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Il problema delle plurality opinions

CAPITOLO PRIMO

2. Le ragioni favorevoli e contrarie all’introduzione della dissenting opinion: un quadro teorico

2.4. Il dissenso formalizzato, i riflessi sulla soluzione contingente ed i (possibili) revirement giurisprudenziali

2.4.1. Il problema delle plurality opinions

l’assenza di opinioni contrarie – in un modello che lo preveda – è indice di vera condivisione della decisione maggioritaria: colui che volesse dissentire, infatti, non avrebbe ragioni per non farlo pubblicamente. La mancata formalizzazione del

dissenso, di conseguenza, implica l’assenza dello stesso96.

Inoltre, la parte motiva di una sentenza così prodotta ne guadagna in coerenza, chiarezza ed organicità, dal momento che non è necessaria – nel segreto della camera di consiglio, che tale rimarrebbe in assenza di un’istituzionalizzazione del

dissent – la ricerca di (faticosi) compromessi in seno al collegio che sovente

traducono in motivazioni a più voci, viziate dalla necessità di coagulare tesi contrapposte a fronte di una necessaria soluzione conclusiva.

La decisione finale sarebbe così vera opinione della maggioranza, dal momento che quelle contrarie, oltre ad essere palesi, non andrebbero ad intaccare il ragionamento – lineare e non forzatamente “compromissorio” seguito dalla prima.

2.4.1. Il problema delle plurality opinions

Un’importante deroga in proposito – soprattutto dal punto di vista del significato che ne deriva – è quella relativa alle pronunce giudiziarie classificate come plurality

opinions, le quali, in una combinazione formale tra opinione di maggioranza, concurring e dissenting opinions, pongono in discussione, sotto forma di dissenso

mascherato, la stessa regola maggioritaria.

Infatti, nel momento in cui la sommatoria di opinion of the Court e opinioni concorrenti è superiore alla metà dei giudici che hanno deciso una controversia, si viene a creare l’imbarazzante situazione (per certi versi, anche contraddittoria) nella

96 Sul tema, si veda però l’interessante ricostruzione di L. EPSTEIN, W.M. LANDES, R.A. POSNER,

Why (and when) judges dissent: a theoretical and empirical analysis, in 3(1) J. Leg. Anal. 101

(2011), in ordine al fenomeno della dissent aversion: detta formula, introdotta da R.A. POSNER (How

Judges Think, Cambridge-London, Harvard University Press, 2008, 32 ss.) allude al rapporto tra

opinione dissenziente e le scelte sociologico-comportamentali che spingono (o meno) un giudice a manifestare in concreto un’opinione separata – anche quando la sua interpretazione sia effettivamente di dissenso – in quanto «since writing a dissenting opinion requires effort, which is a cost, a judge will not dissent unless he anticipates a benefit from dissenting that offsets his cost» (L. EPSTEIN, W.M. LANDES, R.A. POSNER, Why (and when) judges dissent, cit., 103).

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quale la maggioranza effettiva “copre” solo la parte dispositiva, mentre non esiste

un consenso maggioritario sulle motivazioni sottostanti97.

In tal modo, esiste una coalizione de facto (tra dissenzienti e concorrenti) che non concorda con una minoranza “paradossalmente maggioritaria”, vale a dire una sorta di maggioranza sul solo dispositivo depurata dei componenti che, attraverso l’emissione di concurring opinions, hanno sposato un ragionamento in tutto o in

parte parallelo per giungere alla medesima soluzione decisoria98.

Un esempio illuminante in tal senso – anche in ragione di una diffusione non

certo secondaria99 – è dato dalla celebre decisione della Corte Suprema degli Stati

Uniti nel caso Planned Parenthood of Southeastern Pa. v. Casey (1992)100, in

ordine alla necessità, in capo alla donna che desideri interrompere la gravidanza, di informare preventivamente il marito della propria decisione e, in capo alla minore, di ottenere il necessario consenso dei genitori, come stabilito in entrambe le

fattispecie dal Pennsylvania Abortion Control Act del 1989101.

