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L’analisi di sensitività del Conto Economico

Attraverso l’analisi di sensitività è possibile valutare il grado di sensibilità dell’azienda a variazioni di alcune grandezze economiche per effetto di agenti interni o esterni nonché le condizioni di rischio che caratterizzano l’azienda considerata, in relazione alle modalità di svolgimento della propria attività.

Infatti, imprese che conseguono il medesimo risultato in termini di utile operativo, possono essere giudicate in modo diverso relativamente alla propria struttura dei costi e al diverso mix tra costi variabili e costanti. Ai fini dell’analisi vengono considerati diversi aspetti della gestione:

- il punto di utile zero;

- il punto di equilibrio economico;

- grado di leva operativa;

- grado di leva strutturale;

- effetto di leva operativa integrata;

- grado di leva creditizia;

- grado di leva combinata.

4. 1. Il punto di utile zero

Il punto di utile zero può essere considerato sotto due diversi punti di vista:

- in base al primo, l’utile “zero” è da intendersi come utile di esercizio, e in tal caso i costi comprendono anche quelli finanziari;

- in base al secondo, l’utile “zero” è da intendersi come utile operativo, e in tal caso i costi sono quelli relativi all’area caratteristica.

Secondo il primo punto di vista, il punto di utile zero (indicato sinteticamente con la sigla P.U.Z.) rappresenta il punto in corrispondenza del quale il valore della

produzione ottenibile uguaglia l’importo di tutti i costi necessari per ottenerla. Tale punto è noto anche con il nome di break even point, ovvero “punto di rottura”, per indicare il punto di passaggio dalla zona delle perdite alla zona degli utili.

L’equazione economica per ottenere un utile uguale a zero ha la seguente forma:

ƩC = ƩR

I costi possono essere distinti in costi fissi (Cf ) e costi variabili (Cv); i ricavi sono rappresentati dal prodotto di esercizio (Pe). Si avrà quindi:

Cf + Cv = Pe

I costi variabili possono essere collegati alla produzione secondo un determinato coefficiente di variabilità (β):

Cv = Pe β

L’equazione economica pertanto si trasforma in questo modo:

Cf + Pe β = Pe Sviluppando si avrà:

Pe =

-1

C f

La relazione iniziale può essere trasformata nel modo seguente:

Cf = Pe - Cv

La differenza tra il prodotto di esercizio e i costi variabili rappresenta il margine di contribuzione, per cui si ha:

Mc = Cf

per cui il punto di utile zero, cioè la copertura di tutti i costi, è raggiunto quando il margine di contribuzione ha un importo uguale a quello dei costi fissi.

Invece, in base al secondo punto di vista il punto di utile zero rappresenta il punto in corrispondenza del quale il valore della produzione ottenibile uguaglia l’importo del costi “caratteristici” (esclusi pertanto i costi finanziari) necessari per ottenerla.

Con l’unica variante dell’esclusione dei costi finanziari dai costi fissi, valgono anche in questo caso le precedenti formule, per cui alla fine si ottiene:

Mc = C'f

Pertanto, il punto di utile zero, cioè la copertura di tutti i costi dell’area caratteristica, è raggiunto quando il margine di contribuzione ha un importo uguale a quello dei costi fissi dell’area stessa.

Quando il margine di contribuzione è maggiore rispetto ai costi fissi, si ha un utile operativo; quando invece il margine di contribuzione ha un importo inferiore rispetto ai costi fissi si ha una perdita operativa.

Nell’analisi di bilancio uno dei punti di osservazione riguarda proprio l’andamento dell’utile operativo nel tempo o nello spazio. Un indice particolarmente utilizzato riguarda l’incidenza dell’utile operativo sul margine di contribuzione o sul prodotto di esercizio.

4. 2. Il punto di equilibrio economico

Anche in questo caso possono essere considerati due diversi punti di vista:

- in base al primo, il punto di equilibrio economico rappresenta il punto in corrispondenza del quale il valore della produzione ottenibile copre l’importo dei costi sostenibili per ottenerla e lascia un margine per il compenso al capitale.

In presenza di un utile, l’equazione economica si modifica nel modo seguente:

ƩC + U = ƩR Sostituendo, si ottiene:

Pe =

-1 C fU

La relazione iniziale (Cf + Cv + U = Pe) può essere trasformata nella seguente:

Cf + U = Pe - Cv

Ciò significa che il punto di equilibrio economico è raggiunto quando il margine di contribuzione ha un importo uguale a quello dei costi fissi, maggiorato dell’utile.

- in base al secondo, il punto di equilibrio economico rappresenta il punto in corrispondenza del quale il valore della produzione ottenibile uguaglia

l’importo dei costi caratteristici, aumentato dell’utile operativo.

