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Excursus II: glossari latini e glossae collectae (soprattutto ex Vergilio)

Stando alle testimonianze giunteci (sec. VIII-X), i glossari latini rappresentano un genere di letteratura secondaria d’ambito lessicografico tipico dell’età altomedievale. La categoria più comune è quella dei glossari alfabetici, per così dire gli “antenati” dei moderni dizionari; numerosi esempi si trovano raccolti nel CGL e nei GlossLat. Si tratta di rassegne di lemmi ordinati alfabeticamente (con attenzione fino alla terza/quarta lettera max.) accompagnati da spiegazioni che sono basate su fonti diverse. Queste ultime rientrano generalmente nei gruppi seguenti586:

- opere lessicografiche dell’antichità latina, come il De verborum significatu di Festo587 o il De compendiosa doctrina di Nonio Marcello588 (entrambe già impostate alfabeticamente per lemmi, sulla prima lettera almeno);

- opere esegetiche tardoantiche, come il commentario virgiliano di Servio589 o il commentario terenziano di Donato590; anche commenti “minori”, anonimi o pseudonimi (ad es. il commento a Bucoliche e Georgiche del cosiddetto ‘Pseudo-Probo’)591;

- opere enciclopediche, in primis le Etymologiae di Isidoro592;

- marginalia ai classici (più probabilmente strutturati in forma di glossae collectae – di cui infra – che non attinti direttamente dalla tradizione manoscritta degli auctores); - glossari precedenti (qualora disponibili), che vengono così “riciclati”.

Altro sono invece le raccolte dei marginalia alla tradizione manoscritta dei classici (Virgilio in primis) – naturalmente, nel mantenimento del loro ordine di comparsa rispetto al testo di riferimento; inoltre, a precedere ciascuna annotazione è sempre dato anzitutto il relativo lemma, ossia la parola (o sintagma o proposizione) oggetto della spiegazione593. Per non confondere siffatte raccolte con i glossari

586 La storia della glossografia latina è argomento particolarmente delicato e difficile, ancora da investigare a fondo: valido riferimento resta lo studio di Goetz, nel vol. I del CGL. Sui glossari alfabetici, cfr. anche Munk Olsen 1982-2014, vol. IV/I, pp. 237-240; Lendinara 1999a, pp. 14-17.

587 Su quest’opera, cfr. supra, n. 373. 588 Su quest’opera, cfr. supra, n. 374. 589 Su quest’opera, cfr. supra, n. 375. 590 Su quest’opera, cfr. supra, n. 376. 591

Ed. Hagen 1902, pp. 321-390; su Probo e lo Pseudo-Probo, cfr. almeno L. Lehnus, s. v. Probo, in EV, vol. IV, 1988, pp. 284-286; Delvigo 1987; Gioseffi 1991. A margine, osservo che le

Interpretationes Vergilianae di Tiberio Claudio Donato furono probabilmente poco sfruttate dai

glossografi, data la loro natura essenzialmente retorica; su quest’opera, edita da Georgii 1905-1906, cfr. almeno G. Brugnoli, s. v. Donato Tiberio Claudio, in EV, vol. II, 1985, pp. 127-129; Gioseffi 2000; Pirovano 2006.

592 Su quest’opera, cfr. supra, n. 126.

propriamente detti, sopra descritti, sembra meglio riferirsi ad esse in termini di glossae collectae. Di questo genere resta qualche testimonianza frammentaria del sec. V, ma la maggior parte del materiale data ai sec. VIII-X (la mancanza di documentazione per i sec. VI-VII va di pari passo con l’assenza di testimoni stessi di classici; per Virgilio in particolare, cfr. Parte II, Analisi d’insieme, par. 10). Come anticipato, sono molti i glossari che sembrano dipendere anche da glossae collectae594.

L’origine dei glossari latini è (destinata a rimanere) ignota, dal momento che non abbiamo testimonianze anteriori al sec. VIII. Lindsay osa comunque una ricostruzione, dove le glossae collectae, come si vedrà, costituiscono il primo e più importante step595.

