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Considerazioni di sintesi a favore dell’opinione dissenziente

CAPITOLO PRIMO

2. Le ragioni favorevoli e contrarie all’introduzione della dissenting opinion: un quadro teorico

2.5. Considerazioni di sintesi a favore dell’opinione dissenziente

Riannodando ora il filo del dissenso, l’idea secondo la quale l’opinione dissenziente costituirebbe un importante deterrente contro soluzioni finali confuse e forzatamente equilibrate viene ribaltata nelle premesse degli oppositori.

applicazione degli incerti criteri enunciati in Marks (nonostante fosse stata sollecitata in proposito), essendo riuscita a trovare in Hughes v. United States una maggioranza sufficiente (6-3) a conformare una opinion of the Court.

111 V. VARANO, A proposito, cit., 140. Sulle diverse funzioni della per curiam opinion, cfr. S.L.

WASBY, S. PETERSON, J. SCHUBERT, G. SCHUBERT, The per curiam opinion: its nature and functions,

in 76 Judicature 29 (1992), 30, ove viene anche ricordato come «one also finds per curiam dispositions used, although not frequently, in argued cases when the justices are very badly divided. In such situations, the opinion is limited to policy on which the justices can agree-sometimes no more than the judgment and the basic holding-and each justice or group of justices then separately spells out their own reasoning». Ciò non fa venir meno, tuttavia, il sagace interrogativo formulato da R. BADER GINSBURG, Remarks on writing separately, in 65 Wash. Law Rev. 133 (1990), 149:

«Has our Supreme Court drifted from its once customary middle way-an opinion for the court sometimes accompanied by a separate opinion-toward the Law Lords’ pattern of seriatim opinions, each carrying equal weight, and under which ‘the English lawyer has often to pick his way through as many as five judgments to find the highest common factor binding on lower courts’?».

112 Una lettura critica in Notes. Supreme Court Per Curiam Practice: A Critique, in 69(4) Harv. Law

Rev., 707 (1956).

113 In proposito, si vedano le storiche pronunce New York Times v. United States (1971), in ordine alla pubblicabilità dei Pentagon Papers, relativi alla strategia bellica americana in Vietnam; Furman

v. Georgia (1972), la quale sancì una moratoria sulle esecuzioni capitali e Bush v. Gore (2000), a

proposito del riconteggio delle schede elettorali in Florida nelle combattutissime elezioni presidenziali del 2000 tra G.W. Bush e A. Gore.

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Essi evidenziano come tale soluzione in realtà faccia venir meno la necessità di pervenire alla soluzione più compromissoria e condivisa possibile: infatti, il giudice contrario non sarebbe portato a ricercare una soluzione mediata con i colleghi della maggioranza, potendo tranquillamente arroccarsi dietro la propria

interpretazione (che, come tale, verrà comunque resa pubblica)114.

Orbene, una ricostruzione di questo genere sembra scontare diverse criticità. Innanzitutto, la stessa presume – alquanto ingenuamente – che il singolo magistrato sia una sorta di “eremita del diritto” che cerca lo scontro dialettico ad ogni costo, incapace di confrontarsi con le opinioni contrarie alla propria e di reggere il confronto con i suoi colleghi. Al contrario, pare evidente che un giudice possa ottenere maggior soddisfazione facendo sì che la propria interpretazione entri nei confini dell’opinione maggioritaria rispetto all’isolamento cui potrebbe essere

destinata in caso di pronuncia del dissent115.

Inoltre, detta impostazione porta con sé un vizio logico, dal momento che il dissenziente non è tanto colui che rifugge aprioristicamente il consenso, bensì chi non è riuscito ad inserire il proprio ragionamento giuridico all’interno di quello risultato poi maggioritario.

Il componente di un organo collegiale, infatti, è per natura chiamato alla ricerca del compromesso (attraverso la persuasione dei suoi colleghi), se non altro perché sarebbe altrimenti impossibile raggiungere una soluzione condivisa almeno dalla metà più uno dei membri, trincerandosi in punto di partenza su posizioni predefinite.

