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5.1.1.2 Pigmenti utilizzati per la realizzazione delle superfici dipinte

LIMITI DI ATTERBERG

Una terra può assumere quattro differenti stati fisici in base al suo contenuto d'acqua (w). Dato che il valore corrispondente di w varia in base alla tipologia/e di argilla presente nel sistema, la misura di w è utile per l'identificazione e la classificazione della terra (Lancellotta R., 1991).

La definizione di w per i differenti stati fisici delle terre utilizzate per la produzione dei facsimili del presente lavoro è stata eseguita effettuando la misura dei Limiti di Atterberg (Atterberg A., 1991) secondo le direttive espresse nella normativa UNI CEN ISO/TS 17892-12.

La misura dei limiti di Atterberg ha previsto la definizione dei 3 indici che indicano la quantità d'acqua necessaria per il passaggio tra uno stato fisico e l'altro. I limiti individuati sono:

- Limite di Ritiro wS - contenuto d'acqua

in corrispondenza del quale una terra passa dallo stato liquido allo stato plastico. Viene determinato tramite l'utilizzo del Cucchiaio di Casagrande (Fig.X). La prova consiste nel mescolare un campione di terra passante al setaccio 40 (apertura 0.42 mm) con acqua distillata fino ad ottenere una pasta uniforme.

Fig. 5.7 Cucchiaio di casa grande. Immagine tratta da

Appunti di Geotecnica, a cura di G. Dellana.

Questa viene inserita nel cucchiaio di Casagrande e si pratica un solco nella miscela. Il cucchiaio viene quindi sollecitato con dei colpi, tutti uguali tra loro; si contano i colpi necessari affinché il solco si richiuda per un tratto di circa 10 mm lunghezza. A questo punto si determina il contenuto d'acqua corrispondente. La prova viene ripetuta più volte con la stessa mescola in modo da ottenere dei risultati poco variabili. Successivamente viene ripetuto il tutto aggiungendo acqua all’impasto e si determina in questo modo una nuova coppia di valori contenuto d'acqua/numero di colpi. Quando la prova è stata ripetuta più volte sono riportato in un diagramma i valori del contenuto d’acqua w in funzione dei colpi necessari. Il limite di liquidità convenzionalmente viene assunto pari a quello per il quale sono necessari 25 colpi.

- Limite Plastico wP - contenuto d'acqua

in corrispondenza del quale la terra inizia a perdere il suo comportamento plastico. Determinato formando manualmente dei bastoncini di 3.2 mm su una lastra di vetro. Questi si fessurano in corrispondenza del del

raggiungimento di WP. Fig. 5.8 Determinazione del limite liquido

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- Limite Liquido wL - contenuto d'acqua al disotto del quale una perdita d'acqua non comporta

più alcuna riduzione di volume. Viene determinato essiccando progressivamente un provino misurandone di volta in volta il volume e il contenuto d'acqua.

Tramite i limiti individuati è stato definito l'Indice di plasticità (PI) delle terre, definito come:

PI= wL -wP

PI rappresenta il campo di variazione del contenuto d'acqua all'interno del quale il terreno ha un

comportamento plastico, ovvero può essere deformato o rimaneggiato senza cambio di volume e senza fessurarsi. Il valore assunto da PI dipende dalla percentuale e dalla natura dell' argilla presente. Maggiore è la quantità di argilla presente, maggiore è il valore di PI.

In base al valore assunto da PI vengono date delle indicazioni sul grado di plasticità di una terra come segue:

- 0 <PI< 5 % terreno non plastico - 5 <PI< 15 % terreno poco plastico - 15 <PI<40 % plastico

- PI > 40 % molto plastico

Data la forte influenza dell'esperienza dell'operatore nell'esecuzione della prova (Tesoriere G., 1957), per la determinazione dei Limiti di Atterberg ci si è affidati ad un laboratorio di geotecnica specializzato. Inoltre, poiché per la realizzazione delle misure sono necessari circa 3 Kg di terra, la definizione dei limiti è stata eseguita solo per le terre utilizzate per il confezionamento dei supporti. ANALISI GRANULOMETRICA A DIFFRAZIONE LASER

Nel paragrafo 4.1.2 è stata già presentata l'analisi granulometrica a umido. Per le terre utilizzate nei supporti è stato inoltre approfondito lo studio della frazione fine tramite granulometro laser. Il funzionamento dello strumento si basa sul principio di interazione della luce laser con particelle sospese in acqua in uno stato altamente agitato. Un fascio di luce laser attraversa la sospensione di particelle che è continuamente in agitazione per mantenere la sospensione omogenea. Quando la particella attraversa il percorso del fascio, la laser luce viene dispersa, generando un modello di diffrazione unico che dipende dalla dimensione della particella e dalla sua lunghezza d'onda (Vitton J.S. et alii, 1997).

