• Non ci sono risultati.

Il modello di governance

4.1 La metodologia di indagine

In Campania, la pianificazione e la programmazione regionale sono volte allo svilup- po di filiere agroenergetiche correttamente inserite nei contesti locali, al fine di valoriz- zare le risorse endogene dei territori rurali e favorire la creazione di valore aggiunto per il comparto agricolo. I recenti indirizzi regionali in materia di energia, come già illustrato in precedenza, hanno sottolineato l’interesse rivolto al recupero di biomassa residuale ed alla produzione di biomassa da colture energetiche nelle aree a rischio di marginalità o nelle quali non sussistano condizioni agro-ambientali per coltivazioni food.

Per la valutazione del potenziale di biomassa residuale disponibile sul territorio cam- pano, sono stati presi in esame scarti e/o sottoprodotti di origine agricola, agroindustriale ed agroforestale. A tal fine, sono stati analizzati i settori che maggiormente possono con- tribuire a fornire quegli scarti e/o sottoprodotti idonei all’implementazione di filiere agroe- nergetiche, considerando l’opportunità di ricorrere a colture dedicate63 un’ipotesi valutabi- le caso per caso, data l’importanza di ponderare gli interventi di sviluppo delle agroenergie sul territorio per via dell’impatto che questi potrebbero avere.

La scelta di focalizzare l’attenzione sulla biomassa residuale consente l’utilizzo ener- getico di materiali che, se non correttamente utilizzati o smaltiti, potrebbero comportare conseguenze negative per l’ambiente (es: i quantitativi elevati di deiezioni zootecniche, soprattutto nelle aree vulnerabili ai nitrati di origine agricola64) e permette di preservare le aree marginali e boscate da fenomeni di dissesto ed abbandono (si sottolinea che, per le aree boscate, la biomassa a cui si fa riferimento è quella derivante dal recupero di ramaglia e cimali mediante corretta gestione forestale).

La valutazione della disponibilità di biomassa residuale destinabile a bioenergia non è un’operazione semplice, sia per via della complessità dei processi produttivi ad essa cor- relati, che della scarsa presenza di banche dati aggiornate e caratterizzate da elevati livelli di dettaglio. Ad ogni modo, mediante una lettura approfondita del sistema agricolo, sono stati quantificati quei residui effettivamente disponibili sul territorio, il cui recupero pre- sentasse reali vantaggi sia sotto il profilo energetico che dei processi di produzione e tra- sformazione della materia prima, nonchè della convenienza economica correlata al ritiro ed al trasporto.

La fase di analisi ha condotto all’individuazione dei seguenti sottoprodotti idonei alla

63 Le colture dedicate potranno infatti prendere parte alle filiere nell’ottica del ruolo multifunzionale riconosciuto all’agricoltura dai recenti indirizzi comunitari, focalizzando soprattutto l’attenzione su colture a basso impatto e che possano contribuire al recupero delle aree marginali ed alla tutela del territorio proteggendo la biodiversità, le risorse idriche e la fertilità del suolo. In sintesi, l’individuazione della stima e della localizzazione della biomassa residuale disponibile potrebbe orientare le produzioni da colture dedicate, dato che la presenza di quantitativi in- teressanti di sottoprodotti utilizzabili per la conversione energetica rappresenta un importante punto di partenza per lo sviluppo di filiere agroenergetiche sul territorio.

conversione energetica in Campania:

– deiezioni animali provenienti da allevamenti zootecnici; – residui di lavorazione del settore lattiero caseario; – scarti agroindustriali del settore conserviero; – residui di lavorazione dei frantoi;

– scarti inutilizzati dei foraggi insilati; – scarti ortofrutticoli;

– residui ligneocellulosici da industrie agroalimentari; – scarti di lavorazione del legno vergine;

– scarti di potatura di vigneti, oliveti e frutteti;

– scarti derivanti dalla manutenzione del verde pubblico; – ramaglia di cedui e fustaie proveniente dal settore forestale.

Le biomasse individuate, per via delle loro intrinseche caratteristiche, risultano ido- nee ad essere valorizzate mediante conversione energetica attraverso differenti tecnologie che consentono la produzione contemporanea di energia elettrica e termica65. In particola- re, alcuni dei residui citati si prestano maggiormente ad essere trasformati in energia me- diante processi biochimici66,, altri mediante processi termochimici, altri ancora, a seconda dello stato in cui si presentano e delle proprietà chimico-fisiche67, possono essere conver- titi in energia mediante entrambi i processi menzionati. In quest’ultimo caso, la scelta del processo di trasformazione dipende dalla valutazione di aspetti ambientali ed economici, nonché dei rendimenti complessivi di conversione. Ciò si riflette nella possibilità di indivi- duare due differenti tipologie di filiere agroenergetiche, corrispondenti a due diverse tipo- logie impiantistiche caratterizzate da maturità tecnologica e consolidata diffusione negli impieghi di settore.

Le due filiere a cui si fa riferimento corrispondono una alla trasformazione della biomassa in biogas attraverso digestione anaerobica (filiera del biogas) e l’altra alla con- versione energetica di biomassa lignocellulosica mediante impieghi termochimici (filiera

lignocellulosica). I due specifici schemi di filiera individuati differiscono, oltre che per gli

schemi di processo, anche per le modalità di gestione logistica della materia prima (ap- provvigionamento, trasporto, pretrattamento, stoccaggio, etc.).

