5.1 Territorio, risorse, distretto e filiera come capitale per l’implementazione di un progetto agroenergetico
CARATTERISTICHE PRINCIPAL
DIMENSIONE AGRICOLA DIMENSIONE RURALE
• attività primarie;
• metodologie lavorative tradizionali/ primo- moderne;
• economia della sussistenza, della circolarità e della reciprocità del surplus;
• vocazione storica del territorio;
• conoscenze e comportamenti produttivi e gestionali secolarizzati;
• multifunzionalità dell’agricoltura;
• multivalorialità sociale, politica, culturale ed ambientale dell’agricoltura,
• scambio aperto, commercio ed internazionalizzazione; • l’agricoltore come imprenditore, l’agricoltura come
sistema,
• forme di clusterizzazione ed agglomerazione delle specializzazioni produttive territoriali;
• tecnologie agroalimentari, ricerca scientifica applicata;
Fonte: elaborazione INEA – si consulti anche Esposti R., Sotte F., La dimensione rurale dello sviluppo locale. Esperienze e
casi di studio, Franco Angeli Editore, Milano, 2002.
Infatti, se l’aggettivo agricolo attiene per lo più ad una derivazione di carattere eco- nomico delle attività colturali ed agrarie complessivamente considerate, il termine rurale, invece, assume sin da subito un significato modernista e sviluppista (sviluppo rurale, appunto), inteso come emancipazione e rinnovamento delle attività agricole – almeno per come erano precedentemente identificate – verso il pieno riconoscimento del concetto di multifunzionalità dell’agricoltura. Ciò non significherà certamente che il distretto agro- energetico non deve e non dovrà esprimere anche, e soprattutto, un certo valore eco- nomico – anzi l’aspetto della creazione e della redistribuzione delle utilities costituisce
198 Come scrive Francesca Governa: “la territorialità è assai complessa e per questo necessità di differenti elementi a sua rappresentazione e spiegazione. In particolare la dimensione del locally embedded, degli assett materiali ed im- materiali presenti localmente in un dato contesto territoriale, nel senso di radicamento, di presenza cioè di legame e di radici, spiegano come è possibile costruire apposite politiche di sviluppo economico e di trasformazione del territo- rio”. Cfr., Governa F., Territorialità e azione collettiva. Una riflessione critica sulle teorie e sulle pratiche di sviluppo locale, in Rivista geografica italiana, Società di studi geografici di Firenze, n. 3, 09/2007, pagg. 335-339.
senza dubbio un aspetto fondamentale dell’intero progetto – ma soltanto che accanto a logiche puramente produttive e reddituali bisognerà prevedere, realizzare e monitorare fattualità di tipo sociale, politico, culturale, identitario, di tutela ambientale, riconversione e riammodernamento dei saperi contestuali, delle risorse umane ivi impiegate. Si consu- ma tutta qui la conversione, o meglio come precedentemente affermato, il passaggio dalla dimensione e dall’accezione agricola dei territori coltivati alla dimensione rurale dei con- testi ambientali e naturali, compiutamente in relazione alle nuove esigenze, di vario tipo e livello, che vengono mano a mano a profilarsi nel complesso scenario contemporaneo locale. Pertanto, partendo dal presupposto dell’avvenuta rivoluzione in senso rurale dei contesti analizzati, il territorio prescelto per l’implementazione del distretto agro ener- getico in Campania dovrà accludere nel suo alveo criteri di competitività, effectivity199 e organizzazione geografica, fisico-spaziale, economica, nonché capacità di prodursi ed auto- riprodursi200 come sede di sperimentazione politica, amministrativa ed imprenditoriale. Un territorio, cioè, che assurge definitivamente a territorio progetto201, ad ambito settoriale dedito alla specializzazione funzionale, in cui è possibile applicare una formulazione – anzitutto teorica – relativa ad un modello di realizzazione di progettualità complesse con finalità economico-produttive e di tutela dell’ambiente, come per esempio può essere un distretto agroenergetico.
