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L’andamento delle attività della Camera arbitrale e le proposte di riforma

Nel documento Relazione annuale 2014 (pagine 190-194)

Attualmente la Camera arbitrale per i contratti pubblici, come è noto, esercita le funzioni rispettivamente previste dall’art. 242, co. 1 e 7, dall’art. 243, co. 5, 6 e 9, e dall’art. 241, co. 9 e 10, del Codice dei contratti pubblici. In particolare, cura la formazione e la tenuta dell’albo degli arbitri e dell’elenco dei periti al fine della nomina dei consulenti d’ufficio nei giudizi arbitrali, redige il codice deontologico degli arbitri camerali, provvede agli adempimenti necessari alla costituzione e al funzionamento del collegio arbitrale, nell’ipotesi di mancato accordo tra le parti per la nomina del terzo arbitro, cura annualmente la rilevazione dei dati emergenti dal contenzioso in materia di lavori pubblici per la successiva trasmissione all’Autorità. Inoltre, determina il compenso degli arbitri e dei consulenti tecnici d’ufficio, nonché la misura dell’acconto e il saldo per la decisione della controversia; provvede, infine, all’amministrazione del deposito dei lodi.

La tenuta degli albi e la nomina di arbitri e consulenti tecnici d’ufficio

L’iscrizione all’albo degli arbitri, dal quale la Camera arbitrale provvede a individuare il nominativo del terzo arbitro nell’ipotesi di sua competenza, è limitata - a causa della sopravvenienza rispetto al disposto dell’art. 242, co. 6, del Codice dei contratti, dell’art. 1, co. 18, della l. 190/2012, che ha escluso la legittimazione ad assumere incarichi nei giudizi

arbitrali da parte di magistrati ordinari, amministrativi, contabili, militari, componenti delle commissioni tributarie, nonché di avvocati e procuratori dello Stato - a soggetti, appartenenti a determinate categorie, in possesso dei requisiti di onorabilità fissati dalla Camera e che non si trovino, per tutto il periodo di iscrizione, in situazioni di conflitti di interesse.

L’iscrizione all’elenco dei periti per la nomina da parte del Consiglio della Camera arbitrale, previa richiesta dei collegi arbitrali, dei consulenti d’ufficio è invece limitata, ai sensi dell’art. 242, co. 7, del Codice dei contratti pubblici, ai tecnici in possesso del diploma di laurea in ingegneria o architettura, nonché ai dottori commercialisti in possesso dei medesimi requisiti professionali.

Anche per il 2014 è stata confermata la tendenza per la quale le concrete nomine nelle funzioni in oggetto ricadono in prevalenza più o meno marcata, per il terzo arbitro, su soggetti titolari di competenze ed esperienze giuridiche; per il consulente d’ufficio, le nomine ricadono, invece, su soggetti titolari di competenze ed esperienze ingegneristiche45).

Ciò premesso, occorre sottolineare l’opportunità di mantenere in vigore sia l’albo che l’elenco in esame, tuttavia prefigurando per l’accesso ai medesimi, standard più elevati idonei a garantire una migliore e più adeguata professionalità, nonché requisiti di moralità e onorabilità più certi in capo agli iscritti. A questo fine dovrebbe essere direttamente la fonte di rango legislativo a predeterminare, secondo criteri rigorosi i suddetti requisiti, demandando alla Camera arbitrale, in sede di formulazione del codice deontologico o di altro atto generale, la declinazione di questi più elevati requisiti e le modalità della loro dimostrazione, e mantenendo nel contempo, sempre in capo alla Camera arbitrale, la verifica del loro possesso da parte dei candidati all’iscrizione nonché del loro mantenimento per tutto il periodo di validità dell’iscrizione stessa.

In tale contesto, infine, merita di essere considerata la questione, da alcuni sollevata, del mantenimento o meno delle disposizioni normative relative alla nomina ad opera delle amministrazioni dei dirigenti pubblici come arbitri di parte, introdotte dall’art. 1, co. 22-24, l. 190/2012. Qualora si optasse per la soluzione positiva, fermi restando in ogni caso gli obblighi di pubblicità, trasparenza e rotazione nelle nomine, si ritiene opportuno almeno integrare il disposto precettivo esistente con la previsione per cui il dirigente

pubblico nominando dovrebbe comunque essere incardinato in un’amministrazione afferente a un comparto diverso da quello cui afferisce l’amministrazione parte in lite, evitando situazioni anche estreme, ma di autentico paradosso, per le quali a un medesimo organo vengono ora attribuiti i poteri di selezione e di controllo disciplinare sul soggetto designato quale arbitro.

