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Obiettivi e Metodo

7.5 Analisi ed interpretazione dei dati

L’analisi qualitativa mira a dare senso ad un’enorme quantità di dati, riducendo il volume delle informazioni, identificando schemi o relazioni significative, confrontando i risultati con i quadri teorici di riferimento e costruendo una struttura per comunicare l’essenza del contenuto dei dati (Babbie, 2010; Denzin & Lincoln, 2003). Il nucleo dell’analisi qualitativa sta nel modo in cui categorizziamo i dati e stabiliamo connessioni tra essi, frammentandoli in unità più semplici e ricomponendoli, successivamente, in modi nuovi (Babbie, 2010). L’analisi qualitativa si caratterizza così per la continua relazione tra dati e teoria.

161 Il processo di analisi è circolare: partendo dalla lettura e rilettura delle trascrizioni e procedendo con fasi di codifica successive, avviene la costruzione di un impianto teorico sempre più strutturato. La codifica, ossia la classificazione dei dati in categorie, risulta quindi il processo base dell’analisi qualitativa (Babbie, 2010).

In particolare, dopo la prima fase di “impregnazione” dei dati, ho ricercato e sottolineato i concetti principali presenti nelle varie interviste, assegnando loro un codice. Codici facenti parti di tematiche comuni andavano poi a costruire le categorie. Infine, ho selezionato le categorie più significative per l’interpretazione dei dati e, procedendo ad un livello d’astrazione più alto, ho analizzato le relazioni tra categorie, integrandole alla fine in un impianto teorico coerente.

Per quanto riguarda i documenti, anche questi sono stati sottoposti all’analisi del contenuto.

L’analisi dei dati è stata condotta in una prima fase “manualmente”, poi con il software ATLAS.ti 8.

7.5.1 Validità

La questione della validità è cruciale nel modello positivista ma è del tutto irrilevante, invece, nel paradigma post-moderno, approccio in cui si situano spesso le ricerche qualitative (Corbetta, 1999). La nostra scelta è stata di situarci nel solco dell’approccio neo-positivista (Corbetta, 1999): se è vero che la ricerca qualitativa è volta a sollecitare il punto di vista soggettivo delle persone coinvolte, si riconosce peraltro l’importanza di arrivare a una visione condivisa della realtà. Soprattutto in un ambito come quello preso in considerazione in questa tesi, non sarebbe di grande utilità, né su piano della conoscenza né su quello, poi, dell’azione sociale, accettare che ogni “attore” coinvolto abbia la sua realtà, e che tutte le realtà abbiano lo stesso valore, senza porsi il problema di analizzare, se non risolvere, le contraddizioni tra punti di vista diversi. Molti ricercatori e ricercatrici si sono confrontati con la necessità di avere dei criteri di validazione anche in ambito qualitativo. Denzin e Lincoln (2005) propongono di tradurre, adattandoli, i criteri di validità correntemente utilizzati negli approcci

162 quantitativi per renderli pertinenti e utili nella ricerca qualitativa. I criteri di validità della ricerca quantitativi e i loro “corrispondenti” nella ricerca quantitativa sono presentati sinteticamente nella Tabella 4.

163 Tabella 4. Criteri di validità nella ricerca quantitativa e qualitativa

Ricerca quantitativa

Validità interna

Ricerca qualitativa

Credibilità

Fiducia nella “verità” dei dati trovati - Coinvolgimento sul campo - Triangolazione (metodi, fonti,

ricercatori, teorie)

- Analisi del caso negativo Validità esterna Trasferibilità

Applicabilità dei risultati ad altri contesti - Descrizione “densa”

- Campione differenziato Affidabilità Fedeltà

- Qualità della registrazione, delle trascrizioni

- External audit (revisione esterna) Oggettività Confermabilità

Quanto i risultati riflettono la visione del partecipante

- Audit trail: tenere tutta la documentazione

- Risultati fondati sui dati

- Riflessività: esplicitare valori/pregiudizi del ricercatore (Denzin & Lincoln, 2005)

Per aumentare la credibilità dei dati, la maggior parte del materiale empirico è stata analizzata e interpretata da tre persone: la ricercatrice, una ricercatrice più esperta e una delle laureande che avevano partecipato alla raccolta, seguendo il principio della triangolazione dei ricercatori/trici: le ricercatrici hanno confrontato e discusso le categorie, per arrivare a delle categorie e poi a delle interpretazioni condivise.

164 La triangolazione delle fonti è stata anche soddisfatta, raccogliendo dati da più fonti (donne separate e con figli vittime di violenza, avvocate/i, assistenti sociali, consulenti tecnici e documentazione ufficiale). Inoltre, si è seguita l’ingiunzione paradossale della ricerca del “caso negativo”, cercando sistematicamente nei dati degli esempi che contraddicessero le aspettative delle ricercatrici e i risultati delle prime analisi (Kaufman, 2009).

L’inclusione nel campione di partecipanti provenienti da diversi contatti è un aspetto molto importante nella costruzione del campione di una ricerca qualitativa. Infatti, nonostante la generalizzabilità dei dati non costituisca un obiettivo di questo approccio, creare un campione il più differenziato possibile è centrale per incrementare la “trasferibilità” dei risultati.

Per quanto riguarda la fedeltà, le registrazioni e le trascrizioni sono state effettuate in modo sistematico e rigoroso, annotando, nelle trascrizioni anche eventuali pause, cambiamenti del tono della voce e stati d’animo emergenti, in modo che l’ascolto della registrazione del colloquio e la lettura della trascrizione si equivalessero, e che le trascrizioni fossero più fedeli possibili.

Infine, tutto il materiale di ricerca è conservato con cura, in modo che osservatori esterni possano ricostruire l’intero percorso dello studio, garantendo così la confermabilità.

Abbiamo inoltre sistematicamente seguito l’indicazione di Gaston Bachelard (1884-1962), epistemologo e filosofo della scienza, quando parla della necessità di “rompere con il rispetto umanistico del soggetto”. Secondo Bachelard, bisogna rinunciare “all’illusione della trasparenza”, una tentazione forte nell’approccio qualitativo, in cui la soggettività è valorizzata. È legittimo raccogliere il discorso del soggetto ma bisogna considerarlo come un aspetto del comportamento che va spiegato e non la spiegazione del comportamento. Non si tratta di mancare di rispetto alle persone coinvolte nella ricerca ma di attuare una costante “vigilanza epistemologica” rispetto a quello che osserviamo (citato in: Bourdieu, P., Chamboredon, J.C., Passeron, J.C. (1968). Le mètier de

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