97 Come ricordato da J.F. DAVIS, W.L. REYNOLDS, Juridical Cripples: Plurality Opinions in the

Supreme Court, in 59 Duke Law J. 59 (1974), 61, «in that context a plurality opinion is not, strictly

speaking, an opinion of the Court as an institution; it represents nothing more than the views of the individual justices who join in the opinion». Ciò emerge ibid. anche in termini formali: «The Court quite clearly makes this distinction in pronouncing its judgments: a majority opinion is announced as ‘the opinion of the Court’; a plurality opinion, on the other hand, is announced only as ‘an opinion’ of its author and those concurring therein».

98 In argomento, cfr. P.C. CORLEY, U. SOMMER, A. STEIGERWALT, A. WARD, Extreme dissensus:

explaining plurality decisions on the United States Supreme Court, in 31 Justice System Journal 180

(2010); A.S. HOCHSCHILD, The Modern Problem of Supreme Court Plurality Decision:

Interpretation in Historical Perspective, in 4 Wash. U. J. Law. & Pol’y 261 (2000) e Plurality Decisions and Judicial Decisionmaking, in 94 Harv. Law Rev. 1127 (1981). Secondo J. LUTHER,

L’esperienza del voto dissenziente nel Bundesverfassungsgericht, in A. ANZON, L’opinione dissenziente, cit., 263, «in questi casi, sembra auspicabile forse non soltanto un particolare self-restraint nell’uso dei voti concorrenti in presenza di voti dissenzienti in senso stretto, ma anche un

divieto eccezionale del voto concorrente».

99 Cfr. i dati statistici indicati in P.C. CORLEY, U. SOMMER, A. STEIGERWALT, A. WARD, Extreme

dissensus, cit., 180-181. Per un richiamo all’unico caso tedesco di plurality opinion (BVerfG 32,

199, relativo alla legge del Land dell’Assia sulla retribuzione dei giudici), cfr. J. LUTHER,

L’esperienza del voto dissenziente nel Bundesverfassungsgericht, cit., 262-263.

100 U.S. Supreme Court, Planned Parenthood of Southeastern Pa. v. Casey,505 U.S. 833 (1992).

101 Ad ampio commento della citata sentenza, cfr. V. BARSOTTI, La Corte suprema degli Stati Uniti e la questione dell’aborto, in Foro italiano, IV, 1992, 527 ss. Della stessa A., si veda anche L’arte di tacere. Strumenti e tecniche di non decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti, Torino,

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La corrispondente pronuncia, infatti, consta di ben dieci sezioni (I, II, III, IV, V-A, V-B, V-C, V-D, V-E, VI), tra le cui pieghe si riscontra una intricata sovrapposizione di opinioni della maggioranza, opinioni concorrenti e dissenzienti in merito alle diverse questioni giuridiche volta a volta considerate.

Nel dettaglio, l’opinion of the Court – come tale, condivisa dalla maggioranza

dei giudici102 e pubblicamente annunciata, in via eccezionale, da tre componenti

della Corte103 – era circoscritta alle sole parti I, II, III, V-A, V-C e VI. Allo stesso

tempo, le sezioni IV, V-B e V-D erano condivise solo dai tre giudici che avevano

proclamato la decisione finale104, mentre la sezione V-E era anch’essa sposata da

questi ultimi, con l’appoggio ulteriore di Stevens (ed il dissenso di Blackmun). Sul fronte opposto, il Chief Justice Rehnquist ha redatto un’opinione in parte

concurring in judgement ed in parte dissenziente (cui si associavano White, Scalia

e Thomas) e lo stesso ha fatto Scalia, al quale si sono uniti i giudici appena citati. Ai fini che qui interessano, la conseguenza più importante che ne deriva è quella secondo cui «l’efficacia di precedente è limitata alle parti I, II, III, A, V-C, VI, le uniche che raccolgono, in sostanza cinque voti. Le parti rimanenti, che non raccolgono i necessari cinque voti sul ‘reasoning’, costituiscono una semplice

plurality opinion, priva di efficacia di precedente»105.

Tale mancanza di vincolatività deve essere ricondotta, in termini pratici, alla regola generale enunciata dalla stessa Corte Suprema in Marks v. United States

(1977)106, la quale tuttavia contiene un’importante ambiguità in ordine alla possibile

esistenza di principî di diritto maggioritariamente condivisi e, in quanto tali, applicabili dalle Corti di grado inferiore.

