I
Da
ciò concludo quanto altamente in onore eglirfj:ossetenuto,eauspicasseincerto
modo
quellanobile ami-nzia strettasi quindi fra Veneti e Piemontesi nei giornili prova,
quando
i migliori fra di essiemigrarono
in quella ospitale contrada, e vi restano amantenere
inf
bella
fama
il nostronome, come un
Jacopo Bernardi edaltri, che lungo sarebbe Y annoverare.
Dei distinti prelati chiuderò col vescovo Artico, chiamato da Carlo Alberto a reggere la diocesi di Asti, e famoso per dottrina: poi con quello,che in
Padova
tan-to emerse,peringegno
e forteanima,monsignor Modesto
Farina, ministro del culto nelregno italico,zioall’esimiodott. LuigiFarina, pubblicista e già compilatore del pe-riodico
La
Melodia.Riprendo
il giro delle provinole : e,cominciando
da Vicenza, ionominerò primo un
chiarissimouomo,
che per la venerazione di’io gli porto,mi
pare in certomo-do appartenga alla
mia
famiglia.E
questi il conteGiovanni Da
Schio, nato a Vi-cenzanel 1798,morto
a Schio nel 1869, del quale dirò in breve quello che Almerigo, suodegno
figlio scrisse, per nobilissimo impulso di pietà figliale e di gratitudine.Studioso, e chiamato a tutto che sentiva di bello e di
buono
viaggiò da giovane,come
poteva viaggiareun
gentiluomo vicentino in quegli anni, passando digrande
città in
grande
città, di casa illustre in casa illustre.— 116 —
Non
intendo ricca c lucente per isfarzo d’arredo; allori illustre volea dire colta, erudita... Cicognara, Trivulziod’Albanieecc. ..
E
dapertuttolasciando 1’idea,chediver rebbe V ornamento della sua patria,come
appunto seriveva
LeopoldoCicognara
all’Isabella Scrolla nel 1827.Molte
memorie
storiche, molte illustrazioni, rac colte di lapidi, e studi archeologici pubblicò il conte Schio,ma
la cosa che gli dà posto serio fra i nostri letterati è il Saggio del dialetto vicentino dove « pa-role e locuzioni vi son presi ad esame, e di ciascuna è cercata l’origine vera o probabile di ciò eh’erauna
volta e che i secoli distrussero. »
Per questo il Federigo,autored’
una
bibliografia ita-liana, colloca il conte Schio fra i filologi.Un
novelleto,dove
sono raccolti fatti molto curiosi e interessantiallalettura, deiquali escono ancora ditanto in tanto per cura d’ Almerigo, taluno di inedito, e al-tri moltine
usciranno. Talché ilconteGiovanni
sta fra inovellieri italiani
; egregia qualità, essendo la novella
il
germe
di tutti iromanzi
edrammi
da Seakspeare e da Molière fino a Byron, e chi sa quanti altri moderni !Fra
1 lavori inediti del conte Schio uno, pure importantissimo, convalida l’egregio titolo, che ilsuo concittadino Jacopo
Cabianca
( Vedi la citata
il-lustrazione di
Vicenza
per J.Cabianca
c FedeleLam-pertico
) gli diede di maestro dellepatrie storie; ossia
I
memorabili dellefamiglie vicentine, veraenciclopedia vi-centina, la quale «fu la fontedi publicazioni importanti
;
e le quattordici tavole dei Thiene, in appendice alle
Famiglie celebri di C. Lillà,furono daessa cavate. » Dire del suo
galantomismo
stimo inutile, poiché gli era in tutto e per tutto un'aurea persona.—
117—
Passando
a Treviso, io accennerò di volocome
-ilìoriva in questo periodo
maggiormente un Bernardo
Mis-«;io, direttore della scuola elementare e
buono
scrittorefili educazione;
un Tempesta
canonico valente oratorepo-1 colare,che senzafrasigonfieelardellelatine,
ammanili va
io
d
popolo cari sermoncini improvvisati.Sopra
gli altri sileva V abate Luigi Sartorio(1803-i 1868) autoredi prose lodatissime, di sermoni, di can-aloni petrarchesche, in cui nulla ci
ha
da ridire in quanto»a correzione di stile, se
non
ci si vedesse appunto nellaiatroppa regolarità più il retore che il poeta, più la
forma
che il sentimento.Una
di quelle canzoni, bella sopra V altre,mi
cade sott1 occhio intitolata il Site, dove
emergono
i suoi nobiliisensi di liberalismo, in cui a nessuno era secondo.
