L’impiego della biomassa residuale a fini energetici presenta, senza dubbio, un’elevata sostenibilità ambientale, prevedendo il recupero e la valorizzazione di quei sottoprodotti che, se non correttamente smaltiti, contribuirebbero all’aumento delle emissioni climalte- ranti per l’avvio di processi fermentativi spontanei.
La disponibilità di biomassa residuale ricavabile dai sottoprodotti del comparto agri- colo, forestale e agroindustriale in Campania, operata individuando quegli scarti maggior- mente idonei all’implementazione di filiere agroenergetiche, costituisce un dato di par- tenza al quale possono essere addizionati gli ulteriori contributi127 dovuti ai sottoprodotti residuali presenti nella singola realtà territoriale (un esempio può essere rappresentato dai gusci di nocciolo o dalle vinacce, entrambi residui caratteristici di alcuni contesti locali).
124 Per via delle minori concimazioni fosfatiche e azotate previste rispetto alle principali coltivazioni erbacee, per la minore diffusione di fosforo e azoto nitrico a causa di fenomeni erosivi, nonché per il minor rilascio di nutrienti ad opera della vegetazione e della sostanza organica presente nel terreno.
125 Spesso, i suoli oggetto di depurazione contengono anche elevate concentrazioni di sostanze nutrienti; inoltre le specie vegetali utilizzate in fitodepurazione producono sovente elevate quantità di biomassa.
126 Le biomassa dedicata, infatti, sottintende un maggiore impegno in termini di manodopera e lavorazioni rispetto all’attività di recupero della biomassa residuale.
127 Che, in generale, possono essere costituiti da scarti del settore conserviero, scarti del settore vitivinicolo, scarti inutilizzati dei foraggi insilati e residui di campo delle aziende agricole, residui colturali ligneocellulosici di indu- strie agroalimentari, scarti di lavorazione del legno vergine, scarti di potatura e sottoprodotti di colture arboree ed erbacee, scarti derivanti dalla manutenzione del verde pubblico, etc..
Per le biomasse residuali è stata valutata la potenzialità energetica ricavabile me- diante processi di trasformazione biochimici o termochimici, in funzione delle proprietà chimico-fisiche delle matrici e della sostenibilità degli impieghi. In particolare, sono state considerate due specifiche filiere agroenergetiche sviluppabili mediante processi caratte- rizzati da maturità tecnologica e di mercato, tenendo conto della fattibilità tecnico-econo- mica e delle rese energetiche.
I due esempi di filiera riguardano la produzione di biogas mediante il processo biochi- mico digestione anaerobica e la conversione termochimica della biomassa lignocellulosica. Entrambe le filiere sottintendono, seppur con diverse modalità, l’integrazione e la raziona- lizzazione dei cicli logistici a monte dell’impianto ai fini dell’ottimizzazione della redditività. L’organizzazione logistica della filiera riguarda in particolare, in funzione delle specifiche biomasse in ingresso all’impianto, la fase di approvvigionamento delle materie prime, il tra- sporto, eventuali lavorazioni per il pretrattamento della biomassa128, lo stoccaggio129.
Come già ampiamente descritto, per la filiera del biogas, sono state quantificate quel- le biomasse che presentano notevole disponibilità sul territorio regionale e caratteristiche chimico-fisiche130 favorevoli per la produzione di biogas, vale a dire sottoprodotti del set- tore zootecnico131 e agroindustriale132. Per la tipologia di filiera che sottintende la valoriz- zazione di biomassa lignocellulosica, sono stati quantificati quei sottoprodotti del settore forestale (ramaglie e cimali) che è possibile recuperare, su base regionale, nell’ottica di una corretta gestione del patrimonio boschivo.
L’individuazione di tali biomasse residuali è scaturita a valle di numerose considera- zioni, che hanno tenuto conto dei seguenti aspetti:
– resa energetica della biomassa;
– potenziale energetico complessivo ricavabile;
– possibilità di recupero di quantitativi sufficienti ad alimentare delle filiere; – sostenibilità ambientale dei processi;
– contesto normativo;
– analisi di mercato dei sottoprodotti individuati; – stagionalità della disponibilità dei residui;
– studio dei processi di produzione e trasformazione della materia prima; – aspetti logistici legati al trasporto ed alla distribuzione della biomassa.
4.4.1 Potenziali energetici delle biomasse residuali individuate
Per le biomasse individuate, sono stati valutati i corrispondenti potenziali energetici installabili in Campania ipotizzando il ricorso a soluzioni impiantistiche operanti in coge- nerazione
128 Questa fase può svolgersi, a seconda del tipo di biomassa, precedentemente o successivamente alla fase di tra- sporto.
129 Lo stoccaggio, a seconda della tipologia di biomassa e dell’eventuale presenza di specifiche lavorazioni, può pre- vedersi presso l’impianto, con durata e modalità diverse in funzione della tipologia di soluzione impiantistica e delle modalità di strutturazione della filiera.
130 Matrice organica con elevata attitudine a fermentare in condizioni di anaerobiosi, rapporto Carbonio/Azoto com- preso tra 20 e 30, etc.
