nuovo
i miei limiti, io la trascrivo.Ma
il genio che si fauniversale
non
è al suo posto da per tutto ?COME LA MONTANA TESPIA PRASS1TILE TE IGNOTA POSSAGNO IMMORTALÒ NASCENDO
CANOVA.
Invece di trascrivere dallo stessolibro la iscrizione in
memoria
dellacontessa Sofia AntoniettaPola-Albrizzi,(
1803-1859
) io dirò di leibrevemente.
Cbe
il genio poetico fosse in famiglia attesta ilpadre suo conte Paolo Pola, traduttore di Virgilio,
ele-gante
poeta e pieno di brio,un
di quegli ultimi tipi di no-bileveneziano originale, a cuinon
occorreva inglesarsi e infrancesarsi per avere spirito.Bastava
ebe restasse qualera. Ciò attesterà pure la poesia vernacola, di cui, per
una buona
ragione, trascrivo lamassima
parte, diretta alle due nipoti Albetta eMarina
Albrizzi, spose:Xe zorno, coragio
Da brave, putele,
Scampae xe le stele Dai campi del ciel.
I amici, iparenti
I ariva a momenti;
E1 nonzolo al prete La cota glie mete;
1 Sposi xe qua.
Slissarse, lustrarse
No serve i cavei, I è mori, i xe bei,
I piase cussi.
Xe vero che 1’uso Pretende eh’el muso De chi se marida Per forza sorida
Con nastri, con fiori
De mile colori,
Ma
in pien le xe frotoleChe un xero no vai.
Per farse dir bele, Mie care putele,
Xe inutili i rizzi,
Le scufie, i pastizzi,
Ghe voi un musoto
Alquanto stramboto, Ghe voi un ochieto,
Che mezo furbeto
A
tempo lu sapiaDa cuco anca far.
Perchè la modestia Che frena ogni bestia
(
A
dirla fra nu)In faza la zente La stuzega el dente La piase de più.
Vardèco se dise
Co voi la fortuna, Co sufia propizio El vento in laguna.
Ghe xe tante pute Che gnanca xe brute,
Nè gobe, nè zote,
Con roba, con dote, Con spirito, e brio Che aspeta un mario, Che casca dal cielo, Siavecìiio, o putelo Disposte de tiorselo Za come che el vien.
E pur, poveraze, Ste bone ragaze Con tuti i so meriti Futuri, preteriti
Alpalo ligae
Le sta desperae, Ne un can no le trova,
Che vegna per prova Facendo mignognole Per darghe la man.
E vu do sorele
— 123 —
(Do bone putele No gli’è da ridir,.. .)
Belote abastanza,
(
Ma
gnente che avanza Che faza stupir. ... )Con dote discreta,
Ma
un nono poeta(So cossa voi dir ...) Che tachete in bota Chiapar fe la cota
No za a do merloti,
Ma
a do zovenoti . .Ma
basta.. . qua un baso. Sufiemose el naso...Yegnì qua da mi.
Parlemose schieto.. .
Vardeme... scometo.. .
Mi digo de sì
Che un ano no passa Che qualche bardassa Bisnono
me
fa:E andando a sto troto Deboto, deboto.. .
Se a farme la sagra La longa, la magra Gran pressa no ga. .. Mi digo de sì
De tritavo el titolo
Xe pronto per mi.
La
lio copiata,primo
per interrompere latristezza, variandoun
po’ ilcammino,
poi perchè è impossibile de-scriver quella grazia e gli slanci diquella caramusa,
che—
124I
va
come ima
cavallina estrosa e a cui, credo, ilsolo dia letto veneziano,può
tener dietro.Le
poesie della contessa Antonietta sono eleganti sentitissime, specialmente quelle in morte dellamadre
idel marito, conte Carlo Albrizzi.
La
lirica ad Arnaldi Fusinato in risposta adun
1 altra bella lirica,sgorgata da core di lui, vedovo d’una
contessa Colonna, piacque efu notata intempiin cui niente,che
non
fosse politicafer-mava
T attenzione.Un volume
diversivenne
stampato dopolamorte della contessa Antonietta, e racchiude molti e buonicomponi
menti. Talvoltaci sivedeuna
liraun
po’ disusata,ma
ciòledà un
che d’ ingenuo, che le accresce piuttosto che sce-marlepregio;cosìuna
certa schiettezza nel riferirelesue impressioni,qualche punto incui silagnaediscretamentesi confessa.alla
musa, danno
l1 idea d’un’anima
accessi-bile ad ogni bel sentimento, aliena da ipocrisia e osten-tazione.Moltissima lode l
1
ab. Cesare Parolari, nato in
Napo
li, nel 1808,
morto
inMestre nel 1869, vivendosempre
fra noi, ottenne in quel
tempo
colla sua Eulalia o leNoz-ze cristiane,
romanzo
onorato di ristampe e traduzioni, letto edamato
dai buoni. In esso F autore ispiravasi al genio di Chataubriand, e vi versava lapiena d1un
1anima amante
e,credente, e Fabbondanza
d’uno
stile fiorito, a cui meglio s1addiceva
veramente
la lirica che la prosa.E
che fossepoeta lo dicono appunto gl’idilì biblici,le moltespontanee composizioni in verso scioltoo rimate.
Un sermone
io ricordo scritto da Parolari,appe-na
reduce daGenova,
dove avea vissuto con la scelta società letteraria di quel paese. Chi conobbe laBianca
Rebizzo, Antonio Crocco, Giuliani, Celesia, Pareto, il125 —
ilitosta e tutta quella plejade potentissima d’incliti
inge-rii, trova nei versi del
giovane
poetaun
riflesso diiti uella bellezza di cielo e di poesia senza pari. Il Bi-agno, la villetta della Bianca: ella, inspiratrice,
entu-Iiasta, in quel suo areopago o meglio cenacolo, là sul
: lendìo del mare, sulla costa divina d’Albaro ... tutto fiori, utto fronde, le fantasie ricche di versi, ei cuori di vita!
Un
altro intitolato il Poderetto si risente d’altre care spirazioni; è il luogo di S.Maria
presso Treviso, là doveifintavanoiViezzoli...quella cara Ernesta,sorella a
Manin,
i-morta all’annunzio della sua prigionia, e di cui tutti