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L’analisi della liquidità aziendale concerne la capacità dell’azienda di adempiere agli impegni finanziari di breve periodo (solvibilità), quindi mira a verificare che

l’azienda sia in grado, tramite la liquidità esistente e le entrate attese per il breve periodo, di fronteggiare le uscite attese per il breve periodo. Pertanto, la condizione da verificare è:

Li + E bp – U bp > 0

dove Li = liquidità immediate; E bp = entrate previste nel breve periodo; U bp = uscite previste nel breve periodo.

La liquidità può essere inoltre influenzata da fenomeni congiunturali, per cui la condizione di solvibilità dell’azienda deve essere continuamente verificata.

L’analisi della liquidità fondata sul bilancio fornisce però informazioni parziali e presenta dei limiti non trascurabili, che possono essere superati solo con il budget di tesoreria (un documento preventivo che illustra i riflessi finanziari , in termini di entrate e uscite monetarie di breve periodo, dei programmi aziendali).

Gli strumenti di analisi sono di due tipi:

- i margini ed i quozienti che analizzano la correlazione tra “impieghi a breve” e fonti a breve”;

- i quozienti che analizzano la concatenazione temporale delle operazioni all’interno dei cicli gestionali correnti.

L’analisi della correlazione degli impieghi e delle fonti a breve si fonda sul principio di finanziamento dell’attivo circolante, in base al quale l’attivo circolante dovrebbe essere finanziato prevalentemente con il passivo corrente.

Per garantire la solvibilità aziendale, l’attivo circolante dovrebbe essere in grado, una volta convertito in liquidità immediata, di estinguere il passivo corrente.

Ipotizzando che tutti gli elementi dell’attivo circolante possano tramutarsi in liquidità nel breve periodo, la condizione di liquidità richiede che tra gli impieghi e le fonti sussista il seguente equilibrio:

M + Ld + Li – Pb > 0

Dove M = rimanenze; Ld = liquidità differite; Li = liquidità immediate; Pb = passivo corrente.

Tale condizione può essere espressa, più sinteticamente, in termini di differenza tra attivo circolante e passivo corrente:

Ac – Pb > 0

Dalla differenza tra i valori degli impieghi a breve e i valori delle fonti a breve, deriva il margine di disponibilità o attivo circolante netto (differenza tra i componenti dell’attivo circolante e le passività correnti):

Md = (M + Ld +Li) – Pb

Invece il rapporto tra i valori di cui sopra dà origine al quoziente di disponibilità (rapporto tra i componenti dell’attivo circolante e le passività correnti):

Qd =

Pb Li + Ld + Ml

Il quoziente di disponibilità è spesso criticato per il fatto che presenta il magazzino al numeratore: esso non attiene direttamente ai problemi della liquidità.

Il magazzino, infatti, rappresenta un impiego non numerario non sempre destinato a convertirsi in breve tempo in impiego numerario, in quanto comprende sempre una scorta vincolata (la cui posizione è più vicina all’attivo fisso che all’attivo circolante), e inoltre la parte non vincolata non sempre presenta una liquidità a breve. Pertanto il magazzino rappresenta un impiego che ha un’attinenza soltanto indiretta e mediata con la liquidità a breve.

Al fine di superare questo limite, si dovrebbe ricavare dalla voce “magazzino”la parte direttamente e immediatamente influente sulla liquidità breve ed isolare la parte

restante, quindi il magazzino sarebbe scomposto in due parti: il magazzino liquidabile a breve e il magazzino non liquidabile a breve.

Poiché tale scomposizione non risulta agevole né attuabile per l’analista,

generalmente l’analisi di liquidità viene effettuata anche attraverso un’altra categoria di indici, ovvero il margine e il quoziente di tesoreria, in modo da esaminare la liquidità della gestione corrente, mettendo a fuoco l’equilibrio tra gli impieghi liquidi e le passività correnti.

Il margine di tesoreria è dato dalla differenza tra le liquidità (differite e immediate) e le passività correnti:

Mt = (Ld + Li) – Pb

Il quoziente di tesoreria (o quoziente di liquidità totale o “quick ratio”) rappresenta la capacità dell’azienda di far fronte, con la liquidità totalmente disponibile,

all’estinzione delle passività correnti:

Qt =

Pb Li Ld

Si distinguono tre casi:

- quoziente maggiore di uno e margine positivo: l’importo delle liquidità è superiore rispetto all’importo delle passività correnti; in tal caso le liquidità sono in grado di estinguere le passività correnti e il magazzino è interamente finanziato da mezzi propri e/o passività consolidate;

- quoziente minore di uno e margine negativo: l’importo delle liquidità è inferiore rispetto all’importo delle passività correnti. In questa situazione le passività correnti contribuiscono al finanziamento delle rimanenze, e possono essere estinte solo grazie al ritorno in forma liquida di una determinata parte delle rimanenze stesse;

- quoziente pari ad uno e margine nullo: l’importo delle liquidità coincide con l’importo delle passività correnti.