Le risorse/II – L’approccio territorialista sin qui evidenziato si basa sul presupposto che lo sviluppo di nuovi progetti derivi in maniera diretta dal rapporto di territorialità che lega, in un processo interattivo di lunga durata, la società e le risorse del territorio. Ne discende che i programmi e le azioni che riescono a sfruttare coevolutivamente le dinami- che presenti e le potenzialità future, possano poi ottenere un valore aggiunto in termini di sostenibilità, efficacia delle misure e legittimità dei comportamenti degli stakeholder. Tali benefici, tuttavia, per essere realmente e sistematicamente forieri di diversificati e più
199 Il termine effectivity è stato applicato nell’ambito delle discipline economiche territoriali come tributo teorico svi-
luppato nelle teorie sociali dello studioso Herbert Simon. In base alle sue teorie, il principio di effectivity è relativo
a qualsiasi tipo di azione pubblica dalla quale è lecito aspettarsi conseguenze, o meglio retroazioni funzionali pratiche, dotate, appunto, di pragmatica efficienza e, dunque, effettività. Tornando al nostro campo di interesse, nell’attuazione di progetti territoriali di sviluppo locale, quali che siano le risorse ed i saperi coinvolti nella sua stessa attuazione, è importante riuscire continuamente a misurare il grado di effectivity di un azione, in modo
da coordinare i lavori ed eventualmente procedere ad un perfezionamento della progettualità precedentemente approvata. Cfr., Storper M., Le economie locali come beni relazionali, sta in Rivista di studi sullo Sviluppo Locale,
pp. 179-222.
200 La capacità di prodursi ed autoriprodursi di un territorio, che chiameremo a questo punto sistema locale, concerne
la capacità delle attività economiche ivi presenti di originare non soltanto sviluppo economico settoriale, relativo cioè agli attori coinvolti nel determinato processo produttivo in atto, ma di ingenerare meccanismi virtuosi di diffusione del benessere e della ricchezza prodotta. Un sistema locale si produce e autoriproduce, quindi, quando è capace di creare good effects che hanno impatto e portata automaticamente riflettentesi sul mercato del lavoro e
sulla creazione di economie esterne locali. Per un approfondimento del concetto si veda De Matteis G., Possibilità e limiti dello sviluppo locale, sta in Rivista di studi sullo Sviluppo Locale, pp. 41-63.
201 Per approfondimenti sul concetto di territorio progetto si veda Camagni R., Apprendimento collettivo e competiti- vità territoriale, Franco Angeli Editore, Milano, 2002.
competitivi risultati, hanno bisogno di un’azione territorializzata e territorializzante202, che tenga conto delle peculiarità, del capitale materiale ed immateriale, in una sola pa- rola dello stock presente di risorse e del tipo di capitale sociale presente. Il rapporto che la territorialità istituisce con le risorse specifiche, contestuali, stabilmente presenti nello spazio progettuale individuato – ovvero territorio dell’azione o territorio attivo – è pre- condizione necessaria perché si possa parlare di implementazione di azioni e misure e, in ultima istanza, di sviluppo locale tout court, giacché si produce l’indispensabile mobilità dei fattori genericamente coinvolti nel progetto.
Per ulteriori spiegazioni si consulti la tabella qui di seguito:
Tabella 5. 4 – Rapporto tra territorialità e risorse materiali
TERRITORIALITA’ RISORSE MATERIALI RICADUTE SUL PROGETTO
Passiva Presenti
Negativa
le risorse presenti non sono sistematicamente collegate tra di loro. il territorio è un insieme vuoto di fattori che non producono effetti positivi.
In negativo Scarse/del tutto assenti
Progetto irrealizzabile
le risorse non sono presenti sul territorio oggetto di valutazione. il progetto non può realizzarsi nelle forme previste. incapacità fatto- riale e propositiva del contesto analizzato. Si rende necessario la studio e la ricerca di un altro contesto territoriale.
Come progetto ( attiva)
Presenti
Progetto realizzabile
le risorse materiali sono sufficienti per la realizzazione del proget- to. l’esperienzialità, la sensibilità comune e la densità relazionale necessarie per l’organizzazione sono presenti al massimo grado possibile. tale territorio rappresenta l’idealtipo – tra tutte le alternative precedentemente vagliate e sottoposte a studio – della scelta, in quanto già caratterizzato da sviluppati software compor- tamentali di reciprocità tra i vari settori ed i vari stakeholder.
Fonte: elaborazione INEA – si consulti anche Dematteis G., Governa F., Il territorio nello sviluppo locale. Il contributo del
modello SLOT, Atti del Convegno “Il territorio nello sviluppo locale”, Stresa, Giugno 2003.
