rozzi
uomini
che, daun
maestro divino, Favevano
ap-presa, facilitarono, affermaMax
Miiller, la formazione deimoderni
linguaggi.Io
mi
perdo e vodivagando
forse fuori dell’argo-mento,ma
la colpa ne è l’egregio biografo diMarzo-Io, il quale
adduce
alla vigente e persistente supersti-zione religiosa il poco grido dell’ opera di Marzolo.0
che ci
ha
che fareun
trovato della scienza colla rive-lazione celeste?..Era un nuovo
vangelo, che il dottor Paolo intendeva di dare almondo,
ed è perciò cheha
presa F epigrafe e il concetto da Persio, di espellere le cose viete ?..
Riprendo: a quei rozzi uomini, che
annunziavano
—
161semplicemente
una buona
novella, ilmondo
rispose con diciotto secoli di obbedienza, perchè nei veriannun-ziati
non
ciaveano
astruserie scientifiche,ma
la luce chel’uomo
cerca sulla terra.Possibile che questa aspirazione continua sia pro-prio per nulla?..
Che
tutte le generazioni, che si succedono con la aspettativa d’ungrande
avvenire,non
sianoveramen-te spiriti, che anelano alla propria origine?..
Se
tut-toha uno
scopo, se nienteva
disperso, e loro anato-mici lo sanno, questa speranza, questa perpetua ricerca sarà la sola parola vuota di senso, che l’umanità sitramanda, fedelmente d’onda in onda,
come un
trastul-lo perduto nelgran mare
della vita?Perchè
tantefarse ccorone davantiun morto
?.. cosa èun morto
per essi increduli?...un
po’ di calce?...Deploro
insomma
la filosofia di Marzolonon
risulti più chiara e consolante enon ne
derivi quel sistema di continuità, che è, se così posso esprimermi, ilcemento
d’ogni intangibile postulato del vero.
Paolo Marzolo si
ammogliò
sventuratamente:non
per tanto egliamava
quello scettico...amava,
e soffrivamormorando, homo
sum.. con quel chesegue;
contento dinon
aver figli... e chi gli potrebbe dar torto?...Pure
chi sa, se ne avesse avuti,se a quel suogrande
intelletto egli poteva dare le nozioni della paternità, essa forsedi-veniva per lui fonte di sentimenti divini, perchè
un
ve-ro padre è pe’ suoi dolori, pel suo affetto, per 1’ alta co-scienza della sua responsabilità in faccia almondo,
in faccia a coloro cui diede la vita, quasiimmagine
di Dio, su questa misera terra!Morì
professore a Pisa l’anno1867
semiselvaggio21
— 162 —
nel suo triste abbandono, che tanto gli
cuoceva
;ma
mo-desto, buono, zelante volle
raccomandata
aGiuseppe
Nervi,edaGaetano
Pini quell’operadisterminato sapere, che gli costava, diss’ egli, quarant’anni di pene. Ionon
finirò questa
pagina
senza riportare, di lui,come
egli legasse adun
povero Garibaldino, di cuinon
sapeva più niente,nemmeno
se vivesse,una somma,
perchèuna
sua vecchiaserva,moltianni prima,glieloavea raccomandato.A
tal proposito io noto essere stato il Marzolo di nobili sentimenti patriottici,quantunque non
pare cheneanco
alla risurrezione della patria serbassegran
fede, Ceccarei dice « egli, che possedeva il segreto delle na-zioni, dubitò in sul principio dell’esito della rivoluzione italiana. » Di fatto in altra splendida, enfatica scrittura, ricca di quei modi, che indicano molteplice erudizione e lapompa,
vorrei dir l’ostentazione particolare agliuomi-ni di scienza, per la quale intendono colla bellezza d’
uno
stile fiorito,
emular
le fantasie del poeta, Marzolo tocca dellafatalità inesorabile, della clesidra dei popoli, e perRoma,
secondo quelle teorie, pronosticava male.Ma
que-sta volta il dotto astrologonon
l’ha
punto indovinata, speriamo.La
polvere del mistico orologio è riascesa: iricorsi del nostro
grande Vico han bene
la loro attuazio-ne,ma come
dice Giusti;Nè questo è cerchio come il volgo crede,
Che salga e scenda e sè in sè rigire;
È turbine, che al ver sempre procede Con alte spire.
Una
nazione che venticinque anni fanon
era,ed oggi fe’discendere a son corps defendant
un
ministro francese aRoma
quale ambasciatore, mostra che gli orologiumani
— 163 —
sì ricaricano, e che l
1
uomo,
perchè obbedisce alle leggi della gravitazione,non
èuna
pietra.Fra
gli ultimi di questo periodonominerò
De-Boni, nato a Feltre nel 1815,morto
a Firenze nel1867
il quale 'ebbe vita fortunosa,ingegno
vivo, spirito ribelle; e così passionato,chenon
rappresentò certo inItaliaquellapaca-la
epraticissimaindole,cheformailvero carattere veneto.Poeta veramente, lo udii recitare
una
canzone II venerdì santo molti anni fa in Firenze, dov’era profugo, e del suo valore rimase ame
ed a tutti quelliche
lo ascoltaronorecitare, con intonazionemaschia
i suoi versi,una
seria idea.Qui
in Venezia ci stette quand’era chierico, e pre-cettore inuna
famiglia patrizia. Scrisseun
romanzo, se ionon
erro 1’ Uccellino.Da
quanto intesi avea sfoga-te nelle pagine di quel libro le sue passioni personali, forse igermi
del furore democratico:mala
cosa perun
giov ine popolano vivace mettersi in condizione
d’infe-l riorità ingrandi case.
Mangia,
giornoper giorno, oraper ora in mille piccole offesealfamor
proprio, tanto veleno, che basta ad inquinargli la vita.Non
è a stupire se in-vaghisce di qualche alta contessa, la quale o si prendeamabilmente
gioco di lui, per rimetterlo al posto qual cagnuolo domestico se niente, niente egli scherzi, onon
glibada
punto.E
così che più d'un ispidodemago-go
si forma negli stanzini principeschi e che si dovrebbe inferirne come, per amarsi fra di esse, le varie caste so-cialidevano
mantenersi inuna
certa distanza.Certo
De-Boni
confessava che le allusioni satiriche del suo libro diederonell1
occhio a tutti.
Allorain
Venezia
nel (gondoliere, uscì la Biografia artistica, lavoro del nostro giovine feltrino.
— 164 —
Ecco
ciò eli’io trovo nellemie
note relativamen-te a quest’ opera, compilata sul dizionario francese diMichaud,
e con la scorta delDeschamps,
del Lanzi, di Vasari,Baldinucci, Ridotti ecc.La
prefazione è signifi-cante, sobria,modesta
; in essaDe-Boni
fabrevemente una
storia dell’arte, e con abilità nasconde la miseriadell’Italia d’allora, costrettad’
ammannire
al publico tra-duzioni francesi, talché si sente nell’autore, che tanto sostiene alta la sua umile parte di quasi traduttore, ilfuturo patriotta.