Si è anche sostenuto che l’opinione dissenziente, palesando le ragioni di contrarietà alla soluzione della maggioranza, porterebbe i giudici di quest’ultima a compiere uno sforzo ulteriore di approfondimento nella motivazione dei loro

114 Timore, questo, evidenziato anche da R. GRANATA, Intervento, in A. ANZON, L’opinione dissenziente, cit., 54, il quale sottolinea «la preoccupazione che l’introduzione della dissenting opinion possa ostacolare l’esplicazione di questo sforzo della camera di consiglio di tendere al

raggiungimento del più largo consenso possibile sulla soluzione da adottare. Sforzo, tengo a ripeterlo, che non è di compromesso ma è di mediazione, di ‘non radicalizzazione’ delle posizioni di ciascuno».

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provvedimenti, al fine di sostenere la maggior solidità della propria interpretazione

rispetto a quella dissidente116.

In tal senso, non è secondario evidenziare come la previsione teorica dell’opinione dissenziente non solo potrebbe incidere sulla soluzione finalmente adottata dalla maggioranza numerica del collegio, bensì anche scongiurare (per

quanto possa apparire paradossale) la stessa produzione del dissent117.

In concreto, nel momento in cui questo viene interpretato come opinione destinata alla circolazione tra la maggioranza prima della deliberazione finale (e non solo come reazione a posteriori alla soluzione conclusiva), la sua incidenza sul

carattere compromissorio della deliberazione può essere assai rilevante118.

Infine, il confronto tra le bozze delle opinioni maggioritaria e dissenziente –

come testimoniato dall’esperienza deliberativa della Corte Suprema statunitense119

– potrebbe invertire l’originario dissenso, favorendo la ricerca di quella mediazione che si riteneva possibile solo attraverso il segreto più assoluto delle soluzioni

interne al collegio120.

116 Cfr. S. PANIZZA, L’Introduzione dell’opinione dissenziente, cit., 72; F.J. EZQUIAGA GANUZAS, El

voto particular, cit., 88; G. ROLLA, Indirizzo politico, cit., 142 e S.C. PANZA, A. REPOSO, Le ‘dissenting opinions’ ancora alla ribalta, in Quad. cost., 1981, 597. Nelle parole del giudice del TC

Xiol Ríos nella STC 31/2018, «nunca es agradable formular una opinión disidente. Representa la confesión pública de un fracaso en la capacidad de persuasión para conformar una opinión mayoritaria».

117 Già lo ricordava C. MORTATI, Relazione illustrativa della proposta di emendamenti dell’art. 18 «Norme integrative», in A. ANZON, L’opinione dissenziente, cit., 395.

118 Ben lo sottolinea V. VARANO, A proposito, cit., 135, il quale ricorda come «[della opinion of the Court e] di ogni altra possibile opinione separata, vengono fatte circolare tutte le bozze: il principio

è che ogni giudice deve esaminare tutto ciò che ogni altro giudice ha scritto. Tutta questa attività mira, come è facile intendere, ad allargare il consenso intorno alla iniziale maggioranza». Sulla stessa linea di pensiero anche T. MARTINES, Motivazione delle sentenze costituzionali e crisi della certezza del diritto, in A. RUGGERI (a cura di), La motivazione delle decisioni della Corte

costituzionale, Torino, Giappichelli, 1994, 565, secondo cui «[…] anche se non è dato saperlo

ufficialmente, tali opinioni possono influenzare la decisione (formalmente) collegiale della Corte, al punto tale da renderla, per molto ed evidenti aspetti, compromissoria».

119 Nella quale l’opinion of the Court e le eventuali dissenting/concurring opinions si compongono e scompongono in una vorticosa circolazione fisica, tra le stanze dei giudici, di diverse bozze di soluzioni maggioritarie (affidate al relatore) e soluzioni minoritarie contrapposte. Su tale procedimento (non formalizzato) di decisione, cfr. K. NADELMANN, Il dissenso nelle decisioni

giudiziarie, cit., 39; A. ANZON, Forma delle sentenze e voti particolari, cit., 176 e B. WOODWARD, S. ARMSTRONG, The Brethren. Inside the Supreme Court, New York, Simon & Schuster, 1979.

