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Il consolidamento delle superfici dipinte in terra cruda in contesto archeologico è una tematica che riunisce molteplici criticità. L'intrinseca vulnerabilità del materiale nei confronti degli agenti di degrado, la sua eterogeneità, l'incompatibilità materica e l'insostenibilità economica dei prodotti di sintesi sono solo alcune delle problematiche che hanno generato l'interesse per l'argomento focalizzando la ricerca sui materiali naturali. Questi hanno da sempre rappresentato una risorsa per il miglioramento delle caratteristiche del materiale e attualmente, nel campo della conservazione, possono essere tra le poche valide alternative che consentono di salvaguardare queste inestimabili testimonianze del passato. In particolare, in base alla diffusione a livello mondiale, economicità, facilità di reperimento e di processo di trasformazione i materiali scelti per l'indagine sono stati la mucillagine di Opuntia Ficus Indica e l'amido di riso.

I periodi di ricerca in Perù hanno permesso di approfondire notevolmente la conoscenza sui materiali naturali usati localmente in ambito conservativo. La possibilità di interfacciarsi con esperti che operano in loco, ha costituito la fonte da cui carpire le tecniche mediante le quali i materiali oggetto di studio sono processati e impiegati nel consolidamento, colmando la lacuna presente nella letteratura scientifica. Durante questi incontri è stato inoltre possibile individuare la presenza di differenti soluzioni adottate nel consolidamento, che variano localmente soprattutto in funzione delle specie vegetali disponibili nelle immediate vicinanze in cui si opera.

La documentazione delle pratiche conservative di questi supporti con materiali locali naturali è un argomento che solo in minima parte è stato trattato nella letteratura scientifica e che si tramanda oralmente anche tra gli stessi esperti del settore. Per questo motivo, appare quanto mai necessario, operare un sistematico e dettagliato lavoro di documentazione sulle svariare pratiche locali, attualmente diffuse e impiegate nella manutenzione in ambito archeologico di queste superfici dipinte. L'obiettivo è quello di offrire al conservatore e restauratore una solida base per operare scelte mirate in base al contesto culturale e geografico in cui si trova, oltre che a fornire dei validi presupposti per intraprendere nuove sperimentazioni e progressi sulla tematica.

A tal proposito, la scelta di affrontare e approfondire l'argomento tramite lo studio del Templo Pintado di Pachacamac, si è rivelata fondamentale in quanto ha permesso di inserirsi in un contesto in sui questi materiali sono utilizzati nelle operazioni di conservazione delle pitture murali, permettendo di apprendere con l'esperienza diretta le informazioni necessarie allo sviluppo del lavoro di ricerca. Lo studio degli apparati pittorici originali ha consentito di approfondire la conoscenza del materiale, soprattutto per quanto concerne il suo stato di conservazione. Le osservazioni effettuate nei differenti periodi dell'anno hanno permesso di identificare le cause di degrado che maggiormente incidono sul loro stato di conservazione. La repentina variazione della condizione termo-igrometrica della muratura, generata dalle interazioni tra i differenti parametri ambientali, unita al fenomeno corrasivo innescato dalle particelle di sabbia trasportate dai forti venti, sono stati valutati le principali cause di deterioramento delle superfici pittoriche.

La conoscenza delle superfici archeologiche è stata approfondita dagli studi di caratterizzazione affrontati in laboratorio, che hanno implementato il corpus di informazioni presenti sui materiali e sulle

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tecnologie impiegate nelle pitture del Templo, oltre che offrire maggiori indicazioni e conferme sul loro stato di conservazione.

Le informazioni ricavate dallo studio approfondito del materiale e dalle osservazioni effettuate nel

Templo, sono state propedeutiche alla fabbricazione dei facsimili da testare in laboratorio e per

pianificare il loro invecchiamento accelerato.

Quest'ultimo processo in particolare ha messo ancora una volta in luce l'estrema variabilità del materiale. Sistemi realizzati con le stesse caratteristiche materiche e di messa in opera, hanno reagito in maniera differente anche se sottoposte alle medesime sollecitazioni esterne. Questo ostacolo è stato superato producendo un elevato numero di facsimili, che hanno permesso di attenuare l'estrema variabilità dei dati ottenuti e conferito una valenza statistica ai dati ottenuti dalle prove sperimentali.