Il quoziente di tesoreria esprime il grado di dipendenza dal magazzino dell’equilibrio finanziario di breve termine: quando è maggiore di uno l’equilibrio finanziario di breve non dipende dalla capacità del magazzino di tornare in forma liquida nell’arco dell’esercizio successivo; quando invece è minore di uno l’equilibrio finanziario di breve dipende, più o meno ampliamente, dalla capacità del magazzino di tornare in forma liquida.

Quando si hanno un margine di disponibilità e un margine di tesoreria positivi, sotto l’aspetto della liquidità la situazione della gestione è da ritenersi favorevole.

Tale condizione presenta però alcuni limiti. Innanzitutto, un margine di tesoreria positivo implica che vi sarà un’eccedenza di liquidità al termine del periodo

considerato, ma non significa che vi sarà liquidità durante il periodo stesso. Inoltre, non è detto che si manifesti eccedenza di liquidità alla fine dell’anno, per due motivi:

- le entrate possono non essere sincronizzate con le uscite, ovvero vi può essere disarmonia tra le scadenze dei crediti e quelle dei debiti;

- la gestione ulteriore (nuove entrate, nuove uscite) può turbare la liquidità preesistente.

Quindi, le due condizioni che devono sussistere affinché un quoziente di disponibilità o di tesoreria positivo rappresenti una condizione sufficiente per l’esistenza di una liquidità a breve sono le seguenti:

- le entrate devono essere in fase con le uscite;

- il movimento delle entrate e delle uscite della gestione ulteriore non deve turbare la liquidità precedente.

Dato che spesso l’analista esterno non ha gli strumenti per rendersi conto

dell’esistenza delle due condizioni (poiché non dispone dei piani di tesoreria, che sono interni all’azienda), deve limitarsi ad un giudizio approssimativo, basato sulla conoscenza del valore assoluto del quoziente o del margine di tesoreria e di

disponibilità. Pertanto, un quoziente di disponibilità o di tesoreria positivo non rappresenta una condizione necessaria per l’esistenza dell’equilibrio di liquidità.

Allo stesso modo, un margine di disponibilità o di tesoreria negativo non è indice assoluto di una illiquidità della gestione, in quanto la situazione di illiquidità potrebbe essere differita o anche eliminata in presenza di alcune condizioni:

- il succedersi favorevole delle entrate e delle uscite (le entrate precedono le uscite);

- le entrate delle gestione ulteriore sono superiori rispetto alle uscite della gestione ulteriore, in modo da azzerare il deficit di liquidità.

In conclusione, un margine di disponibilità o di tesoreria negativo esprime una

situazione di illiquidità, a meno che non intervenga un recupero di liquidità dovuto ai flussi della gestione ulteriore.

Quindi, il margine rilevante per la soluzione del problema relativo alle liquidità (Mliq) è dato dalla formula:

Mliq = (M +Ld + Li) – Pb + (En – Un) Dove En e Un sono le entrate e le uscite ulteriori.

Anche in questo caso l’analista esterno spesso non dispone degli strumenti per

rendersi conto della possibilità del recupero di liquidità legato alla gestione ulteriore, e deve quindi basarsi su un giudizio approssimativo.

In conclusione, i limiti relativi agli indici di disponibilità, consistono in tre ordini di cause:

- ipotizzano una gestione “discontinua” poiché fanno riferimento soltanto al termine del “breve periodo”, ma non tengono conto della distribuzione temporale dei flussi finanziari al suo interno;

- risultano incompleti poiché prescindono dai valori legati alla gestione ulteriore;

- non considerano l’elasticità finanziaria che deriva dalla disponibilità di riserve di liquidità potenziale.

Per superare tali limiti, l’analisi deve essere integrata con il calcolo degli indici di rotazione del capitale circolante netto e della durata media del ciclo del circolante e con lo studio dei piani di tesoreria, ove disponibili.

Il calcolo degli indici di rotazione del capitale circolante netto mira a rimuovere il primo limite, indagando la velocità di trasformazione in forma liquida delle singole classi di valori dell’attivo circolante e la velocità di estinzione delle passività correnti.

