il settore forestale
3.5 Analisi SWOT e governance agro-energetica
Dalle caratteristiche del comparto agricolo campano si evince che il settore primario svolge un ruolo determinante per l’economia regionale ed uno stravolgimento del sistema produttivo difficilmente potrebbe comportare un incremento di redditività complessivo dei territori. Resta ferma, però, la necessità di rispondere alle esigenze energetiche ed ambientali.
Come visto, la concorrenza tra produzione agro-energetica e produzioni agricole, tra le quali tante riconosciute con marchi di qualità, potrebbe avere conseguenze nefaste, non quantificabili e soprattutto poco prevedibili. Si pensi ad esempio a quanto si è verificato negli anni passati negli Stati Uniti ed in Brasile con il boom delle coltivazioni destinate ai biocarburanti le quali, sottraendo migliaia di ettari alle colture food, hanno fatto lievitare il prezzo mondiale dei cereali.
La redditività delle colture dedicate a biomassa non è ottimale, tanto è vero che il mercato non si è mosso in tal senso, nonostante il disaccoppiamento degli aiuti della PAC dalla produzione e le misure del PSR dedicate. Il processo produttivo comporta costi ele- vati, sarebbe infatti necessario impiegare numerosi ettari ad alta produttività per renderlo economicamente conveniente. Ciò vale tanto più per le colture finalizzate alla produzione di biocarburanti. Infatti, le coltivazioni oleaginose e quelle amidacee necessitano di grandi superfici perché l’agricoltore possa ottenere remunerazioni vantaggiose a fronte di rese piuttosto basse. Si tratta di produzioni che necessitano macchine e attrezzature aziendali per poter ottenere un prodotto standardizzato e che, in ogni caso, presenterebbero costi elevati ed un bilancio energetico relativamente basso a fronte di uno sfruttamento intensi- vo del suolo58. A ciò si aggiunga la ridotta dimensione aziendale, elemento caratterizzante
delle aziende campane, che va a discapito della meccanizzazione e dell’equa distribuzione dei costi, determinando una forte rigidità alla riconversione.
Allora quale contributo può offrire il settore al processo di sviluppo agroenergetico? E soprattutto che tipo di sviluppo è auspicabile sul territorio regionale?
Restano infatti molto elevate le aspettative sull’agroenergia, per l’opportunità di di- versificazione ed integrazione del reddito agricolo e per i vantaggi ambientali che ne po- trebbero derivare.
La tipologia di biomassa, per produrre la quale non verrebbe alterato l’assetto del sistema agricolo regionale, è proprio quella residuale. Ma a quali condizioni quest’ultima
è in grado di sostenere, se pur a livello locale, delle vere e proprie filiere produttive? Deve possedere principalmente due caratteristiche essere disponibile in quantità significativa e facilmente recuperabile a basso costo. Questi elementi condizionano in particolare la fase di approvvigionamento degli impianti di produzione, la più delicata, dalla quale dipende sostanzialmente l’efficacia dell’intera filiera.
Per ciò che riguarda la disponibilità è determinante distinguere le diverse tipologia di sottoprodotti. In Campania esiste la possibilità di sfruttamento di biomasse residuali provenienti sia dal comparto zootecnico, concentrato soprattutto in alcune aree della re- gione, che dalle attività agroindustriali (in particolare la trasformazione del pomodoro) ed agro-forestali (cfr. cap. IV).
Si tratta di materiali di scarto che spesso possono rappresentare un vero e proprio problema per chi ne ha la responsabilità. I residui non più riutilizzabili devono essere ge- stiti in virtù delle norme che disciplinano lo smaltimento dei rifiuti, rappresentando per l’impresa una voce di costo a volte non indifferente. La gestione finalizzata al recupero energetico consente, al contrario, di valorizzare economicamente gli scarti trasformando così un costo in un possibile introito oltre a rappresentare un vantaggio ambientale a be- neficio della collettività in termini di riduzione del volume complessivo di rifiuti prodotti e da smaltire sul territorio.
L’economicità del recupero può essere valutata solo analizzando parametri complessi come ad esempio la variazione dei costi di trasporto in relazione alla distanza tra biomassa recuperata e impianto di produzione o la fluttuazione dei prezzi dei prodotti energetici. In assenza di un contesto avviato risulterebbe avventato prevedere i singoli parametri eco- nomici, specie se si pensa a quanto le stesse scelte di governance messe in atto dagli Enti preposti sul territorio possono influire sul risultato finale.