La prima filiera in quest’ambito descritta, detta filiera del biogas, si riferisce all’im- piego del processo biochimico di digestione anaerobica, ampiamente diffuso nel Nord Eu- ropa ed anche nel Nord Italia, per la conversione energetica delle biomasse. Tale processo comporta la produzione di un prodotto intermedio, appunto il biogas, la cui combustione in motori alternativi68 consente oggi di raggiungere rendimenti elevati, sia per la produzio- ne di energia elettrica che termica69, tali da attirare l’interesse di molteplici investitori. In

65 Cogenerazione, soluzione impiantistica che consente di massimizzare i benefici ambientali ed economici deri- vanti dalla conversione energetica delle biomasse attraverso la produzione contemporanea di energia termica ed elettrica.

66 Tra i processi biochimici quello che è stato preso in considerazione è la digestione anaerobica, che presenta ormai maturità tecnologica e che ha conosciuto un interessante numero di applicazioni in Italia ed in Europa.

67 Tra le quali si cita a titolo di esempio il contenuto di umidità, il rapporto C/N, il valore del potere calorifico infe- riore, etc.

68 In realtà il biogas prodotto dal processo può essere destinato a molteplici impieghi: può, infatti, essere adoperato come combustibile gassoso per alimentare bruciatori di caldaie per produrre acqua calda o essere utilizzato in motori endotermici, turbine a vapore o turbine a gas per produrre energia elettrica e termica.

69 I rendimenti detti risultano, a pieno carico, superiori al 40%, dunque i rendimenti globali oltrepassano l’80% con- siderando una soluzione di cogenerazione, vale a dire di generazione simultanea in un unico processo di energia termica e di energia elettrica; l’energia termica prodotta può essere impiegata anche per produrre freddo, si parla in questo caso di trigenerazione.

questa filiera agroenergetica possono confluire tutte quelle biomasse che presentano spe- cifiche caratteristiche (matrice organica con elevata attitudine a fermentare in condizioni di anaerobiosi, opportuno rapporto Carbonio/Azoto, etc.); esempi di biomasse tipicamente impiegate in questi processi sono i reflui zootecnici, gli scarti ortofrutticoli, i residui di colture foraggere e cerealicole, etc..

La seconda filiera individuata, definita filiera lignocellulosica, è relativa principal- mente all’impiego del processo di combustione abbinato ad impianti di cogenerazione che, come la precedente, sta conoscendo numerose applicazioni. Essa consente il raggiungi- mento di rendimenti elettrici più modesti (intorno al 20% per la piccola taglia) e di maggio- ri rendimenti termici (fino a circa l’80%); il processo di trasformazione della biomassa in energia risulta però meno complesso ed oneroso rispetto a quello previsto dall’altra filiera.

Nella successiva tabella si elencano quali, tra le biomasse individuate, sono state pre- se in considerazione per alimentare l’una o l’altra filiera.

Filiera del biogas Filiera lignocellulosica

deiezioni animali residui lattiero-caseari scarti industria conserviera residui dei frantoi

scarti ortofrutticoli scarti insilati

residui agroindustriali ligneocellulosici scarti di lavorazione del legno vergine scarti di potatura

scarti della manutenzione del verde pubblico ramaglia forestale

Come già accennato, per alcune delle biomasse elencate sarebbe possibile l’impiego in entrambe le filiere (ad esempio, le sanse vergini70 risultano un buon substrato per la fer- mentazione anaerobica71 ma, previa essiccazione72, potrebbero essere impiegate anche per la combustione) ma si è preferito considerare per ogni biomassa l’inclusione nella filiera per la quale è possibile diminuire il numero di pretrattamenti.

Per le due filiere, l’individuazione delle biomasse residuali che maggiormente si pre- stano ad alimentarle in Campania è scaturita da numerose considerazioni. Tra queste si sottolineano: la sostenibilità ambientale dei processi, le analisi di mercato dei sottoprodotti individuati, gli aspetti logistici legati all’approvvigionamento ed al trasporto della biomas- sa, il contesto normativo, il potenziale energetico ricavabile, la stagionalità delle produzio- ni, la disponibilità di dati quanto più aggiornati ed attendibili73.

Di seguito si riportano, distinte per tipologia di filiera di appartenenza individuata, le biomasse residuali per le quali, a valle delle analisi tecnico-economiche, è risultato con- creto l’interesse per la loro valorizzazione energetica.

70 Si evidenzia come, in questa trattazione, non sia stato preso in considerazione l’impiego di sanse esauste per com- bustione dato che queste rappresentano il residuo del processo dell’ulteriore estrazione dell’olio dalla sansa umida mediante solventi chimici e presentano, dunque, minore sostenibilità ambientale, per quanto la sansa esausta venga oggi considerata da più parti idonea all’impiego energetico.

71 Se impiegate in percentuali non predominanti.

72 Le sanse vergini presentano un tenore di umidità variabile in funzione del processo di estrazione dell’olio extra- vergine di oliva impiegato, ad ogni modo sempre considerevole.