L’equilibrio finanziario di breve termine è di più agevole raggiungimento quando la velocità di ritorno in forma liquida dell’attivo circolante è superiore alla velocità di estinzione delle passività correnti.

L’indagine, quindi, riguarda la velocità di rinnovo, ovvero l’intensità della rotazione, delle singole classi di valori del capitale circolante netto operativo. Occorre quindi analizzare i tempi medi con i quali si succedono i flussi finanziari legati ai cicli gestionali correnti di acquisto-trasformazione-vendita. Tali flussi finanziari sono legati al pagamento dei costi relativi all’acquisizione dei fattori produttivi e all’incasso dei ricavi relativi alle vendite.

Quando l’incasso derivante dalle vendite avviene successivamente al pagamento dei fattori produttivi correnti, lo svolgimento dei cicli operativi genera un fabbisogno finanziario che deve essere coperto per garantire il mantenimento della solvibilità a breve e sarà tanto più intenso quanto più è elevato il periodo che intercorre tra pagamento e incasso.

Quando invece l’incasso delle vendite precede il pagamento degli acquisti correnti, i cicli gestionali generano liquidità, agevolando il mantenimento delle condizioni di equilibrio finanziario, in misura più intensa quanto più è ampio il periodo tra incasso e pagamento.

Con riferimento ad un’azienda commerciale, è possibile notare che:

- il pagamento dei costi relativi all’acquisizione dei fattori produttivi interverrà soltanto dopo il periodo di dilazione concesso dai fornitori;

- l’incasso dei ricavi relativi alle vendite avverrà soltanto dopo il periodo di giacenza delle scorte e il successivo periodo di dilazione concesso ai clienti;

Quindi, ai fini dell’analisi dei tempi dei flussi finanziari legati ai cicli gestionali correnti, è necessario calcolare i tempi di giacenza delle rimanenze, i tempi di incasso dei crediti commerciali e i tempi di pagamento dei debiti.

La velocità di rinnovo delle singole classi di valori del circolante operativo può essere espressa in termini di:

- intensità di rotazione: in questo caso l’indice esprime quante volte, nel corso di un esercizio, lo stock di valori si rinnova per effetto dei cicli gestionali;

- tempo medio di esistenza: in questo caso l’indice calcolato esprime quanto tempo impiega, in media, lo stock di valori a rinnovarsi in conseguenza dei cicli gestionali.

Le rimanenze si rinnovano durante i cicli operativi per effetto del congiunto operare delle vendite, che determinano l’uscita delle merci esistenti dal magazzino, e degli acquisti, che determinano l’entrata delle nuove merci a magazzino. In sostanza, però, sono le vendite a determinare il ritorno in forma liquida del magazzino e a generare liquidità.

Gli indici di velocità delle rimanenze esprimono la velocità del rinnovo del magazzino per effetto delle vendite.

L’indice di rotazione delle scorte è dato dal rapporto tra le vendite e il valore delle giacenze di magazzino:

rotscorte =

M V

Il tempo medio di giacenza delle scorte esprime il tempo che, in media, il magazzino impiega a rinnovarsi completamente per effetto dei ricavi:

ggscorte = 365 V M

Il calcolo degli indici di velocità, anche se molto diffuso, soffre di alcune imperfezioni tecniche:

- le vendite sono un dato flusso riferito all’intero esercizio, mentre il magazzino è un dato stock riferito alla fine dell’esercizio: il confronto dovrebbe essere effettuato tra le vendite annue ed il magazzino medio dell’esercizio, in quanto

il calcolo sulla base del magazzino di fine anno può essere alterato da diversi fenomeni che ne hanno generato un incremento o un decremento;

- le vendite e il magazzino sono valorizzati mediante criteri di valutazione differenti: i ricavi di vendita sono ottenuti come somma dei prezzi di vendita, mentre il magazzino è generalmente valorizzato al costo. Poiché il prezzo è sistematicamente superiore al costo, il calcolo conduce ad una sovrastima dell’indice di rotazione. Questo limite può essere superato sostituendo ai ricavi delle vendite il costo del venduto, ottenuto come:

Acquisti di merce

± Variazione delle rimanenze di merce

= Costo delle merci vendute

Quindi l’indice di rotazione delle scorte sarà pari a : rotscorte =

M Cv

dove Cv è il costo del venduto. Il tempo medio di giacenza delle scorte diviene:

ggscorte = 365 Cv

M

Questo discorso vale per le aziende commerciali; le aziende industriali presentano diverse tipologie di rimanenze, ovvero rimanenze di materie prime, rimanenze di semilavorati e prodotti in corso di lavorazione e rimanenze di prodotti finiti.