In particolare, la comparazione della risposta ottenuta a seguito delle sollecitazioni indotte con l'invecchiamento accelerato sulle differenti superfici realizzate, ha sperimentalmente confermato la maggior durabilità del coating realizzato stemperando il pigmento in mucillagine di Opuntia Ficus

Indica, soprattutto nei confronti dell'abrasione provocata con la simulazione dell'erosione. Questo

conferma la maggior coesione dello strato pittorico contenente questa sostanza, giustificandone l'utilizzo nella tradizionale quale agente migliorativo per la realizzazione degli apparati decorativi. Per quanto riguarda il consolidamento delle superfici pittoriche, tema cardine della ricerca, l'esperienza in situ ha fornito le basi conoscitive sulla preparazione dei formulati di mucillagine di

Opuntia Ficus Indica e amido di riso e sulle metodiche impiegate per il loro impiego.

La successiva fase sperimentale ha invece permesso di perfezionare il processo di preparazione della mucillagine, proporre una metodologia per la valutazione del consolidamento sulle superfici in opera e giungere a significative conclusioni sull'efficacia dei due consolidanti.

Nella preparazione dei materiali è stato possibile apportare alcune migliorie. È stato verificato che la macerazione della mucillagine deve essere eseguita in recipienti di vetro sigillati, diversamente dalla modalità canonica di macerazione in cui si verificava l'insorgere di una patina di muffa in superficie. Per quanto riguarda la quantità di cladodio e acqua da impiegare nella preparazione, questa è stata stabilita in base alle esperienze riportate in bibliografia ed è stata mantenuta costante in tutte le fasi sperimentali. L'amido di riso non ha invece necessitato di ulteriori accorgimenti nella preparazione e si è quindi optato per utilizzare la maniera canonica.

I sistemi testati sui lacerti originali hanno previsto l'utilizzo di mucillagine macerata 1, 2 e 3 settimane con concentrazioni del 30 e 60% in acqua distillata. L'amido di riso è stato invece testato al 30% poiché nei test preliminari è stata riscontrata una lieve ma visibile saturazione del colore con concentrazioni pari al 50%.

La modalità di preparazione, estremamente semplice e che non richiede particolari accorgimenti tecnici, ben si presta ad essere utilizzata in qualsiasi contesto in cui questi materiali sono localmente disponibili.

E’ auspicabile, sulla base dei risultati ottenuti, che si realizzi un protocollo per la preparazione dei due consolidanti. A tal fine il coinvolgimento di esperti nei settori della botanica e della chimica organica è necessario per chiarire i numerosi aspetti inerenti sia la materia prima che i processi di

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trasformazione che avvengono durante la loro preparazione. La caratterizzazione chimico-fisica di questi materiali si rivela necessaria per definire le modalità più efficienti per la loro preparazione. La metodologia applicativa è stata quella appresa durante gli interventi di manutenzione svolti e ha previsto pre-inumidimento della superficie pittorica con soluzione idroalcolica, applicazione tramite pennello su carta giapponese e successivo esercizio di lieve pressione manuale per coadiuvare la riadesione tra gli strati. Le applicazioni sono state ripetute più volte fino ad ottenere il grado di coesione e adesione ricercato.

La metodologia proposta per la valutazione quantitativa del consolidamento, lo scotch tape test si è rivelato efficace ai fini del rilevamento quantitativo degli effetti apportati, in termini di coesione e adesione tra gli strati, dal consolidamento sulle superfici in opera.

L'oscillazione dei dati ottenuti della percentuale di pigmento rimossa dal peeling è stata attribuita sia alla dipendenza della prova dai valori dei parametri microclimatici, sia al pretrattamento superficiale in cui la superficie riceve un consistente apporto di acqua.

Nonostante questa variazione, lo scotch tape test è stato comunque capace di rilevare il miglioramento della coesione e riadesione dello strato pittorico in maniera oggettiva, ha permesso di confrontare tra loro gli effetti apportati dai due prodotti e ha fornito importanti informazioni sullo stato di conservazione delle superfici.