Innanzitutto, quanto all’ambiente e al periodo di formazione dei glossari latini, Lindsay pensa alla scuola tardoantica e altomedievale (sec. V-VIII). Quest’ultima continuava infatti a rimanere incentrata sulla lettura degli auctores (cristiani e pagani), ma in un mondo in cui troppi termini latini erano ormai caduti in disuso e dovevano risultare perciò oscuri e arcaici – probabilmente interessante in tal senso il fatto che uno dei più importanti (per antichità ed estensione) manoscritti contenenti glossari, il cod. Città del Vaticano, Bibl. Apost. Vat., lat. 3321 (di cui supra, par. 17), conserva sulla prima pagina (f. 1v), subito sotto l’intestazione (In nomine Dei summi incipiunt glossulas diversarum rerum nominibus seu vocabulis per singulis litteribus [-bu- litt. deletae] appellandis ab A usque V recapitulantes singulas per vocales et semivocales et liquidis et mutis recte per ordinem consequentes), l’immagine di un monaco, seduto su uno scranno, nell’atto di indicare con le dita della mano destra su un libro retto con la sinistra, plausibilmente la miniatura di un insegnante596.

594

Non abbiamo invece alcuna testimonianza di glossario fatto semplicemente del riordino alfabetico dei marginalia a un classico, nemmeno per Virgilio – perfino le cosiddette Glossae Vergilianae (per le quali cfr. supra, par. 17) contengono in realtà del materiale di altro interesse; anche il cosiddetto

Scriptoris incerti Glossarium Vergilianum, riprodotto da Hagen 1902, pp. 525-529, ossia la trascrizione

compiuta dall’umanista tedesco Kaspar von Barth (Adversar. 37,5) di alcune glosse, ordinate alfabeticamente da Ab integro a Bruma, trascelte da un «glossariolum» contenuto in appendice a un «priscus Maronis codex» non altrimenti identificato, non rappresenta un glossario propriamente virgiliano (sebbene la maggioranza degli esempi si riferisca al poeta mantovano, vi sono tuttavia glosse a termini che non compaiono affatto nei suoi versi, come angina, amolior, apophoreta, blaterare) – ragione per cui secondo M. Geymonat, s. v. Glosse, in EV, vol. II, 1985, pp. 772-773 sarebbe stato più opportuno ripubblicare il frammento nei GL, anziché in un’opera dedicata esclusivamente all’esegesi virgiliana.

595 In particolare Lindsay 1924a, che ha goduto di buona fortuna nella critica, anche abbastanza recente: C. Roccaro, s. v. Glossari medievali, in EV, vol. II, 1985, pp. 773-774; Hüllen 1999, pp. 56-62; Sauer 2009, pp. 22-24.

596 CGL, vol. IV, p. VII: «imago hominis sedentis qui speciem docentis exhibet»; Lindsay 1918b, p. 267: «a picture of a monastery-teacher». Personalmente ho potuto consultare un microfilm del

La maggior parte della critica concorda nel legare la pratica glossografica (dai

marginalia ai glossari) al mondo della scuola597. Così, per es., McKitterick: «Generally

they served as a didactic tool, assisting a process of acquisition of Latin vocabulary for those needing both to understand and to comunicate in Latin. Given the intellectual activity that can be documented at many of the places to which these glossaries can be located, they were undoubtedly aids for honing skills of rhetoric and eloquence as well»598; ancora, Hans Sauer: «The main purpose of the glosses, as well as of the glossaries, thus must have been a didactic one: interlinear glosses facilitate the understanding and possibly also the learning of the glossed Latin text. […] Thus many of the glosses and glossaries must have been used for teaching purposes in schools, especially in monastic and cathedral schools. […] The didactic function of glosses an glossaries ranged from teaching and learning Latin at an elementary level to study at more advanced stages»599.

Queste, esattamente, le fasi di formazione e sviluppo dei glossari latini, secondo Lindsay:

1) glossae collectae;

2) assemblamento, per giustapposizione, di glossae collectae; 3) riordino alfabetico.

1) I glossari sarebbero nati come glossae collectae, ossia come mera raccolta sistematica (non già alfabetica) delle annotazioni presenti in un codice di un’opera (o autore) d’età classica, sacra o profana. Si tratterebbe quindi del prodotto di bibliotecari o maestri di scuola che, trovandosi a disposizione manoscritti glossati appartenenti a monasteri diversi dal proprio, ne avrebbero trascritto una dopo l’altra le note marginali e interlineari, senza mai indicarne il verso o il passo in questione, adoperando le pagine bianche alla fine di qualche testo della loro biblioteca600.

manoscritto – presso l’Institut de Recherche et d’Histoire des Textes (IRHT) di Parigi –, effettuando la trascrizione sopra riportata.