202 L’azione territorializzata e territorializzante cui si fa riferimento riguarda in realtà un altro ben più importante concetto che è quello del cosiddetto ciclo d Barbara Kruger i vita dei luoghi. A partire dal cosiddetto processo di produzione dello spazio – ovvero il complesso sistema di relazioni che il territorio intrattiene rispetto ai diversi modi di produzione che ivi si insediano, anzi sono proprio questi ultimi a determinare poi la struttura sociale ed urbanistico-architettonica dell’ambiente circostante – territorializzazione significa trasformare il territorio in base alle esigenze umane, dare luogo ad un meccanismo di assegnazione di funzioni economiche e produttive, in altre parole funzionalizzarlo. Allo stesso modo la deterritorializzazione (defunzionalizzazione) concerne invece la perdita di tali funzioni tradizionalmente esercitate dal contesto e quindi il profilarsi dell’esigenza di una nuo- va attribuzione di valori, strutture e complessità, del tutto diverse rispetto a quelle precedenti (in questo caso il territorio viene rifunzionalizzato). A questo punto, come si collega la realizzazione di un distretto agroenergetico con tale ciclo di territorializzazione, riterritorializzazione e deterritorializzazione, quale vera e propria storia dei luoghi analizzati? Si collega in modo diretto ed interdipendente rispetto a delle dinamiche puramente eco- nomiche: in pratica il compito di questo progetto è anche quello di seguire il ciclo di funzionalità dei territori, o meglio di inaugurarne addirittura uno del tutto nuovo. Ad esempio, per effetto di una crisi economica, così come a causa di una straordinaria innovazione tecnologica, i territori cambiano funzioni, usi, destinazioni e dinami- che di utilizzo, pertanto la produzione e la distribuzione di energia devono tenere presente questi nuovi approdi: ad un processo di cambiamento economico e spaziale dei luoghi, dovrebbe necessariamente seguire un parallelo percorso di ristrutturazione non solo delle conoscenze, ma anche degli output e delle prassi realizzate, in via di realizzazione o già realizzate, giacché la mutevolezza dei contesti territoriali richiede e richiederà sempre più flessibilità produttiva, apertura organizzazionale e competenze aggiornate e diversificate. Per un approfondimen- to si veda Vanolo A., Gli spazi economici della globalizzazione, Utet, Torino, 2007, pp. 8-9.
Il rapporto tra territorialità – modo di essere del territorio – e quantità di risorse disponibili – stock di fattori da utilizzare – determina la riuscita o meno del progetto, o meglio decreta la scelta stessa di un territorio per la realizzazione di un progetto previsto: appare ormai chiara l’impossibilità di operare una netta divisione tra il territorio e le risor- se, ovvero tra il contenente ed il contenuto, tra il significato ed il significante. Pertanto, l’insieme delle risorse immobili locali può essere considerato come un capitale territoriale a tutti gli effetti, che si rende cioè produttivo di valori di uso e di mercato nei rapporti tra e di territorialità attiva. Per questo motivo, l’espressione capitale territoriale203, è un con- cetto al tempo stesso funzionale e relazionale, che comprende cose molto diversificate tra di loro, le quali però presentano alcune caratteristiche sostanziali in comune. Innanzitutto ci riferiamo ad un insieme localizzato di beni comuni, che producono vantaggi collettivi, non divisibili e non appropriabili privatamente, che presentano numerose caratteristiche esplicate qui di seguito nella tabella successiva.
Tabella 5.5 – Capitale territoriale e caratteristiche dei beni che lo compongono/Declina- zione teorica
BENI
(componenti del capitale territoriale)
Caratteristiche principali - Immobilità
Sono beni stabilmente incorporati in certi luoghi. il fruitore (territorial users) per fruirne deve necessariamente localizzarsi nel contesto;
- Specificità
Beni difficilmente reperibili altrove, ovvero nelle stesse qualità, composizioni, quantità, quindi mai completamente fungibili;
- Patrimonialità
Beni che si accumulano e si sedimentano solo nel medio-lungo periodo, quindi il contesto territoriale che ne è assente non conoscerà un miglioramento delle proprie condizioni patrimoniali in tempi brevi. Sono la risultante di un processo di una stratificazione economica, produttiva, storica e comunitaria di lungo/ lunghissimo periodo.
- Di carattere pubblico
Sono tutti quei beni verso i quali si possono determinare problemi di assett proprietario o di utilizzo/rendita/usufrutto. Nello specifico si trovano in questa situazione i beni oggetto di:
• reti proprietarie multiple; • diritti di passaggio; • posizioni monopolistiche;
• manifestazioni di pubblico interesse; • diritti di prelazione;
• pubblica utilità; • free-riding;
• sotto controllo authority;
Fonte: elaborazione INEA su dati OCSE – Territorial Outlook 2001 on Local Development
Riassumendo, seguendo sempre la linea di una indispensabile introduzione di tipo teorico, le componenti del capitale territoriale possono essere così raggruppate nelle se-
203 La principale definizione di capitale territoriale è elaborata dalla Commissione Europea, secondo cui “each region has specific territorial capital that is distinct and generates a higher return for specific kinds of investments than for others. Territorial development policies should first and foremost help areas to develop their territorial capital”. Cfr.
