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Le audizioni in Parlamento

Nel documento Relazione annuale 2014 (pagine 47-55)

I rapporti istituzionali

2.1 Le audizioni in Parlamento

La necessità di risolvere ambiguità, criticità e lacune presenti nelle norme di recente emanazione, oltre agli interventi normativi che hanno determinato un impatto sul decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in

attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), di seguito denominato “Codice” o

anche “Codice dei contratti pubblici”, spesso risultato di un’attività di decretazione d’urgenza e sovrapposizioni normative che, anche in relazione alla materia dell’anticorruzione e della trasparenza, si sono rivelate non esenti da problemi interpretativi e applicativi, hanno richiesto un confronto sistematico tra l’Autorità, il Governo e il Parlamento.

In tale contesto, hanno assunto particolare rilievo gli interventi riconducibili all’esercizio delle funzioni, attribuite all’Autorità dal d.l. 90/2014, di regolazione, vigilanza e controllo sul rispetto dei principi di correttezza e trasparenza nelle procedure di affidamento di contratti pubblici. L’esercizio di tali compiti istituzionali si è sostanziato nel contributo critico al progetto di riforma del Codice e di una sua integrale riscrittura, resa necessaria in occasione del recepimento delle tre direttive comunitarie 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE. Proprio con riferimento al Codice e al Regolamento di attuazione ed esecuzione

del Codice dei contratti (di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 5 ottobre 2010,

n. 207 (Regolamento di esecuzione e attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante

“Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle Direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE”) di seguito denominato “Regolamento”, assumono

particolare rilievo le osservazioni espresse in relazione a recenti iniziative legislative del Governo che, per assicurare il perseguimento dei risultati e l’efficienza nella realizzazione di opere pubbliche di rilevanza strategica, hanno introdotto ulteriori “eccezioni” alla normativa vigente, confermando una prassi derogatoria anch’essa foriera di sistematiche distorsioni. Sempre in tema di contratti pubblici, l’Autorità è stata anche ascoltata in un’audizione informale nell’ambito dell’esame dei progetti di legge per la riforma del terzo settore, in merito al quale, l’Autorità ha in programma di adottare a breve delle linee guida

ad hoc, volte anche a regolare l’affidamento dei contratti pubblici alle cooperative sociali.

Relativamente al tema della prevenzione e del contrasto alla corruzione si segnalano le audizioni svolte sul disegno di legge anticorruzione e quella relativa alle incompatibilità in

relazione alle fattispecie del mandato di parlamentare e dell’appartenenza agli ordini professionali.

Il disegno di legge di recepimento delle direttive europee sugli appalti pubblici

L’Autorità è intervenuta, in più occasioni, in merito all’esame del disegno di legge 1678/2014, di recepimento delle direttive comunitarie. Tra i primi interventi si segnalano le audizioni informali del 18 giugno 2014 e dell’8 gennaio 2015 dinnanzi alla VIII Commissione Permanente (Ambiente, Territorio e Lavori pubblici), rispettivamente della Camera dei deputati e del Senato, e l’audizione formale del 18 febbraio 2015 presso l’VIII Commissione Lavori pubblici del Senato della Repubblica, sulla quale ci si concentrerà anche in virtù delle molteplici considerazioni ivi svolte dal Presidente dell’Autorità.

L’attenzione è stata posta, in primo luogo, sull’esigenza di sviluppare una normativa snella ed essenziale che non si soffermi su aspetti di dettaglio e che possa favorire la flessibilità e l’adeguatezza delle scelte delle SA. In tale contesto, si è evidenziato come l’applicazione di una normativa semplificata sia demandata all’adozione, da parte dell’ANAC, di regole di secondo livello, cioè misure di soft law o soft regulation, quali bandi-tipo, atti interpretativi e linee guida, anche con valore cogente che, nel limitare la discrezionalità e le condotte arbitrarie nella gestione di fondi pubblici, consentano di preservare il principio generale della non derogabilità della norma primaria e di evitare le continue “incursioni normative” di cui è stato oggetto in passato il Codice dei contratti pubblici. Il quadro normativo che si va a delineare rende, infatti, l’Autorità il soggetto istituzionale idoneo ad assolvere alla funzione di definizione di regole applicative delle norme di primo livello e, più in generale, di esercizio delle funzioni di governance previste dall’art. 83 della direttiva 2014/24/UE, finalizzate alla corretta applicazione della normativa.