597 Della Casa 1981, pp. 35-36; Weijers 1991, pp. 43-44 – rare le voci favorevoli a un legame, piuttosto, con lo studio individuale, di cui supra, par. 21.

598 McKitterick 2012, p. 73.

599

Sauer 2009, p. 19. Circa le glosse marginali e interlineari, si è già accennato però supra, par. 21 al loro possibile legame con la lettura personale, indipendentemente dal contesto scolastico.

Cataldo Roccaro, che accoglie per intero la ricostruzione di Lindsay, osserva che «già Quintiliano (inst. 1,1,34-35)601 aveva sottolineato l’enorme importanza che le glosse rivestivano sotto il profilo didattico; ma nei secoli successivi, quando la conoscenza dei testi latini sacri e profani cominciò ad essere considerata indispensabile per parlare e scrivere bene, il glossario divenne un sussidio insostituibile per l’apprendimento del latino da parte di persone che questa lingua andavano usando sempre meno nella vita di ogni giorno e che pur dovevano accedere alla lectio di determinati autori»602.

Essendo Virgilio l’autore più studiato a scuola durante tutto il medioevo603, fin dalla tarda antichità604, secondo Vincenzo Ussani risulta ben giustificata la sua massiccia presenza in quei «documenti» che «ci introducono, direi quasi, nel vivo cuore della vita scolastica»605: si tratta proprio di glossari, naturalmente già a partire dalla fase delle glossae collectae.

Le attestazioni più antiche sotto questo riguardo sono undici frammenti bilingui latino-greci che provengono dall’Egitto e che risalgono all’età tardoantica (sec. IV-VI)606: Maria Chiara Scappaticcio, che recentemente ha censito, descritto ed edito in un unico volume – “a fronte” rispetto agli esametri virgiliani della tradizione manoscritta non-frammentaria, vale a dire quella meglio nota e “canonizzata” – tutte le papyri Vergilianae, classifica tali documenti glossografici bilingui all’interno della tipologia del «Virgilio ‘della scuola’»607. Tra le testimonianze papiracee menziono, per es., il P.Oxy. VIII 1099 (secondo Lowe del sec. V; oggi ritenuto da Scappaticcio del sec. V

601 Illud non paenitebit curasse, cum scribere nomina puer, quemadmodum moris est, coeperit, ne

hanc operam in vocabulis vulgaribus et forte occurrentibus perdat. Protinus enim potest interpretationem linguae secretioris, id est quas Graeci glossas vocant, dum aliud agitur ediscere, et inter prima elementa consequi rem postea proprium tempus desideraturam (Winterbottom 1970, vol. I, p. 13, rr. 21-27).

602 C. Roccaro, s. v. Glossari medievali, in EV, vol. II, 1985, p. 773.

603 Cfr. almeno Munk Olsen 1991, specialmente pp. 21-55.

604

Dopotutto, come è ben noto, Virgilio fu introdotto nell’insegnamento – e quindi letto, commentato e diffuso – già in piena età augustea, grazie a Cecilio Epirota, stando a Suet. gramm. 16: Q.

Caecilius Epirota […] Primus dicitur Latine ex tempore disputasse, primusque Vergilium et alios poetas novos praelegere coepisse, quod etiam Domitii Marsi versiculus indicat: “Epirota tenellorum nutricula vatum” (Roth 1882, p. 262, rr. 14-25).

605 Ussani 1932, pp. 2-4; la citazione è di p. 3.

606 Annoverati tra i papiri letterari catalogati da Pack 1965, pp. 146-147 e da Mertens 1987, pp. 199-204.

607

Scappaticcio 2013, pp. 25-26; una rapida introduzione di questi glossari virgiliani bilingui digrafici è svolta già da Scappaticcio 2010 (relazione sul progetto di un Corpus Papyrorum

