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Poi vedete, anco prescindendo dal

moto

di

risorgi-mento

nazionale, vedete quante illustrazioni, nelle scien-ze e nelle arti !

Nelle quali valenti campioni diede la scultura coi

Zandomcneghi,

padre c figlio, in Dalla Torre di Verona,

morto

lasciando nella sola sua statua,

VOrgia

,

un

capo

d’ opera.

Ora

ci dà inFerrari il Tenerani veneto, in Bor-ro

un

genio

non sempre

corretto,

ma

vivo, inMinisini lo scultordelle grazie, e intorno a questi

una

schiera di gio-vani,che promette seguire validamenteleloronobiliorme.

Troppi sono i pittori per

nominarne

i primi, e

non

è ora,

come

nei precedenti periodi, concentrata

splendi-damente

sopra alcuni la fama,

quantunque

sia V arte,da

allora,-presso di noi migliorata.

Classica, barocca

un

trent’anni fa, essa

ha

prodotti risultati efficaci.

Le

formidabili tele di Michelangelo Grigoletti, dove, più che ritrai- Tiziano,

emulava,

in colossali proporzioni, il suo

grande

carattere epico sacro,

viaggiavano

fuori d’ Italia, portandovi

un

riflesso

dcl-l

1

antico splendore di questa scuola..Le

donne

di

Na-tale Schiavoni, segnate appena, con mirabili tocchi, e per la trasparenza singolare delle carni, belle e

sfu-mate come

le incisioni del nostro Boscolo,

andavano

pei due mondi. Lipparini riprodusse i cento episodi

171

della guerra greca in quadri di cui il publico

non

ve-deva i difetti, tanto

ammaliavano

colbrio del colore, e con

un

certo prestigio di decorazione invidiabile.

Poi per opera di quel potente

ingegno

che con

l’irresistibileseduzione dello stile trasporta sè stesso ed

altrui, Pietro Selvatico,

venne

il purismo, e in esso

co-minciava

taluno degli allievi della

Accademia

a segnare belle orme,

quando un nuovo

metodo, il realismo, alterò quelle mosse,

mettendo un

po’ d’ incertezza nelle nostre scuole.

Con

tutto ciò la pittura di genere è in fiore, la

ma-rina ed il paesaggio

non meno

: nella pittura storica, che è tanto importante in

una

terra libera, v’ è ora più

d’ un.valente

; e s’ io ne taccio i

nomi

è perchè so eli’ es-si li sapranno scrivere nelle loro tele,

ben

altrimenti ch’io

non

lo faccia in queste povere pagine: soltanto, per

un

gentile privilegio, da tutti spero consentito,

mi

fo lecito ricordare

come

la

prima

pittrice di stile religioso in Italia sia la

Posa

Bortolan, da Treviso, educata al sentimento ed al soavissimo pcnnelleggiare di Felice Schiavoni: e

come

il premio conseguisse l’anno scorso alla esposizione dei lavori femminili in Firenze, la signora Leopoldina Zanetti-Borzino, nipote a

Danie-le

Manin,

pel suo bellissimo quadro,

una

chiesa in

B

riama.

Così pure la

prima

che descrivesse patriotticamen-te i fatti domestici contemporanei, è

una

veneta; la quale già fino da oltre vent’anni, passeggiando

romi-ta, fra le praterie del suo Friuli, al suono dei torrenti nativi, e alle porpore di sublimi tramonti, nella pace

insomma

c nella poesia maestosa di quei luoghi, rac-colse ispirazioni

nuove

e le tradusse in tanti bei

rac-conti, senza forse

immaginare,

nella schietta semplici-tà del suo

grande animo,

che sarebbero divenuti fa-mosi, c porterebbero

un

efficace ajuto all’alta impresa del risorgimento italiano.

E

a questo la cara

donna

mirava, l’ educazione delle famiglie più ancora che quella primitiva dei figli, la quale è tanto gelosa, che

un

libro sacro

può non

esserle adatto.