Emerge, da tale riflessione, un’interpretazione del ruolo dell’Autorità non tanto (o non solo) dimensionato sull’esercizio di funzioni di controllo e vigilanza, quanto sulla capacità di offrire un supporto proattivo agli operatori del settore, sia nella fase di affidamento che in quella di esecuzione dei contratti pubblici, anche attraverso, ad esempio, un potenziamento dello strumento della vigilanza collaborativa o mediante l’introduzione di strumenti mutuati dall’ambito privatistico della normazione c.d. “volontaria”, quali, in sede di monitoraggio di un appalto, il potere di esprimere raccomandazioni o rilievi vincolanti finalizzati alla rimozione di irregolarità e all’adozione di azioni correttive.

Nella stessa direzione converge, inoltre, la proposta di rafforzare l’attività di precontenzioso (di cui si parlerà dettagliatamente nel capitolo 7) - attualmente esercitata dall’Autorità per effetto della previsione contenuta nell’art. 6, co. 7, del Codice - agevolando una sua evoluzione verso una forma di Alternative Dispute Resolution (ADR) di tipo conciliativo, finalizzato alla deflazione del contenzioso sugli appalti.

Parallelamente, viene proposto un rafforzamento dei poteri di intervento dell’Autorità, quali il potere di intervento cautelare sugli atti delle procedure di gara e di esecuzione del contratto, al fine di evitare, in casi di urgenza, danni gravi e irreparabili e il potere di agire in giudizio per la rimozione delle illegittimità riscontrate nell’affidamento o nell’esecuzione dei contratti di appalto, analogamente, in questo caso, a quanto già ipotizzato per l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) dall’art. 21-bis, della legge 10 ottobre 1990, n. 287 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato).

Un aspetto evidenziato dal Presidente dell’Autorità riguarda la previsione (molto apprezzata) nel disegno di legge dell’utilizzo dei c.d. “criteri reputazionali”, ovvero di indicatori del comportamento delle imprese da utilizzarsi nell’affidamento dei contratti pubblici. La questione risponde all’esigenza, sentita da più parti, di introdurre nelle procedure di scelta del contraente criteri connessi al rispetto, da parte degli OE, sia di alcuni principi base di legalità, quali, ad esempio, non aver avuto condotte corruttive o collusive, sia delle condizioni contrattuali in termini di tempi e costi nell’esecuzione dei precedenti contratti pubblici. Parallelamente, si dà anche conto della necessità di qualificare i buyer pubblici, prevedendo la possibilità di espletare procedure di gara in ragione della loro effettiva capacità tecnica e organizzativa.

Un ulteriore punto evidenziato, infine, attiene alla possibilità per l’Autorità, analogamente a quanto viene effettuato dalla Camera arbitrale di cui all’art. 242 del Codice, di curare la tenuta dell’elenco dei commissari, verificando la sussistenza e la permanenza in capo a questi ultimi dei requisiti di moralità e indipendenza, qualora in sede di attuazione del disegno di legge delega si optasse, come è auspicabile, per l’istituzione di un sistema di nomina dei membri delle commissioni di gara secondo criteri di indipendenza o mediante sorteggio.

Il decreto legge “Sblocca Italia” e le concessioni autostradali

Nell’audizione alla Camera dei deputati del 30 settembre 2014, relativa al decreto legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere

pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), convertito con modificazioni dalla legge 11

novembre 2014, n. 164, c.d. “Sblocca Italia”, il Presidente dell’Autorità ha posto l’accento sulla ricerca di un equilibrio tra l’esigenza di semplificare la disciplina normativa in materia di affidamento e gestione dei contratti pubblici e la necessità di prevenire i fenomeni corruttivi che tale semplificazione può agevolare, in assenza di ben precise misure di contrasto.