Se si guarda alla seconda fase della filiera agroenergetica, gli elementi fondamentali che determinano la buona riuscita della trasformazione sono la sicurezza e la regolari- tà degli approvvigionamenti che possono essere garantiti solo con accordi di filiera. Gli impianti devono essere dimensionati in funzione della capacità del territorio di fornire biomassa, della stagionalità di alcune tipologie di residui, così come delle esigenze di tra- sporto e di stoccaggio. Per il buon funzionamento dell’intera catena agroenergetica locale è necessaria la contemporanea presenza sul territorio di tutti gli attori del ciclo produttivo, fornitori di biomassa, trasformatori finali e indotto, in modo da riuscire a strutturare un contesto locale ben organizzato che presenti il duplice vantaggio di essere svincolato dagli interessi economici del singolo imprenditore agricolo e che allo stesso tempo riesca a sgan- ciarsi dai pericolosi meccanismi internazionali del mercato energetico.
A questo proposito, il Piano Energetico e Ambientale Regionale detta gli obiettivi generali in materia di energia e risparmio energetico in linea con quanto stabilito a livello europeo, delineando per l’agroenergia vere e proprie strategie di filiera.
Lo scenario tendenziale previsto per le FER è il raggiungimento di un sostanziale supporto al fabbisogno elettrico regionale mediante percentuali sempre crescenti, più pre- cisamente del 12% nel 2013 ed al 20% nel 2020, partendo dall’attuale 4%.
Il contributo specifico delle agro energie, l’apporto che il settore primario può dare al bilancio energetico regionale è evidentemente poco rilevante se paragonato alle altre fonti rinnovabili, ma ciò che interessa maggiormente è il raggiungimento di altre finalità di inte- resse strategico, sia dal punto di vista economico che ambientale: incremento del green job in aree rurali, creazione di una nuova filiera, attenuazione degli effetti ambientali deteriori
rispetto all’utilizzo dei reflui zootecnici, miglioramento della gestione forestale demaniale e assorbimento CO2, etc.
Il Piano punta a favorire la creazione di filiere corte per la produzione di energia da biomassa di origine agroforestale, ottenuta soprattutto da scarti agricoli, di allevamento e forestali, laddove i territori sono maggiormente vocati a questo tipo di produzione ed in aree interne svantaggiate dove la creazione di una filiera della biomassa possa creare occu- pazione conseguendo al tempo stesso l’autosufficienza energetica di piccole comunità. Per far questo si punta alla realizzazione di impianti di piccola taglia gestiti non direttamente dal singolo imprenditore agricolo ma da partenariati composti da attori della filiera, utenti, enti locali, con approccio bottom up che massimizzi i vantaggi su scala locale.
La filiera-agro energetica, come già accennato in precedenza, ha prospettive di svi- luppo interessanti in territori montani o collinari dove esiste la concomitanza di almeno due elementi, concentrazione di biomassa e domanda di calore. Nello sfruttamento energe- tico della biomassa il rendimento complessivo aumenta notevolmente se oltre all’elettricità prodotta si recupera il calore generato dallo stesso processo (cogenerazione). L’energia termica prodotta non è immagazzinabile, pertanto la vicinanza tra l’impianto di produ- zione e l’utenza è un fattore strategico assieme alla quantità di calore necessaria nel corso dell’anno.
Partendo dal presupposto che impianti di taglia medio-piccola si adattano di più a territori rurali dove il paesaggio bucolico deve essere preservato, e considerato che impian- ti troppo grandi avrebbero necessità di essere alimentati da grandi quantità di biomassa, difficilmente reperibile a livello locale, la filiera presenta maggiori vantaggi qualora vi sia coincidenza di materia prima locale a prezzi contenuti e produzione energetica da impianti di cogenerazione.
In Europa esistono vari esempi di piccole comunità, strutture pubbliche, scuole o piccole realtà produttive che attraverso la cogenerazione da biomassa ed il teleriscalda- mento sono riuscite ad affrancarsi dal fabbisogno di energia elettrica e termica da fonti fossili.
A livello regionale, fatta eccezione per poche ed isolate iniziative, non sono ancora presenti impianti a biomassa in grado di dar vita a vere e proprie filiere agroenergetiche. Il crescente interesse del mondo imprenditoriale è testimoniato però dalle numerose richie- ste di autorizzazione presentate presso gli enti competenti.
