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Amministrazione della giustizia, indipendenza e responsabilità del giudice, legittimazione istituzionale

CAPITOLO PRIMO

2. Le ragioni favorevoli e contrarie all’introduzione della dissenting opinion: un quadro teorico

2.2. Amministrazione della giustizia, indipendenza e responsabilità del giudice, legittimazione istituzionale

In seconda battuta, il dibattito a proposito dell’opinione dissenziente ha trovato un fertile terreno di contrapposizione in relazione alle ampie categorie concettuali

dell’indipendenza58 e della responsabilizzazione dell’organo collegiale, nonché del

singolo giudice.

Sul primo versante, è stato sostenuto che l’introduzione del pubblico dissenso potrebbe minare l’indipendenza e serenità del giudicante, giacché in questo modo si aprirebbe la porta a possibili influenze (soprattutto politiche) provenienti ab

externo, delle quali il magistrato sarebbe “latore” in sede giudiziaria59.

Viceversa, per i sostenitori del dissent, detta condizione soggettiva non solo non verrebbe incisa in alcun modo, ma si vedrebbe addirittura rafforzata, in quanto la conoscibilità delle ragioni addotte dal giudice dissenziente rappresenta un ottimo filtro per vagliare la sua possibile influenzabilità da parte delle contingenti forze

sociali ed istituzionali60.

A tale logica si ispirano, ad esempio, alcune ricostruzioni effettuate a proposito delle origini storiche della seriatim opinion nel sistema giurisdizionale

britannico61, laddove fanno presente che «oral delivery by each individual judge

may be a more accountable method of deciding cases than decisions made in

58 Spunti oltremodo interessanti sulla configurazione dei principi di indipendenza ed imparzialità in capo ai componenti della Corte Costituzionale (italiana) possono leggersi in A. RAUTI, Riflessioni

in tema di imparzialità dei giudici costituzionali, in Giur. cost., 54, 5, 2009, 4029-4054 e, nella

medesima Rivista, in R. BIN, Sull’imparzialità dei giudici costituzionali, 4105 ss.

59 Sul rapporto tra organi costituzionali e partecipazione “politica” nelle questioni istituzionali, cfr. M. GARCÍA-PELAYO, El “status” del Tribunal constitucional, in Rev. Esp. Der. Const., 1, 1981,

22-27.

60 Sull’argomento, si tornerà più ampiamente infra, §2.3. Per A. LYNCH, Is judicial dissent

constitutionally protected?, in 4 Maquarie Law J. 81 (2004), 81-82, inoltre, «the presence of

dissenting judgments is one factor which provides reassurance that the courts are staffed by judges beholden to nothing more powerful than their own individual appreciation of the state of the law. If the judges are prepared to disagree with each other on occasion, then it seems reasonable to presume they will have no qualms about disagreeing with the executive and legislature as well when the need arises».

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seclusion, because judgments made in the open and without explicit caucus among the judges may be less likely to be (or appear to be) infected by corruption or

collusion or the influence of the monarch»62.

Sull’altro versante, invece, il profilo della responsabilità del giudice viene evocato tanto in un’ottica “interna” – colui che giudica è sicuro che la sua idea sarà conosciuta per come è stata espressa, senza timori di suggestive attribuzioni di paternità o malevole dicerie – quanto soprattutto “esterna”, poiché un’amministrazione della giustizia trasparente esige che sia nota la posizione di tutti i componenti del collegio, anche di coloro che hanno votato contro la

maggioranza63.

Peraltro, detto profilo di responsabilizzazione risulta ulteriormente rafforzato dal fatto che ogni singolo componente del Collegio è, in qualche modo, vincolato alle proprie soluzioni precedenti (tanto di maggioranza come di minoranza),

quantomeno a titolo di coerenza nel corso della propria carriera istituzionale64.