ex.), relativo alla parte finale del quarto e all’incipit del quinto libro dell’Eneide608, e il P.Ryl. III 478 + P.Cair. inv. 85644 A-B + P.Med. I 1 (secondo Lowe del sec. IV; oggi confermato da Scappaticcio in tale datazione), contenente l’interpretazione di quasi tutte le parole di Aen. 1,235-243; 247-262; 270-274; 405-414; 418-426; 633-640; 645-651; 702-707; 711-719609; tra quelle pergamenacee, invece, indico il frammento P.Vindob. L 24 (secondo Lowe, del sec. V; oggi ritenuto da Scappaticcio del sec. V ex.), che conserva le annotazioni ai versi 5,671-674 (recto) e 5,683-685 (verso) dell’Eneide610, e il palinsesto ambrosiano L 120 sup. (secondo Lowe, del sec. V-VI; oggi ritenuto da Scappaticcio del sec. IV-V), che, sotto il testo delle Vitae di alcuni Padri del deserto redatto in arabo (per la verità in parte anche in ebraico, siriaco, greco, latino, copto e armeno) probabilmente tra i sec. XI e XII, custodisce le glosse latino-greche a ottantun versi del primo libro dell’Eneide, compresi fra i vv. 588-748611.

Inoltre, quale fonte di Abolita in comune con le Glossae Vergilianae Lindsay ha parlato, come ho detto sopra (par. 17), di un codice di Virgilio cum glossis, ma non è scorretto pensare piuttosto, in conformità a Weir, a glossae collectae ex Vergilio: al di là di una diversa “impaginazione”, il materiale glossografico in questione resterebbe il medesimo612.

Per quanto riguarda invece la fonte virgiliana condivisa da Affatim e dal secondo glossario Amploniano (ulteriore risorsa comune ai due glossari, rispetto ai già menzionati Abstrusa e Abolita), Agnes F.G. Dall afferma che si tratta di glossae collectae da un manoscritto inglese di Virgilio non più tardo del sec. VII, ossia non direttamente del codice del poeta, poiché tra le voci dei glossari in oggetto si presenta almeno un caso di “fusione” di due annotazioni a termini appartenenti a versi virgiliani

608

CLA, vol. II2, p. 6, nr. 137; Scappaticcio 2012, p. 298; 2013, pp. 129-133. Scappaticcio 2013 indica le edizioni ad oggi disponibili a p. 129; offre la propria, confrontandosi in apparato sia con le edizioni precedenti del frammento sia con le lezioni virgiliane trasmesse dalla tradizione manoscritta “canonica” di Virgilio e dai suoi editori, a pp. 263-266.

609 CLA, vol. II2, p. 31, nr. 227; vol. X, p. 38, nr. 227; vol. III, p. 29, nr. 367; Scappaticcio 2012, p. 298; 2013, pp. 53-59. Scappaticcio 2013 indica le edizioni ad oggi disponibili a p. 53; offre la propria (sempre al modo di cui detto alla nota precedente) a pp. 188-192, 196-198, 206-208 e 211-212. Per la verità, questo documento contiene anche un’annotazione marginale in latino, al termine Mavortia di Aen. 1,276; cfr. Scappaticcio 2013, pp. 293-294.

610 CLA, vol. X, p. 24, nr. 1522; Lowe 1922; Scappaticcio 2012, p. 299; 2013, pp. 135-136.

Scappaticcio 2013 indica le edizioni ad oggi disponibili a p. 135; offre la propria (sempre al modo di cui detto alla n. 608) a pp. 267-268.

611 CLA, vol. III, p. 11, nr. 306; Lowe 1922; Scappaticcio 2009; 2012, p. 296; 2013, pp. 81-86.

Scappaticcio 2013 indica le edizioni ad oggi disponibili a p. 81; offre la propria (sempre al modo di cui detto alla n. 608), a pp. 202-204 e 207-215.

consecutivi, che difficilmente i compilatori di Affatim e dell’Amploniano possono aver compiuto in autonomia613.

Come detto, caratteristica delle glossae collectae è il mantenimento dell’ordine con cui esse compaiono in relazione al testo d’autore. Un caso significativo potrebbe essere quello delle glosse virgiliane (latine e greche) del cod. Paris, Bibl. Nat., lat. 11308, secondo Bischoff prodotto in un centro scolastico del Nord-Est della Francia intorno alla metà del sec. IX614, ai ff. 68r-113v (l’attuale “seconda parte” del manoscritto, che però Charles E. Murgia ha dimostrato essere, ab origine, un’unità a sé)615: esse coprono moltissime parole di Eneide 1,1-5,848, benché in misura via via decrescente, rispettandone proprio l’ordine di comparsa nel testo di Virgilio; questo fatto è ben illustrato, almeno per le glosse fino al f. 81v (quelle al libro primo), da Daniel Vallat616lo studioso, in realtà, pensa si tratti più di un manuale pedagogico sui generis che di effettive glossae collectae (da un esemplare dell’Eneide), poiché predomina l’attenzione per la sintassi: i lemmi riuniscono spesso sintagmi disgiunti nel verso poetico.