In alcune aziende agricole di più grandi dimensioni, ci sono stati i primi tentativi per la realizzazione di piccoli impianti aziendali (soprattutto biogas). Le difficoltà incon- trate da questi pionieri consistono nella difficoltà finanziaria e burocratica iniziale (avvio dell’investimento, soprattutto se finanziato in parte da fondi pubblici, procedure di autoriz- zazione lunghe e farraginose) e nella successiva gestione dell’impianto.
Sono invece del tutto assenti impianti extra aziendali gestiti in collaborazione con le aziende agricole che forniscono la materia prima.
Le possibilità di sviluppo dell’agroenergia in Campania dipendono in parte dalle ca- ratteristiche intrinseche del settore agricolo ed agroindustriale regionale ed in parte dalla recettività del territorio, ovvero dalla capacità degli operatori sia pubblici che privati di far si che queste peculiarità si trasformino in punti di forza per il raggiungimento di obiettivi concreti.
L’analisi SWOT (Strengths-Weaknesses-Opportunities-Threats), consente di eviden- ziare le reali problematiche e potenzialità dell’area interessata.
Lo schema che segue sintetizza i punti salienti dell’analisi effettuata mettendo in relazione il contesto agricolo ed agroindustriale con l’attuale quadro tecnico-economico. Il tutto fermo restando la possibilità di evoluzione dei fattori esogeni di natura normativa, economica o tecnologica, soggetti, come già evidenziato, a rapidi cambiamenti da cui di- pendono opportunità e minacce.
Gli elementi endogeni al settore agricolo che possono essere sfruttati a vantaggio della creazione delle filiere rappresentano i punti forza su cui far leva per dare avvio allo sviluppo agroenergetico, controbilanciati dai punti di debolezza, limitazioni intrinseche al comparto.
Figura 3.1 Schema Analisi SWOT
F A T T O R I I N T E R N I F A T T O R I E S T ER N I A G R I C O L T U R A
pUNti Di FoRZa oppoRtUNitÀ
A L T R I S E T T O R I
Vocazione agricola del territrio
presenza di aree a forte concentrazione di scarti e reflui
propensione delle aziende agricole verso le FER Sfruttamento degli scarti forestali
Sfruttamento degli scarti dell’agroindustria Sfruttamento di aree “marginali”
integazione e diversificazione del reddito agricolo Migliore gestione dei reflui in aree ad elevata con- centraz.
possibilità di sfruttamento degli scarti dell’agroin- dustria
abbattimento dei costi attraverso l’autoconsumo energetico
Sostegno alle aree rurali
Contributo agli impegni di kyoto Contributo agli obiettivi del pEaR
Sensibilità delle istituzioni riguardo a alle FER ed agroenergia
incentivi specifici per gli impianti da biomassa interventi del pSR a favore delle agroenergie possibilità di integrare agroenergia altre fonti rinno- vabili
possibilità di vendere l’energia prodotta
Creazione di mercati indotti (logistica, servizi, etc.) Migliore gestione dei nitrati
Gestione comune dei reflui e abbattimento dei costi
Mancata organizzazione di filera Ridotta dimensione aziendale
Scarsa propensione alla cooperazione e all’associa- zionismo
Scarso know-how sulle agroenergie da parte degli operatori
Costi di recupero della biomassa elevati nelle picco- le aziende
Discontinuità nella disponibilità di biomassa Difficile gestione degli scarti forestali
Carenza di aziende specializzate nello smaltimento rifiuti
Scarso presidio del territorio sulla gestione rifiuti agricoli
Elevato rapporto capi allevati/SaU Zone vulnerabili ai nitrati
incertezza normativa
Difficoltà burocratiche per autorizzazione impianti Rischio di riduzione degli incentivi
Gestione delle filiere agroenerg. esterna al mondo agricolo
Cattiva gestione del patrimonio forestale Sottrazione di terreni alle produzioni agrarie
Punti di forza
Uno dei principali elementi di forza per la realizzazione delle filiere agroenergetiche, data la vocazione agricola del territorio, è la possibilità di sfruttamento della biomassa di recupero. Infatti, secondo la territorializzazione della disponibilità potenziale di biomasse ad uso energetico in Campania59 , esistono diverse aree ad elevata concentrazione di scarti
e sottoprodotti nelle quali sono ipotizzabili sia l’attivazione di processi per la produzione di biogas sia lo sfruttamento della biomassa ligneocellulosica. In particolare è possibile notare un’elevata concentrazione degli allevamenti e quindi di reflui zootecnici in due aree della regione corrispondenti all’Alto Casertano ed alla Piana del Sele.
