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CARATTERIZZAZIONE DEI FRAMMENTI DI INTONACO PROVENIENTI DAL TEMPLO PINTADO

DIFFRATTOMETRIA PER POLVERI A RAGGI X (XRD)

La diffrattometria a raggi x è un’indagine diagnostica che consente di individuare le specie mineralogiche, anisotrope e cristalline, presenti in un materiale composito.

Le strutture cristalline dei minerali sono caratterizzate dalla sovrapposizione di “piani reticolari” che si ripetono nello spazio in maniera ordinata e periodica. La distanza “d” di questi piani è un parametro diagnostico tipico di ciascuna specie minerale che contribuisce al loro riconoscimento.

Il diffrattometro a RX, strumento utilizzato in questo tipo di diagnostica, è un apparato che consente di generare raggi X, onde elettromagnetiche con lunghezza d'onda compresa approssimativamente tra 10 nanometri (nm) e 1/1000 di nanometro (1 picometro), dunque oltre il campo dell'ultravioletto e parzialmente coincidente con l'intervallo dei raggi gamma. La radiazione usata in diffrattometria è monocromatica e di λ nota. I raggi X sono il prodotto della collisione tra elettroni ad alta energia e gli atomi di un elemento, come si verifica in un tubo RX nel quale un fascio accelerato di elettroni colpisce un bersaglio metallico. Affinché si verifichi il fenomeno di diffrazione, la lunghezza d’onda λ del raggio incidente deve essere comparabile con la distanza interplanare delle famiglie di piani del cristallo. La tecnica diffrattometrica utilizzata nella presente trattazione è quella delle polveri (XRPD).Una quantità di pochi grammi di campione è micronizzata in un mortaio d'agata (Fig. 4.15) e

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successivamente posta nell'incavo di un vetrino portaoggetti. che è introdotto successivamente all'interno del diffrattometro nell'apposito portacampioni.

All'attivazione dei raggi X il portacampioni inizia a ruotare attorno al suo asse, facendo variare

l'angolo di incidenza della radiazione sulla superficie del campione. I raggi diffratti, ovvero le interferenze positive, sono registrate da un detector che ruota di un angolo doppio rispetto a quello del portacampioni. Secondo l'equazione di Bragg, il fascio di raggi X per uno specifico angolo di incidenza sarà riflesso con un angolo di uscita uguale dopo aver interagito con gli atomi di un piano cristallino di distanza d tale che la lunghezza d'onda (λ) del raggio, la distanza interplanare (d) e l'angolo di incidenza (Ѳ) siano legati dalla relazione:

n λ = 2d sen Ѳ

Poiché “d” è un parametro diagnostico, esso è determinabile in quanto sono note sia λ sia Ѳ. Il campione in polvere, è costituito da un elevato numero di particelle cristalline orientate in maniera del tutto casuale; per questo solo un certo numero di cristalli di una determinata fase cristallina presenterà piani reticolari in posizione vantaggiosa, tale cioè da produrre diffrazione.

L’interpretazione delle fasi cristalline presenti è eseguita da un software dedicato (nel nostro caso Jade 5)che permette di confrontare (search/match) i picchi dello spettro incognito con quelli di migliaia di fasi cristalline contenuti in un database (JCPDS1). I risultati della ricerca eseguita dal

software restituiscono così un certo numero di “proposte” della presenza più o meno certa di fasi minerali presenti. che un operatore vaglierà sulla base della sue competenze ed esperienza. Lo strumento utilizzato per eseguire le analisi incluse nel presente lavoro è il Rigaku Miniflex (Fig. 4.14).

Fig. 4.14 Diffrattometro Rigaku Miniflex. Fig. 4.15 Campione micronizzato in mortaio

d'agata.