I risultati ottenuti nei consolidamenti dei lacerti pittorici in opera per la mucillagine di Opuntia Ficus

Indica, hanno permesso di concludere che, tra le diverse settimane di macerazione e concentrazioni

adottate, non si denota una marcata differenza. Tuttavia una lieve maggior efficacia è stata osservata per la soluzione al 30 e 60%, macerata 1 settimana e con sei applicazioni. Il miglioramento della coesione superficiale e dell'adesione è dovuto probabilmente alla minore viscosità del sistema così formulato, che potrebbe permettere quindi una maggior penetrazione nella superficie.

L'amido di riso ha fornito validi risultati nella ricoesione dello strato superficiale e nella riadesione degli strati molto più rapidamente rispetto alla mucillagine, raggiungendo gli obiettivi prefissati dopo sole due applicazioni

A distanza di un anno dai trattamenti non sono state riscontrate variazioni visibili dell'apparenza superficiale o la presenza di patine biologiche.

La valutazione dei trattamenti tramite scotch tape test ha manifestato il perdurare dell'effetto consolidante successivamente a un anno dall'applicazione, con una leggera diminuzione dell'efficacia riscontrata dalla comparazione dei peeling eseguiti sulle aree trattate e non trattate. La diminuzione dell'efficacia dei consolidanti è generata dal perdurare delle cinetiche di degrado, impossibili da eliminare date la prerogative del sito.

Questa diminuzione, che potrebbe essere vista con valenza negativa, è in realtà un punto di forza di questi materiali in quanto la loro degradazione mitiga quella riscontrata sulla superficie non trattata e, senza generare ulteriori danni, permettendo di riapplicare queste sostanze durante le operazioni annuali di conservazione e manutenzione delle superfici.

I consolidanti conferiscono una maggior durevolezza alla superficie pittorica ma non possono essere visti in nessun caso come soluzioni definitive.

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Il monitoraggio delle superfici archeologiche in situ, che in questo momento dura ormai da un anno e mezzo, proseguirà al fine di stimare il tempo di vita utile di questi materiali e assicurare che non si verifichino futuri danni superficiali dovuti a essi.

Le considerazioni tratte dall'esperienza in situ, sono state il punto di partenza per lo sviluppo dell'attività sperimentale di laboratorio incentrata sul consolidamento. Questa ha previsto il confronto dei due presidi naturali sia con il silicato di etile, prodotto di sintesi tra i più diffusi per il consolidamento corticale, sia con la metodica impiegata in cantiere per la riadesione degli strati pittorici.

La valutazione tramite scotch tape test nell'ambiente controllato del laboratorio ha permesso di escludere l'influenza della variazione dei parametri microclimatici sull'esito della prova.

Gli effetti indotti dal solo trattamento con soluzione idroalcolica e pressione manuale sono stati valutati positivamente per quanto riguarda la riadesione degli strati. Tuttavia, valutando i dati ottenuti nei trattamenti successivi al primo, si evince che questo non permette la ricoesione del coating e che a seguito di più trattamenti può invece causare l'incremento della polverizzazione superficiale a causa dell'eccessiva quantità d'acqua apportata sulle superfici. Per questi motivi si ritiene necessario abbinare questo trattamento all'utilizzo di un prodotto consolidante che colmi la sua inefficacia nel ripristino della coesione del materiale.