Altro punto di forza è il sempre crescente interesse per le energie rinnovabili da parte degli operatori agricoli, che mostrano in particolare una favorevole propensione per l’agroenergia. Ma se da un alto si nota una discreta crescita per quanto riguarda il grado di informazione in materia, dall’altro c’è ancora bisogno di competenze tecniche specifiche che ricoprano il fabbisogno dell’intera filiera.
Tra gli elementi di carattere socioeconomico strettamente legati al comparto agrico- lo si prospetta la possibilità d’integrazione e diversificazione del reddito grazie alle attività connesse alla produzione e/o al recupero di biomassa da destinare ad energia. In condizio- ni di mercato favorevoli, infatti, la biomassa derivante da scarti agricoli, forestali ed agroin- dustriali altrimenti inutilizzati può essere valorizzata economicamente assicurando non solo il recupero dei costi di smaltimento e dei costi energetici, ma anche la realizzazione di un profitto derivante dalla vendita di energia rinnovabile.
Per quanto riguarda nello specifico le aree rurali, tra i vantaggi associati allo svilup- po economico di filiere connesse all’agroenergia va certamente tenuto in conto l’effetto positivo a sostegno dell’occupazione, dovuto all’intensificarsi di attività legate ai comparti della logistica e della trasformazione energetica attraverso la creazione dell’indotto. Questi benefici effetti valgono specialmente per quei contesti locali di limitate dimensioni, come le aree rurali interne spesso soggette a spopolamento ed abbandono, per cui l’intensificarsi delle attività produttive può contribuire a scongiurare l’abbandono di realtà aziendali che sussistono al limite del mercato. Secondo la classificazione delle macroaree del PSR, la Campania presenta circa l’80% del territorio ricadente in aree rurali intermedie ed aree rurali con problemi complessivi di sviluppo. In entrambi i casi si tratta di aree dove l’occu- pazione in agricoltura è un parametro vitale per l’economia e l’instaurarsi di nuovi processi produttivi potrebbe apportare notevoli benefici sia di carattere sociale che ambientale.
Inoltre un ulteriore punto di forza è rappresentato dal recupero di determinate aree. I terreni ambientalmente sensibili, a rischio di marginalità e a rischio di abbandono coltura- le potrebbero così usufruire di un utile tornaconto di carattere economico, ma soprattutto ambientale in termini di recupero e protezione del suolo nonché salvaguardia del paesaggio.
Punti di debolezza
Come per qualsiasi altro processo di sviluppo economico, in una fase iniziale le agro- energie scontano l’assenza di una filiera strutturata, ma la situazione è aggravata dalla tradizionale scarsa propensione alla cooperazione e dallo scarso know how da parte degli operatori agricoli, sia per quanto riguarda la fase di produzione che di trasformazione della biomassa.
La ridotta dimensione aziendale, caratteristica comune a molte realtà agricole me- ridionali, incide negativamente sulla gestione delle operazione di recupero e smaltimento degli scarti, gravando in maniera negativa anche sulla diffusione della meccanizzazione che potrebbe rappresentare una valida soluzione in particolari circostanze. La produzione di energia da biomassa, infatti, subisce la stagionalità delle produzioni agricole ed agroin- dustriali che in molti casi aggrava i costi di movimentazione e stoccaggio. Si pensi alla forte concentrazione degli scarti agroindustriali dovuta alla stagionalità delle lavorazioni, nonché ai periodi in cui devono essere raccolte e stoccate le colture dedicate che matura- no in periodi concomitanti, con conseguente aggravio di costi. In autunno per esempio si presenta il problema delle sanse derivanti dalla produzione dell’olio: ingenti quantitativi di sottoprodotto che per questioni igieniche devono essere repentinamente allontanate dai frantoi.
Tutto ciò nel territorio regionale è spesso associato alla carenza di ditte specializzate nella gestione degli scarti, che di conseguenza non sempre vengono smaltiti correttamente. In molti casi gli elevati costi di gestione di queste operazioni, ed un’organizzazione logi- stica scarsa, creano una sinergia negativa che grava specialmente sulle aziende di piccola dimensione.
Minacce
Tra i fattori esterni al mondo agricolo che potrebbero penalizzare lo sviluppo delle filiere agro-energetiche pesa innanzitutto la complessità delle procedure amministrative per l’autorizzazione degli impianti da FER alla quale si aggiunge l’incertezza relativa ad alcune questioni normative (cfr. Cap.I).