Il riferimento è, ad esempio, alla scelta di prevedere la figura di un commissario straordinario, dotato di ampi poteri decisionali, per assicurare un’accelerazione dell’iter approvativo dei progetti e con esso del ciclo di realizzazione di opere ritenute di interesse strategico. I suggerimenti nel merito formulati traggono spunto dalla riflessione sulle esperienze pregresse e si focalizzano, da una parte, sulla necessità di identificare forme di bilanciamento ai poteri conferiti alla figura del commissario e, dall’altra, sugli strumenti più idonei a garantire un’efficace gestione del ciclo dell’appalto.

In relazione all’esigenza di rimuovere gli ostacoli alla realizzazione di opere strategiche, dipendenti dalla complessità dell’interazione con un apparato amministrativo fortemente decentrato, cui competono le decisioni relative alla tutela ambientale, paesaggistico territoriale, del patrimonio storico-artistico o della salute e della pubblica incolumità, viene osservato che, se la conferenza dei servizi non ha mostrato efficacia nella risoluzione dei conflitti, sembrerebbe più opportuno, nell’ottica di una maggior tutela dell’interesse collettivo, attribuire capacità decisionale, in caso di dissenso, al potere politico - in particolare al Presidente del Consiglio dei Ministri, in linea con quanto previsto dalla legge obiettivo -, anziché alla figura del commissario.

Sugli strumenti utilizzabili ai fini di un’efficace gestione degli investimenti infrastrutturali, l’accento viene posto sulla facoltà, attribuita sempre al commissario, di bandire la gara anche sulla base dei progetti preliminari, nell’ottica di un’accelerazione dell’inizio delle attività. In proposito, sebbene l’affidamento a contraente generale (CG) sembri offrire maggiori garanzie, in quanto prevede in capo al contraente un’obbligazione di risultato, l’esperienza - come peraltro sarà evidenziato nella parte II - mostra come tale soluzione

non sia sufficiente ad evitare il contenzioso o a contenere i costi di realizzazione delle opere, ma necessita, a giudizio dell’Autorità, della concomitanza di misure preventive come la completa ed esaustiva definizione del progetto preliminare posto a base dell’affidamento.

Particolare enfasi è stata posta dal Presidente dell’Autorità sulla materia, trattata nell’art. 5 dello Sblocca Italia, delle concessioni autostradali. Diversi i profili di criticità rilevati e segnalati nel corso dell’audizione in Parlamento, sostanzialmente riconducibili al fatto che la disposizione configura un affidamento delle concessioni in assenza di procedure concorsuali (effetto dell’ampliamento e dell’unificazione delle precedenti concessioni), potendo con ciò tradursi in una proroga di fatto delle concessioni in essere e in un differimento a volte temporalmente esorbitante, considerata la scadenza prevista di alcune delle concessioni vigenti, delle ordinarie procedure di affidamento richieste. Nello stesso contesto, viene segnalata l’introduzione di una nuova casistica delle circostanze, già disciplinate dal Codice, di “estrema urgenza” (art. 9) che legittima procedure semplificate, oltre ad ulteriori deroghe al Codice stesso inserite allo scopo di accelerare la realizzazione di varie tipologie di interventi. Alcuni dei profili critici evidenziati nel corso dell’audizione sono stati accolti dal legislatore in sede di conversione. Tra questi rientrano alcuni rilievi formulati proprio in relazione all’art. 9 (co. 2), come ad esempio l’ipotesi, inizialmente prevista per i lavori di importo inferiore alla soglia comunitaria, di prescindere dalla richiesta di garanzia di cui all’art. 75 del Codice (lett. a)), oltre all’aver assicurato una maggiore concorrenza con l’elevazione degli OE da tre a cinque a cui formulare l’invito sempre con riferimento agli appalti sotto soglia comunitaria (lett. d)).

