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Strategie delle donne-madri per sopravvivere e proteggere se stesse e i figli

Madri, maternità e violenza del partner

4.4 Strategie delle donne-madri per sopravvivere e proteggere se stesse e i figli

Culturalmente, una “buona madre” è colei che pone sempre i figli al primo posto, li protegge, si prende cura di loro, fornendogli un modello positivo. Diversi studi hanno rilevato che la violenza del partner, tende ad amplificare il senso di responsabilità delle donne nei confronti dei loro figli (Haight et al., 2007; Lapierre, 2010). Questo può essere innanzitutto spiegato dal fatto che la violenza del partner colpisce anche i bambini, con ripercussioni a breve e lungo termine. Come conseguenza, le donne devono essere ingegnose e sviluppare una serie di strategie per proteggere e prendersi cura dei propri figli e di se stesse.

Le strategie possono essere definite come un prodotto del “sistema di credenze”, ossia idee prese per scontate sulla natura della realtà, che forniscono un quadro di riferimento all'interno del quale gli individui interpretano l'esperienza. All’interno di questo sistema madri (e padri) formulano obiettivi e strategie per la genitorialità, entro i vincoli della cultura (Harkness & Super, 1996; Haight et al., 2007).

In presenza di violenza del partner, il fulcro delle strategie messe in campo dalle madri sta nell’impedire che i figli siano esposti alla violenza, cercando, allo stesso tempo, di rispondere ai loro bisogni fisiologici ed emotivi. Parte di ciò significa rassicurare i bambini e aiutarli a dare un senso alla situazione e a riprendersi (Lapierre, 2010).

Strategie protettive

Uscire dalla situazione di violenza il più velocemente possibile è una scelta ovvia per chi ne è vittima. Tuttavia, la realtà per le donne vittime di violenza è più complessa. Alcune donne sono così deprivate, sia finanziariamente che socialmente, che andarsene, specialmente in un breve periodo di tempo, potrebbe essere peggio che restare. Nondimeno, assumere che andarsene è sempre meglio o più sicuro di restare, significa che le persone non sempre riconoscono l'ampia gamma di strategie protettive

88 messe in campo dalle vittime (Hamby, 2009). Sebbene sia vero che oggi ci sono molti più servizi e tutele legali per le vittime di violenza rispetto a 30 o 40 anni fa, è ancora ugualmente vero che la maggior parte delle donne si trova di fronte a vincoli sostanziali nell'accesso ai servizi o nell'utilizzo di altre strategie di protezione (Justice & Courage Oversight Panel, 2008).Hamby (2007, 2008) ha organizzato questi vincoli in cinque categorie: comportamento del maltrattante, ostacoli finanziari, ostacoli istituzionali, ostacoli sociali, e valori personali che complicano le scelte delle donne. I tentativi del maltrattante di mantenere il potere e il controllo sulle loro vittime si manifestano in molti modi, come le minacce di uccidere la donna se lei lo lascia o se tenta di fare altri cambiamenti nella loro relazione (Pence & Paymar, 1993). Inoltre, contrariamente all'opinione diffusa secondo cui andarsene è il migliore modo per aumentare la sicurezza, ci sono studi che dimostrano come la violenza possa iniziare o peggiorare dopo la separazione (si veda paragrafo 1.2). Gli ostacoli finanziari possono limitare altri sforzi di coping. Gli ostacoli istituzionali possono invece riguardare il numero limitato di Centri Antiviolenza e case rifugio, oppure la permanenza per un periodo di tempo limitato in queste strutture potrebbe non essere sufficiente per far si che la donna trovi un’abitazione alternativa o un lavoro. Inoltre, molti servizi sono principalmente organizzati per aiutare la donna che ha lasciato il partner; se invece non volesse andarsene, potrebbe trovare pochi servizi a suo supporto. Gli ostacoli sociali comprendono invece ad esempio la contrarietà della famiglia d’origine alla separazione. Infine, i valori personali, come le credenze che il divorzio è sbagliato, possono complicare le scelte delle donne, che cercano contemporaneamente di rimanere fedeli al loro ideali e proteggere se stesse e i loro figli (Hamby, 2008). I costi di rinunciare a questi valori possono essere sostanziali, sia psicologicamente che socialmente. È evidente che le donne devono considerare tutti questi vincoli quando elaborano delle strategie per resistere alla violenza o per uscirne.