COLORIMETRIA

Il colore è una componente di estrema rilevanza nella storia evolutiva dell'uomo e in particolare nelle espressioni artistiche che lo vedono protagonista e artefice. L'utilizzo di un determinato colore, da parte di una comunità o di una civiltà, ha spesso un valore altamente simbolico che non può e non deve essere snaturato da interventi conservativi condotti con tecniche o materiali sensibili alla foto- termo-ossidazione. Per questo motivo, soprattutto nel corso del XX secolo, sono stati messi a punto differenti tecniche strumentali basate sulla fisica ottica e sulla biofisica della visione, che permettono di trattare il colore in maniera scientifica, consentendo quindi di superare la visione strettamente soggettiva, legata alla percezione visiva del singolo. In tal modo è possibile attribuire al colore caratteristiche oggettive, riproducibili e misurabili, tipiche di una proprietà fisica.

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Il colore è il risultato dell'interazione tra un fascio luminoso e un oggetto illuminato.

La luce è costituita da un fascio di onde elettromagnetiche che si propagano con una velocità di circa 300.000 Km/s. Essendo un'onda elettromagnetica è possibile identificarla con le caratteristiche di lunghezza d’onda λ e frequenza ν legate dalla relazione λν = c dove:

· λ è la lunghezza d’onda della radiazione;

· ν è la frequenza della radiazione ;

· c è la velocità della luce.

L'occhio umano è sensibile alle radiazioni con 380 nm<λ<770 nm, che compongono appunto lo frazione visibile dello spettro elettromagnetico. Comunemente si indica con luce bianca la luce che si riceve dal Sole, o quella emessa da una lampadina ad incandescenza: questa luce è in realtà formata dall'insieme di tutti i colori dello spettro.

Quando un qualsiasi elemento viene colpito da un fascio di luce bianca, reagisce assorbendo una parte di radiazione mentre una parte viene riflessa (e in alcuni casi trasmessa). Il colore che noi percepiamo è frutto della parte di spettro visibile che non viene assorbita dal corpo illuminato. Se la superficie colpita dal fascio assorbe tutta la radiazione il corpo ci apparirà nero, mentre nel caso di una riflessione totale il corpo apparirà bianco (Gigante G.E. et alii, 2005) . Se invece una parte della radiazione viene riflessa, questa è percepita dal nostro occhio come colore.

La percezione del colore da parte dell'occhio umano è influenzata da differenti fattori quali la composizione della radiazione emanata dalla sorgente luminosa, l'interazione tra il fascio luminoso e il corpo, la differente sensibilità dell'occhio umano agli stimoli luminosi e la soggettiva percezione psicologica del colore.

Inoltre, a livello percettivo, vengono conferiti al colore tre differenti attributi (Aldrovandi A. et alii, 2003):

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· La tinta o tonalità che lo inserisce all'interno di un range di colore (es. verde, rosso, blu ecc.) e dipende dalla lunghezza d'onda dominante nel fascio di riflessione;

· La chiarezza o brillanza che ne determina il grado di grigio, ovvero la sua luminosità; · La saturazione, ovvero di quanto si distanzia dal grigio di stessa brillanza;

Gli studi eseguiti sulla percezione del colore da parte di un osservatore, sulle caratteristiche dell'occhio, dell'oggetto e della sorgente luminosa sono stati il punto di partenza per lo sviluppo di una disciplina che permette di identificare univocamente il colore e caratterizzarlo come proprietà fisica di un corpo (Palazzi S., 1995).

La scienza che misura e identifica il colore con grandezze numeriche oggettive e confrontabili tra loro è la colorimetria. "La colorimetria è una tecnica di indagine che ha come obiettivo la

specificazione del colore mediante numeri, che può avvenire secondo modi e significati diversi"

(Oleari C., 1998). Le modalità di identificazione oggettiva del colore sono due: · misure strumentali di riflettanza

· confronto visivo con campioni standard o atlanti del colore6

Nel presente lavoro si è utilizzata la prima modalità di identificazione, ovvero ci si è avvalsi di uno spettrofotocolorimetro che, misurando le lunghezze d'onda dello spettro di riflessione della luce incidente sul corpo in esame, le traduce in coordinate numeriche. Dal 1931, anno di pubblicazione del primo standard colorimetrico tramite misure strumentali da parte del CIE (Commission

International de l’Éclairage) ad oggi sono stati elaborati differenti modelli matematici atti a tradurre il

colore in numeri.