E

ben fece, e raggiunse lo scopo, dac-ché a richiamar 1’ attenzione, a destar l’interesse so-pra provincie poco note, o tenute poco

meno

che estra-nee, facea d1 uopo a noi quell’ adorabile naturalezza, quello stile paesano, assai più d’

una

Ferrucci o di

una

Guacci,

una

Caterina Percoto; così che

una

no-vella sua fece tanto bene, e scaldò tanti cuori quanto

un

improvviso della

musa

d’ Italia,

Giannina

Milli.

Non dovendo

parlare dei vivi, ruppi la consegna,

ma

chi vorrà

farmene

appunto?..

Ben

è vero che sarei adesso inobbligo di riferire che la voce

comune,

a cui più

d’una

volta fece eco

un

egregio publicista, Enrico Castelnuovo, che di poe-sie se n’intende, perchè

ne

fa di bellissime, tiene fra le

prime

poetesse d’Italia

una Erminia

Fuà-Fusinato.

Ma

io

vedo

accanto a me, cinta dei patri ciclami-ni, freschi quanto i suoi versi, un’altra

musa

per

no-me Anna

Mander-Cecchetti: eppoi

una Eugenia

Pavia-Fortis, che il

ben

temprato verso ereditò dall’ inclito Carrer

; e poi

una Francesca Zambusi-Dal

Lago,

che

sull’

Adige

continua la virtù e la gloria materna.

Ira-somma

le son tante!... che io lasciando al futuro il de-licato giudizio, penso di far che, strette per

mano,

in

un

alle altre

muse

sorelle d’ Italia,

compongano

il

bel coro, e

mantengano

il sacro fuoco,

non

per la loro

173 —

vanità,

ma

per

P

onore della patria, di cui devono, secondo le istituzioni aborigene, costituirsi i geni cu-stodi.

Tali esse furono

veramente

anco allorquando la loro voce dava, secondo dice il poeta, suoni tremendi.

Qra non

resta ad esse che tutelar la soglia della ca-sa, guardarla da estranie arpie,

guardar

se

medesime

dalla soverchia bontà, che offusca il discernere, solo difetto possibile agli angeli.

E

così che acquisteranno quell’importanza che

al-la poesia

va

scemando, e ai fiori daranno il valore dei frutti.

Serie coseinfatti

domanda

quella, cheilnobilepoeta Angeloni, già presagendo i tempi,

chiamava

anni sono:

« Bella

musa

civil del secol nostro »; dacché gli sfoghi

d’intima poesia delicata, che tanto

commossero

nel pe-riodo precedente gli animi, lungi dal trovar eco appas-sionato in mille cuori, dovrebbero forse esalare,

non

av-vertito, il soave profumo.

Una

espressione viva, palpitante, urgente della let-teratura inglese è quella parlamentare. I discorsi senza fronzoli, semplici,

come

il reso conto del fattore, con cui

un

deputato fa cadere

un

biU^

ne

fa adottare

un

altro, ecco le pagine severe di essa.

Un

giorno nel

Re

genti;

Park

di Londra,

vedendo

io

una

frotta di

bimbi

saltellarvi allegri, osservai ad

una dama

inglese, ch’eran

bene

impiegati queigrandi spazi,

apparentemente

inutili, frapposti nellosterminato

ocea-no

di case e di contrade.

La dama mi

rispose :

non

si voleva in principio accettare alla

Camera

f idea di quei parchi.

Un

oratore

tenne

un

discorso in cui riassumeva, essere iParchi, i

174 —

polmoni

di

Londra

, appunto pel

gran

saltare die vi fan

no

le piccole generazioni crescenti. Questa frase detta in

un

paese, che patisce precisamente di polmoni, ripor-tò la vittoria.