Hamby (2014) ha presentato le principali strategie protettive specifiche impiegate dalle donne vittime di violenza al fine di migliorare le loro situazioni. Riporto qui una sintesi.

89 - Strategie situazionali immediate: La prima risposta di fronteggiamento spesso avviene durante o appena dopo un’aggressione. Abbandonare la casa, scappare dal luogo dove l’assalto è avvenuto, chiamare qualcuno in aiuto, o la polizia, sono risposte frequenti fra le donne vittime di violenza del partner. Inoltre, sebbene alcuni studi considerino l’evitamento come passivo, valutazioni delle donne hanno dimostrato che evitare situazioni violente era spesso un’efficace strategia protettiva (Yoshihama, 2002).

- Proteggere figli, famiglia, amici e animali: Qualche volta proteggere gli altri si manifesta come una strategia situazionale immediata. Ad esempio, in un piccolo studio di 17 donne maltrattate con figli, il 65% ha descritto come strategia immediata la rimozione dei bambini dalla scena di violenza, portandoli via o mettendoli nelle loro camere da letto (Haight et al., 2007). Altri steps sono a lungo termine: quasi la metà del campione del succitato studio (47%) dichiara di aver parlato con i propri figli per rassicurarli, sottolineando che la violenza non era colpa loro. Inoltre, molte madri cercavano di insegnare ai loro figli a fare scelte non-violente nelle proprie relazioni (Haight & Woochan, 2007; Levendosky, Lynch, Graham-Bermann, 2000).

Il desiderio di proteggere gli altri a volte limita la scelta delle strategie di coping. Attraverso diversi studi con oggetto le minacce agli animali domestici, è emerso che circa 1 donna su 3 ha riferito d’aver ritardato il termine della loro relazione a causa di minacce da parte del partner violento di uccidere o danneggiare i loro animali nel caso se ne fossero andate, lasciandoli (Hamby, 2008). Questo è un buon esempio di una situazione in cui nessuna strategia di protezione da sola può minimizzare tutti i rischi simultaneamente. Sebbene i dati disponibili si concentrino su bambini e animali domestici, è probabile che le vittime cerchino di proteggere tutto ciò che amano ed è minacciato.

90 o Chiamare la polizia: molte donne chiamano la polizia al fine di ottenere protezione. Tuttavia, questa strategia è poco efficace nel prevenire violenze future e potrebbe creare altri problemi, come violenza più severa da parte del maltrattante o vittimizzazione secondaria.

o Ottenere un ordine restrittivo/di protezione: negli USA, il 17% delle donne vittime di violenza ha ottenuto un ordine restrittivo. Tuttavia, il 51% di quelle che l’avevano ottenuto ha riportato che il partner ha violato l’ordine16.

o Andare in un CAV: i CAV rappresentano una strategia protettiva importante, soprattutto per le donne che hanno subìto violenze intense e che dispongono di scarse risorse finanziarie e sociali. Tuttavia, è un Servizio che solo il 10% delle donne vittima di violenza negli USA ha utilizzato per chiedere aiuto. In Italia, il 3.7% delle donne che ha subìto violenza si è rivolta ad un Centro Antiviolenza; il 12,8% non era a conoscenza dell'esistenza dei CAV (ISTAT, 2015). Non si sa quali donne (tra le vittime) si rivolgono ad un CAV.

- Ricerca di supporto sociale: Molte donne cercano il sostegno sociale rivelando le loro esperienze di abuso e violenza ai familiari, amici, vicini di casa e/o colleghi di lavoro. Il sostegno sociale può fornire alle donne la conferma di cui avevano bisogno, un'altra prospettiva sulla situazione, supporto circa il piano di sicurezza, aiuto nel ritenere il partner violento responsabile, e un contrappeso alle minimizzazione, diniego e colpevolizzazione del maltrattante. Il supporto sociale può anche tradursi in offerte tangibili di aiuto, compresi posti dove stare, assistenza finanziaria o luoghi dove riporre gli effetti personali in caso di emergenza. Come la maggior parte delle strategie protettive, però, la ricerca il sostegno

91 sociale comporta rischi, come ad esempio il fatto che le donne potrebbero invece incontrare paura, rifiuto e stigma.