Non verrà discusso in questa sede il percorso scientifico che ha portato allo sviluppo delle differenti teorie per la misura del colore ma ci si soffermerà solo nel descrivere il modello CIE L*a*b*, standard scelto nel 1976 dalla CIE che dispone i colori in una sfera cromatica e che viene riportato nella normativa UNI EN 15886:2010, normativa utilizzata nel presente lavoro sia per la caratterizzazione dei pigmenti che per valutarne l'eventuale variazione conseguente alle varie fasi sperimentali.

Il modello CIE L*a*b*

Affinché sia possibile esprimere il colore in termini numerici è necessario far riferimento a modelli matematici in grado di rappresentare tutti i colori in un solido o "spazio cromatico" in cui ogni punto è definito univocamente da una terna di coordinate spaziali a cui corrisponde un definito colore dello spettro visibile.

Nel sistema CIEL*a*b* lo spazio cromatico è identificato da una sfera in grado di rappresentare tutti i colori percepibili dall'occhio umano (Fig. 5.10). I due diametri della sfera si intersecano perpendicolarmente in corrispondenza dell'asse L*7 che rappresenta la chiarezza del colore.

Nel sistema CIEL*a*b* lo spazio cromatico è identificato da una sfera in grado di rappresentare tutti i colori percepibili dall'occhio umano (Fig. 5.10). I due diametri della sfera si intersecano perpendicolarmente in corrispondenza dell'asse L*8 che rappresenta la chiarezza del colore.

6 Come nel caso del sistema Munsell. Il sistema Munsell venne sviluppato da Albert Henry Munsell nel 1915 ed è attualmente il

sistema adottato dalla normativa ASTM, in particolare nella ASTM D 1535.

7 L*=0% rappresenta il nero mentre L*=100% rappresenta il bianco

113 È possibile considerare l'asse L* come un colore acromatico (privo di tinta, tipicamente i grigi) la cui luminosità o chiarezza è espressa con il valore numerico L*. La sua scala va da 0 (minima luminosità o nero) a 100 (massima luminosità o bianco).

Alle estremità dei due diametri, che si intersecano formando un angolo di 90°, sono collocati i valori di +a* e +b*, che rappresentano rispettivamente il rosso e il giallo mentre, nella parte opposta sono collocati i colori complementari, rispettivamente -a*verde e -b* blu. a*e b* possono pertanto assumere sia valori positivi che negativi. Una caratteristica importante dello spazio colore CIEL*a*b* è la sua isotropia che permette di effettuare semplici operazioni matematiche che quantificano la variazione di colore.

Fig. 5.10 Sfera raffigurante lo spazio colore CIE

L*a*b*.

Le misure colorimetriche dei campioni indagati nella sperimentazione, sono state eseguite con un colorimetro Konica Minolta CM-700d che utilizza come fonte illuminante una sorgente di tipo D65. In Tab. 5.2 si riportano le condizioni operative dello strumento.

Tab. 5.2 Caratteristiche del colorimetro e condizioni operative impostate nelle misure.

Illumination/ viewing system

8° (diffused illumination, 8-degree viewing angle), SCI (specular component included)/SCE (specular component excluded) selectable with automatic switching (Conforms to CIE No. 15, ISO 7724/1, DIN5033 Teil7, ASTM E 1164, and JIS Z 8722)

Size of integrating sphere Φ40mm

Detector Silicon photodiode array (dual 36-element) Spectral separation device Diffraction grating

Wavelength range 400 nm to 700 nm

Wavelength pitch 10 nm

Half bandwidth Approx. 10 nm

Reflectance range 0 to 175%, Display resolution: 0.01% Light source Pulsed xenon lamp (with UV cut filter) Measurement time Approx. 1 second

Min. measurement interval Approx. 2 second (in SCI or SCE mode)

Illumination area MAV: Φ8 mm

Repeatability

Spectral reflectance: Standard deviation within 0.1%, Chromaticity value:

Standard deviation within ΔE*ab 0.04

* When a white calibration plate is measured 30 times at 10-second intervals after white calibration

No. of averaging

measurements 6

Observer 10° observer

Illuminant D65

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Lo strumento è stato calibrato ad ogni accensione. Per effettuare una misurazione valida, la finestra di misura del colorimetro deve essere piuttosto liscia e perfettamente aderente alla superficie in maniera che la luce incidente non venga dispersa al di fuori della testa di misura. Per questo motivo su ogni superficie sono state effettuate tre determinazioni della grandezza scegliendo l'angolo della campione con l’area più piana e regolare possibile, in modo tale che la superficie presentasse il minor numero di anomalie che avrebbero potuto inficiare il dato.

