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CASO STUDIO: IL TEMPLO PINTADO NEL SITO ARCHEOLOGICO DI PACHACAMAC

2.4 ANALISI DELLE CAUSE E DELLE PATOLOGIE DI DEGRADO

L'analisi delle cause e delle patologie di degrado è stata fondamentale sia per capire quali fossero i fenomeni da contrastare in campo ma soprattutto per programmare la successiva fase di sperimentazione in laboratorio. Identificare le ragioni che portano gli intonaci dipinti a degradarsi è stato il punto di partenza per pianificare il processo di invecchiamento accelerato dei campioni costruiti ad hoc e atti a simulare le superfici originali.

Il Templo Pintado, così come tutti gli altri edifici del santuario, è perennemente esposto all'azione degli agenti atmosferici che causano il deperimento delle strutture e delle pitture. In particolare, nonostante nel 2010 sia stata costruita una copertura e una controventatura per la protezione del

frontis norte, gli apparati decorativi sono reduci da 70 anni di esposizione1 agli agenti di degrado,

naturali e antropici, che hanno causato la perdita di una notevole quantità di informazione archeologica. Una prima compilazione delle patologie di degrado presenti in sito è stata eseguita nel 2001 da Kusi Colonna-Preti. Dal 2001 a oggi sono state apportate numerose migliorie alla struttura, quali ad esempio la copertura che, pur non eliminando totalmente le cause del degrado, perlomeno ne mitiga l'aggressività. Inoltre le strutture sono costantemente monitorate dal personale del sito che, quando possibile, interviene nell'immediato tramite interventi giornalieri e mirati. Per poter comprendere i fenomeni di degrado2 che si innescano sulle strutture e pitture, non è possibile

prescindere dall'analisi dei dati ambientali, in particolare temperatura, umidità relativa, radiazione solare e vento. I dati climatici analizzati sono relativi agli anni 2010, 2011, 2012 e 2013, registrati dalla stazione meteorologica installata nel sito nel 2008. La registrazione dei dati ambientali avviene ogni 30 minuti. I parametri considerati si presentano omogenei se si confrontano le stagioni corrispondenti nei differenti anni, discostandosi solo di una o due unità. Per questioni di brevità del testo, verranno esposti i dati inerenti l'anno 2011. Nell'immagine di Fig. 2.19 sono riportate le oscillazioni giornaliere della temperatura nelle diverse stagioni3.

Fig. 2.19 Oscillazioni giornaliere della temperatura nelle diverse stagioni.

1 Si ricorda che buona parte del Templo, compreso il frontis norte, è stato dissotterrato nel 1938 con gli scavi di Giesecke.

2 La terminologia utilizzata per le patologie di degrado è stata tratta da Weyer A. et alii (2015).

3 Autunno: 22 Marzo - 21 Giugno; Inverno: 22 Giugno - 22 Settembre; Primavera: 23 Settembre - 21 Dicembre; Estate: 22

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Dal grafico è possibile osservare che la temperatura si mantiene abbastanza costante tra giorno e notte, con oscillazioni che vanno dai 2 ai 4°C. Molto raramente le variazioni tra temperatura diurna e notturna hanno escursioni più ampie.

In estate, in particolare nel mese di Febbraio, la temperatura media nelle ore diurne si attesta attorno ai 22°C (con picchi fino a 26°C nelle ore più calde). In inverno invece, la media giornaliera, in particolare nel mese di Agosto, è di circa 16°C, con valori minimi registrati nelle ore notturne di 14°C. Anche l'umidità relativa (Fig. 2.20) non presenta forti variazioni, né a livello giornaliero né a livello stagionale, mantenendosi sempre sul 90 ± 6% con valori maggiori registrati durante le ore notturne. Solo raramente, nei mesi autunnali e primaverili, può assumere valori inferiori.

Fig. 2.20 Variazioni giornaliere dell'umidità nelle diverse stagioni.

Nonostante temperatura e umidità relativa si mantengono abbastanza costanti nel tempo, la loro interazione con gli altri parametri ambientali, quali irraggiamento solare e vento, genera degli stress anche di notevole entità sulle murature e superfici pittoriche. Da Agosto a Settembre il sito è investito da forti venti, con picchi di 35 km/h, che soffiano da Nord Est e provenienti dal litorale situato a 4 km. La direzione del vento risulta sfavorevole sopratutto per gli apparati decorativi più importanti presenti nel Templo dato che i più esposti (almeno fino al 2010) sono proprio quelli del frontis norte. Con l'apposizione della controventatura il fenomeno risulta essere mitigato ma non integralmente risolto. Per quanto riguarda l'irraggiamento solare, nei giorni estivi raggiunge valori di 7,90 kW h/m2 in poche