- Utilizzo dei tradizionali servizi di salute mentale e sociali:Un numero abbastanza ampio di donne cerca aiuto presso psicologi, assistenti sociali, medici. Tuttavia, esistono alcuni ostacoli significativi all'utilizzo di questi servizi, come i costi, le preoccupazioni sulla riservatezza e l'accesso a professionisti con formazione specifica su violenza domestica. Infatti, spesso le donne-madri non ricevono supporto da questi professionisti e vengono lasciate sole a proteggere e prendersi cura dei propri figli.

- Strategie “invisibili”: si concretizzano nell’aprire un conto in banca autonomo e iniziare a mettere dei soldi da parte per aver maggior indipendenza e poter intraprendere un divorzio; cercare di ottenere visite protette per i figli quando devono incontrare il padre; insegnare ai figli come fuggire durante un episodio violento o prendere provvedimenti per ridurre al minimo il tempo dei figli con il maltrattante; esaminare tutti i vincoli e opzioni e prendere una decisione calcolata.

- Strategia conservativa: In finanza, una strategia conservativa è quella che enfatizza gli investimenti a basso rischio. Questa strategia minimizza o addirittura elimina virtualmente il rischio di perdita. In cambio di questo basso rischio, tuttavia, gli investitori accettano un tasso di rendimento relativamente basso sui loro investimenti. La strategia conservativa descrive bene le strategie utilizzate da molte donne che potrebbero altrimenti essere etichettate come passive. Le persone che aderiscono a un approccio conservativo nel coping, tendono a concentrarsi sulla minimizzazione del rischio di ulteriori perdite in molte aree. Esempi di tali rischi sono la perdita di benessere finanziario, alloggio, o la custodia dei figli.

92 - Strategia dell’”azzardo”: nel mondo degli investimenti, questa strategia è spesso definita strategia "aggressiva". Il termine "azzardo" viene utilizzato per catturare il più alto elemento di rischio che è il componente centrale di questa strategia. Affrontare il colpevole e andarsene, specialmente nel bel mezzo di una crisi, sono esempi di quali sono, statisticamente, le strategie ad alto rischio.

- Strategia bilanciata: si situa fra le due sopra citate strategie e in finanza si riferisce alla creazione di un portafoglio diversificato di investimenti, che presenta vari livelli di rischio. Vari studi indicano che molte donne rispondono alla violenza attraverso varie strategie, alcune delle quali etichettate come “passive”, altre come “attive”. Anziché cercare di caratterizzare il coping della vittima come attivo o passivo, sarebbe meglio riconoscere che una strategia complessiva intelligente potrebbe includere elementi di entrambi. Questo è probabilmente il modo migliore per contemporaneamente minimizzare i danni e massimizzare i potenziali guadagni.

I dati evidenziano che le donne vittime di violenza fanno molti sforzi per proteggere se stesse e i loro figli, e per migliorare la loro situazione, sia nei casi in cui la scelta è di rimanere che in quelli in cui la scelta è di andarsene dalla relazione con un partner violento (Hamby, 2014).

Queste donne costantemente valutano il rischio di pericolo e provano, in risposta, diverse strategie di protezione.

La maggior parte delle madri articola strategie ben organizzate per proteggere i figli (Haight & Woochan, 2007). Aiutare un/a bambino/a a sviluppare un'interpretazione coerente della violenza domestica che consenta il recupero psicologico è chiaramente un compito complesso. Eppure, molte madri sono in grado di articolare alcune strategie specifiche, di supporto, come il fornire ai bambini

93 sostegno emotivo e rassicurazione, farli sentire amati, dare informazioni chiare e appropriate, instillare speranza, ed educare i bambini a prevenire la violenza nel loro futuro (Haight & Woochan, 2007).

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CAPITOLO 5