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La correlazione tra impieghi e fonti

2. L’analisi della solidità patrimoniale

2.1. La correlazione tra impieghi e fonti

L’analisi della correlazione tra gli impieghi e le fonti si fonda sulla struttura patrimoniale dell’azienda risultante dalla riclassificazione finanziaria dello stato patrimoniale. In particolare tra gli impieghi e le fonti devono esistere correlazioni logiche; da qui deriva che il tempo di scadenza delle fonti deve essere sincronizzato con il tempo di recupero degli impieghi. Esistono pertanto due principi:

1) principio del finanziamento dell’attivo fisso: l’attivo fisso dovrebbe essere finanziato prevalentemente con il passivo permanente;

2) principio del finanziamento dell’attivo circolante: l’attivo circolante dovrebbe essere finanziato prevalentemente con il passivo corrente.

Nella realtà accade spesso che il passivo permanente finanzi anche una parte dell’attivo circolante; altre volte solo in parte. Pertanto si possono verificare tre situazioni:

- il passivo permanente finanzia completamente l’attivo fisso, e, in parte, quello circolante;

- l’attivo fisso è finanziato esclusivamente dal passivo permanente e quindi l’attivo circolante esclusivamente dal passivo corrente;

- l’attivo fisso è finanziato in parte dal passivo permanente e, per la parte restante, dal passivo corrente.

Per poter valutare quale sia la soluzione da preferirsi, occorre considerare il loro impatto sul rischio di insolvenza e sull’autonomia nelle scelte di reinvestimento.

Quanto più basso è il rischio di insolvenza e quanto più è alta l’autonomia, tanto maggiore sarà la solidità dell’azienda.

Si considerano tre casi limite:

- finanziamento completo con i mezzi propri: in questo caso, man mano che ha luogo l’attività produttiva e si ha il processo di ammortamento, si verifica la trasformazione graduale dell’attivo fisso in attivo circolante, fino a quando non si ha il recupero completo dell’impiego. In tal modo viene reso possibile,

automaticamente, il rinnovo dell’attivo fisso. In questo caso non si hanno problemi di finanziamento del rinnovo né problemi di liquidità e di insolvenza.

Il finanziamento di rinnovo delle immobilizzazioni è assicurato con l’iscrizione delle quote di ammortamento; la liquidità è assicurata con la trasformazione dall’attivo fisso all’attivo circolante e può essere impiegata nella gestione, senza alcun rischio di insolvenza.

- finanziamento completo con il passivo consolidato: in questo caso il finanziamento dell’attivo fisso con le passività consolidate determina, con il processo di ammortamento dell’immobilizzazione e di rimborso del prestito, l’azzeramento del capitale investito nell’azienda. In tal modo non è più possibile il rinnovo automatico dell’attivo fisso, per cui è necessario un rifinanziamento (l’azienda quindi ha il problema del dover reperire nuovi finanziatori). Inoltre, la liquidità formatasi con l’ammortamento dell’attivo fisso viene utilizzata per il rimborso del finanziamento.

Se il piano di rimborso del prestito è sincronizzato con il piano di

ammortamento dell’immobilizzazione, non sorge alcun rischio concreto di insolvenza, in quanto gli impegni relativi all’estinzione del finanziamento possono essere fronteggiati con la liquidità derivante dall’ammortamento.

Se il piano di rimborso del prestito è più veloce del piano di ammortamento dell’immobilizzazione, sorge un concreto rischio di insolvenza, dipendente dal fatto che le rate del prestito eccedono le quote di ammortamento.

Se invece il piano di rimborso del finanziamento è più lento del piano di ammortamento dell’immobilizzazione, si genera una temporanea scorta di liquidità, che tuttavia non può essere utilizzata per il rinnovo in quanto destinata al successivo rimborso del prestito.

- finanziamento completo con il passivo corrente: l’azienda in questo caso è finanziata con debiti finanziari; si deduce che tale tipologia di finanziamento comporta una illiquidità decrescente (massima nel momento della scadenza delle passività correnti e poi man mano reintegrata mediante il recupero delle quote di ammortamento) e l’azzeramento dell’impiego, per cui si rende

necessario un rifinanziamento ai fini del rinnovo. L’azienda quindi non è autonoma nelle sue scelte di rinnovo delle immobilizzazioni, e inoltre la sua esistenza dipende continuamente dalla possibilità di reperire nuove fonti di finanziamento per la copertura del deficit di liquidità generato

dall’investimento. Il rischio di insolvenza, con questa modalità di finanziamento, è sempre molto elevato.