ore. I raggi solari che incidono sulle superfici ne provocano un forte riscaldamento durante il giorno, causando una rapida evaporazione dell'acqua interstiziale accumulatasi per effetto della forte umidità soprattutto durante le ore notturne. Con l'evaporazione avviene una contrazione a livello della microstruttura del materiale. Non è stato possibile effettuare delle misure dirette della temperatura raggiunta dalle murature del Templo ma lo stesso fenomeno viene analizzato nello studio delle cinetiche di degrado delle rovine cinesi di Jiaohe in Cina (Shao M. et alii, 2013). Anche in questo caso, le strutture in terra, sono collocate in area semi-desertica e le dinamiche che si innescano per via della combinazione degli agenti atmosferici sono molto simili a quelle riscontrate nel sito di

Pachacamac. In particolare, mettendo in relazione le misure di temperatura ambientale con le

temperature rilevate sulle murature, è stato riscontrato che per temperature dell'aria comprese tra i 20 e 30°C, le superfici delle strutture raggiungono temperature che superano i 55°C. È quindi molto

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probabile che lo stesso fenomeno avvenga nelle murature di Pachacamac in quanto, nonostante la mancanza di apparecchiature specifiche per verificare la temperatura superficiale della muratura, a livello autoptico è facilmente constatabile una temperatura nettamente superiore a quella dell'aria semplicemente toccando superfici murarie. Anche questo fenomeno è stato mitigato notevolmente dall'apposizione della copertura. Tuttavia questa non ricopre per intero le aree con resti di pittura murale, soprattutto nei settori recentemente scavati come la Plaza A. Durante la notte, la forte umidità presente nell'ambiente, è assorbita dalle superfici essendo la terra caratterizzata da fasi fortemente idrofile (Forster A.M. et alii, 2008). Inoltre, in concomitanza del periodo invernale, l'elevata

umidità tende a formare una fitta nebbia che condensa sulle superfici. L'acqua penetra nel materiale quando si verificano contemporaneamente tre condizioni (Killip I.R. et alii, 1984): si condensa sulla parete, trova un percorso per la circolazione e esiste una forza che ne provoca il movimento. Nelle superfici in terra, e in particolare in quelle di Pachacamac, le tre condizioni si verificano giornalmente: il vapore si deposita sulle pareti a causa dell'abbassamento di temperatura notturna, circola grazie alla microporosità aperta del materiale e la forza che ne permette il movimento può essere identificata nella pressione esercitata dal vento e dai differenti valori di pressione di vapore. L'assorbimento dell'acqua provoca un'espansione (swelling) del reticolo dei minerali argillosi, che si distingue per entità in funzione delle tipologie di argille presenti. A livello microscopico, le forze di legame tra argilla, grani di sabbia e limo diminuisce all'aumentare della quantità di acqua, provocando una riduzione della coesione interna del materiale. Questo si traduce in una riduzione della resistenza meccanica del sistema in scala macroscopica. In Morel et alii (2012) è riportato un grafico (Fig. 2.21) in cui si dimostra come la quantità d'acqua nel sistema provochi una perdita di resistenza meccanica in esemplari di terra con il 9% di fase legante (argilla).

Fig. 2.21 Morel (2012) - Decremento della Rc con l'incremento

del contenuto d'acqua W (%) in campioni di terra non stabilizzata e contenenti il 9% di argilla.

A seguito dell'essiccazione per effetto dell'irraggiamento e del vento, la perdita dell'acqua interstiziale provoca una contrazione del reticolo delle argille, che si traduce in micro e macro cavillature da ritiro. Le fessure generatesi facilitano quindi l'accesso dell'acqua durante i successivi cicli di inumidimento. Inoltre è importante sottolineare che se un'umidità eccessiva è dannosa per via dello swelling generato dai minerali argillosi, anche un'estrema essiccazione delle superfici porta a ingenti danni in quanto l'umidità è uno dei i fattori coinvolti nelle forze adesive (forze superficiali interparticellari e forze elettrochimiche) agendo sui grani indipendenti (Fletcher B.,1976). La polverizzazione dello strato pittorico del Templo Pintado è in parte attribuibile proprio ad un eccessivo asciugamento delle superfici. Le particelle di pigmento ormai decoese vengono quindi rimosse dai forti venti presenti soprattutto tra Agosto e Settembre (35 km/h). Anche questi fenomeni, in cui l'irraggiamento è un fattore di estrema rilevanza, risultano fortemente mitigati dalla presenza della copertura ma non del

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tutto eliminati. Il forte vento infatti, pur non lambendo direttamente le pitture, è incanalato nell'area compresa tra superfici e controventatura e, anche se in misura minore, ne comporta una rapida asciugatura. La polverizzazione del pigmento è stata riscontrata maggiormente sulle superfici di colore giallo pallido (Fig. 2.22).