Ciò non significa cristallizzare in capo al medesimo, sine die, interpretazioni pregresse, bensì “obbligarlo” ad essere ragionevolmente coerente nella propria attività giudiziaria: in tal senso, il mutamento di interpretazione dovrà essere sempre motivato in relazione al proprio background decisorio, dando conto – in termini convincenti e strettamente giuridici – dell’allontanamento da soluzioni (personali) precedenti e dell’adozione di una posizione differente.

62 M. TODD HENDERSON, From ‘Seriatim’ to Consensus and Back Again: A Theory of Dissent, in University of Chicago Public Law & Legal Theory, Working Paper No. 186, 2007, 8.

63 Cfr. F.J. EZQUIAGA GANUZAS, El voto particular, cit., 83.

64 Si veda, ad esempio, l’opinione concorrente di Black e Douglas in U.S. Supreme Court, West

Virginia State Board of Education v. Barnette, 319 U.S. 624 (1943), 643 ss., in merito al diritto di

uno studente testimone di Geova di non essere costretto a prestare atto di saluto alla bandiera americana. In particolare, costoro sentirono la necessità di “giustificare” il loro radicale mutamento di posizione rispetto a quanto sostenuto in U.S. Supreme Court, Minersville School District v.

Gobitis, 310 U.S. 586 (1940) – giurisprudenza superata proprio da Barnette – attraverso un’apposita

(e invero atipica) concurring opinion, pena l’irrazionalità di essersi pronunciati a favore di due soluzioni contrapposte in fattispecie del tutto analoghe.

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Si apre, così, il campo ad una sorta di controllo diffuso dell’organo giudicante

da parte della pubblica opinione65; controllo che, a sua volta, viene ad intersecarsi

con la tematica, sempre delicatissima, della legittimazione democratica degli organi giudiziari66.

In tale direzione, si è sostenuto che il sistema giudiziario non dovrebbe avere nessun timore a rendere palese l’esistenza di eventuali disaccordi tra i soggetti chiamati a deliberare, poiché l’assoluto ermetismo nella rivelazione di opinioni discordi e la pretesa di giustificare una costante esistenza di unanimità è propria

unicamente dei regimi autoritari67. E allora, «se è spiacevole che [i giudici] non

possano sempre concordare, tuttavia è preferibile che la loro indipendenza sia mantenuta e riconosciuta piuttosto che l’unità assicurata mediante il suo

sacrifizio»68.

Parallelamente, per quanto attiene al tema della legittimazione del Giudice costituzionale – da tenere distinto dalla legittimità “democratica” relativa

all’esercizio delle sue funzioni69 – se pure è vero che la sua auctoritas istituzionale

65 Cfr. F.J. EZQUIAGA GANUZAS, El voto particular, cit., 82; G. ROLLA, Indirizzo politico e Tribunale

costituzionale in Spagna, cit., 138 e P. CARETTI, E. CHELI, L’influenza dei valori costituzionali sulla

forma di governo: il ruolo della giustizia costituzionale, in A. PIZZORUSSO, V. VARANO (a cura di),

L’influenza dei valori costituzionali sui sistemi giuridici contemporanei, vol. II, Milano, Giuffrè,

1985, 1033. In una prospettiva comparata, nell’ordinamento giapponese è previsto che i giudici della Corte Suprema abbiano il dovere di esprimere la loro opinione in tutte le deliberazioni a cui partecipano (art. 11, legge n. 59/1947) e che gli stessi siano soggetti ad un giudizio popolare per la riconferma in carica, in occasione delle prime elezioni per la Camera dei Rappresentanti successiva alla nomina: sul punto, cfr. M. MAZZA (a cura di), I sistemi del lontano Oriente, Milano, CEDAM, 2019, 228-231.

