant quanta auctoritate hoc magnum lexicon per plus quam quattuor saecula floruerit» – questo elenco è ancora oggi un valido punto di riferimento, benché l’esito di qualche ricerca seguente consenta in realtà di ampliarlo; penso, per es., ai contributi di Alturo i Perucho 1985, 1987, 1996. Inoltre, sono successivamente comparsi anche studi specifici sui glossari-compendi del Liber (specialmente quelli di area iberica) da Goetz meramente individuati: tra questi, per es., Artigas 1914, Peris 1997, García Turza-García Turza 2000. Molto recentemente, tuttavia, Roger Wright e Codoñer hanno messo in guardia dalla communis opinio che qualsiasi glossario affine al LG e dalla tradizione posteriore ne sia un’epitome, dimostrando come in molti casi si tratti piuttosto di copie di glossari anteriori al Liber, derivati dalle stesse fonti del Liber o da sue varie redazioni iniziali119: rispetto al LG, questi glossari sarebbero “sotto-prodotti”, per così dire, o “cugini”. In particolare, una sintesi aggiornata (per quanto senza pretesa di esaustività) delle epitomi del LG è oggi disponibile nel lavoro di Cinato 2015a, parr. 1.2-1.3, pp. 16-24120.

115 Catalogo di Meier 1899, p. 267.

116 Il più recente status quaestionis sul Glossarium Salomonis è tracciato da Meineke 2009. Sull’incunabolo menzionato, l’ultimo studio è di Barbieri 2013.

117 L’edizione di riferimento per il Summarium Heinrici è quella di Hildebrandt 1974-1982. Il rapporto fra il libro XI e il LG è dimostrato da Meineke 1994, in particolare pp. 115-186.

118 Basato su Goetz 1891, pp. 39-46 [= 249-256], ora riassunto ora approfondito.

119 Wright 2006; 2008, specialmente pp. 140-141; 2013; Codoñer 2012; 2013b, pp. 82-84.

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Da segnalare a margine che, se sono in effetti numerosi i glossari che presentano significative relazioni con il LG, il cosiddetto Glossarium Bruxellense (da connettere con la scuola di Auxerre, sec. IX-X) è un esempio di glossario successivo al Liber, ma da quest’ultimo autonomo; cfr. Paniagua 2015.

Lo stemma codicum non è ancora stato definitivamente tracciato.

Goetz, come s’è visto nel paragrafo precedente (nota 93), ha però riconosciuto, soprattutto sulla base di lacune comuni, due famiglie, i cui capostipiti (da un lato P e C, dall’altro L) ho già avuto modo di presentare.

In seguito Mountford, osservando che il codice T (sec. IX ex.) e il codice V (sec. XI in.) forniscono spesso lezioni diverse dal resto della tradizione – a volte, nonostante la loro datazione recentior, anche migliori –, ha ipotizzato che essi rappresentino un terzo ramo (mentre secondo Goetz, che pure riconosceva loro una certa eccezionalità all’interno dei codici del LG,121 essi sarebbero imparentati con la famiglia di L)122. Il valore di T, in particolare, trova forse sostegno nel giudizio paleografico di Edward Kennard Rand che esso possa essere stato copiato da un esemplare di sec. VIII123; in tale prospettiva, sembra allora utile una collazione approfondita del manoscritto, non solo per determinare lo stemma del LG, ma anche per capire eventualmente qualcosa di più sull’origine spazio-temporale dell’opera.

Tuttavia, in sede al Progetto LibGloss (di cui supra, par. 1) è oggi chiaro che il modello di trasmissione del Liber è quello tipico di gran parte dei testi mediolatini: l’opera nasce con debolezze e incongruenze (nel caso specifico del LG, per es., lemmi raddoppiati o senza glossa; erronea divisione lemma-glossa; errori paleografici), ed è perciò naturalmente soggetta a un progressivo “miglioramento” e a numerosi interventi emendativi. Normalmente si tratta di correzioni intuitive, che spesso introducono ulteriori distorsioni nella tradizione; gli interventi emendativi di T e V, invece, fanno pensare a una vera e propria “riflessione” sul testo, perché alcune correzioni non si possono spiegare che con un ritorno diretto alle fonti (si veda, per es., l’emendamento nam anti, per la lezione erronea amanti, nella voce ED 17 <H>edera, estrapolata da Isid. orig. 17,9,22-23). T e V, insomma, sarebbero i testimoni di un LG “messo a nuovo”, e proprio per questo risulta difficoltoso determinare con certezza il loro rapporto con le due famiglie della tradizione124.

121 Goez 1891, pp. 25, 29-30 (= 235, 239-240).

122 Mountford 1924b. In particolare, a pp. 190-191 lo studioso osserva che in T l’etichetta Virgili è associata a un maggior numero di glosse che nel resto della tradizione del LG.

123

Rand 1929, vol. I, p. 187, nr. 175 (+ vol. II, tav. CLXXVII.3-4).

124 Grondeux-Cinato 2014, pp. 11-12; Grondeux 2015a, par. 3.2, pp. 9-10 (a p. 10 il disegno dello

Spetta sempre al suddetto Progetto, infine, il merito di aver integrato lo stemma proposto da Goetz con la testimonianza frammentaria del LG, nonché di aver distinto all’interno delle due famiglie tradizionali dei sottorami precisi125.