La migrazione dell'acqua all'interno della macroporosità, oltre a generare il citato fenomeno di

swelling e il conseguente indebolimento dei legami, causa anche la movimentazione dei minerali

argillosi.

Questo fenomeno provoca la migrazione, concentrazione e il dilavamento delle sostanze solubili nel materiale. Grazie all'estrema finezza e all'alta superficie specifica dei minerali argillosi, questi possono essere facilmente movimentati e dilavati dall'acqua che circola nel materiale, rendendolo così più debole in quanto viene a mancare la fase legante nello scheletro limo-sabbioso. Questo fenomeno aumenta la porosità rendendo quindi il materiale ulteriormente vulnerabile ai futuri movimenti d'acqua (Shao M. et alii, 2013).Durante il giorno, se con l'iniziale riscaldamento della muratura può avvenire una contrazione dovuta alla perdita d'acqua interstiziale causata dell'evaporazione dell'umidità accumulata durante la notte e sopratutto nelle parti più esterne, a temperature elevate come quelle raggiunte sulle murature nelle ore più calde la terra può facilmente espandersi e provocare delle tensioni interne di espansione anche di elevata entità. L'espansione delle parti più superficiali è ostacolata dalla parte più interna della muratura a cui queste sono ancorate, generando quindi degli sforzi di trazione. Inoltre, non solo la parte interna che tende a bloccare la superficie in espansione genera uno sforzo di trazione sulla parte in espansione, ma la stessa parte in espansione genera delle tensioni di trazione nell'interfaccia con la parte più interna e quindi un'ulteriore sollecitazione (Torraca G., 1988; Neville A.M., 1995; Case J. et alii, 1999; Case J. et alii, 2013). Poiché la terra diventa gradualmente più debole se sottoposta a ciclici sforzi di trazione, questo fenomeno è causa di un forte degrado e, quando lo stress generato supera la capacità di deformazione del materiale e le forze di legame tra le particelle del materiale, le conseguenze sono chiaramente visibili sia sulle superfici senza intonaco, dove si genera una crosta superficiale spesso fessurata, sia in quelle in cui sono presenti gli intonaci dipinti con rigonfiamenti, distacchi, esfoliazioni e fessurazioni. Al rimuovere la crosta superficiale, la terra sottostante è totalmente polverizzata a causa degli attriti generatisi durante la fase di espansione (Fig. 2.30). Il vento infine rimuove la crosta e il primo strato superficiale polverizzato, lasciando esposta una nuova superficie in cui inizia nuovamente tutto il processo appena illustrato. Gli stress indotti da espansione e contrazione sono causa dei fenomeni di distacco sia tra strato di intonaco e supporto (Fig. 2.25-26) sia tra i vari strati pittorici, traducendosi in esfoliazione accentuata soprattutto nel caso della pittura di colore rosso e verde (Fig. 2.23-24).

Per effetto dell'assorbimento d'acqua nelle murature si assiste anche alla migrazione e cristallizzazione di sali solubili presenti nell'aerosol marino e trasportati dai venti provenienti dal litorale, in particolar modo cloruri, disciolti nell'acqua assorbita. Con l'essiccazione della muratura e la conseguente evaporazione dell'acqua, si verifica la cristallizzazione dei sali solubili che generano efflorescenze o sub-efflorescenze a seconda della velocità di evaporazione e delle condizioni termoigrometriche all'interno del materiale (Hall et alii, 2004; Grossein O., 2009).

Le sub-efflorescenze, molto più dannose delle efflorescenze, si formano in presenza di forte vento che accelera il processo di essiccazione e sposta il fronte evaporativo all'interno dei pori del materiale.

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La cristallizzazione è accompagnata spesso da un aumento di volume dei sali che saturano gradualmente la porosità e generano pressioni tali da portare alla rottura della struttura granulare e alla conseguente decoesione del materiale. Si assiste in questo caso alla formazione perlopiù di alveoli e cavità all'interno dei quali il vento crea dei vortici aumentando la sua capacità di rimozione e incrementando quindi l'alveolizzazione della superficie (Tabasso M., 2008). Questo fenomeno non è molto comune nel Templo e si riscontra unicamente in alcuni adobe collocati nella parte alta del muro est della Plaza A (Fig. 2.31).