120 Cfr. R. BADER GINSBURG, Lecture: The role of dissenting opinions, in 95 Minn. Law Rev. 1 (2010), 3. La stessa A. evidenzia ibid. come «sometimes a dissent is written, then buried by its

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Per quanto attiene, invece, alla (possibile) incidenza su eventuali filoni giurisprudenziali futuri, è necessario evidenziare il profilo della continuità tra

soluzioni già adottate e decisioni futuribili121.

In tale direzione, innanzitutto si renderebbe completamente pubblico il quadro dei diversi orientamenti presenti in seno alla Corte a proposito di una determinata problematica giuridica. Ne deriverebbe, pertanto, una possibile prevedibilità degli orientamenti futuri della Corte giudicante, quantomeno nella misura in cui è ragionevole credere il revirement giurisprudenziale (o anche solo una qualsiasi soluzione interpretativa) troverà un ideale aggancio in un dissent precedente, evitandosi bruschi (ed imprevisti) mutamenti di soluzioni consolidate, che sarebbero così sempre motivati.

In questo modo, l’opinione dissenziente entra a far parte della “memoria storica” della Corte al cui interno viene prodotta, rimanendo in ogni caso latente a

fronte di possibili percorsi argomentativi e soluzioni future122.

In più, in un’ottica di leale cooperazione inter-istituzionale, l’organo legislativo potrebbe assumere la pronuncia di opinioni dissenzienti come indice di riferimento per eventuali interventi di carattere normativo, in una sinergia che – senza sconfinare in invasioni di campo – potrebbe anche essere benefica per la

tenuta dell’intero ordinamento123.

author. An entire volume is devoted to the unpublished separate opinions of Justice Louis Dembitz Brandeis. He would suppress his dissent if the majority made ameliorating alterations or, even when he gained no accommodations, if he thought the Court’s opinion was of limited application and unlikely to cause real harm in future cases».

121 Secondo P. HÄBERLE, El Estado constitucional, Lima, UNAM, 2003, 63, «los votos particulares

de los jueces constitucionales que sostienen interpretaciones alternativas pueden convertirse en una forma especial de anunciar y promover, e incluso de acelerar, la ‘mutación constitucional’». Sull’opinione dissenziente come alternativa giurisprudenziale alla soluzione maggioritaria, ID., Los

derechos fundamentales en el espejo de la jurisprudencia del Tribunal Constitucional Federal alemán. Exposición y crítica, in Revista de Derecho de la Universidad de Granada, 2, 1999, 14-15.

122 G. CÁMARA VILLAR, Votos particulares y derechos fundamentales en la práctica del Tribunal Constitucional español, cit., 24.

123 Ipotesi di questo genere sono richiamate, in relazione all’ordinamento statunitense, da J.P. GREENBAUM, Osservazioni sul ruolo delle opinioni dissenzienti nella giurisprudenza della Corte

Suprema statunitense, in A. ANZON, L’opinione dissenziente, cit., 186-187, il quale allude alle storiche pronunce Chisholm v. Georgia (1793) – superata dall’introduzione dell’Undicesimo Emendamento nel 1795 – e Dred Scott v. Sandford (1857) – ove si stabilì che le persone di colore non potevano essere considerate cittadini americani – marginata (almeno a livello teorico)

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Come è stato acutamente osservato, infatti, «[…] l’interpretazione presenta carattere tanto legislativo che giudiziario. Non si può omettere di rilevare come il legislatore ha lasciato al giudice la scelta delle tesi o teorie in competizione», soprattutto laddove si consideri che «la legge è la più elevata forma di compromesso fra interessi contrastanti […], il prodotto degli esperimenti di conciliazione fra i diversi gruppi sociali. La conciliazione non può essere compito della sola funzione

legislativa. Anche quella giudiziaria vi è inevitabilmente implicata»124.

Tra gli esempi più recenti in questo senso, il più significativo è sicuramente quello legato al Lilly Ledbetter case. Nel dettaglio, la sig.ra Ledbetter – impiegata dal 1979 al 1998 presso la società Goodyear (produttrice di pneumatici ed oggetti in gomma) – iniziò, a seguito del suo pensionamento, una serie di azioni giudiziarie contro l’impresa presso cui aveva lavorato, allegando di essere stata discriminata per ragioni di sesso in ordine allo stipendio che le veniva mensilmente corrisposto (più basso, a parità di condizioni di lavoro, rispetto a quello dei colleghi uomini).