Quando

Paulo

Fambri

perorava in parlamento pei lavori del nostro arsenale, proclamò: che noi

meritava-mo

grandi riguardi per la nostra condotta esemplare in

mezzo

alle più. fiere traversie: ricordò 1’edificante sforzo dei carnevali funerei dal

48

al 66, e finì dicendo che

non accettammo

l’aquedotto per la supponibile, quanto

ama-ra ipotesi di doverci chiudere, a

schermo

d’invasioni nemiche.

— A

questa gente voi ci offriteacqua, ed essi la ricusano, per

non

morire di sete,

esclamò egli.

Questo discorso fe’ impressione, einvero gli èbello.

Fatto con quellatavolozza pittoresca,

sempre

checi lasci ormaistareilcinabro,e conquello stilenativo,

bagnato

in Arno, e ora, il che è meglio,inTevere, riuscirea

una

tal

conclusione, fu riassumere, seriamente faceto, l’assedio del 48, l’arsione c l’incertezza del 66, in

una

parolagli anni d’angoscia della nostra storia.

Quando

la

imponente

persona di Tecchio senatore c presidente, dovette aprire la Corte d’Assise,lavoce popo-lare.

commossa,

esclamò

Iraro

d redo

!

Tanto

erastato il fascino diquella prolusione, che il

publico dimenticava

come

s’ iniziasse

una

procedura niente affitto migliore della precedente, adatta

appena

a

un

piccolo popolo, e così

mal combinata

nelle relazioni fra conjrigati, così

improvvida

per la

vedova

troppo

li-bera, e tirannica per la moglie poco

men

che pupilla,così difettosa

insomma,

che urta i sentimenti di delicatezza e d’onore.

Io intendo cliccoloro iquali trattanola cosa publica,

ottengono, quell1attenzione data altra volta al Petrarca,

al

1Ariosto: e che gli è

un mondo

caduto,

come

presso a poco ègià dileguato quello della Fenice.

In

vano

si vuole rialzarla.

La

fata,che abitava, sotto le spoglio delle

gran dama

veneziana, quelle splendido

isale, dove Bellini, Merendante,Verdi, Rossini crearono le loro sublimi armonie, e l’infelice nostro giovine Ferrari

il suo

Candiano

IV, è scomparsa.

Ncmmen

più la farebbe ricomparire la bacchetta del nostro

mago

coreografo, Antonio Rota, il quale risolleverebbe forse i suoi bat-taglioni danzanti,

ma non

quello spirito, perchè

non

è più.

Ciò

Addiamo

accadere sottoi nostri occhidi

anno

in anno, di giorno in giorno,

ma potremo

consolarcene in altra maniera:

abbiam

cori di fanciulle e legioni di gio-vinetti ginnastici, e

campi

di volontari e molti altri spettacoli a cui ci è dato assistere senza dispendiare, senza coricarcia

metà

della notte, levarcitardi, portando via da un’ atmosfera sàtura di

gaz

e di maldicenza tutto quello, che

non

A’a a chi auioI dÌArcntare qualcosa, a chi vuoltorsi la

fama

d1ignavo,liberarci dalla servitù stranie-ra nel

commercio,

nelle arti, nella

moda

e nel pensiero.

Mentre

la terra

ferma

si arricchisce nell’industria cos’ha da far la città,

che moralmente

ancora ci

do-mina?

Essa

deve volgersi al mare, all’antico suo sposo, al

primo

padredella ATita: edi là ispirarsi nelle azioni, nelle creazioni della fantasia, nei lavori artistici, nei metodi dell’insegnamento, e direi quasi nei discorsi famigliala.

Le

Zattere, quel bel canale largo, quanto il reale Tamigi,

dove

al

tempo

della Giustina Renier-Michel la fitta dei bastimenti

non

lasciava passare

una

gondola,fu

176 —

per

gran tempo

vuoto...

ahimè

era

un

deserto da per tutto!

ma

ora i deserti cominciano a popolarsi di