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Anco Fambri in compagnia di Salmini ebbero il co- 1

raggio e la potenza di portare sul nostro teatro i prim ( passi, in

tempo

nel quale potevano condurli dritti alle! i

Spielberg*.

Ma,

tranne questiisolati sforzi,

non

pullulavano che!

tragedie nel

campo

teatrale, e ancora la

maggior

par-tedi esse

rimanevano

negli scafali delle librerie.

Belle, acconcie, piene di versi inappuntabili

come

forma, e sentenzeda scolpire nel

marmo,

splendide paras-site nessunofuor che 1’alta casta dei lettori le conosceva e apprezzava.

talsorte ètoccata soltanto alle tragedie anteriori aquelledi

Antonio Somma, ma

amolte dopodilui.

I

buon

gustai della eletta letteratura sanno cos’è l'Anna Erizzo di Antonio Dall’Acqua Giusti, bella per fattura di verso, per largo pennelleggiar di caratteri e per erudizione. Lodati lavori

drammatici compose

Jacopo

Cabianca

;

ma

la

Gaspara Stampa

ela Sofiaeli

Kónigsmarh

sou più note ai lettori che alla platea. Così la Stefania ed

il

Bruto

diPiermartini, cosìil suo Ildebrando: eppur tutte opere

commcndevoli,

e tanto che qualche lirica della Ste-j fania, ed

un

coro dibardi

normanni

nel Gregorio

IV non

la cedono punto ai più celebrati di Niccolini.

Tutto questo è detto per

maggiormente ammirare

lo slancio d’Antonio

Somma,

e congratularmi colla sua

musa

novella, che seppe in tempi così arcigni stampare, colla Parisina,

orme

durevoli nell’ arringo chiusoallora

ai valorosi ingegni molto più che adesso.

149 —

Quell’ addio al sole d’Italia avea fatto battere tanti cuori e sgomentati tanti

commissari

di polizia, che sulla sua efficacia

non

correva più dubbio.

Già

niente niente che il censore fosse

un

po’

ombroso

lo tagliava netto quel brano :

ma

pur talvolta fu inteso : e

non

ci voleva altro che Capodaglio a de-clamarlo,

un

così bell’

uomo,

dall’ occhio nero, dal tipo italiano, dalla voce velata e profonda, melodiosa e sonora ad

un

tempo, per far andare in visibilio tutte le platee della penisola.

Poi per sè stesso il

dramma

era pietoso. L’

amor

dei due protagonisti condotto con quella purezzadellascuola italiana. Belli i versi, a cui s

1

aggiungeva

V incentivo di qualchelirica musicata, che la

Malvina Rosa

cantava

soavemente; un

insieme seducentissimo e per quella

pri-ma gempri-ma

collocata dal giovine poeta sul serto

dram-matico d’ Italia, Venezia

non

invidiava al felice

Piemon-te Pellico, alla

Lombardia

Marenco.

Non meno

splendida fu 1’ ultima perla che lo squi-sito

ageminatore

mise accanto la

prima

bellissima, Pari-sina, e le altre

meno

belle, o

meno

fortunate,

La

figlia

delV'Agpennino

, e

Marco

Botzarì.

A eraperlaèlaCassandra. Coloro che udironoin Pari-gi proferita dallaboccadella italiana

Melpomene

la poesia delnostrotragico,creatain

buon

punto,che laebbelena da andare fin là, e-spiegar l’ali precisamente da quella Troja futura; coloroche videro laRistori, bella

come uno

di quegli angeli cui Minisini copiadalsuoFriuli e dal suo pensiero a decoro dei

monumenti

da lui scolpiti; coloro

che

la udirono sospirare, secondo le parlava il Vaticinio nel petto, dovettero credere in vero che

un

dio li tra-sportasse fuor della vita, in atmosfera sopratterrena.

— 150 —

Ciò spiega perchè applaudirono senza intendere.

Mu-sica celeste i versi

come

lo sono i nostri versi

quan-doson belli : miracolosamentebella,dice la Sand, la

musa

che li

declamava

e parca discesa allora dall’

Imeto

: cosa dovette ella apparire in quel punto che,

sopraggiungen-do al banchetto d’

Agamennone,

a lui e a Clitennestra e a tuttala corte promette

un

inno e

un

brindisi, quale

non

avrebbero

mai

ascoltato, poi, da

un

leggero tocco

d

1arpa dei citaristi, rapita alle patrie emozioni

mormora

con affetto misterioso, e con divino sorriso :

O suoni Melanconici e cari ! O dolci e piante Rive dello Scamandro a cui quel metro Chiama l’addolorata animo, mia:

È a voi che torno alfin!Io ti respiro,

O divo etere mio!. Come sei bella,

0 mia convalle, e che profumispandi Da’tuoi roseti! Ecco risalgo ancora

1 meandri dell'Ida : il sol rosseggia Al corimbo inaccesso, e lo saluta Degli augelli la voce ! Io ti riveggo,

O sacro bosco, i cui recessi allegra La cornamusa..

.

Insemina

Italia veniva rappresentata a dovere in quei giorni nella Babilonia moderna, e Venezia, la gran-de

mendica

d’ allora, riceveva dal suo felice poetaregali, eh’ essa

contentava^

di segretamentegustare, e nascon-dere, simile al prigioniero, pei giorni migliori.

Delle opere di

Antonio Somma

c1 è

un

bel volume, edito per cura del cav. Alessandro Pascolato, il tinaie vi dettò a

maniera

di prefazione

una

notizia interessante c

sincera intorno all

1 autore e a1 suoi scritti.

In questo terzo quadro, eli

1

è della letteratura

mili-—

151

tante e pratica io parlerò di

Tommaso

Locatelii,

no-me

a Venezia carissimo, innestato alla

sua

storia

mo-dernatanto,che impossibilesarebbe

nominar rimo

senza

l’altra.

Tommaso

Locatelii scrittore e pubblicista

nacque

nel

1799

e morì nel 18G7.

Non compose

opere di polso,

libri in fogdio, le

sue importanti scritture uscirono nella Gazzetta privile-giata di Venezia, e furono le appendici, sua proprietà e sua gdoria; belle così che meritarono di venire raccolte e formare alcuni volumi, stampati adesso per la seconda volta.

Di

certo g-li

argomenti

son lievi,

ma

privilegiato per la castigatezza dello stile, per la grazia dei sali

non

attici,

ma

veneziani e suoi, con cui

come

colla

punta d’un

pennello

minia

e colora al

modo

di Dritti, del

Lamberti

o del trevisano

Martignon, ha

rese du-rature prose destinate a perire. Quelle

maniere

di dire e

non

dire

, quelle conversazioni con la sua lucer-na,

quando

riferisce cose, che

devono

presentarsi

con garbo

e con

una

certa amabile malizia...

Le

appendici che parlano della Malibran sono pur care!

come

tocca fra serio e faceto i fasti dell’angelo ispano...

come

de-scrive l’impresario Gallo a

non

capir nella pelle, ve-dendosi davanti quel bel gruzzolo di

marenghi,

beccati nell’inaugurazione del teatro che (ancora

non

glielo