Anche il rischio di una progressiva riduzione degli incentivi attualmente previsti per la promozione delle fonti rinnovabili, può essere considerato un vincolo allo sviluppo delle agroenergie.
A questa potenziale minaccia si aggiunge il rischio di completa esclusione del com- parto agricolo dalla fase di trasformazione, come spiegato in precedenza. Ciò comportereb- be margini troppo bassi per gli operatori agricoli se messi a confronto con i ricavi associati alla fase di produzione di energia, tali da scoraggiare qualsiasi interesse ad investire nel mercato.
In più il potenziale forestale a cui si potrebbe attingere per ricavare in maniera so- stenibile la biomassa da destinare alla filiera legno-energia rischia di rimanere inutilizzato a causa della parziale gestione del patrimonio regionale. Da un lato per lo scarso interesse mostrato dai proprietari privati spesso scoraggiati dall’inaccessibilità o dai costi elevati, dall’altro per la mancata applicazione dei piani di assestamento (cfr. par. 3.3).
Il rischio di sottrazione di terreni fertili all’agricoltura campana di qualità a vantag- gio di colture dedicate da biomassa può essere considerato invece un elemento di distor- sione dello sviluppo agro-energetico.
Opportunità
Molte opportunità favorevoli allo sviluppo delle filiere derivano dal contribuito posi- tivo che le agroenergie possono apportare con la progressiva sostituzione dei combustibili fossili. Attraverso l’incremento della quota di rinnovabili, esse possono contribuire da un
lato al rispetto dei parametri di Kyoto e dall’altro al raggiungimento degli obiettivi del PEAR Campania. Si tratta di elementi positivi legati all’aspetto energetico, a cui si aggiun- gono i vantaggi derivanti dalla possibilità d’integrazione con altre fonti rinnovabili quali il fotovoltaico ed il minieolico.
Si riscontra, inoltre, un’elevata sensibilità verso le FER da parte delle istituzioni, sempre più impegnate nella ricerca di strategie che favoriscano il raggiungimento di questi obiettivi. A livello nazionale sono disponibili incentivi specifici per gli impianti da biomas- sa, così come esistono anche varie forme di finanziamento privato tramite apposite società di servizi energetici (ESCo60
)
. Per gli agricoltori che intendono diventare veri e propriproduttori di energia da biomassa esistono interessanti opportunità di reddito grazie al meccanismo dei certificati verdi per gli impianti di grandi dimensioni ed alla tariffa fissa omnicomprensiva (per gli impianti di piccole dimensioni).
Inoltre alcune misure del PSR Campania sono dedicate all’agroenergia ed alle fonti rinnovabili con l’intento di favorire da un lato la riduzione dei costi legati all’approvvigio- namento energetico e dall’altro la diversificazione del reddito anche si tratta nella maggior parte dei casi di favorire gli investimenti per autoconsumo.
Vantaggi di carattere puramente ambientale, innescabili con il corretto funziona- mento delle filiere, derivano dalla migliore gestione dei reflui zootecnici, che specie nelle aree sensibili ai nitrati, può contribuire alla riduzione dell’inquinamento. Poiché si pensa ad uno sviluppo del comparto che passi attraverso il principio di recupero delle biomasse, si andrà verso una più efficiente gestione degli scarti agricoli ed agroindustriali con conse- guenti vantaggi per il territorio.
Alcuni fattori intrinseci al comparto agricolo, infatti, se da un lato costituiscono dei punti di debolezza del comparto, dall’altro possono rappresentare dei veri e propri elementi di forza per lo sviluppo agroenergetico.
Agli elementi favorevoli di cui si è parlato in precedenza, se ne sommano alcuni deri- vanti in realtà da vere e proprie carenze del sistema agricoltura. Svariate situazioni relative all’attuale gestione dei reflui possono tramutarsi in condizioni favorevoli alle agroenergie. Si tratta dell’elevato rapporto capi allevati/SAU, della vulnerabilità ai nitrati di alcuni ter- reni, delle difficoltà nella gestione dei reflui dovuti alla mancata presenza sul territorio di ditte specializzate per lo smaltimento, ai conseguenti elevati costi di conferimento. A ciò si aggiunge lo scarso presidio del territorio legato ad una sovrapposizione di competenze che spesso si traduce in un “vuoto” di responsabilità per l’esecuzione dei controlli. Tutte que- ste criticità correttamente gestite possono trasformarsi in elementi a favore della diffusione