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Ruolo paterno e paternità nella cultura patriarcale

5.1 La figura del padre: un’eredità patriarcale

5.1.3 Tra antichità ed età contemporanea

Come abbiamo visto, la famiglia antica era caratterizzata da rapporti coniugali pesantemente squilibrati, a favore del marito. Sia nel mondo greco che in quello romano, i rapporti di genere, tra le donne (mogli, madri, figlie, sorelle) e l’uomo (marito, padre, fratello, figlio, tutore) vedevano l’esercizio di un potere personale maschile (Cantarella, 2015): il quadro emergente era quello di una famiglia patriarcale, dominata da un capofamiglia dai poteri così forti da creare ai figli non poche difficoltà sia psicologiche che economiche, rendendo i rapporti non solo complicati ma spesso anche fortemente conflittuali o violenti (Cantarella, 2015).

18 Sesta, M. (2007). Manuale di diritto di famiglia, Manuali di scienze giuridiche.

101 La famiglia tradizionale pre-moderna si caratterizzava per l’avere una funzione principalmente di trasmissione del patrimonio. Al suo interno vi era una netta distinzione di ruoli e potere: il padre, detentore del potere, godeva di un’autorità assoluta e indiscussa, che si estendeva sulla vita stessa della moglie e dei figli (Casalini, 2011).

Con le rivoluzioni settecentesche e la messa in discussione della figura del “monarca-dio-padre”, la famiglia si è rimodellata come famiglia affettiva, fondata sul matrimonio d’amore (Casalini, 2011). La figura paterna viene così privata della sua antica potestas e ridotta ad un ruolo etico e affettivo. È anche per effetto di questo indebolimento dell’autorità del padre che si diffonde nella cultura occidentale la paura dell’irruzione sulla scena delle forze irrazionali del femminile. La società ottocentesca viene così investita da quel “grande terrore della femminilizzazione del corpo sociale” (Casalini, 2011).

Nel corso del Novecento, la crisi dell’autorità paterna è stato un tema ricorrente: “a segnare le trasformazioni delle relazioni fra i generi, a cominciare dai rapporti familiari, nella modernità è stato il progressivo indebolirsi dell’autorità paterna – la cui definitiva degenerazione sembra trovare espressione in quella “figura del padre ridotta a papi”, che, come osserva Recalcati19, ribalta totalmente il significato simbolico della figura del padre” (p.331, Casalini, 2011). Se di “patriarcato”, inteso come il permanere di una gerarchia di genere che premia il sesso maschile, si può ancora parlare, esso deve essere visto alla luce delle forme specifiche che ha assunto alle origini della modernità, in seguito quindi “all’uccisione del padre”. Va così a instaurarsi un ordine incentrato sulla rimozione della Legge del padre, che, plasmando la sfera privata, ha introdotto nel tempo una democratizzazione delle relazioni familiari (Casalini, 2011).

Carole Pateman, in “The Sexual Contract” (1988) sostiene che il contratto sociale, ponendo fine al “patriarcato politico”, afferma l’inesistenza di gerarchi naturali. Tuttavia, la parte rimossa del

102 racconto è la storia della nascita di una nuova forma di patriarcalismo: il “patriarcalismo domestico”, fondato sul contratto matrimoniale. Così, la separazione tra potere politico e potere paterno non segna la fine del potere paterno tout court, ma solo la sua delimitazione ad uno specifico ambito di rapporti umani: la sfera privata delle relazioni familiari eterosessuali (Casalini, 2011).

Le teorie della giustizia contemporanea continuano a dare per scontata l’esistenza della famiglia e la sua struttura di genere e a non interrogarsi sulla giustizia delle sue regole interne (Moller Okin, 1989). Il patriarcalismo domestico sembra potersi definitivamente superare mediante una trasformazione in senso egualitario della famiglia: “Un’uguale ripartizione fra i sessi delle responsabilità familiari e soprattutto della cura dei figli è la grande rivoluzione che non è ancora avvenuta” (p. 25-26, Moller Okin, 1999).

Martha Fineman sostiene che il patriarcato moderno poggia sulla norma della famiglia eterosessuale, considerata unico modello legittimo sia dalla cultura dominante che dallo Stato. Il patriarcalismo si configura così come “la manifestazione e l’istituzionalizzazione del dominio maschile sulle donne e i bambini nella famiglia e l’estensione del dominio maschile sulle donne nella società in generale” (p.23, Fineman, 1995). “Questa norma ha posto il padre a capo della discendenza; ha continuato a definire le donne principalmente in base alle loro funzioni riproduttive e ha escluso gay e lesbiche dal sistema di parentela” (p.356, Casalini, 2011).