131 Effluenti zootecnici bovini, bufalini e suini.
La produzione di energia elettrica negli impianti è sicuramente l’aspetto maggior- mente remunerativo per la conduzione degli stessi e per il sostegno delle filiere, soprattutto alla luce degli incentivi stabiliti dalla Legge 99/2009, ma non vanno sottovalutati i benefici relativi alla contemporanea produzione di energia termica. Il recupero dell’energia termica al netto degli autoconsumi degli impianti, infatti, oltre all’indubbio vantaggio economico, consente di incrementare ulteriormente la quantità di emissioni climalteranti evitate me- diante l’impiego a fini energetici della biomassa, offrendo, inoltre, numerose possibilità di applicazione. Tra queste si ricordano l’impiego del calore in soluzioni di climatizzazione e condizionamento invernale ed estivo, eventualmente mediante teleriscaldamento o teleraf- frescamento, la produzione di acqua calda sanitaria o ulteriori impieghi in svariati processi produttivi. L’opportunità di disporre di ingenti quantitativi di energia termica (sotto forma di calore o di freddo133) consente l’abbattimento di costi e di emissioni inquinanti per le at- tività produttive localizzate nei pressi degli impianti (relative alla stessa attività aziendale o ad utenze limitrofe eventualmente presenti), ma può rappresentare un incentivo all’avvio di ulteriori processi produttivi, da considerarsi caso per caso. Esempi di utilizzo dell’ener- gia termica disponibile per attività connesse agli impianti a biomassa sono:
– impiego del calore prodotto per alimentare gli essiccatoi negli impianti di produzione del pellet;
– impiego del calore per i trattamenti termici nei caseifici ed impiego del freddo per la refrigerazione e la conservazione del latte a bassa temperatura;
– impiego nelle aziende conserviere (pomodoro, etc.) del calore per i trattamenti termici e del freddo per la refrigerazione e la conservazione delle conserve.
In realtà le possibilità di applicazione sono svariate e da valutarsi caso per caso, se- condo le specificità del contesto di riferimento ed in virtù di tale ragione, nella stima dei potenziali energetici ricavabili dai sottoprodotti esaminati, è stato considerato anche il contributo relativo all’energia termica.
Per la valutazione delle potenzialità energetiche riferibili alla filiera del biogas, è stato fatto riferimento ad un impianto134 di digestione anaerobica per la produzione di biogas abbinato ad un motore a ciclo Otto di tipo cogenerativo ed ad alto rendimento, le cui carat- teristiche tecniche principali a regime risultano le seguenti:
– ore annue di funzionamento: 7.800 – rendimento elettrico: 40%
– rendimento termico: 43%.
Per il biogas, è stata ipotizzato un tenore in metano pari al 55%135.
Per la filiera lignocellulosica è stato considerato un impianto di cogenerazione con caldaia ad olio diatermico e turbogeneratore ORC (Organic Rankine Cycle) per la produ- zione combinata di energia elettrica e calore. Le caratteristiche tecniche considerate per l’impianto sono:
– ore annue di funzionamento: 6.000 – rendimento elettrico: 18%
– rendimento termico: 79%.
Le stime hanno condotto ad individuare, per ogni substrato individuato, i seguenti valori di potenza elettrica e termica in Campania:
133 Ottenuto mediante trigenerazione attraverso l’impiego di specifici gruppi frigoriferi ad assorbimento. 134 Si è considerato un impianto di cogenerazione di tipo modulare (0,5MW÷1MW).
135 Per il metano è stato considerato un valore del potere calorifico inferiore pari a 8250 Kcal/Sm3 (m3 a pressione atmosferica ed alla temperatura di 15°C).
per la filiera del biogas:
Biomassa Potenza elettrica installabile (MWe) Potenza termica installabile (MWt)
reflui zootecnici bovini 17 18
reflui zootecnici bufalini 20,5 21,7
reflui zootecnici suini 3,7 3,9
siero 0,29 0,3
buccette di pomodoro 1,16 1,23
sansa vergine 3 3,2
scarti vegetali 0,06 0,06
totale 45,71 48,39
per la filiera lignocellulosica:
Biomassa Potenza elettrica installabile (MW
e)
Potenza termica installabile
(MWt)
legna e sottoprodotti forestali 22 96
4.4.2 Organizzazione delle filiere
La valutazione della potenzialità energetica ricavabile dalle biomasse residuali con- siderate evidenzia che in Campania, in alcune aree in particolare, è concretamente pos- sibile l’avvio di progetti di filiera per la valorizzazione delle agroenergie quali “attività connesse”136 a quelle agricole.
La corretta articolazione delle filiere a monte degli impianti e l’opportuno posizio- namento e dimensionamento degli stessi, costituisce il punto cruciale per massimizzare i benefici ambientali, economici e sociali. Le filiere devono essere strutturate, inoltre, in modo da garantire la tracciabilità e la rintracciabilità delle biomasse ottenute nell’ambito di intese di filiera o contratti quadro137 (D.Lgs 102/2005 e DM MiPAAF del 12/05/2010), oppure di filiere corte, per un miglior controllo della qualità e della sostenibilità dei prodotti138.