Inoltre, per ciò che concerne la composizione del collegio arbitrale, potrebbe valutarsi l’opportunità di prevedere una misura legislativa che assegni alla Camera il compito di determinare requisiti di onorabilità, moralità e professionalità analoghi a quelli stabiliti per l’iscrizione all’albo, nonché il compito della verifica del possesso dei requisiti stessi, e dell’assenza di situazioni di conflitto di interessi, in capo ai soggetti autonomamente scelti dalle parti del giudizio arbitrale.

Il meccanismo di individuazione degli arbitri potrebbe essere ulteriormente rafforzato prevedendo regole volte ad assicurare la rotazione degli stessi.

Tali misure potrebbero contribuire alla riduzione del dualismo attualmente presente nel Codice dei contratti pubblici, auspicando l’unificazione dei due modelli dell’arbitrato libero e dell’arbitrato amministrato, in modo da eliminare duplicazioni e complicazioni obiettivamente poco razionali, e agendo positivamente sul grado di qualità professionale nella gestione delle procedure.

I compensi degli arbitri e dei consulenti tecnici d’ufficio e il riparto delle spese del giudizio arbitrale

I compensi liquidati a favore dei collegi arbitrali dalla Camera arbitrale per i 23 lodi amministrati depositati nel 2014 ammontano a 758.175 euro, per una media pari a 32.974 euro, a sua volta calcolata tenendo conto di un compenso minimo pari a 14.000 euro e di un compenso massimo pari a 87.967 euro; lo scostamento in diminuzione rispetto alle richieste dei collegi arbitrali è risultato complessivamente pari al 29,62%. I compensi liquidati a favore dei 20 consulenti d’ufficio nominati dalla Camera arbitrale ammontano, nel 2014, a 451.989 euro, per una media pari a 22.599 euro, a sua volta calcolata tenendo conto di un compenso minimo pari a 14.763 euro e di un compenso massimo pari a 61.527 euro; lo scostamento in diminuzione rispetto alle richieste dei consulenti è risultato complessivamente pari al 21,12%.

Con riferimento alle spese per il giudizio arbitrale (quasi sempre calcolate comprendendo anche i compensi per il collegio arbitrale e le altre voci di spesa), va segnalato come dai

lodi amministrati depositati nel 2014 risulti che in un caso il riparto ha penalizzato la parte privata (nella misura del 100%), in otto casi lo stesso è stato paritario tra le parti, in tutti i rimanenti casi ha penalizzato la parte pubblica (in tre casi nella misura del 100%). Dai lodi liberi depositati, risulta che in 12 casi il riparto ha penalizzato la parte privata, in 29 casi è stato paritario, in 16 casi ha penalizzato la parte pubblica (in tre casi nella misura del 100%).

Per una maggiore certezza delle regole di applicazione dell’arbitrato

Un ultimo punto merita di essere preso in considerazione, qualora il legislatore valuti l’ipotesi di una rivisitazione dell’attuale impianto normativo in materia. Ai sensi dell’art. 241, co. 1, del Codice dei contratti pubblici, nel testo attualmente vigente, possono essere deferite ad arbitri «le controversie su diritti soggettivi, derivanti dall’esecuzione dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi, forniture, concorsi di progettazione e di idee, comprese quelle conseguenti al mancato raggiungimento dell’accordo bonario previsto dall’articolo 240».

In effetti, i dati riferiti al 2014 e relativi alla tipologia di appalto interessata dal ricorso all’arbitrato confermano la vocazione tradizionale dell’istituto, quale metodo alternativo di risoluzione delle controversie concernenti soprattutto l’appalto di lavori e, in misura nettamente inferiore, gli appalti di servizi. Per quanto riguarda i lodi pronunciati all’esito di una procedura amministrata, in particolare, solo in tre casi la controversia concerneva un appalto misto lavori-servizi e in un quarto caso un appalto misto di lavori-servizi-forniture; per quanto riguarda i lodi pronunciati all’esito di una procedura libera, in sedici casi la controversia riguardava un appalto di soli servizi, per il resto invece riguardava un appalto di lavori.

Del resto, anche prendendo in esame i soli lodi amministrati, il 2014 ha confermato, come rilevato negli anni precedenti, la varietà di contenuti che l’arbitrato può presentare. Merita comunque di essere segnalato, da un punto di vista più generale, l’incremento della domanda da parte dell’appaltatore della risoluzione per gravi inadempimenti e violazioni degli obblighi di collaborazione da parte della stazione appaltante, spesso imputati a cattiva e inadeguata progettazione, carente dei requisiti di cantierabilità, a sospensione dei lavori, a ritardi nelle operazioni di competenza della stessa e conseguente dilatazione dei tempi di esecuzione delle prestazioni dedotte in contratto.

Capitolo 9

Nel documento Relazione annuale 2014 (pagine 190-194)