Per quanto attiene la terminologia utilizzata nel commentare i risultati ottenuti, si tenga conto che i minerali costituenti le terre spesso appartengono alle cosiddette serie isomorfe, o soluzioni solide

continue, nella cui categoria sono comprese fasi di formula chimica variabile ma strutturalmente

molto simili, caratterizzate una miscibilità completa tra due o più elementi (p.e., Na-Ca nei plagioclasi). Poiché l’interpretazione qualitativa non sempre consente di distinguere lo specifico

1International Centre for Diffraction Data, Powder Diffraction File JCPDS, Inorganic phases. Newtown Square, Pennsylvania

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minerale facente parte di una serie isomorfa, nel testo sarà utilizzata una terminologia generica quale, ad esempio, plagioclasi, K-feldspati, anfiboli, Miche/Illiti, Smectiti ecc., intendendo riferirsi in questo modo al rispettivo gruppo di appartenenza. In relazione a questo, per quanto riguarda le schede standard JCPDS utilizzate per l’interpretazione degli spettri, si tenga conto che in caso di serie isomorfe, durante la fase di interpretazione, si assegna alla fase, per convenzione, la scheda che mostra il best fitting con i picchi incogniti dello spettro. Lo standard assegnato, in questo caso, definisce indicativamente la serie isomorfa che rappresenta ma non la fase specifica.

Le condizioni operative dello strumento sono riportate in Tab. 4.1:

Tab. 4.1 Condizioni operative per l'acquisizione degli spettri di diffrazione Raw Data Origin

Scan Axis Start Position [°2Ѳ]

End Position [°2Ѳ] Step Size [°2Ѳ] Scan Step Time [s]

Offset [°2Ѳ] Divergence Slit Type Divergence Slit Size [°] Irradiated Length [mm] Specimen Length [mm] Receiving Slit Size [mm] Measurement Temperature [°C]

Anode Material Goniometer Radius [mm] Dist. Focus-Diverg. Slit [mm] Incident Beam Monochromator

Spinning Current ASCII- 2 Ѳ-Intensity Gonio 2.0000 90.0000 0.0100 1.0000 0.0000 Fixed 1.0000 10.00 10.00 0.1000 25.00 Cu 240.00 91.00 Si No 15 KW Analisi quantitativa

L’analisi mineralogica quantitativa (semiquantitativa) consente la determinazione ponderale dei costituenti mineralogici presenti in un campione ed è basata essenzialmente sul cosiddetto Metodo di Rietveld (Young R.A., 2000), ovvero una ricostruzione matematica del profilo di diffrazione attraverso il Metodo dei minimi quadrati.

Il procedimento di Rietveld, attraverso l’introduzione progressiva di fattori di correzione essenzialmente legati alla struttura dei cristalli e a fattori di configurazione atomica, oltre che di

texture e stress, consente l’aggiustamento dei parametri di affinamento (refinement), finché gli scarti

residui tra il pattern sperimentale e quello calcolato convergono a un valore prefissato e minimizzato. Al fine di ottenere uno spettro sperimentale alla massima risoluzione strumentale e conteggi statisticamente significativi, è necessario acquisire lo spettro nelle migliori condizioni operative, ottenendo un data set con l’ottimale statistica di conteggio, in modo da minimizzare gli errori soprattutto sulle fasi mineralogiche presenti a bassa concentrazione. I vari pattern di diffrazione sono

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stati analizzati con il Metodo di Rietveld attraverso il software MAUD2. Il match tra il pattern di

diffrazione e quello calcolato non può essere mai perfetto: l’esperimento è sempre influenzato dal rumore e il modello per il calcolo è limitato da varie ipotesi. Nel caso in cui abbiamo a che fare con materiali naturali, la composizione chimica non è mai conosciuta con certezza e questo può portare (e quasi sempre porta) a una distorsione dei parametri reticolari che sono consentiti dal programma per una regolazione empirica (Lutterotti et alii, 1999). In generale, i valori dei parametri reticolari di ciascuna fase sono noti con un elevato grado di precisione, la quantità percentuale di ciascuna di esse è influenzata da diversi inconvenienti, quali il numero di picchi esenti da sovrapposizioni con altre fasi, il numero di specie presenti, l’estensione dello spazio reciproco esplorato, la qualità del modello, etc. Dalle elaborazioni condotte nella presente sperimentazione inoltre è apparso chiaro che, nonostante questo sia un valido e utile strumento nella caratterizzazione di un materiale, presenta tuttavia dei limiti, in certi casi, relativi alle riflessioni a bassi angoli, specie in presenza di strati misti e a causa delle difficoltà di reperire schede CIF (Crystallographic Information File), all’interno del database COD, che rappresentino le strutture cristallografiche, per queste fasi a basso angolo, con buona approssimazione. L’accordo tra lo spettro di dati sperimentali e il modello fisico-matematico di Rietveld è valutato sulla base dei parametri statistici calcolati, a seguito della regressione applicata, sintetizzato nel grafico che riproduce gli scarti tra i valori sperimentali e quelli calcolati. Nel caso in questione, avendo eseguito le indagini atte a verificare la presenza di fasi argillose delle terre (in particolare la glicolazione e il riscaldamento a 550°C) e avendo quindi certezza della presenza di alcuni gruppi specifici, il MAUD è risultato comunque utile per la determinazioni dei rapporti quantitativi tra le fasi diverse da quelle argillose.

