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Obiettivi e Metodo

8.2 Separazione e affidamento dei figli

8.2.1 Violenza post-separazione

La separazione dal partner non sempre interrompe la violenza e le donne che hanno figli con il partner violento hanno un rischio maggiore di esperire violenza dopo la separazione rispetto alle donne senza figli (es. Hardesty & Chung, 2006). Numerose ricerche hanno dimostrato che violenza fisica, psicologica e stalking spesso continuano o aumentano dopo la separazione e molto spesso

182 coinvolgono anche i figli (es. Rivera et al., 2012; Bailey, 2013). I dati della mia ricerca confermano questi risultati: soprattutto la violenza psicologica e la violenza assistita continuano dopo la separazione.

“Sono andata via e lì lui ha iniziato a essere un po’ aggressivo, diciamo che mi faceva tutte le angherie possibili e peggiori che poteva farmi” (Lena).

“Hanno assistito anche a violenza, i miei figli, poi hanno continuato dopo la separazione a vedere questo loro padre che faceva violenza, non ha magari più alzato le mani dopo tutte ste denunce perché evidentemente riesce a trattenersi, però violenza psicologica l’ha fatta sempre, perché per non so quanto tempo mia figlia mi chiamava, recuperavo lei o recuperavo tutti e due perché lui andava fuori di testa” (Carla).

“A momenti è tranquillo e parla anche con loro (figli) su Skype, io ovviamente quello che devo dire cerco di essere tranquilla, a momenti ha sbalzi d’umore, tipo dice “vostra madre è una puttana, non vi lascia venire da me”. È sempre così, loro sempre hanno paura che papà si arrabbia… quando arriva per prendere i bambini ed entra dentro in casa, il più grande si avvicina e mi chiude la bocca e mi dice “tu devi stare zitta che lui si arrabbia”... così…” (Sveva).

Condotte stalkerizzanti nascono o si intensificano durante o dopo la separazione.

“Nei primi tempi della separazione lui scendeva con la macchina, le figlie parcheggiavano e lui dietro con la macchina, fari alti, con gli abbaglianti, veniva fin lì e poi tornava indietro. Portavo il figlio a scuola e mi seguiva, quando andavo a riprendere la macchina dopo il lavoro, lui mi aggrediva verbalmente, gridava per strada, mi minacciava, io cercavo di registrare ma in quei momenti lì non riesci a registrare niente…” (Maria).

“(L’ex marito) aveva messo due fotocamere fuori casa mia così poteva controllare dal telefono in tempo reale tutto” (Sveva).

183 “Anche mi seguiva e tutto il resto… io non so per quanto tempo mi ha seguita ancora, non lo saprò mai… cioè all’inizio era evidente, perché anche mi veniva addosso praticamente, mi filmava” (Monika).

Inoltre, molti partner violenti sembrano utilizzare il sistema legale e giudiziario per mantenere i contatti con la ex partner e continuare ad esercitare violenza.

“E insomma niente, praticamente la separazione è andata avanti così, lui immediatamente è diventato violento dal punto di vista legale, mi ha piazzato 4 denunce penali” (NdA: per diffamazione e sottrazione minori) (…) Lui ha cominciato dalla violenza verbale e quella psicologica, anche quella economica… ha portato via soldi dal conto, ha portato via tutti i soldi che ci avevano dato i suoi genitori. Poi anche in ambito legale (…) alla prima udienza presidenziale lui ha fatto il matto, gridava, mi gridava di tutto, tanto che il presidente ci ha buttati fuori (…) poi mi ha pluri-denunciata” (Elisa).

La volontà di rendere la propria ex “dipendente”, facendole terra bruciata intorno è centrale negli agiti degli uomini violenti: farle perdere il lavoro è un tentativo non infrequente.

“Lui comunque intensificava molto questo suo denigrarmi, mi diceva “sei una merda, non capisci niente, non sei capace di fare niente, hai la testa – questa cosa la usava molto- hai la testa solo per pettinarti”, insomma, io tra l’altro avevo un lavoro e mi ero licenziata perché lui insisteva tanto che mi licenziassi dal lavoro” (Lena).

“Mi ricordo una volta mi avevano chiamato i carabinieri che dovevo tornare a casa perché avevo lasciato (nome figlio) a casa da solo. Gli avevo detto di no, che non era solo ma con la babysitter e loro no, che dovevo tornare a casa. Ma perché scusa? Per chiarire mi avevano detto. Cioè neanche mezz’ora di lavoro e sono dovuta tornare a casa, con il contratto di un mese. Ma anche i carabinieri, non ti aiutano tanto eh! E lui faceva così, queste cose qui” (Monika).

184 La volontà di distruggere le donne che si sono ribellate alla violenza subita lasciando il partner violento, passa anche attraverso minacce di morte.

“Ha iniziato a minacciarmi, che bruciava la casa con me e la bimba dentro” (Giada).

“Poi ho iniziato, perché ho dovuto, a registrare le telefonate, con minacce di morte registrate…io so tantissime cose, non sempre lavorava troppo rispettando la legge e quindi so tantissime cose. Quando mi ha detto una cosa sulla fiducia gli ho detto “tu parli a me di fiducia che so tutto”, gli ho fatto un elenco e mi ha detto “bene, tu fai questo e io pago uno, domani esci e ti trovi sotto una macchina, tanto con questi –ha tirato fuori i soldi- sai che io posso tutto” (Lena).

Anche le assistenti sociali possono subire violenze in questi contesti. Dalle loro interviste emerge infatti la frequenza delle minacce di morte rivolte loro dagli uomini violenti, qualora agiscano in modo diverso dalle aspettative paterne, ad esempio sospendendo le visite padre-figlio/a: 9 operatrici su 15 hanno riportato esperienze in tal senso. Ne riportiamo qui alcune.

“Io, nella mia carriera, finora minacce di morte ne ho ricevute relativamente poche, ma quelle poche ti fanno male! sono estremamente pesanti da gestire!... penso di averle radicate nel DNA ormai! Allora, una volta mi si è presentato un papà con una pallottola, me l’ha mostrata, e mi ha detto “Adesso devo valutare, se è per me o per lei!” Eh, se mi son fatta le ossa… ed io non so, non lo so come ho fatto, non lo so che cosa mi sia venuto fuori, dico “beh, ragioni in fretta perché io ho un altro appuntamento. Appena ha deciso mi faccia sapere!” …e lui ha deposto le armi. Io sono entrata nel mio ufficio, mi penso de esser stata un quarto d’ora in… cioè…purtroppo il quotidiano lavorativo non ti consente molti spazi per elaborare queste cose” (AS1).

“Oh Dio, minacce qui in ufficio ne ho avute tante (…) una volta un padre ad esempio mi ha detto “qua finisce male! Se mi portano via i figli, finisce male! e so che me la prendo con lei!”, oppure

185 persone che magari, il colloquio non era più, diciamo, proseguibile, ho chiesto magari di terminare e di sospendere e mi hanno tipo quasi sequestrata dentro l’ufficio mio!!!” (AS14).

Dalle citazioni emerge un senso di solitudine nell’affrontare queste minacce che, pur frequenti, vengono tollerate e, sembra, quasi “normalizzate”. È legittimo domandarsi se questa tolleranza delle operatrici agli agiti violenti da parte degli uomini violenti impatti sulle valutazioni di quanto le loro utenti possano reggere o su quanto debbano o meno subire.