Il punti sopra evidenziati sono stati ripresi sia in una lettera del Presidente dell’ANAC del 28 gennaio 2015 indirizzata all’allora Ministro delle Infrastrutture, pubblicata sul sito istituzionale dell’Autorità, sia nel corso dell’audizione del 16 febbraio 2015 nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle concessioni autostradali. In tale sede si è avuto modo di aggiungere alcune riflessioni sullo stato del sistema delle concessioni caratterizzato, da un lato dall’esistenza di contratti di durata elevatissima, e dall’altro da una situazione di blocco vuoi a causa di ricorsi giurisdizionali pendenti su alcune procedure di gara, vuoi per l’incertezza relativa al soggetto che deve subentrare nella concessione. Altri aspetti segnalati dal Presidente dell’Autorità riguardano, infine, la natura giuridica di SA dei

concessionari in relazione all’adeguatezza della quota in-house e la questione della compressione del costo del lavoro nei subappalti.

Il disegno di legge anticorruzione

Nell’ambito dell’indagine conoscitiva in merito all’esame di varie proposte di legge in materia di delitti contro la PA, associazioni di tipo mafioso e falso in bilancio, il Presidente dell’Autorità ha formulato una serie di considerazioni nel corso dell’audizione del 6 maggio 2015 davanti alla Commissione II - Giustizia del Senato, con specifico riferimento ai poteri dell’ANAC contenuti negli artt. 7 e 8 del testo approvato dal Senato. Tra le diverse considerazioni formulate nel corso dell’audizione, si segnalano l’apprezzamento per la norma che consente all’Autorità di ricevere notizie dell’esistenza di procedimenti penali, funzionale all’esercizio delle molteplici attività di vigilanza ad essa affidate dal legislatore, in primis quelle sugli appalti previsti dal Codice, ma anche quelle connesse ai poteri di commissariamento ex art. 32 del d.l. 90/2014 e ai controlli previsti dalla l. 190/2012 sul rispetto dei piani anticorruzione da parte delle PA.

In materia di contratti pubblici è stata anche espressa una valutazione positiva circa l’introduzione della lett. f-bis), del co. 2, dell’art. 1 della l. 190/2012, che estende il campo d’azione delle attività di vigilanza sui contratti di cui agli artt. 17 e ss. del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, tra i quali sono ricompresi, ad esempio, i contratti segretati, per i quali è anche prevista la possibilità di verificare se il vincolo del segreto sia stato correttamente previsto, i contratti aggiudicati in base a norme internazionali e i contratti sui servizi esclusi. Analoga valutazione positiva ha riguardato anche la norma che consente al giudice amministrativo di rendere note all’Autorità controversie dalle quali possano emergere elementi che richiedano suoi interventi. Questa seconda disposizione, tra l’altro, rappresenta un giusto completamento di quanto era già stato previsto dal d.l. 90/2014 in relazione a comunicazioni analoghe inviate all’ANAC dall’Avvocatura dello Stato. Nel complesso, si valuta che l’insieme dei meccanismi sopra delineati permetterebbero all’Autorità di disporre di importanti elementi informativi sia per effettuare ulteriori e più approfonditi accertamenti in ordine alle attività in corso, sia per avviare nuove indagini finalizzate alla prevenzione e al contrasto dei fenomeni corruttivi e dell’illegalità.

Altro argomento menzionato nel corso dell’audizione è la difficoltà, soprattutto per le piccole amministrazioni, di adempiere agli obblighi di pubblicità e trasparenza imposti dal

decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 (Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di

pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni) di seguito

denominato anche “decreto 33”, dovuta sostanzialmente all’entrata in vigore della legge in tempi rapidissimi. Su questo punto, il Presidente dell’Autorità, nell’evidenziare la bontà delle finalità normative, ha auspicato la possibilità di un adattamento progressivo delle amministrazioni verso gli adempimenti previsti, che a regime potranno costituire un vero punto di riferimento per il controllo dei cittadini sull’operato delle PA.

Altro aspetto di interesse discusso in sede di audizione attiene all’opportunità di avviare un approfondimento sulla figura dell’agente provocatore. Al riguardo, il Presidente dell’ANAC ha osservato che tale figura dovrebbe essere intesa non nei termini di un soggetto che ha il compito provocare, in concreto, una situazione corruttiva, come nell’esperienza anglosassone, quanto piuttosto di un soggetto che agisce sotto copertura, con le stesse garanzie previste dall’art. 416-bis del Codice penale o per altri reati, con finalità investigative e di comprensione dall’interno dei meccanismi dell’attività associativa.