Analisi qualitativa della frazione argillosa

Analizzare lo spettro di una terra in diffrattometria a raggi X è un procedimento molto complesso a causa del possibile elevato numero di fasi presenti con picchi coincidenti e che si sovrappongono tra loro, generando il fenomeno di overlap.

Altre difficoltà interpretative possono derivare dalla presenza di minerali in concentrazione molto bassa che generano riflessioni deboli, difficilmente distinguibili dal fondo (in genere il limite di rilevabilità di ciascuna specie varia tra l'1-2 % in peso).

Successivamente ad una prima indagine del campione tal quale (tq), vista la presenza in quantità subordinata di minerali delle argille, è stato quindi necessario approfondire lo studio isolando la frazione argillosa nei campioni (ø< 2 μm) in maniera da amplificarne i relativi segnali (Giampaolo C.

et alii, 2004) ed effettuare una corretta diagnosi. Il processo di concentrazione si basa sulla legge di

Stokes, che quantifica la diversa velocità di sedimentazione di particelle aventi diametri differenti in un fluido. Per ottenere la separazione della frazione argillosa, una quantità compresa tra 20 e 30 g di campione, previamente disgregato, è stata dispersa in un beker da 500 ml contenente acqua distillata, successivamente collocato su agitatore. Il campione è stato tenuto in agitazione fino ad ottenere la sua totale sospensione. Terminata l'agitazione, il campione è stato lasciato sedimentare per un tempo variabile, in funzione della temperatura (Cavalcante F. et alii, 2005), tale da ottenere la concentrazione della frazione <2micron ad una determinata profondità. Successivamente è stato effettuato un prelievo della soluzione tramite pipetta, alla profondità prevista appunto dalla legge di Stokes, in modo da ottenere la sola frazione argillosa,. La soluzione prelevata è stata quindi stillata su un vetrino piano e lasciata asciugare all'aria e, una volta essiccata, sottoposta ad analisi XRD. Il

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vetrino così realizzato presenta i minerali argillosi orientati secondo il loro tipico piano basale, che consente di massimizzare l'intensità dei picchi diagnostici. Nella seconda fase del processo il vetrino è stato collocato in atmosfera satura di glicole etilenico per 8 ore a 60 °C e risottoposto all'analisi diffrattometrica. In presenza di una argilla espandente, la molecola di glicole etilenico è incorporata nell'interstrato delle fasi, provocando un aumento della distanza interplanare “d” delle sezioni basali dei minerali argillosi. Nel caso delle Smectiti, per esempio, il picco a 14-15Å può subire spostamento a 17-21Å. Infine il vetrino è stato posto in muffola per 2 ore a 550°C e nuovamente analizzato. Il riscaldamento a 550°C provoca il collasso reticolare di alcuni minerali delle argille. Le Caoliniti, ad esempio, perdono il loro picco caratteristico a 7 Å (che sparisce completamente dallo spettro) mentre nelle smectiti il picco a 14 Å si sposta a 10 Å (Moore & Reynolds, 1997). I campioni tal quali (tq), glicolati e riscaldati sono stati analizzati effettuando una scansione da 3 a 15° 2Ѳ, intervallo in cui sono compresi i picchi caratteristici delle argille, con step size 0,010 °2θ e tempi di conteggio di 1 secondo per step.