Poiché la gestione e la valutazione di tali tipologie di rimanenze sono distinte l’una dalle altre, è necessario definire indici di velocità diversi per ciascuna categoria:

- nel caso delle materie prime, si calcola l’indice di rotazione delle rimanenze di materie prime:

rotscortemp =

Mmp Cmp

dove rotscortemp = indice di rotazione delle rimanenze di materie prime, Cmp =consumi di materie prime (dati dalla somma algebrica tra acquisti di

materie prime e variazione delle rimanenze di materie prime, Mmp = valore delle rimanenze di materie prime a fine esercizio.

Il tempo medio di giacenza delle scorte di materie prime è così calcolato:

ggscortemp = 365 Cmp Mmp

- nel caso dei semilavorati, si calcola l’indice di rotazione dei semilavorati:

rotscortesl =

Msl CPOsl

dove rotscortesl = indice di rotazione delle rimanenze di semilavorati e prodotti in corso di lavorazione, CPOsl = costo della produzione ottenuta ad uno stadio di avanzamento corrispondente con quello medio dei semilavorati, Msl = valore delle rimanenze di semilavorati e di prodotti in corso di

lavorazione a fine esercizio.

Il tempo medio di giacenza delle scorte di semilavorati è così calcolato:

ggscortesl = 365 CPOsl

Msl

Il calcolo di tali indicatori richiede la conoscenza dello stadio di avanzamento medio dei semilavorati e dei prodotti in corso di lavorazione (la quota dei costi compresa nella loro valutazione rispetto al costo medio). L’analista esterno spesso non dispone di questa informazione, ed è costretto ad effettuare stime forfetarie sull’avanzamento medio, sulla base della sua conoscenza del processo produttivo attuato dall’azienda.

- nel caso dei prodotti finiti, si calcola l’indice di rotazione dei prodotti finiti:

rotscortepf =

Mpf CPVpf

dove rotscortepf = indice di rotazione delle rimanenze di prodotti finiti, CPVpf = costo della produzione venduta, Mpf = valore delle rimanenze di prodotti finiti a fine esercizio.

Il tempo medio di giacenza delle scorte di prodotti finiti è così calcolato:

ggscortepf = 365 CPVpf

Mpf

Il calcolo di tali indicatori richiede la conoscenza dell’esatta configurazione di costo utilizzata per la valutazione delle rimanenze e del dettaglio dei costi annui di

produzione.

Un indicatore sintetico della velocità di rinnovo delle rimanenze nelle aziende industriali può essere ottenuto attraverso la seguente somma:

tempo medio di giacenza delle materie prime

± tempo medio di giacenza dei semilavorati e prodotti in corso di lavorazione + tempo medio di giacenza dei prodotti finiti

= tempo medio di giacenza scorte

Il tempo medio complessivo di giacenza delle scorte nelle aziende industriali o

“work in progress time” (W. I. P.) esprime il tempo che intercorre tra l’acquisto delle materie prime e la vendita del prodotto.

I crediti verso clienti si rinnovano durante i cicli operativi per effetto del congiunto operare degli incassi, che determinano l’estinzione dei crediti esistenti, e delle vendite, che determinano l’insorgere di nuovi crediti.

Gli indici di velocità dei crediti verso clienti esprimono la velocità del rinnovo dei crediti per effetto delle vendite.

L’indice di rotazione dei crediti commerciali (o “accounts receivable turnover”) è dato dal rapporto tra le vendite ed i crediti verso clienti iscritti in bilancio:

rotcrediti =

Ccl V

dove V = vendite e Ccl = crediti verso clienti.

Il tempo medio di incasso dei crediti verso clienti esprime in giorni il tempo che, in media, i crediti impiegano a rinnovarsi completamente:

ggcrediti = 365 V Ccl

Il calcolo degli indici di velocità dei crediti verso clienti, anche se molto diffuso, soffre di alcune imperfezioni tecniche:

- le vendite sono un dato di flusso riferito all’intero esercizio, mentre i crediti sono uno stock riferito alla fine dell’esercizio: il confronto dovrebbe essere effettuato tra le vendite annue e i crediti medi dell’esercizio, in quanto il calcolo sulla base dei crediti di fine anno può essere alterato da incrementi o decrementi congiunturali o stagionali dei crediti. Il dato dei crediti medi, tuttavia, non è disponibile per l’analista esterno, per cui anche in questo caso, ai fini del calcolo, si utilizzano i crediti finali;