guenti classi:
– condizioni e risorse dell’ambiente naturale;
– patrimonio storico, culturale, sia monumentale sia di tipo antropologico-tradizionale (dialetti, usanze religiose);
– capitale fisso infrastrutturale, impiantistica ed esternalità derivanti;
L’elencazione appena illustrata, tuttavia, definisce soltanto delle macrocategorie e non può essere considerata certamente onnicomprensiva di tutti i fattori ed i significati relativi alle risorse: infatti, attenzione a parte merita il concetto di capitale immateriale o risorse relazionali, sempre nell’alveo della stessa riflessione metodologica relativa al capi- tale territoriale. In maniera più immediata, il capitale immateriale relazionale può essere definito come l’insieme di tutti i beni relazionali incorporati nel capitale umano locale, in qualità di capitale cognitivo, capitale sociale, delle conoscenze, delle varietà culturali e delle capabilities delle istituzioni (Storper - 1997), ma ad una più attenta riflessione si può chiaramente comprendere come anche questa definizione sia di fatto assai limitante. Pertanto, per una definitiva e corretta declinazione del termine bisognerà includere nel discorso le dimensioni sociali e relazionali, connotanti in maniera specifica gli attori di un territorio.
Per questo motivo il capitale immateriale è:
– sociale
in quanto può essere definito come l’insieme di norme e valori che governano l’inte- razione fra persone, le istituzioni in cui sono incorporate, le reti di contatto che si stabili- scono fra i diversi attori sociali e la generale coesione della società (il “collante” che tiene insieme la società, appunto)204;
– relazionale
poiché, a differenza del capitale sociale che si può affermare ovunque esista una so- cietà, il capitale relazionale può essere interpretato come il sistema di rapporti bilaterali/ multilaterali che sono sviluppati intenzionalmente dagli attori locali, sia all’interno che all’esterno del territorio locale. In questo senso, il suo significato è simile a quello di milieu locale, quale sede intangibile, atmosfera locale particolare legata a tre tipologie di esiti co- gnitivi, come la riduzione di incertezza nei processi decisionali innovativi, il coordinamen- to ex-ante fra attori economici in vista di azioni collettive programmate e l’apprendimento collettivo (ovvero un livello di alta mobilità all’interno del mercato del lavoro locale);
Passando dall’affrontare per lo più l’aspetto immediatamente teorico della questione, al fine di meglio chiarire il significato dei termini oggetto della nostra analisi, ma è ora quanto mai necessario procedere verso la strutturazione concreta di uno schema tramite cui applicare i principi e le definizioni da cui si è riccamente attinto per il progetto.
In tal senso la tabella che segue costituisce uno schema di natura riassuntiva ed esplicativa a cui corrispondono due macrocategorie: nella prima colonna “capitale mate- riale” sono state illustrati tutti i fattori materiali, fisici, di sistema, di cui il distretto non può concretamente fare a meno per la sua implementazione concreta, nella seconda “ca- pitale immateriale”, invece, si è proceduto all’elencazione di tutte quelle condizioni – più
204 È importante ricordare che la definizione di capitale sociale non è univoca. Altri autori, tra cui principalmente lo studioso americano Robert Putnam hanno definito diversamente questo concetto, riferendosi per lo più al ruolo attivo delle comunità sulla scena politica nazionale, misurando il livello di associazionismo delle diverse società analizzate. Nel nostro discorso l’interesse principale concerne il capitale sociale come stock rilevante di risorse immateriali, di relazione, di rete, scambio e contatto in un determinato proprio territorio. Tra l’altro per gli econo- misti esso include il capitale rappresentato da regole, comportamenti e relazioni che facilitano lo scambio e l’inno- vazione, anche se la sua funzione originaria non è legata a finalità prettamente ed originariamente economiche.
che veri e propri fattori – ritenute ugualmente indispensabili e che vanno direttamente a connotarsi come vero e proprio lubrificante del sistema considerato.