Tengo
fragT
illustri di Trevisomia
madre, perchè Treviso fu la sua seconda patria.Cornelia Sale
nacque
in Vicenza nel1791
da Luigi Sale e FiorenzaYendramin;
fu sposa inprime
nozze alconte Alvise Mocenigo, in seconde a Michelangelo Co-demo.
Amò sempre
lo studio e la poesia, la riccavena
della^uale ereditava dalla madre,come
altrove ho ac-cennato.Molte traversìedi vitae dipassione affinaronoin lei quella maravigliosa tendenza inmaniera, che daun momento
all1
altro, in
mezzo
ai dolori fisici e morali, si sentì poetessa. Intanto conobbemio
padre, professore di belle lettere, eanimata
daquel pazientee robusto precet-tore, sidie1anche
a studiareillatinoedil greco; studinei qualiellapoisuperavadigran lunga
il maestro.Uichel’unl
1
altro
caramente
si canzonavano. Ella tradusse quindi1’ Odissea d1
Omero, non
solo ignorando che ci fossero traduzioni italiane e francesi di quel poema, o a dirme-— 118 —
glio di quel toccante
romanzo
famigliare antico,m
®voltando
prima
il greco in latino e poi in italianoi *ia questa versione molte altre ne aggiunse, che lungia
sarebbe notare, e che si trovano nella notizia biograficiic
scritta da G. Dindoni, ed inserita nel
volume
dei Vers » editi da me, co’ tipi di G. Cecchini nel 1868, due anndopola
morte
di lei. a,Il
poema Al
Sole, che pur tropponon
potècom
»pire
come
l1
avea cominciato, fu tenuto da
non
indui jpgenti
ma
erudite personeuno
de’ miglioricomponi
fmenti seri di questo secolo. Innanzi morire dettò, dedi candola a’suoi figli conti Alvise e
Giovanni Mocenigq
ila sua Autobiografia,dove con vivacità rara per
uno
spiilrito, che brillavadelle sue ultime fiamme,in
un
corpo af;
franto dal male, più ancora che dall’ età, riassunse le ca ve
memorie
della infanzia e della adolescenza, talchév
;si vede la giovinetta patrizia tutta slancio ed amore!
come
vi si presagisce la preclara donna, che nel su<:(
paese, e per tutta Italia, era corsa col secondo marito, lasciando così bella
fama
di sapere, di ingegno, e di ori-ginalità.La
Volgarizzazione cl'Omero
, le poesie tutte,Sben-danti di
vena
e condotte a classica compostezza, le me-ritaronoun
posto fra le illustrazioni letterarie del sue tempo.Molte cose potrei dire di lei
come
donna, eparla-la; della sua semplicità, per la quale,
quantunque
natacome una
principessa, usa dabimba
a gettar via il ton-do quand’ avea mangiato, senzatema
di romperlo, per-chè d’ argento, era modello a noi di squisita modestia.Mai non
cene accorgemmo
in gioventù, tanto era naJ turale.Ma
poivedendo
nelmondò
tanto farnetico dì—
119—
Vanita gentilizie, in persone che
non avean nemmeno
ln|renti anni di fasti patrizi, allora ci
accorgemmo
dellaD
§lemplicità di nostra madre, die, in quel senso,
non
si M icordavanemmeno
d’ esser nobile. Allora cicommosse
reder quella
donna
illustre sotto tanti riguardi, devota111d marito nella più stretta