L'acqua è evidentemente tra gli elementi che maggiormente influiscono sulla conservazione delle strutture in terra cruda. Nel caso del Templo, nonostante questa sia per lo più presente sottoforma di umidità atmosferica e svolga un ruolo fondamentale nei fenomeni appena illustrati, può anche agire con forza dirompente in occasione del Niño, evento atmosferico durante il quale si assiste a forti piogge e venti tempestosi causati dall'aumento della temperatura dell'oceano. L'ultimo Niño avvenuto è quello del 2009/20104 ed è stato caratterizzato da intensità moderata.

Le piogge generano erosione sulle superfici e causano una mobilitazione del materiale dall'alto verso il basso. L'erosione produce scanalature superficiali che successivamente costituiranno il percorso preferenziale dell'acqua derivante da piogge successive. La parte del materiale che scorre dall'alto verso il basso, aderisce invece alle superfici pittoriche e, in molti casi, è di difficile rimozione (Chiari G., 1983; Tabasso M., 2008). Il fenomeno appena illustrato si verifica raramente sulla struttura studiata data la scarsissima presenza di precipitazioni nella zona. Infatti, in circa 20 mesi di ricerca in situ, è stato possibile osservare la particolare patologia solo in due occasioni in cui però non è stata la presenza di una pioggia dirompente a scatenarlo, bensì il gocciolamento dell'acqua accumulatasi sulla copertura in canne per effetto della elevata UR% dell'ambiente (Fig. 2.29). Grazie al monitoraggio giornaliero, questo fenomeno è stato arrestato nell'immediato, bloccando il gocciolamento e pulendo le superfici dalla terra movimentata dagli strati superiori. Queste non sono state quindi interessate da erosione per ruscellamento. La copertura, nonostante abbia notevolmente mitigato alcuni dei fenomeni di degrado costantemente presenti, ha manifestato questa debolezza e, per questo motivo, negli ultimi mesi del 2016 si è provveduto a sostituire i pannelli in canne con dei pannelli in policarbonato, più resistenti e che non causano l'accumulo e il conseguente gocciolamento sui gradoni.

I forti venti, oltre a incentivare l'evaporazione dell'acqua dalle murature e trasportare un carico salino che causa efflorescenze e subefflorescenze, sono il mezzo di trasporto di un carico solido costituito da particelle di sabbia; queste urtano sulle superfici generando il fenomeno della corrasione eolica. Il fenomeno è accentuato e di particolare importanza in aree desertiche e semidesertiche (Heathcote K.A., 1995; 2002; Zhang C. et alii, 2004; Buschiasso D.E. et alii, 2007; Camuffo D.,1993, 2014) come quella studiata.

La corrasione eolica si verifica quando particelle abrasive impattano con grande energia sulle superfici per tempi più o meno prolungati, causando un estensivo o grave danno micro meccanico che si traduce in effetti macroscopici quali abrasione delle superfici e perdita materica (Alva Balderrama A. et alii, 1995; Cooke L., 2010; Camuffo D., 2014). L'energia delle particelle è linearmente proporzionale alla loro densità, proporzionale al quadrato della velocità del vento e alla terza potenza del loro diametro (Camuffo. D, 1993, 1995).

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I parametri principali che influenzano il movimento delle particelle sono numerosi e interconnessi e il fenomeno dell'erosione del suolo dipende dalla mutua relazione tra questi fattori. In particolare possiamo considerare (Chepil W.S., 1945; Lopez M.V., 1998):

· ARIA: velocità, turbolenza, densità (influenzata da temperatura, pressione e umidità), viscosità. · SUPERFICIE: rugosità, crosta, ostruzioni (presenza di vegetazione), temperatura, caratteristiche

topografiche

· SUOLO: struttura (influenzata da presenza di materia organica, percentuale di materiale carbonatico, struttura), gravità specifica, contenuto di umidità.

Anche piccole variazioni di uno di questi parametri possono influenzare gli altri, il che rende sia la comprensione che la previsione del movimento particolarmente complessa.

È possibile distinguere tre differenti modalità di movimento delle particelle in base al loro diametro (Udden J.A., 1894; Free E.E. et alii, 1911; Chepil W.S., 1945, 1951; Chepil W.S. et alii, 1963; Bagnold R.A., 1973; White B.R. et alii, 1977; Lyles L. et alii,1983; Pye K., 1987; Bamdorff-Nielsen O.E et alii,1991; Gomes L. et alii, 2003;Zamani S. et alii, 2013; Wang X. et alii, 2015; Wiesinger F. et alii, 2016):

· 0.001 mm <ø< 0.1 mm - DUST STORM

Sono le particelle più sottili che formano le tempeste di polvere. Queste possono essere trasportate per lunghe distanze dal vento e depositarsi solo nel caso in cui la velocità del vento diminuisca e in caso di piogge. La loro interazione con le superfici non genera danni di tipo meccanico, ma sono ben visibili come depositi superficiali e sono il veicolo ideale per il trasporto di altri agenti dannosi come ad esempio i sali solubili.