Si avrà pertanto:

Pe =

1

0

'

U

C

f

Ovvero:

Mc = C'f + U0

Quindi il punto di equilibrio economico è raggiunto quando il margine di

contribuzione ha un importo inferiore a quello dei costi fissi dell’area caratteristica, maggiorato dell’utile operativo.

4. 3. Il diagramma di redditività

Le formule riguardanti il punto di equilibrio sono molto utili al fine di comprendere il grado di rigidità della gestione aziendale e la sua propensione all’economicità. In particolare, l’altezza dei costi fissi rappresenta un indice inequivocabile per l’identificazione del grado di rigidità e della distanza dall’area dell’economicità.

Quanto più è elevato l’importo dei costi fissi, tanto maggiore è la distanza dal punto di utile zero e dal punto di equilibrio economico.

Quindi, più alto è l’importo dei costi fissi, più alto deve risultare l’importo della produzione necessaria alla copertura dei costi ed al raggiungimento dell’equilibrio.

Tutto ciò po’ essere rappresentato graficamente attraverso il diagramma di

redditività (o profitto-gramma). Tenuto conto che il costo complessivo, in quanto formato da una parte fissa e una variabile (considerata proporzionale rispetto alla produzione), ha come rappresentazione grafica una semiretta che parte dall’asse delle ordinate si avrà:

L’analisi di bilancio quindi serve anche per confrontare, sia nel tempo che nello spazio l’altezza del punto di utile zero e del punto di equilibrio economico per comprendere l’evoluzione della rigidità della gestione e la propensione

all’economicità, e per comprendere inoltre le differenze della gestione rispetto alla concorrenza e alle medie di settore. Ciò permette di comprendere le possibilità e i limiti del percorso futuro della gestione.

4. 4. La scala dell’utile

Dopo aver determinato il punto di utile zero e il punto di equilibrio economico si prosegue nella determinazione della relazione esistente tra il prodotto di esercizio e l’utile operativo. In particolare è possibile agire in due modi:

- attraverso valori assoluti, in grado di stabilire i livelli successivi del prodotto di esercizio e di identificare l’utile ottenibile in ciascuno di essi: si parla, in

questo caso, di scala dell’utile.

- attraverso valori relativi, in grado di stabilire le variazioni percentuali dell’utile ottenibile rispetto alle corrispondenti successive variazioni del prodotto di esercizio. In questo caso si parla di leva operativa.

In entrambi i casi, è possibile conoscere la convenienza dei successivi aumenti di produzione, ovvero valutare la convenienza della politica dello sviluppo aziendale e la reazione del reddito rispetto ad eventuali variazioni del giro di affari.

Area della perdita

Punto utile zero Area dell’utile

costo euro

quantità ricavo

Il reddito reagisce in modo diverso a seconda del diverso rapporto tra costi e ricavi e tra costi fissi e costi variabili (quindi a seconda del peso del margine di

contribuzione); si parla pertanto di indici di sensibilità reddituale.

Partendo dalla formula:

Pe =

-1 C 'f

U

si ha:

U0 = Pe (1 – β) - C 'f

ovvero:

U0 = Mc - C'f

Dunque, per successivi livelli del prodotto di esercizio, si avrà un diverso importo dell’utile operativo (scala dell’utile).

Esiste inoltre una relazione tra l’incremento del prodotto (hp) e l’incremento dell’utile (hu):

hp = Pe' - Pe

hu = U0' - U0 Quindi essendo:

U0 = Pe (1 – β) - Cf

U0' = Pe' (1 – β) - Cf Si avrà:

hu = [Pe' (1 – β) - Cf ] - [Pe (1 – β) - Cf ] sviluppando:

hu = (Pe' - Pe) (1 – β) ovvero:

hu = hp (1 – β)

4. 5. Il grado di leva operativa

Si parla di leva operativa quando la reazione del reddito nei confronti della

variazione del prodotto di esercizio viene osservata e studiata in termini percentuali.

Il minor peso dei costi fissi, in presenza di un aumento del margine di contribuzione, rappresenta la leva operativa, ovvero la tendenza al rialzo dell’utile operativo in rapporto al rialzo del margine.

Il grado di leva operativa si può ottenere in due modi:

- in modo consuntivo, come rapporto tra l’incremento dell’utile e l’incremento del prodotto:

- in modo preventivo, come rapporto tra l’ammontare del margine di contribuzione e l’ammontare dell’utile operativo:

G. L. O =

U M

0 c

Esiste anche un altro modo per esprimere, in via preventiva, il grado di leva operativa.