Ogni misura effettuata offre il valore medio di sei misurazioni effettuate sullo stesso punto. Per ogni campione sono stati valutati tre diversi punti all'interno di un'area di circa 1 cm2. Il valore medio finale

ottenuto per ogni campione è quindi il risultato di 18 misurazioni.

Prima di effettuare i cicli di invecchiamento artificiale i campioni di prova sono stati lasciati stabilizzare per 4 mesi in laboratorio. Successivamente a questo periodo, poco prima di effettuare il primo ciclo di invecchiamento, è stato possibile osservare un primo leggero viraggio nel colore. Infatti, mattonelle della stessa tipologia, si differenziavano per la tonalità gialla o rosa del coating pigmentante. Si è quindi proceduto a riverificare tutte le misure e ripeterle nel caso in cui i parametri L* a* e b* risultassero discostarsi significativamente da quelli registrati in precedenza.

In seguito al degrado artificiale le superfici dei manufatti hanno risposto selettivamente a tale processo con ripercussioni visibili sul cromatismo. Si è quindi ritenuto necessario effettuare una terza campagna di misure colorimetriche per quantificare l’effetto del processo di invecchiamento sulla cromia del coating.

Al termine del consolidamento, si è proceduto ad eseguire nuovamente la misura dei parametri colorimetrici in modo da valutare il cambio cromatico apportato dai consolidanti.

La variazione colorimetrica nelle varie fasi sperimentali è stata calcolata tramite la formula riportata nella norma:

ΔE*= [(ΔL*)2 + (Δa*)2 + (Δb*)2]1/2

Minore è il valore di ΔE ottenuto meno visibile è la variazione di colore.

In particolare per valori di ΔE≈1 la differenza tra due superfici è appena percepibile dall’occhio umano e viene rilevata solo confrontandole direttamente; per valori di ΔE≈2 la differenza è percepita chiaramente ma sempre e solo per confronto diretto; per ΔE>5 le differenze sono visibili anche senza confronto diretto (Palazzi S., 1995).

Valori di ΔE>5 non sono accettabili nell'ambito di un intervento di restauro o conservazione.

La discussione e la valutazione dei dati ottenuti verrà presentata successivamente in corrispondenza delle varie fasi di invecchiamento e consolidamento.

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5.2 CARATTERIZZAZIONE DEI MATERIALI UTILIZZATI

5.2.1 Terre utilizzate per la realizzazione dei supporti

TERRA NURACHI - TN

Maneggiando un campione secco di terra TN si osserva che gli agglomerati sono molto resistenti e che, oltre alle particelle fini, sono visibili pochi grani di dimensioni superiori ai 2-3 mm; è presente inoltre qualche fibra vegetale. Frantumando il campione con un martello di gomma e osservando la grana è evidente la scarsa presenza di sabbia in quanto non si percepisce l’effetto abrasivo sulla pelle. Inumidendo il campione gli agglomerati si disgregano molto lentamente; l’elevata pressione necessaria a rompere le forze coesive tra le particelle, indica la presenza non trascurabile di argilla nel sistema. Non è stato riscontrato nessun indizio che denotasse la presenza di materia organica.

La terra TN è stata impastata con acqua distillata fino a raggiungere la consistenza plastica necessaria per realizzare le sfere per la prova di resistenza a secco. Terminata la manipolazione del campione, una mano è stata immersa e agitata leggermente in un recipiente contenente acqua per la prova di lavaggio. Estraendo la mano questa presentava ancora buona parte della terra presente prima dell'immersione; anche questo comportamento indica presenza di argilla nel campione. Per la prova di resistenza a secco sono state eseguite cinque sfere di circa due centimetri e, alle 24 ore, sono state sollecitate a rottura: tutte hanno resistito alla pressione esercitata dalla mano.

Fig. 5.11 Terra TN tq (sinistra); prove di resistenza a secco (centro); prova del lavaggio (destra).

I limiti di Atterberg determinati per la terra TN sono i seguenti: Limite Liquido wL= 45%

Limite Plastico wP= 25%

Indice di Plasticità IP= 20% Limite di Ritiro ws= 23.14%

Con un valore di IP del 20% il campione TN rientra nel range dei terreni plastici quindi con buona propensione all'essere lavorati.

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Un campione di circa 100 g di terra, a seguito di quartatura, è stato sottoposto all'analisi granulometrica a umido e successivamente a diffrazione laser. In Fig. 5.12 e 5.13 sono riportate la curva granulometrica e l'immagine delle frazioni granulometriche ottenute tramite vagliatura.

Fig. 5.12 Curva granulometrica della terra TN.