Ulteriori argomenti affrontati sono poi quelli attinenti alla scelta, giudicata positiva, di reintrodurre norme che penalizzino concretamente ed efficacemente la fattispecie del falso in bilancio e all’opportunità di far rientrare anche la figura dell’incaricato di pubblico servizio nell’ambito del reato di concussione.

Gli ordini professionali e i conflitti interesse

In occasione dell’audizione dell’11 marzo 2015, presso le Commissioni riunite I e XII - Affari costituzionali della Presidenza del Consiglio e degli interni e Commissione affari sociali, il Presidente dell’Autorità ha formulato una serie di osservazioni in merito alla disciplina delle incompatibilità degli incarichi con particolare riferimento alle fattispecie del mandato parlamentare e delle cariche ricoperte presso gli ordini professionali.

È stato chiarito, innanzitutto, che l’incompatibilità è un istituto previsto dal decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39 (Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di

incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell’articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190) di seguito denominato anche

“decreto 39”, in attuazione di una delega contenuta nella l. 190/2012 allo scopo di evitare che la sovrapposizione di funzioni possa generare conflitti di interesse; la normativa, si precisa, non impedisce ad un soggetto di ricoprire una determinata carica, ma impone allo

stesso di effettuare una scelta qualora vi sia la possibilità di ricoprirne più d’una. Con specifico riferimento al mandato di parlamentare, il Presidente dell’Autorità ha osservato che, pur essendo sul punto la norma ambigua, l’incompatibilità sussiste con riguardo agli organi di vertice degli enti pubblici e non anche verso i consiglieri degli ordini professionali (che, si precisa, non sono organi di vertice.

Nella disamina della problematica, il Presidente ha anche chiarito gli ambiti di competenza dell’Autorità in relazione al fatto che, in materia di inconferibilità e incompatibilità, il legislatore affida all’ANAC la vigilanza sugli enti pubblici, prevendo al tempo stesso la disciplina delle incompatibilità dei parlamentari per i quali, invece, sussistono delle prerogative costituzionali in capo al Parlamento. Sul punto si è chiarito che la valutazione delle incompatibilità degli enti pubblici spetta al responsabile della prevenzione della corruzione (RPC), mentre l’attività di vigilanza è affidata all’Autorità, che non ha, tuttavia, alcun potere di accertamento e contestazione delle cause di incompatibilità per i parlamentari in quanto tali poteri sono riservati dalla Costituzione alla camera di appartenenza del parlamentare interessato. Nel caso poi in cui le valutazioni espresse dai tre attori in gioco fossero divergenti, prevarrebbero le decisioni assunte dall’organo “superiore” ovvero dal Parlamento.

Altro punto affrontato riguarda la normativa sull’inconferibilità degli incarichi per la quale l’ANAC ha chiesto da tempo una revisione. Uno degli aspetti più critici della norma riguarda la definizione degli incarichi di amministratore di enti pubblici e di enti privati in controllo pubblico prevista nel d.lgs. 33/2013, la quale fa riferimento a «gli incarichi di presidente con deleghe gestionali dirette, amministratore delegato e assimilabili, di altro organo di indirizzo delle attività dell’ente, comunque denominato, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico». In merito, si è sottolineata, ad esempio, la difficoltà di valutare l’eventuale attività di delega gestionale diretta del presidente, che non solo richiede di verificare i regolamenti e gli statuti dell’ente, ma anche di valutare i poteri che, in concreto, sono esercitati.

È stata poi rilevata l’inapplicabilità dell’inconferibilità per alcuni reati, soprattutto in relazione ad alcune ipotesi di reato tentato; ad esempio, la norma riguarda la concussione e l’abuso d’ufficio, ma non anche il tentativo di concussione, che può essere ritenuto più grave dell’abuso d’ufficio.

Nel documento Relazione annuale 2014 (pagine 47-55)