Tabella 5.6 – Capitale materiale ed immateriale minimo per il distretto agro energetico/ Declinazione pratica
CAPITALE MATERIALE DEL PROGETTO CAPITALE IMMATERIALE DEL PROGETTO
tERRENi
Sede fisica del progetto
- terreni per l’implementazione delle strutture e degli impianti. Estensione, posizione geografica, stato ambientale del territorio delimitato, condizioni biologiche e microclimatiche;
EStERNalita’
i vantaggi derivanti dalla localizzazione attiva - Risorse relative alla accessibilità, interconnessione
con altri sistemi territoriali vicini, condizioni della integrazione intermodale, connettività generale. Creazione di economie esterne, processi di agglomerazione e concentrazione territoriale. Realizzazione tout court di un distretto delle agroenergie
allEVaMENti E ColtiVaZioNi le risorse disponibili
- allevamenti e coltivazioni di vario tipo presenti sul territorio, risorse vegetali e animali generali;
REti
la reticolarità degli attori e delle loro azioni
- Reti per la cooperazione, per la transcodifica delle pratiche, dei comportamenti, dei vantaggi e delle conoscenze. Rapporti che si originano a partire dal milieu innovateur;
BioMaSSE
la “materia prima” del progetto
- Scarti vegetali, forestali, del verde pubblico, dell’industria agroalimentare, deiezioni animali, materiale vegetale ed organico diversamente riciclato. tutto ciò che concorre alla formazione delle biomasse;
RElaZioNi E SoCiEta’
il capitale relazionale e la condivisione
- Sistema di relazioni tra gli attori del territorio. Valo- rizzazione, perfezionamento ed aggiornamento delle conoscenze. Cultura, insieme di norme, valori, identità espresse dagli attori per la riuscita del progetto; iMpiaNti
l’infrastrutturazione di base
- impianti di tipo tecnico (vasche di raccolta, dige- stori, impianti industriali per la cogenerazione, reti per il potenziamento di allacciamento, conversione e trasmissione dell’energia elettrica, impianti di controllo e sicurezza). infrastrutture spaziali come capannoni, depositi, spazi per la raccolta e la movimentazione;
iNStitUtioNS
la governance del sistema tra valore aggiunto e codifica- zione di regole e azioni certificate
- istituzioni politiche, di rappresentanza degli interessi, associazioni di categoria, nel pieno svolgimento dei propri compiti amministrativi, burocratici e di formu- lazione di polizie. altre istituzioni (centri di ricerca, Università, aziende private, agenzie di sviluppo locale, enti locali, rappresentanti dell’associazionismo locale, esperimenti di spin-off) come attoRi per la riuscita del progetto. Creazione del valore, condivisione dei vantaggi, implementazione generale del sistema di governance a sostegno del progetto.
È bene tuttavia specificare che in relazione alla categoria del capitale immateriale, non si tratta di elementi puramente e completamente immateriali nel senso letterale del termine, ma piuttosto di precise condizionalità che hanno bisogno di strutture complesse per il loro sostegno e la loro applicazione, anche se non direttamente promananti da esse. Ad esempio, la capacità di cooperazione degli attori territoriali, così come la presenza di alti livelli di istruzione in un determinato contesto, sono condizionalità certamente fa- vorevoli per l’implementazione di un progetto territoriale, ma non dipendono in maniera
diretta dagli attori istituzionali (cooperazione) o dall’Università e dal sistema scolastico (livelli di istruzione) siti in quel territorio, ma sono piuttosto l’esito di un lungo processo di sedimentazione vocazionale, storica e soprattutto economica di quel luogo specificamente considerato. Inoltre, va anche considerato che non di rado i territori (attraverso una lettura storicizzante dei propri percorsi di sviluppo locale) e gli attori ivi presenti esprimono una fortissima capacità selettiva, promuovendo o disincentivando di fatto la riuscita di alcuni progetti: infatti si potrebbe verificare l’ipotesi in cui in un territorio, pur disponendo delle risorse materiali ed immateriali adatte al tipo di attività che si intenderebbe istituire, gli stakeholder locali esprimano una sorta di ritrosia o di vero e proprio rifiuto nei confronti di una determinata progettualità. Pertanto, i caratteri della determinatezza e della fissità, che rendono possibile la rilevazione dello stock complessivo di capitale materiale ed imma- teriale presente in un territorio, da soli non bastano e non possono e non devono portare in maniera precipua all’identificazione di un areale di riferimento preciso, giacché la sola presenza delle stesse risorse considerate non implica in maniera automatica il loro utilizzo ai fini progettuali. È per questo motivo che alcune procedure e certe altre prassi attecchi- scono in determinati territori e non in altri, in questo senso le dinamiche originantesi dal locally embedded esprimono ancora un loro proprio peso fondamentale – non di rado a mò di ostacolo per l’innovazione e la tecnologia – facendo ovviamente salva la premessa secon- do cui tale influenza negativa è tanto maggiore quanto più arretrati ed economicamente svantaggiati saranno gli ambiti territoriali individuati per la realizzazione del progetto. In definitiva, dopo aver circoscritto l’ambito della riflessione relativa ai concetti di territorio e risorsa – in primis dal punto di vista epistemologico ed in secundis da un punto di vista pratico-progettuale per l’implementazione del distretto agroenergetico – procediamo con