La mucillagine di Opuntia è stata impiegata con applicazioni successive, in particolare 3 al 30% e 2 al 60%, in acqua distillata. Questa scelta deriva dalle conclusioni effettuate in situ: si è cercato di utilizzare inizialmente una soluzione più diluita per consentire una più favorevole penetrazione del prodotto. Le prime applicazioni eseguite hanno permesso di constatare che i valori ottenuti dallo STT anche in questo caso subivano una variazione, seppur meno accentuata, per le applicazioni successive alla prima. Questo ha confermato ulteriormente che il pretrattamento iniziale della superficie con soluzione idroalcolica, che risulta efficace per la riadesione degli strati, svolge la sua funzione solo in corrispondenza del primo trattamento. I successivi pretrattamenti hanno invece causato una leggera perdita della coesione acquisita con il consolidamento. Per questo motivo si è optato a non ripetere il pretrattamento prima dei consolidamenti con la soluzione al 60%. L'acqua apportata dalla soluzione di mucillagine è essa stessa funzionale anche alla reidratazione dei minerali argillosi e capace quindi di far riacquisire plasticità alla superficie per l'espletamento della successiva pressione. Questo è stato confermato effettuando le ultime due applicazioni al 60% senza pretrattamento, che hanno permesso di ridurre notevolmente la quantità di pigmento asportato. I risultati ottenuti sono stati positivi sia per la ricoesione che per la riadesione del coating. La verifica strumentale dei cambi di apparenza indotti ha dimostrato che la variazione cromatica a seguito di più applicazioni si mantiene in quasi tutti i casi ben al di sotto del valore limite consentito, confermando quindi le osservazioni effettuate in situ.

L'amido di riso è stato impiegato al 30% e con 2 applicazioni successive. Tutti i campioni consolidati hanno manifestato un elevato incremento della coesione del coating e riadesione degli strati pittorici. La misura degli indici colorimetrici ha anche in questo caso mostrato che le variazioni colorimetriche apportate da questo trattamento sono minime e rientrano nel range dei valori consentiti per l'utilizzo del consolidante su superfici di pregio.

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Infine, il consolidamento con silicato di etile, consistito nell'applicazione del prodotto fino a rifiuto e in due trattamenti distinti, ha manifestato il suo effetto nella ricoesione superficiale ma non ha mostrato apportare miglioramenti nella riadesione degli strati, come già esplicitato negli studi bibliografici. Inoltre, l'effetto consolidante ottenuto non è stato superiore rispetto a quello conseguito con mucillagine e amido di riso. Ne consegue che questa tipologia di trattamento deve sempre essere abbinata o all'utilizzo di un adesivo o al pretrattamento superficiale con soluzione idroalcolica e pressione manuale.

Quello che però è importante sottolineare in merito a questo prodotto è l'elevata variazione misurata degli indici colorimetrici. Non solo questi sono stati quasi sempre superiori rispetto ai materiali naturali indagati, ma hanno frequentemente superato il valore limite di ΔE. Le variazioni nell'apparenza superficiale sono state così marcate da essere visibili oltre che misurabili.

Dai risultati ottenuti in merito a ciascun consolidante in laboratorio è possibile concludere che i prodotti naturali hanno confermato quantitativamente gli effetti consolidanti attribuiti dalle pratiche locali, rivelandosi non solo competitivi con i prodotti di origine sintetica ma anche di maggior efficacia e minore incidenza nei cambi di apparenza generati sul supporto.

Il meccanismo di interazione tra macromolecole polimeriche e minerali argillosi, riconosciuto per l'utilizzo di questi polimeri nei sistemi in cui questi sono utilizzati come additivi (come nel caso delle malte), si sviluppa con molta probabilità anche con le superfici pittoriche in opera, assicurando un maggior grado di coesione e di adesione tra gli strati.

La natura di queste interazioni merita ancora grande approfondimento che prescinde dagli scopi di questa ricerca; essa si pone come uno degli obiettivi più importanti negli sviluppi futuri. Sarà infatti di primaria importanza effettuare studi mirati per conoscere in che modo questi trattamenti incidono sulla micro e macroporosità superficiale, osservare le variazioni della morfologia superficiale e misurare la variazione della traspirabilità del coating.

Gli sviluppi della ricerca in laboratorio saranno inerenti anche allo studio, tramite invecchiamento accelerato, della loro durabilità e dei loro effetti sulle superfici nel lungo termine. Queste saranno affrontate con lo studio morfologico dei sistemi trattati, ad esempio tramite SEM, che forniranno ulteriori informazioni su come questi materiali interagiscono tra i grani del materiale, sia nel breve periodo dal trattamento che successivamente al degrado simulato.

In conclusione questo studio si pone come un punto di partenza, offrendo numerosi spunti di riflessione, implementando le casistiche documentate di consolidamenti su queste superfici di pregio con Opuntia Ficus Indica e amido di riso e sopratutto validandone scientificamente la loro efficacia.

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