Sapendo che, aumentando il prodotto di esercizio, ferma restando l’incidenza dei costi variabili, l’aumento del margine di contribuzione si riflette sull’utile operativo, determinandone un aumento corrispondente. Ciò può essere espresso in questo modo:

U0' = U0 + Mc γ

Pertanto l’incremento percentuale dell’utile operativo assumerà la configurazione seguente:

Il grado di leva operativa, quindi, agisce da moltiplicatore, sull’aumento del prodotto di esercizio, a favore dell’aumento dell’utile operativo. L’effetto moltiplicativo dipende dalla struttura dei costi dell’area caratteristica: la prevalenza dei costi fissi rispetto ai costi variabili è un elemento che gioca a favore della leva operativa, in quanto determina un maggiore incremento dell’utile operativo. In conclusione, la sensibilità reddituale è maggiore nelle gestioni con prevalenza di costi fissi.

4. 6. Il grado di leva strutturale

Il grado di leva strutturale misura la reattività del reddito operativo a variazioni dei costi fissi ed è dato dal rapporto tra il tasso di aumento del reddito operativo e il tasso di riduzione dei costi fissi:

G. L. S . = -

o f

R C

da cui si ricava la seguente relazione:

Var% Utile Operativo = G. L. S. × Var% Costi Fissi

In caso di incremento dei costi fissi, si avrà una corrispondente riduzione percentuale dell’utile operativo (è per questo motivo che il grado di leva strutturale ha segno negativo).

4. 7. Il grado di leva operativa integrata

La reattività complessiva dell’utile operativo a variazioni del prodotto di esercizio o del margine di contribuzione, accompagnate da contestuali variazioni dei costi fissi, è misurata sommando gli effetti conseguenti alla leva operativa e alla leva strutturale, secondo la seguente relazione:

Tasso complessivo di variazione dell’Utile operativo = (G. L. O. × Tasso di variazione del Pe) + (G. L. S. × Tasso di variazione dei costi fissi)

Il grado di leva operativa integrata è dato dal prodotto tra il grado di leva operativa e il rapporto seguente:

c o

M R

Quindi si avrà:

G. L. O. I. = G. L. O. ×

Il secondo fattore del prodotto può influire diversamente sul grado di leva operativa a seconda della variazione dei costi fissi:

- se i costi fissi aumentano, il rapporto risulta essere inferiore a uno, e quindi ha un effetto demoltiplicatore dell’effetto di leva operativa;

- se i costi fissi si riducono, il rapporto risulta essere maggiore di uno, e quindi ha un effetto moltiplicatore dell’effetto di leva operativa.

In questo modo è possibile separare gli effetti sull’utile operativo della variazione del prodotto di esercizio, o del margine di contribuzione, e dei costi fissi.

Poiché l’Utile Operativo è dato dalla differenza tra il Margine di Contribuzione e i costi fissi (MC – CF), il secondo fattore della relazione può essere scritto anche come:

per cui il grado di leva operativa è misurabile attraverso la seguente relazione:

G. L. O. I. = G. L. O. ×

∆MC a sua volta è dato dal prodotto tra la variazione del prodotto di esercizio (∆Pe) ed il complemento a 1 del tasso di incidenza dei costi variabili sul prodotto di

esercizio (β). Indicando con α = CV/Pe il tasso di incidenza dei costi variabili sul prodotto di esercizio, di ha che β = (1 – α), per cui la precedente relazione diventa:

G. L. O. I. = G. L. O. ×

4. 8. Il grado di leva creditizia

Il grado di leva creditizia misura il grado di sensibilità dell’utile lordo a variazioni dell’utile operativo; esprime quindi la capacità dell’impresa di contenere l’altezza degli oneri finanziari. Esso è dato dal rapporto:

G. L. Cr. =

UL UO

L’impresa riesce a sfruttare un elevato grado di leva creditizia quando, ad incrementi di utile operativo, non corrispondono variazioni degli oneri finanziari e dunque tutto

l’incremento dell’utile operativo si scarica sull’utile lordo, determinandone una variazione percentuale più che proporzionale. Ciò accade, ad esempio, quando l’impresa riesce a finanziare il suo sviluppo senza incrementare il peso degli oneri finanziari, ovvero ottiene una riduzione del costo di indebitamento.

4. 9. Il grado di leva combinata

Il grado di leva combinata è dato dall’abbinamento tra il grado di leva operativa e il grado di leva creditizia e misura direttamente la reattività dell’utile lordo a variazioni del prodotto di esercizio.

Essendo il grado di leva operativa pari al rapporto tra il margine di contribuzione e l’utile operativo e il grado di leva creditizia dato dal rapporto tra l’utile operativo e l’utile lordo, si ha anche che il grado di leva combinata, data dal prodotto tra le due leve, è pari al rapporto tra il margine di contribuzione e l’utile lordo, per cui si ha:

G. L. Co. =

Uo Mc ×

Ul Uo =

Ul Mc

Il grado di leva combinata pone direttamente in relazione la variazione percentuale del prodotto di esercizio con la variazione percentuale dell’utile lordo, secondo la relazione:

Var% Ul =

Ul

Mc × Var%Pe