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aree di interesse per la filiera lignocellulosica

Le circa 277.000 tonnellate di biomassa annualmente disponibili sono concentrate principalmente in tre areali, che interessano principalmente le province di Caserta, Avelli- no e Salerno. Nella figura è riportata la localizzazione della biomassa lignocellulosica.

Figura 4.11 – Localizzazione della biomassa boschiva sul territorio della regione Campa- nia e areali di maggiore interesse per l’implementazione della filiera lignocellulosica

Fonte: elaborazione INEA su Carta dell’Uso del Suolo (CUAS), SeSirca Regione Campania - 2004]

Nel medio-lungo periodo, possono essere considerati ulteriori contributi di biomassa lignocellulosica, quali ad esempio i sottoprodotti colturali lignocellulosici, i residui della manutenzione del verde urbano, la biomassa dedicata proveniente da short rotation forest- ry117, etc. che, una volta strutturata la filiera sul territorio possono più facilmente essere re- cuperati avvantaggiando, da un lato, la sostenibilità ambientale ed economica della filiera e, dall’altro, innescando un meccanismo virtuoso di partecipazione delle comunità locali.

4.4 La valorizzazione energetica delle biomasse

La valorizzazione energetica delle biomasse rappresenta uno dei punti di riferimento della strategia nazionale per la riduzione delle emissioni di gas serra e le novità introdotte dalla Legge 99/2009 fanno immaginare un maggiore sviluppo delle applicazioni in questo campo, dato il maggiore sostegno in termini di incentivi di cui potrà godere tale tecnologia.

La produzione di energia da biomassa risulta molto più diffusa nel Nord Italia, dove sono ormai presenti numerosi impianti alimentati sia a biogas che a biomassa lignocellulo-

117 Arboricoltura a turno breve per la quale sono previsti specifici finanziamenti nell’ambito delle misure di intervento del PSR 2007/2013 (Programma di Sviluppo Rurale finanziato dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale FEASR) e che rappresenta anche un mezzo molto efficace per ridurre i rischi di erosione delle aree in pendio.

sica, spesso concepiti in soluzione di cogenerazione118 e che, in alcuni casi, alimentano reti di teleriscaldamento. In realtà, anche nel Sud Italia è presente un interessante potenziale di biomassa destinabile a fini energetici e sarebbe auspicabile un corretto sviluppo delle filiere ad esso collegate, specialmente in virtù del consequenziale sostegno al settore agri- colo che ne deriverebbe.

In tema di sviluppo delle agroenergie, gli orientamenti prevalenti che emergono in Italia pongono l’accento sull’importanza dello sviluppo di filiere locali che coinvolgano i produttori di materia prima. Lo start-up delle filiere agro-energetiche può, infatti, generare flussi finanziari ed investimenti in grado di garantire una giusta remunerazione a tutti i componenti della filiera e creare i presupposti per lo sviluppo di nuove professionalità e di piccole imprese. I benefici ambientali che ne deriverebbero, sia in termini di riduzioni delle emissioni climalteranti che di manutenzione del territorio, sarebbero notevoli, così come le ricadute sul settore agricolo, che darebbero un serio impulso alla multifunzionali- tà ed un significativo contributo allo sviluppo locale. Questa prospettiva risulta particolar- mente attraente, soprattutto nelle aree agricole caratterizzate da abbandono colturale ed in quelle in cui la crisi dell’offerta delle produzioni agricole è molto sentita. L’occasione che le bioenergie offrono, può consentire all’agricoltura di guardare al futuro sulla base di nuo- ve opportunità e di accrescere la consapevolezza della sua centralità all’interno del settore produttivo non solo per gli addetti del settore, ma anche agli occhi dell’opinione pubblica.

Lo sviluppo delle filiere agro-energetiche, del resto, non può prescindere dal legame con il mondo agricolo, soprattutto di fronte alle nuove sfide che il settore primario si trove- rà ad affrontare nei prossimi anni, nei quali all’inarrestabile crescita demografica mondiale si contrapporranno alterazioni degli ecosistemi legate all’avanzamento del cambiamento climatico, dei processi di deforestazione e desertificazione, di un inquinamento sempre più diffuso, nonché della perdita di competitività delle produzioni agricole nazionali rispetto al mercato globale.

La pianificazione della produzione di energia da biomassa agricola deve essere con- cepita in funzione delle potenzialità e delle peculiarità dei territori, mediante attente ana- lisi di quello che sui territori è gia presente in termini di biomassa residuale, valutando al contempo quanto essi possano ulteriormente contribuire in termini di colture dedicate. La produzione di biomassa da colture energetiche può trovare applicazione nelle aree a rischio di marginalità o nelle quali non sussistano condizioni agro-ambientali per coltiva- zioni food, senza alterare gli equilibri delle produzioni agricole e perseguendo obiettivi di sostenibilità ambientale.

Nel precedente paragrafo, è stata quantificata la biomassa potenzialmente disponi- bile sul territorio campano in riferimento a specifici settori e comparti. Tale analisi, oltre a chiarire quali possano essere i quantitativi di biomassa residuale in gioco in riferimento ai comparti investigati, ai quali potrebbero essere aggiunti ulteriori contributi più stretta- mente legati alle realtà locali, offre un approccio metodologico per poter affrontare le stime dei potenziali input disponibili.

In particolare, la scelta di valutare i quantitativi di biomassa teoricamente disponi- bili in Campania distinti per filiera tecnologica, consente di stimare in modo realistico il potenziale energetico dei sottoprodotti e di ipotizzare con maggiore concretezza la struttu-

118 Vale a dire considerando produzione contemporanea di energia elettrica e termica (CHP: Combined Heat and Power Production). La direttiva europea 2004/8/CE, recepita in Italia dal D.Lgs. 20/2007, recita che “considerati i potenziali benefici della cogenerazione in termini di risparmio di energia primaria di prevenzione delle perdite di rete e di riduzione delle emissioni, in particolare quelle dei gas a effetto serra, la promozione della cogenerazione ad alto rendimento basata su una domanda di calore utile è una priorità comunitaria”.

razione delle filiere a monte degli impianti.

Per le biomasse, rispetto alle altre fonti energetiche rinnovabili, la complessità sia delle filiere che dei processi di conversione rende più ardua la valutazione dei benefici sia ambientali che economici. Le filiere agroenergetiche sono, infatti, durante l’intera vita dell’impianto, caratterizzate da processi molto articolati, che vanno dalla produzione e dalla raccolta delle materie prime fino al consumo finale, passando spesso per più di una fase di lavorazione o trasformazione119.

Inoltre, in riferimento sia alle biomasse residuali di origine agricola e forestale sia a quelle prodotte da coltivazioni dedicate, il punto critico della filiera resta l’approvvigiona- mento e soprattutto la capacità di legare gli investimenti industriali al territorio. Alla base di ogni analisi di fattibilità è necessario che vi siano specifici studi dei contesti agricoli e produttivi locali, che riescano a interpretare le vocazionalità dei territori ed a fornire stime attendibili delle potenzialità che questi possono offrire in termini di produzione di biomassa, in modo da organizzare, entro le minori distanze possibili, filiere autosufficienti in funzione della soluzione tecnologica adottata120. Infatti, nel caso del biomasse, la con- venienza economica degli investimenti risulta favorita dalla possibilità di recuperare la biomassa nel contesto locale, dati i minori costi di trasporto che competono quanto più si riducono le distanze tra i punti di approvvigionamento delle materie prime e gli impianti (a tutto vantaggio anche della sostenibilità ambientale dati i minori consumi di combustibile fossile da impiegare nelle operazioni di trasporto).