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L'analisi granulometrica ha confermato le impressioni ricavate dai test speditivi. La terra TN è costituita da circa l'89% di particelle passanti al setaccio con apertura delle maglie pari a 0.063 mm (limo e argilla), presenta una bassissima percentuale di sabbia (circa il 10% sommando le percentuali di sabbia grossa, media e fine) e la totale assenza di particelle di dimensioni superiori ai 4 mm. La frazione al disotto dello 0.063 mm è stata indagata tramite granulometria a diffrazione laser. L'andamento della curva mostra come la frazione granulometrica delle argille è inferiore al 1.5 %. 50 g di campione sono stati fatti essiccare in una capsula di Petri. L'obiettivo era quello di verificare se, una volta essiccato, fossero visibili fessurazioni e/o variazioni dimensionali tipicamente riconducibili alla presenza di argille anche rigonfianti.

Successivamente all'essiccazione, non solo il fenomeno era ben visibile sia nella piastra di Petri che nel fondello della serie dei vagli, ma risultava anche particolarmente accentuata la formazione di strutture foliari accartocciate a causa del ritiro della frazione argillosa (Fig. 5.14). Questo induce a ritenere che l’interazione di questo materiale con l’acqua produca notevole espansione o contrazione in funzione del grado di umidità.

Fig. 5.14 Strutture foliali accartocciate a causa del ritiro della frazione argillosa (terra TN).

Pochi grammi di campione sono stati analizzati in diffrazione RX per poter identificare e quantificare le specie mineralogiche presenti. Lo spettro ottenuto per il campione TN tal quale è riportato in Fig. 5.15.

118 Fig. 5.15 Diffrattogramma della terra TN.

Quarzo, plagioclasi, e K-feldspati rappresentano le fasi principali presenti nel campione. Minerali di tipo argilloso sono presenti in quantità subordinata. L'analisi di dettaglio volta al riconoscimento delle fasi argillose è riportata in Fig. 5.16.

119 Fig. 5.16 Sovrapposizione degli spettri tq, glicolato e

riscaldato a 550°C per il campione TN.

Il campione TN_tq mostra tre picchi a 7.17, 10.03 e 14.83 Å. Il picco a circa 7 Å persiste nel campione glicolato ma collassa nel campione riscaldato a 550°C. Detto comportamento è tipico dei minerali del gruppo della Caolinite. Il picco a circa 14.83 Å mostra una notevole ampiezza ed è tipico delle Smectiti.

In particolare, nello spettro glicolato, si osserva una traslazione del picco verso più bassi angoli, causata dallo spostamento delle molecole d'acqua di interstrato da parte di quelle di glicole etilenico che le sostituiscono nel reticolo cristallino.

La conferma della presenza di fasi del gruppo delle Smectiti è avvalorata dall'assenza della riflessione a bassi angoli successivamente al riscaldamento a 550°C: detto picco, a causa dell'ulteriore spostamento delle molecole d'acqua "interstrato", si sposta nell'intorno dei 10Å sommandosi a quello dell'Illite e aumentandone quindi l'intensità.

La presenza della Smectite, tipica argilla cosiddetta espandente, causa notevoli rigonfiamenti in presenza di acqua e contrazioni in regime di bassa umidità. Il pattern ottenuto è stato elaborato tramite MAUD per la determinazione ponderale dei costituenti mineralogici (Fig. 5.17).

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Determinazione quantitativa (peso %): Parametri di stima:

Quarzo 14.16 ± 0.04 Sigma: 1.70 Albite 35.93 ± 2.34 Rwp%: 11.34 Anortite-Labradorite 41.51 ± 4.03 Illite 1.23 ± 0.22 Muscovite 2.69 ± 0.28 Caolinite 3.27 ± 0.13 Ematite 1.21 ± 0.25

L'analisi quantitativa ha confermato la presenza di due delle specie argillose individuate precedentemente con l'analisi qualitativa, ovvero illite e caolinite, che rappresentano più del 4%. I minerali appartenenti al gruppo delle smectiti, rilevati nelle interpretazioni qualitative degli spettri, sono stati esclusi nell'analisi quantitativa in quanto dal calcolo di Rietveld, con l'inserimento di pur numerose schede CIF relative a queste fasi, scaturivano parametri di regressione non accettabili. Questo deriva, probabilmente, dall'eccessivo rumore ai bassi angoli, derivante dalla natura poco cristallina delle fasi argillose, dalla indisponibilità di schede CIF adeguate per queste fasi naturali, frequentemente in strati misti e, per ultimo, dalla velocità di scansione nell'acquisizione ancora troppo elevata per questi intervalli angolari.