lesse.
Ma prima
d’ intraprendereuna
seconda escursione a terraferma io parleròd
1un
poeta, chequantunque non
enezianoma
vicentino in origine, qui visse, qui morì, ui lasciò altissimafama
: e, se più chefama
italiana: rimasta veneta, ciò deve dipendere da segrete e pur roppo tristi ragioni, per le quali, forse,
un maligno
pirito, geloso d’
una
nostragloria, tanto fece che senon
Itro,
ne
ha, involandogli preziosi manoscritti, tarpate e ali.Giuseppe
Capparozzo, nipote a quel Capparozzo no-ninato nellaprima
parte di questo lavoro, deve tener lietro a Luigi Carrer,come
deve avereun
postoprinci-jale nella nostra monografia letteraria del
Veneto
; essomulo
di Carrer e talvolta superiore.Certamente
è in-spirato allamaniera
diBorghi quando
canta:« Svegliati, o mente, dall’inerte salma; Disciogli, o lingua, il cantico primier:
Luce dell’alma è la parola e l’alma È luce in terra del divin pensier.
Svegliati, o mente, ed una prece intuona
A
lui che il fonte della luce apri,Come sposo, che il talamo abbandona Nella sua pompa il re degli astri uscì.
dapparozzo lasciò
anche epigrammi
ingegnosi, e bisognalire che l’anima del poetasia
un
piccolomondo,
ove ogni josa s’accoglie, se dalle ispirazioni bibliche, tutte calore e serietà orientale, egli poteva passare alla celia caustica3 mordente.
Fu
lui che, perun gramo
traduttore di clas-sici, scrisse: Metamorfosidi'Ovidio [Metamorfosi d'Ovi-dio). Quella parentesi basta ad uccidere
un
uomo.— 98 —
Capparozzo morì a
47
anni nel1848
a Venezia che in lui perdettenon
soloun
alto poeta,ma un
precetj 1 tore digran
merito : ciò deducesi dalla biografia diPe
! 'Lrez,
premessa
alle poesie di Capparozzo (Vicenza1851)
la quale si diffonde sui metodi d’
insegnamento
dell1
illu-stre professore; metodi degni della più seria disamina.
Paolo abate Mistrorigo, professore di filologia e sto-ria universale nel patrio liceo vicentino, rapito anche egli
immaturamente
alle lettere e a’ suoi discepoli,poi-ché morì a
47
anni nel 1851, oltre che d’ onesto uo- ?mo
e simpatico, ebbefama
di valente poeta e diinsuperabile traduttore d’Orazio e d’Ovidio. Tale asse-rivate fra gli altri Luigi Carrer. Pare che nel rendere1!1 l’ovidiana floridezza nelle angustie del tradurre, verso per verso, destasse meraviglia negli studiosi e negli amatori delle belle e difficili prove.
Tanto
che la eroi-! de diEro
eLeandro rimane
ad attestare la disili-,voltura e la leggiadrìa di quelle versioni. Fin
qua
io parte per bocca altrui.Ma
ciò che posso dire diquel-lo che conosco del Mistrorigo, relativo cioè alle sue cose originali, ai sonetti, che gl’inspiravano i congressi scientifici italiani; nei quali il
metro
sonante, lacadenza, tutto musicale del verso è tale, chenon
si sa alprimo
leggerli se siano aneli1 essi tradotti dagli aurei lati-ni, o fattura sua : e ciò senza niente di ultra clas-sico,non
che di pedante,ma
anzi conun
1 impronta di lirismo, che ringiovanisce quelle belle forme dell1 anti-chità, e in certomodo
vi spira la vita. Lodatissima èl
1ode in
morte
del sacro oratoreArcangelo
Giusti, col quale e con Bricito e con Capparozzo, Mistrorigori-posa nella cappella consacrata agli uomini illustri di Vicenza.
— 99 —
Di Lucietta Confortini-Zambusi (1788-1859) in
pri-me
nozze Bonturini,madre
alla caramusa
cbe tieneog-gi, con tanto onore, il posto dell1inclita Brenzoniin
Ve-rona, io riporterò
un
sonetto adon
Francesco Disconzi oratore sacro, e darò spiegazione di ciò a cui allude, chenon
potrebbe venir da tutti compreso.Pare che ad
una
predicadell’oratoreDisconzilaLucia ConfortiniZambusi non
potè andare, per esseremal
dis-posta in salute: e che invece dellamadre
ci andò la fi-glia, la quale inspirata alsermone
del valentepredicato-re, gli
mandò anonimo un
sonetto. Allora ilbuon
sacer-dote, colle stesse rime,del sonetto ne dettauno
lui, e lomanda
alla Lucia, chiedendo se sia lamadre
o la figlia a scrivergli in versi, e lamadre
così rispose:Io tei dicea, se ben te ne ricorda,
Cbe al buon voler quel dì mancò la possa;
Ma giovin fantasia, del bello ingorda, Corse a la tua parola, e ne fu scossa.
Scrisse;
ma
nel pensier, che al tuo concorda, Colse una goccia, e là ve ’l mar più ingrossa:Fu Toscillar d’una robusta corda,
Ch’anco cessato il suono al guizzo è mossa.
Salve, illustre Orator! tenebra e gelo Rompi col Verbo, che ti fa possente Maschia eloquenza figlia del Vangelo.
A
te plauso fra i Sommi, ame
si serba Quel grido, che nell’anima si sente :Ho una patria con Lui, ne vo superba!
Che
nobile gara dianime
bennate, cheprofumo
casto diingenui affetti, di elevati sensi in tale incidente grazio-so, e sopratutto che forza nel verso! (Se
non
erro, mol-to vi è della benedetta esempre
piantamadre mia
nellamaschia
eloquenza della ConfortiniZambusi,
e s1
in-tende
eh
1 eran della stessa terra : educate aglistes-— 100 —
si studi severi, poiché la signora Lucia
compose
elegie ni latino; educate
dunque
agli stessi sentimenti di pie tà, di santo entusiasmo religioso,come
s1 usava nelle oneste famiglie
una
volta. Di più v1 èuna
circostanza, cheleappajamaggiormente:
laLucia
Confortini si scopri!poetessa,per
una
bellaodecon cui,inuna
notte dimaggio, fanciulla in convento, salutava daun
punto all1
altro il
Creatore, facendo rimanere estatiche le sue
compagne.
Diròaltrove come, con
una
sorpresa simile, ilNume
colse
mia madre
: per ora termineròannoverando
al-icuni lavori della
Lucia
Confortini, ch’ionon
conosco,ma
cheimmagino
scritti con quell’onda di eloquenzaJdi sentimento e di poesia che s’ appalesa nei pochi versii]
a
me
noti. Forse che dall’ oscillard’una
cordanon
sipuò giudicare dell’arpa ?...
Un poema
sotto il titolo di Novella, in ottavarima
; Missolungi, coi tipi delSicca inPadova.Un
altro laDon-na.
Un
capitoloLa
scelta della sposa in terza rima,jj