66 Secondo C. MEZZANOTTE, Corte costituzionale e legittimazione politica, cit., 98-99, «[…] una costituzione gravata dall’onere di agire di agire come fattore d’unificazione ideologica deve rappresentarsi sempre come un quid di esterno o trascendente rispetto alle forze che la sostengono, e non potrebbe assolvere alla sua funzione se, durante l’arco della sua vigenza, venisse ad identificarsi senza residui colle ideologie, le aspirazioni, i programmi di una maggioranza». 67 Cfr. W.O. DOUGLAS, The dissent: a safeguard of democracy, in J. Am. Judicature Soc’y, vol. 32 (1948), qui citato nella sua traduzione italiana in ID., Il «dissent»: una salvaguardia per la democrazia, in C. MORTATI, Le opinioni dissenzienti, cit., 106.

68 Ivi, 110.

69 La distinzione è chiarita da A. FERNÁNDEZ MIRANDA, in AA.VV., Encuesta: orientación actual

del derecho constitucional, in. Teoría y Realidad Constitucional, 21, 2008, 53, per il quale «cuando

hablo de legitimación, obviamente, no hablo de legitimidad. Ésta la tiene el Tribunal en virtud de las competencias que la Constitución le atribuye y en la medida en que aplique la propia Constitución desde criterios jurídicos de objetividad eludiendo los criterios políticos de oportunidad. Se trata de un concepto normativo que determina la pacificación jurídica de los conflictos pero que no

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potrebbe apparire affievolita da decisioni assunte con maggioranze minime70,

occorre tuttavia tenere in considerazione un duplice ordine di fattori.

In primo luogo (come già pocanzi ricordato, in ordine alla persuasività della motivazione), è necessario compiere uno sforzo intellettuale che riesca a separare la soluzione giuridica dalla identificazione soggettiva di favorevoli e dissenzienti.

Spesso, infatti, la sfrenata curiosità di identificare personalmente le singole opinioni dei giudici crea un pregiudizio concettuale che, a sua volta, si riverbera sul ragionamento seguito, il quale è messo in discussione sulla base del solo dato numerico, senza neanche essere analizzato.

In questo modo, l’analisi del caso di merito rischia di essere viziata da una pregressa ricostruzione delle posizioni “storiche” dei soggetti giudicanti, distogliendo così l’attenzione dal contenuto della pronuncia.

Inoltre, si consideri che i profili della (carenza di) legittimazione degli organi giudicanti – anche estranei alla giustizia costituzionale – spesso e volentieri sono il frutto di una sovrapposizione derivata dall’inerzia – quando non incapacità – della classe politica di assumere su di sé le proprie responsabilità.

Detto in altra forma, laddove i poteri legislativo ed esecutivo “abdicano” alle proprie funzioni, demandando al sistema giudiziario la soluzione di determinate problematiche, è evidente come la motivazione giuridica – che, in ogni caso, inciderebbe sulla realtà politica, in modo più o meno diretto – venga a surrogare la decisione politica stessa, non per una decisione del Giudice (il quale non può sottrarsi dal decidere), bensì perché è l’unica che sia disponibile nel caso di specie.

determina su pacificación política. Por el contrario, el de legitimación es un concepto sociológico, imprescindible para la pacificación política, que dice de la aceptación social del sentido y del contenido de las sentencias». Sul punto, già L. ELIA, Giustizia costituzionale e diritto comparato (Appunti di ricerca), in Quad. cost., 1, 1984, 9.

70 Contra, V. BERGER, L’élaboration de la décision de la Cour européenne des droits de l’homme,

in Documents de travail du XIème Colloque national de défense pénale: Convention européenne des

droits de l'homme - mode d’emploi dans le procès pénal, Marseille, Syndicat des avocats de France,

1993, 27: «we should not believe that judgements are better when they are unanimous, quite the contrary, those who generally are the most consistent, the firmest and the clearest are those who have been voted with a short majority. What we lose in authority, we get it back in clarity, in vigour and in force».

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La conseguenza (nefasta) è che i principi di legittimazione e responsabilità politica vengono impropriamente traslati sull’attività giudiziaria, aprendo il varco ad una pericolosa lettura politicizzata ab externo del ruolo e della funzione di chi è

chiamato ad applicare la legge71.

2.3. Il timore della politicizzazione dei provvedimenti giudiziari e dei loro

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