2) In un secondo momento, a parere di Lindsay, le glossae collectae a un certo autore (o opera) sarebbero state riunite con quelle ad un altro o ad altri (autori o opere), per un motivo anzitutto pratico: «soon it was found inconvenient to use blank leaves here and there, for glossae collectae. One did not know where to put one’s hand on them. The fashion came in of making one volume in the monastery-library a receptacle for all the glossae collectae which a zealous monastery-librarian could transcribe: glossae collectae from a borrowed ms. of Virgil, glossae collectae from a borrowed ms. of Terence, glossae collectae from a borrowed ms. of Orosius, and so on»617.

In effetti sono stati rinvenuti glossari rimasti allo stato di giustapposizione, quali la Agnicio multorum nominum vel verborum ignorancium conservata dal cod. Barcelona, Arxiu de la Corona de Aragò, Ripoll 74, del sec. X618, al f. 156ss.: le ventitré glosse virgiliane, riferite alle Bucoliche 2, 4, 7, (10?), ai libri 1 e 2 delle Georgiche e 1, 2, (5?) dell’Eneide e tutte improntate all’esegesi serviana, nonché le trentasette

613 Dall 1918, pp. 175-176.

614

Bischoff 1998-2014, vol. III, p. 172, nr. 4676. Il manoscritto è stato descritto da Murgia 1975, p. 26 – il parere di Bischoff lì riportato (comunicato all’autore) assegnava il manoscritto esattamente allo

scriptorium di Reims, nel secondo quarto del sec. IX.

615 Murgia 1975, p. 26.

616 Vallat 2010.

617

Lindsay 1924a, pp. 16-17.

618 von Hartel-García 1887-1915, vol. II, pp. 580-584; per una descrizione approfondita del manoscritto, cfr. Llauró 1928.

giovenaliane, connesse alle Satire 1, 2, 3, 6, (7?), ad avviso di Lluis Nicolau d’Olwer potrebbero provenire dai margini di una piccola antologia scolastica, di un libro di passi scelti ad uso degli scolari – nel caso in cui invece venissero da un’edizione completa dei due poeti o dai rispettivi commentarii, infatti, non si capirebbe quale possa essere stata la ragione della loro scelta; inoltre, i segni di quantità posti sopra molti termini giovenaliani vanno a sostegno dell’ipotesi suddetta; in particolare, l’inventario della biblioteca del monastero di Ripoll compilato nel 1049, alla morte dell’abate Oliva, rende conto tra gli altri volumi di un Centimetrum de Virgilio sive de Iuvenale, probabilmente la fonte principale dell’Agnicio619.

Un ulteriore esempio, addotto da Lindsay stesso, di “primitivi glossari” di questo genere è rappresentato anche dal cod. Leiden, Universiteitsbibl., Voss. lat. Quart. 69, un manoscritto vergato secondo Lowe a San Gallo intorno all’800 (sec. VIII-IX)620, che contiene addirittura quarantotto gruppi di marginalia, ciascuno naturalmente tratto da un libro diverso, perlopiù biblico o patristico, di volta in volta precisato (De Eusebio,

De Orosio, etc.)621. McKitterick ha di recente còlto una significativa corrispondenza fra

i testi cui si riferiscono queste glossae collectae e i codici di tali testi stessi ritenuti confezionati a San Gallo tra la fine del sec. VIII e l’inizio del sec. IX, che la studiosa considera i plausibili apografi di perduti esemplari antiquiores di cui l’artefice del cod. Leiden, Universiteitsbibl., Voss. lat. Quart. 69 potrebbe essersi avvalso: «this Leiden compilation appears to be the witness to the availability of the text concerned at St Gallen»622. Sempre riguardo a questo codice, infine, riflettendo sul fatto che ancora agli inizi del sec. IX si producono glossae collectae, McKitterick ha potuto puntualizzare la tesi di Lindsay che esse rappresentino meramente uno stadio intermedio tra i marginalia e i glossari veri e propri: la loro produzione è comunque continuata indefessa laddove si intendeva creare sussidi per la lettura di testi specifici: «The Leiden glossary compendium from St Gallen, therefore, may have been intended as a reading aid for the books available in the St Gallen library, compiled by someone from a number of

619 d’Olwer 1928.