- le vendite e i crediti sono valorizzati in modo differente, in quanto i secondi comprendono anche l’IVA: i ricavi di vendita sono al netto dell’IVA, mentre i crediti sono comprensivi di IVA, quindi il calcolo conduce ad una sottostima dell’indice di rotazione. Questo limite viene superato depurando i crediti verso clienti dall’IVA. Nel caso di vendite assoggettate ad IVA, si fa riferimento all’aliquota media Iva, ottenibile dalle dichiarazioni fiscali (l’analista esterno non dispone di tale dato, ma può effettuare una stima attendibile sulla base della tipologia di beni o servizi venduti). L’indice di rotazione dei crediti, pertanto, diventa:

rotcrediti =

iva) 1 /(

Ccl V

dove iva è l’aliquota media Iva.

Il tempo medio di incasso dei crediti diventa:

ggcrediti = 365

V iva) 1

/(

Ccl

I debiti verso fornitori si rinnovano durante i cicli operativi per effetto del congiunto operare del pagamento dei debiti, che determinano l’estinzione dei debiti esistenti, e dei nuovi acquisti, che determinano il sorgere di nuovi debiti.

L’indice di rotazione dei debiti commerciali (o “accounts payable turnover”) è dato dal rapporto tra gli acquisti di beni e servizi e i debiti verso fornitori iscritti in bilancio:

rotdebiti =

Dfor A

Il tempo medio di pagamento dei debiti esprime in giorni il tempo che,

mediamente, i debiti impiegano a rinnovarsi completamente ed è così calcolato:

ggdebiti = 365 A Dfor

Anche in questo caso, gli indici di velocità dei debiti verso fornitori presentano alcune imperfezioni tecniche:

- gli acquisti sono un dato di flusso riferito all’intero esercizio, mentre i debiti sono uno stock riferito alla fine dell’esercizio: il confronto dovrebbe avvenire tra gli acquisti annui e i debiti medi dell’esercizio, in quanto il calcolo sulla base dei debiti di fine anno può essere alterato da incrementi o decrementi congiunturali o stagionali dei debiti. I debiti medi però non costituiscono un dato disponibile per l’analista esterno, per cui anche in questo caso vengono utilizzati, ai fini del calcolo, i debiti finali;

- gli acquisti e i debiti verso fornitori sono valorizzati in modo differente, in quanto i secondi comprendono anche l’IVA: gli acquisti di beni e servizi sono infatti al netto dell’IVA, mentre i debiti sono comprensivi di IVA. Tale limite può essere superato depurando i debiti verso fornitori dall’Iva. Nel caso di acquisti assoggettati ad Iva con aliquote diverse, si fa riferimento all’aliquota media Iva, pertanto l’indice di rotazione dei debiti viene così modificato:

rotdebiti =

) 1 /( iva Dfor

A

mentre il tempo medio di pagamento dei debiti diventa:

ggdebiti = /(1 ) 365

A

iva Dfor

L’informazione di sintesi maggiormente rilevante che può essere ricavata dall’analisi degli indicatori di velocità del capitale circolante netto riguarda la “durata media del ciclo del circolante”, che corrisponde al tempo, espresso in giorni, che, in media, intercorre tra il momento del pagamento ai fornitori dei fattori produttivi correnti e il momento dell’incasso dai clienti dei ricavi per le vendite o le prestazioni.

Per la costruzione di questo indicatore si considera la concatenazione dei momenti di rilevanza economica e dei momenti di rilevanza finanziaria.

I momenti di rilevanza economica sono quelli di esecuzione delle prestazioni relative all’acquisto dei beni o dei servizi e alla vendita del prodotto; i momenti di rilevanza finanziaria sono quelli di regolamento monetario degli acquisti e delle vendite.

Le distanze tra i momenti rilevanti corrispondono agli indici di velocità del circolante espressi in giorni:

- tempo medio di giacenza delle scorte (tempo mediamente intercorrente tra l’acquisto e la vendita);

- tempo medio di incasso dei crediti verso clienti (tempo mediamente intercorrente tra la vendita e l’incasso);

- tempo medio di pagamento dei debiti verso fornitori (tempo mediamente intercorrente tra l’acquisto e il pagamento).

In sintesi, quindi, la durata media del ciclo del circolante sarà pari alla somma

In sintesi, quindi, la durata media del ciclo del circolante sarà pari alla somma