Nel 2007, la Corte Suprema rigettò definitivamente le pretese della ricorrente, poiché tali (presunte) discriminazioni erano state denunciate oltre il termine di 180

giorni imposto dal Titolo VII del Civil Rights Act del 1964125 e, in quanto tali, erano

divenute oramai inesigibili.

Il Congresso degli Stati Uniti reagì attraverso l’implementazione del Lilly

Ledbetter Fair Pay Act 2009 – prima legge promulgata durante la Presidenza di B.

Obama – in forza del quale tale termine sarebbe decorso ex novo ogniqualvolta, nel frattempo, fosse stato posto in essere un (ulteriore) atto discriminatorio.

Ai fini che qui interessano, è interessante notare come l’intero dibattito parlamentare per l’approvazione di tale legge si sia snodato a partire dalle feroci

dall’approvazione del Quattordicesimo e Quindicesimo Emendamento (1868 e 1870), rispettivamente in materia di eguale protezione di fronte alla legge e libero esercizio del diritto di voto.

124 W.O. DOUGLAS, Il «dissent», cit., 108-109. Secondo E.C. VOSS, Dissent: Sign of a Healthy Court,

in 24 Ariz. St. Law J. 643 (1992), 653-654 «while most dissents are written in an effort to obtain subsequent judicial Rev., others serve as an appeal to the legislative branch for a corrective amendment. The dissent may be intended to provide forensic material for later interpretation of revisionary legislation».

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argomentazioni spese contro la sentenza dall’opinione dissenziente del giudice

Bader Ginsburg126, la quale, pur “soccombente” in sede giudiziaria, è però risultata

in sede legislativa vincente.

Del resto, quest’ultima aveva invocato in proposito l’intervento “correttivo” del potere legislativo, affermando che «once again, the ball is in Congress’ court. As in 1991, the Legislature may act to correct this Court’s parsimonious reading of

Title VII»127.

Dopo aver ricostruito il quadro delle argomentazioni teorico-formali abitualmente contrapposte, sia a favore sia contro l’introduzione dell’opinione dissenziente, è necessario tracciare un primo affresco, soprattutto di carattere storico, rispetto alla manifestazione e pubblicizzazione del dissenso presso alcune delle più significative esperienze giurisdizionali negli ordinamenti di common law e civil law.

Come è già stato anticipato, il cuore del presente lavoro di tesi sarà dedicato alle specifiche esperienze di Spagna ed Italia, con particolare attenzione alla materia della giustizia costituzionale.

A tal proposito, infatti, è vero che la dissenting opinion attiene al modello della decisione giurisdizionale in senso lato. Tuttavia, da una parte, il ruolo del dissenso nelle controversie giudiziarie ordinarie presenta un forte aggancio con la questione decisa, funge da linea divisoria tra le argomentazioni delle parti processuali e può operare da sostegno per un’eventuale impugnazione nonché per l’instaurazione di un giudizio di responsabilità dei soggetti giudicanti, in una

prospettiva che rischia di diventare fin troppo ristretta e quasi “personalistica”128.

126 Cfr. A. FELDMAN, Empirical SCOTUS: The recent role of separate opinions, in

www.scotusblog.com, 13th November 2019.

127 U.S. Supreme Court, Ledbetter v. Goodyear Tire & Rubber Co., cit., 661. 128 Cfr. S. PANIZZA, L’introduzione dell’opinione dissenziente, cit., 134.

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In questo senso, pertanto, i fatti materiali di causa sembrano guidare la discussione sull’opportunità teorica dell’opinione dissenziente, potendo così viziare un ragionamento “strutturale” valido in termini generali.

Viceversa, tali elementi «perdono buona parte del loro rilievo nella prospettiva della giustizia costituzionale, dove gli aspetti di composizione ed organizzazione del collegio, uniti alla particolarità della giurisdizione esercitata, tendono a far attribuire un ruolo più oggettivo al dissenso espresso dal singolo componente […] e a saggiarne la portata in un contesto ordinamentale che va, di

norma, ben oltre la questione decisa»129.

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