5.2 Padre: λόγος

Il termine Logos in greco antico ha vari significati: parola, discorso, ragione, intelligenza, giudizio, legge (da Rocci, L. (1943) Vocabolario Greco-Italiano, Società editrice dante alighieri). Storicamente, l’uomo, il marito, il padre, erano i detentori della somma di queste facoltà. Aristotele, nella Politica, scrisse: “solo il marito, e non la moglie, possiede nella sua pienezza il logos e quindi la capacità di deliberare” (Politica, I, 13, 1260).

103 Nell’ultimo decennio, si sono susseguite discussioni sull’ “evaporazione”, l’”evanescenza” e infine la “scomparsa” del padre, figura diventata assente, incapace o comunque non interessata a ricoprire il suo ruolo tradizionale (Cantarella, 2015), ossia quello di rappresentante e detentore del logos. Conservatori, tradizionalisti, ma non solo, sono molto preoccupati per questa sorta di indebolimento e perdita di ruolo (potere) del padre.

Massimo Recalcati, in “Che cosa resta del padre? La paternità nell’epoca ipermoderna” (2011) sostiene che “l’evaporazione della funzione edipico-normativa del Padre, anziché liberarci dal padre, deve permetterne una riabilitazione etica come padre della testimonianza”, dove per testimonianza intende “l’atto con cui il padre, privo di ogni supporto ideale, sa offrire una soluzione possibile e incarnata di come si possa unire il desiderio alla Legge” (p-22-23, Recalcati, 2011). Recalcati, nell’introduzione a “Il complesso di Telemaco. Genitori e figli dopo il tramonto del padre” (2013), dichiara di non rimpiangere il mito del padre-padrone e di non aver nostalgia del pater familias, il cui tempo, a detta sua, sarebbe “esaurito, scaduto”. Il problema che rileva non è quindi come “restaurare l’antica e perduta potenza simbolica, ma piuttosto quello di interrogare ciò che resta del padre nel tempo della sua dissoluzione”. E che cosa resta, secondo Recalcati del padre? “Quel che resta del padre è custodia del mistero della vita e della morte, è la responsabilità dell’eredità e della trasmissione, è la generatività del desiderio come nuda fede” (p.23, Recalcati, 2011). E alle madri che cosa assegna? Ascolto, cura e pazienza (Recalcati, 2015).

Niente di meno. Niente di più.

L’approccio psicoanalitico e sistemico ritengono una priorità riabilitare il ruolo del padre (presentato come la vera vittima), considerato da questi squalificato in un contesto organizzativo, legislativo, sociale, ma anche (e soprattutto) dalle madri stesse: "Molte donne tendono a far scomparire completamente dai loro discorsi e dalle loro azioni, il padre biologico dei loro figli e non lasciargli spazio, mentre se esiste, sarebbe il caso fosse coinvolto. I professionisti sono passati sopra troppo spesso al gioco dell'onnipotenza materna, aderendo troppo rapidamente alla visione offerta dalle sue

104 parole, così facendo hanno forse preso loro il posto del padre ideale, che spettava al padre reale? Eppure, oggi tutti sono d'accordo con il riconoscere un ruolo di primo piano che ha il padre nella strutturazione psichica e in quella sociale di suo figlio" (da “Réseaux d’écoute, d’appui et d’accompagnement des parents” (REAAP) in Cardi, 2015). Gli psicoanalisti ribadiscono inoltre la necessità di ridare al padre il suo posto, che significa anche rimettere un certo ordine. Il motivo? "La funzione paterna è quella di un terzo separatore tra il bambino e sua madre, che simboleggia la legge sociale e garantisce al bambino l'emergere della propria identità" (Cardi, 2010).

Quindi, dietro il movente padre "assente" (simbolicamente o materialmente), troviamo la madre "divoratrice", responsabile dell'assenza paterna. Spetta alla madre "produrre" il padre, colui che, secondo l’ottica psicoanalitica, deve rompere l'alienazione materna imponendo l’autorità, la legge (Cardi, 2010).

Così, le madri sono messe sotto processo e ritenute colpevoli in tutti casi. Le madri o sono troppo "fusionali", o troppo lontane, troppo investite nel loro lavoro, e pertanto chiamate in causa (Cardi, 2010).

In questo caso, i terapeuti sottolineano non solo la lontananza problematica di queste le donne dal loro bambino, ma anche la loro distanza rispetto al loro partner (Cardi, 2010).

Emerge un fenomeno paradossale: da un lato, viene chiesto alle madri di prendersi cura dei bambini, d'altra parte, si ritiene di dover proteggere questi stessi bambini dalla loro madre, riabilitando la funzione e figura paterna (Cardi, 2015).