620 CLA, vol. X, p. 43, nr. 1585; Bischoff 1998-2014, vol. II, p. 59, nrr. 2222-2223. Una

digitalizzazione è disponibile in Universiteit Leiden, https://socrates.leidenuniv.nl/R/-?func=dbin-jump-full&object_id=680360.

621

Lindsay 1921a, p. 2; l’edizione di questo manoscritto è di Hessels 1906; uno studio specifico recente è di Bremmer 2010.

different sources»; addirittura, «these could have included alphabetical glossaries that he used as dictionaries»623.

Analogamente, nel cod. Città del Vaticano, Bibl. Apost. Vat., lat. 1469624, redatto nel sec. X-XI, sono presenti ai ff. 83v-155v due sezioni di glosse rispettivamente intitolate In Passione Apostolorum e In Sancto Sebastiano: presumibilmente, a detta di Lindsay, lo scriptorium dove il manoscritto fu vergato possedeva i testi apocrifi della Passio Petri et Pauli e degli Acta S. Sebastiani Martyris, ma in una versione non glossata; i suoi monaci sarebbero fortuitamente venuti in contatto con copie invece ricche di marginalia, che avrebbero trascritto e inserito in quel codice della loro biblioteca che fungeva da dizionario: il cod. Città del Vaticano, Bibl. Apost. Vat., lat. 1469, infatti, contiene altri glossari625.

Quale ultimo esempio menziono il cod. Laon, Bibl. Mun., 468: stando alla descrizione dell’intero manoscritto fornita da John J. Contreni, mi sembra che esso, vergato secondo Bischoff a Laon nel terzo quarto del sec. IX626, possa addirittura rientrare nella categoria dei «glossary chrestomathies» (per ricorrere alla terminologia di McKitterick, di cui supra, par. 5), perché in esso a excerpta di opere varie, Etymologiae soprattutto, seguono un gruppo di glosse virgiliane (dal titolo De epythetis Virgilii e dai sottotitoli De prima egloga, De secunda egloga, etc. – oltre che per le Bucoliche, sottotitoli analoghi sono impiegati per le Georgiche e poi per l’Eneide, poema spogliato fino al libro VII, verso 14), ai ff. 18r-51r, e un gruppo di glosse al Carmen Paschale di Sedulio (Ex epistola Sedulii glossae, anch’esse proposte suddivise per i libri del poema, cinque), ai ff. 52r-61r627.

623 McKitterick 2012, p. 68. Nella medesima direzione, a proposito delle glossae collectae in generale, già Lendinara 1999a, p. 11: «Whilst the oldest glossae collectae eventually merged in larger glossaries, new sets of glossae collectae were being produced all through the Anglo-Saxon period, testifying to the vitality of this selection technique, which was also applied to more recent works».

624 Cfr. supra, n. 468.

625 Lindsay 1921b, p. 119. La descrizione del contenuto di questo manoscritto si trova in CGL, vol. IV, pp. XVII-XVIII; a p. XVIII ne sono pubblicati alcuni excerpta; altri nel vol. V, pp. 520-528. Lindsay 1917c, pp. 130-131 si sofferma invece sulle glosse festiane in esso presenti ai ff. 223v-271v, derivate a suo avviso direttamente da un testimone di Festo e passate poi, proprio per tramite del cod. Città del Vaticano, Bibl. Apost. Vat., lat. 1469, nel glossario custodito dal cod. Monte Cassino, Archivio e Bibl. dell’Abbazia, 90 (edito per excerpta in CGL, vol. V, pp. 559-583), vergato in Italia centrale nel sec. XI

ex. (Bibliotheca Casinensis 1873-1894, vol. II, p. 324; cfr. anche il catalogo più recente a cura di

Inguanez 1915-1941, vol. I/I, p. 90) – il quale attinge pure al glossario AA, da cui desume altre voci festiane dipendenti, in questo caso (sulla base di quanto detto sopra della relazione fra AA e Abolita), dall’Ur-Abolita.

626 Bischoff 1998-2014, vol. II, p. 37, nr. 2128.