E’ chiaro che l’ipotesi da preferire sarebbe la prima, ma nella realtà spesso questa ipotesi risulta combinata con la seconda. In ogni caso, un punto fondamentale nell’analisi di bilancio riguarda la conoscenza del modo con cui è stato finanziato l’attivo fisso, in quanto questo determina conseguenze diverse sulla gestione aziendale. In particolare:

- il finanziamento con i mezzi propri sarebbe da preferirsi sul piano della liquidità e del rinnovo, ma non è sempre possibile;

- il finanziamento con le passività consolidate ha il vantaggio dell’assenza di illiquidità, che viene pagato con il carico degli oneri finanziari;

- il finanziamento con le passività correnti presenta una difficile applicabilità, poiché il vantaggio dell’assenza di oneri finanziari è solo teorico, in quanto il deficit di liquidità deve con ogni probabilità essere coperto da nuove fonti di finanziamento onerose e il carico di tali fonti è maggiore a causa dell’elevato rischio di insolvenza.

L’analisi sul finanziamento delle immobilizzazioni avviene attraverso il calcolo di un indice denominato quoziente primario di struttura, dato dal rapporto tra i mezzi propri e l’attivo fisso:

f p

A M

Questo quoziente esprime quanta parte delle immobilizzazioni sono finanziate con i mezzi propri. Si parla anche di quoziente di auto copertura dell’attivo fisso, in quanto con esso si mira a comprendere quanta parte dell’attivo fisso è coperta con le fonti interne di finanziamento.

Il quoziente primario di struttura può essere maggiore, uguale o minore di uno.

A volte viene calcolato anche il margine primario di struttura, dato da:

Mp - Af

Questo margine sarà maggiore, uguale o minore di zero a seconda che il quoziente primario di struttura sia maggiore, uguale o minore di uno.

Il valore informativo di questi due indici è molto diverso in quanto il margine è espresso in valore assoluto, mentre il quoziente è espresso in valore relativo. Il

quoziente è però maggiormente espressivo rispetto al margine, in quanto rappresenta gli equilibri relativi tra i valori considerati, ma non è influenzato dalla dimensione aziendale.

 Se il quoziente primario di struttura è maggiore di uno (margine primario di struttura maggiore di zero), le immobilizzazioni sono interamente finanziate con mezzi propri, che finanziano anche una parte dell’attivo circolante. E’

questa la situazione ottimale dal punto di vista della solidità patrimoniale.

 Se il quoziente primario di struttura è minore di uno (margine primario di struttura minore di zero), le immobilizzazioni non sono finanziate interamente con mezzi propri, ma anche tramite passività consolidate e/o correnti. Se il quoziente primario di struttura non è di molto inferiore all’unità, la situazione dal punto di vista della solidità è accettabile (a condizione che la rimanente parte di immobilizzazioni sia finanziata con passività consolidate). E’

necessario calcolare un ulteriore indice che esprima le modalità del

finanziamento della parte di immobilizzazioni non coperte dai mezzi propri.

Per il principio di correlazione tra fonti e impieghi a medio-lungo termine, l’attivo fisso dovrebbe essere finanziato con il passivo permanente (mezzi

propri e passività consolidate). Per verificare la sussistenza di tale condizione, occorre calcolare un indice che confronti il passivo permanente con l’attivo fisso: il quoziente secondario di struttura, dato dal rapporto tra il passivo permanente e l’attivo fisso:

f ml p

A P + M

Anche questo indice può essere maggiore, uguale o minore di uno.

Il margine secondario di struttura deriva invece dal confronto tra il passivo permanente e l’attivo fisso:

(Mp + P

ml) - Af

Questo margine sarà maggiore, uguale o minore di zero a seconda che il quoziente secondario di struttura sia maggiore, uguale o minore di uno.

Se il quoziente secondario di struttura è maggiore di uno (margine secondario di struttura maggiore di zero), le immobilizzazioni sono interamente finanziate con il passivo permanente, che finanzia anche una parte dell’attivo circolante.

In questo caso si può ritenere che l’azienda abbia una buona solidità patrimoniale.

Se il quoziente secondario di struttura è minore di uno (margine secondario di struttura minore di zero), le immobilizzazioni non sono finanziate interamente con il passivo permanente, ma anche tramite passività correnti (il passivo corrente, oltre a finanziare l’attivo circolante, finanzia anche una parte

dell’attivo fisso). Questa situazione è insoddisfacente dal punto di vista della solidità patrimoniale ed è collegata ad un rischio più o meno accentuato di insolvenza.