102 Blackmun, Stevens, O’Connor, Kennedy e Souter. 103 O’Connor, Kennedy e Souter.

104 Blackmun e Stevens dissentono in proposito.

105 V. VARANO, A proposito dell’eventuale introduzione delle opinioni dissenzienti nelle pronunce della Corte costituzionale: considerazioni sull’esperienza americana, in A.ANZON, L’opinione dissenziente, cit., 139.

106 U.S. Supreme Court, Marks v. United States, 430 U.S. 188 (1977), 193: «When a fragmented Court decides a case and no single rationale explaining the result enjoys the assent of five Justices, the holding of the Court may be viewed as that position taken by those Members who concurred in the judgments on the narrowest grounds».

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Come bene è stato ricordato, infatti, «if no group of five Justices explicitly signs onto a single opinion that explained the result, can two or more opinions, each of which speaks for fewer than five Justices, be patched together to get something that five Justices presumably could all accept, even if they never said that they

would?»107.

Il dubbio interpretativo (ed applicativo) nell’identificazione di un minimo comune denominatore – «the narrowest grounds» – nella pronuncia in esame della Corte Suprema rimane quindi aperto, prestandosi ad applicazioni differenziate da parte dei giudici inferiori che, in ultima battuta, potranno essere ricondotte ad unità dallo stesso giudice di vertice dell’ordinamento.

In particolare, assume rilievo centrale la presenza di opinioni concorrenti che, potendo essere o meno riferite alla plurality opinion (formata dai giudici non dissenzienti), consentono al giudice inferiore di “ricostruire” in termini predittivi l’opinione di una possibile maggioranza in situazioni ad essa riconducibili in termini fattuali: in questo modo, l’opinione concorrente diventa controlling

opinion, assumendo carattere vincolante108.

Tale criterio di “sussunzione” – in forza del quale l’interpretazione “concorrente” che sia più specifica rispetto alla plurality opinion generale deve intendersi condivisa da quest’ultima con un grado di ragionevole probabilità – non

è tuttavia di facile interpretazione, né a livello di esegesi dottrinale109, né sul piano

più strettamente giurisdizionale110.

107 L. DENNISTON, On a splintered Court, who rules?, in www.scotusblog.com, 13th August 2013. 108 Cfr. M.A. THURMON, When the Court divides: reconsidering the precedential value of Supreme

Court plurality decisions, in 49 Duke Law J. 419 (1992).

109 Si vedano le parole di Justice Alito nella discussione orale del caso Hughes v. United States (2018), 14: «Let’s say that nine people are deciding which movie to go and see, and four of them want to see a romantic comedy, and two of them want to see a romantic comedy in French, and four of them want to see a mystery. Now is the -- are the two who want to see the romantic comedy in French, is that a logical subset of those who want to see a romantic comedy?». Per Justice Breyer (ivi, 34), tale parametro dovrebbe essere interpretato «with common sense».

110 In quest’ultimo senso, cfr. U.S. Supreme Court, Freeman v. United States, 564 U.S. 522 (2011) e Hughes v. United States, 584 U.S. ___ (2018). In particolare, a fronte delle incertezze suscitate da

Freeman v. United States (nella quale quattro giudici avevano sottoscritto un’opinione, quattro

avevano dissentito ed uno aveva pronunciato un’opinione concorrente, volta a restringere i parametri applicativi della plurality opinion), la Corte Suprema ha rinunciato espressamente a fare

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In uno scenario così complicato, la Supreme Court ha spesso tentato di porre freno ad una tecnica decisoria particolarmente foriera di incertezze attraverso la “via di fuga” della per curiam opinion, vale a dire decisioni rese in forma impersonale – attribuibili alla Corte nel suo complesso – con le quali la stessa si limita «ad annunciare […] l’indirizzo di fondo, la ‘basic policy’ su cui è stato

possibile aggregare una maggioranza di giudici» in modo formalmente esplicito111,

in modo tale da cristallizzare un precedente autenticamente vincolante112.

Peraltro, ciò non esclude che, in astratto, possano essere prodotte altrettante opinioni separate, in tal modo palesandosi l’estrema difficoltà nel pervenire ad una

soluzione condivisa nei contenuti anche solo da una maggioranza “minima”113.

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