· 0.1 mm <ø< 0.5 mm - SALTATION5

Il movimento delle particelle in saltation avviene tramite il rimbalzo dei grani sul suolo. Quando il vento provoca il sollevamento delle prime particelle superando la velocità di soglia, determinata dall'interazione dei parametri che influenzano il processo, queste percorrono pochi cm prima di ricadere al suolo poiché sono troppo pesanti per poter restare in sospensione. La caduta provoca un urto sulle altre particelle presenti nella superficie del suolo, durante il quale il grano perde gran parte della sua energia cinetica. Successivamente all'urto, la particella rimbalza e percorre una distanza ancora più breve nei salti successivi. La caduta della particella e la cessione di questa energia provoca a sua volta la movimentazione di altre particelle che si comporteranno allo stesso modo come in una reazione a catena. Il salto prodotto può raggiungere altezze significative anche di 120 cm ma, la maggior parte, non supera i 30 cm. La relazione che intercorre tra altezza raggiunta e lunghezza del percorso del salto è h / L ed è una funzione del diametro delle particelle; questo è maggiore quanto più la particella è piccola. Per quanto riguarda invece gli angoli di decollo e di impatto questi sono compresi rispettivamente tra i 75 e i 90° e tra i 6 e i 12°.

In aree desertiche o semi desertiche il movimento per saltation coinvolge tra il 55 e il 72% delle particelle in movimento.

5 In alcuni lavori, come ad esempio in Chepil (1951), a seconda delle velocità del vento e del tipo di suolo indagato, il range

39 · 0.5 mm <ø< 1 mm ROLLING o SURFACE CREEP

Le particelle con diametro superiore ai 0,5 mm e minore di 1 mm sono troppo pesanti per essere trasportate attraverso l'aria e il movimento è costituito da rotolamenti, scorrimenti o scivolamenti lungo la superficie del suolo. In aree desertiche e semi desertiche il movimento per rolling creep coinvolge tra il 7 e il 25% delle particelle in movimento. Un aumento della rugosità di superficie causa una diminuzione dei movimenti di rotolamento ma non inficia quelli di saltation e di sospensione.

I movimenti che maggiormente interessano il campo della conservazione sono sicuramente quelli di

saltation. Inoltre, tutti i fenomeni illustrati anteriormente inerenti la perdita di coesione tra le particelle

del materiale terra per motivi di evaporazione dell'umidità interstiziale, sono validi anche per la superficie del suolo. Di conseguenza le superfici sono maggiormente esposte alla corrasione eolica durante la stagione estiva, in cui la radiazione solare e i venti si presentano più forti. In particolare, affinché le particelle vengano messe in movimento, è necessario che la forza di frizione esercitata dal vento, superi le forze di coesione che le tengono ancorate al suolo (Hagen L.J., 2002). Questo avviene al raggiungimento della cosiddetta velocità di soglia (Gillette D.A., 1978), ovvero la velocità necessaria affinché, in determinate condizioni climatiche, il vento inneschi l'erosione del suolo. Quando le particelle del suolo vengono movimentate e urtano le superfici pittoriche, la forza dell'impatto può essere scissa nelle due componenti, orizzontale e verticale, in base all'angolo formato con la superficie. Con angoli di impatto inferiori ai 90° si ha una forte componente della forza di taglio, che genera microtagli superficiali e, a lungo andare, esfoliazione dello strato pittorico. Quando invece l'angolo di erosione aumenta, la forza di taglio diminuisce fino ad annullarsi con angoli di impatto di 90°. Con l'aumento dell'angolo di erosione, la sollecitazione diventa sempre più localizzata ed efficace, generando dei microcrateri nel materiale. Questi saranno futuri punti di debolezza della superficie e focolai per l'innesco di ulteriori micro e macro fessurazioni superficiali. A parità di velocità di erosione, agente abrasivo e materiale studiato, si è osservato un incremento dell'erosione con angoli di 90° (Hao Y. et alii, 2013).

Come capita per l'erosione del suolo precedentemente osservata, una superficie con particelle molto fini, come nel caso dello strato pittorico, è teoricamente meno vulnerabile all'erosione dato il forte legame insito tra i grani più sottili. Quando però questa viene ripetutamente colpita, i microdanni