Le immobilizzazioni sono destinate a ritornare in forma liquida gradualmente , tramite i ricavi della produzione, in un tempo superiore all’esercizio. Se il loro finanziamento avvenisse con passività aventi un tempo di estinzione breve, inferiore all’esercizio, l’azienda si troverebbe nell’impossibilità di fare fronte alle proprie obbligazioni e in tal caso la continuità dell’azienda dipenderebbe dalla possibilità di rinnovare continuamente le passività correnti.

Il quoziente secondario di struttura è pari a uno (ovvero il margine secondario di struttura è pari a zero) quando l’attivo fisso è finanziato esclusivamente dal passivo permanente, e quindi l’attivo circolante esclusivamente dal passivo corrente.

E’ importante mantenere sempre un quoziente secondario di struttura maggiore di uno al fine di evitare situazioni di illiquidità dell’attivo circolante.

In sintesi, la situazione di solidità può essere considerata buona se il quoziente secondario di struttura è sensibilmente superiore ad uno e il quoziente primario di struttura è pari o leggermente inferiore all’unità. Un quoziente secondario di struttura

inferiore ad uno è sintomo di possibili tensioni finanziarie nel medio-lungo termine, mentre un quoziente primario di struttura molto basso esprime una

sottocapitalizzazione dell’azienda , che finanzia con fonti interne solo una ridotta parte delle immobilizzazioni.

Spesso quozienti di struttura insoddisfacenti sono da attribuire al ricorso del finanziamento bancario in c/c per la copertura dei fabbisogni generati dalle immobilizzazioni. Tale pratica è errata in quanto compromette la solidità

patrimoniale esponendo l’azienda al rischio di insolvenza, in quanto vi è un concreto rischio di revoca degli affidamenti da parte delle banche. Quando vi è una

soddisfacente situazione dal punto di vista dell’equilibrio economico-finanziario, la revoca è poco probabile, pertanto il rischio aziendale è basso, ma se vi è una

situazione economico-finanziaria insoddisfacente, la revoca è molto probabile.

All’origine di quozienti di struttura insoddisfacenti possono sussistere varie cause, tra le quali insufficienza di mezzi propri, insufficienza di passività consolidate ed

eccesso di immobilizzazioni. I problemi di finanziamento delle immobilizzazioni potrebbero derivare dalle scelte di investimento: gli investimenti effettuati potrebbero essere sovradimensionati rispetto alla dimensione complessiva della gestione. Al fine di verificare una coerenza tra gli investimenti in immobilizzazioni e la dimensione aziendale, un’utile indicazione deriva dal confronto tra l’indice di rigidità degli impieghi (rapporto tra attivo fisso e capitale investito) dell’azienda e quello medio del settore in cui l’azienda è operante. Se l’azienda ha un grado di rigidità molto più elevato di quello del settore , la causa dello scorretto finanziamento delle

immobilizzazioni dovrebbe risiedere nell’eccesso delle stesse dovuto, ad esempio, ad un eccesso di capacità produttiva). In questo caso la soluzione più idonea sarebbe il contenimento degli investimenti fissi. Se invece l’azienda ha un grado di rigidità in linea o inferiore a quello del settore, occorrerebbe allungare le scadenze del passivo.

L’interpretazione dei quozienti di struttura, inoltre, dovrebbe tener conto del grado di anzianità delle immobilizzazioni, che può essere espresso dal grado di

ammortamento, dato dal rapporto tra il totale dei fondi di ammortamento delle immobilizzazioni e il totale dei costi storici delle immobilizzazioni soggette ad ammortamento. Il processo di ammortamento dovrebbe gradualmente trasformare l’attivo fisso in attivo circolante, consentendo un tendenziale aumento dei quozienti e dei margini di struttura. Quando questi hanno valori insoddisfacenti, si hanno segnali negativi sull’adeguatezza delle fonti di finanziamento delle immobilizzazioni.

Anche quando i quozienti e i margini sono molto elevati, la situazione può essere contraddistinta da vari problemi. Il consolidamento di debiti è tra le cause di ciò, e comporta diverse conseguenze negative, quali un maggior costo dell’indebitamento (in quanto il debito a medio-lungo termine è produttivo di interessi), minori

possibilità di estinguere il finanziamento una volta rimosso il fabbisogno che lo aveva generato, e un’inefficienza finanziaria collegata al finanziamento di impieghi

improduttivi (crediti e scorte) piuttosto che al loro contenimento.