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Le principali esperienze applicative

Nel documento Relazione annuale 2014 (pagine 158-166)

Le misure straordinarie per la gestione dei contratti pubblici

6.2.4 Le principali esperienze applicative

Malgrado l’istituto di cui al citato art. 32 sia di recente introduzione, di esso è stata già fatta una significativa sperimentazione pratica.

Dalla data di entrata in vigore del decreto legge al 30 maggio 2015, sono state formulate 11 richieste di applicazione delle misure di straordinaria e temporanea gestione ex articolo 32, co. 1, di cui otto richieste di commissariamento di appalti o concessioni e tre proposte di sostegno e monitoraggio delle imprese. Nella totalità dei casi, il prefetto competente ha condiviso la valutazione dell’ANAC e ha disposto la misura straordinaria proposta. La misura del sostegno e del monitoraggio, in particolare, si è rivelata di grande efficacia nelle ipotesi di minore compromissione dell’OE, laddove non è stata riscontrata l’eccezionale gravità dei fatti, né il carattere seriale delle condotte ma si è ritenuto comunque necessario costituire un presidio di legalità nell’impresa, oppure nei casi in cui sono stati coinvolti negli illeciti soggetti diversi dagli amministratori o dai legali rappresentanti dell’impresa, ma tuttavia capaci di condizionarne l’operato, per la posizione o il ruolo ricoperti all’interno della stessa.

L’Autorità ha ritenuto importante valorizzare il sostegno e il monitoraggio, benché nella formulazione letterale del testo normativo appaia come una misura di carattere residuale da disporre nei meri casi in cui le indagini «riguardino componenti di organi societari diversi» da quelli contemplati nel primo co. dell’art. 32, in considerazione del fatto che essa ha un ambito di efficacia che trascende il singolo appalto che ha dato origine al procedimento di adozione della misura e consente, in quanto tale, una virtuosa revisione sotto il profilo organizzativo e gestionale della società nel suo complesso, anche a garanzia della legalità degli altri appalti pubblici attualmente in corso e, potenzialmente, anche di quelli futuri. Trattandosi di strumenti di prevenzione amministrativa della corruzione, lo stesso commissariamento dell’appalto al quale si è fatto ricorso nella maggioranza dei casi, si sarebbe rilevato più efficace ove combinato con un monitoraggio dell’impresa nel suo complesso.

Nella medesima prospettiva, l’ordine di rinnovazione degli organi sociali, di cui all’art. 32, co. 1, lett. a), che alla data odierna non ha trovato applicazione pratica, rischia di tradursi

in una misura meramente formale, ove la sostituzione dei soggetti coinvolti negli illeciti non sia affiancata dalla “vigilanza” di esperti prefettizi, chiamati a valutarne l’efficacia sostanziale in termini di effettivo rinnovamento.

Al fine di avviare una sperimentazione della misura con questa chiave di lettura, si è proposto alla Prefettura di Milano di disporre il sostegno e il monitoraggio della Società Italiana Costruzioni S.p.A., con riferimento al contratto di appalto dei lavori di realizzazione di “Palazzo Italia”. In tale occasione, anche in considerazione della ristrettezza dei tempi, dettata dall’esigenza di portare a termine i lavori entro la data prevista per l’inaugurazione dell’evento Expo, si è ritenuto più efficace integrare la misura del sostegno e del monitoraggio dell’impresa di cui all’art. 32, co. 8, con la previsione di porre in capo agli esperti prefettizi il compito di impartire agli organi di amministrazione della società anche direttive nell’ottica di un suo rinnovamento sostanziale, almeno per ciò che concerne la gestione delle commesse pubbliche.

Sotto il profilo temporale, i nuovi istituti introdotti dal decreto legge 90 hanno avuto un’applicazione immediata, sulla scia delle note vicende giudiziarie e dei gravi episodi di corruttela che hanno interessato il contesto dell’Expo e del Mose, che rappresentano, attualmente, le più importanti e rilevanti opere pubbliche del nostro Paese.

Infatti, all’indomani dell’entrata in vigore della nuova decretazione d’urgenza, il Presidente dell’ANAC, sulla base della vicenda giudiziaria che ha interessato alcuni soggetti dell’Impresa di costruzioni Giuseppe Maltauro S.p.A., sfociata in un’ordinanza di applicazione di misure cautelari, si è trovato ad affrontare la delicata e complessa questione dell’applicabilità dell’istituto del commissariamento di cui all’art. 32, del d.l. 90/2014, all’appalto delle cc.dd. “Architetture di servizio”, afferenti al sito dell’Esposizione universale, aggiudicato proprio all’Impresa di costruzioni Giuseppe Maltauro S.p.A., quale mandataria del RTI con la Società Cefla Soc. Coop.

Il 10 luglio 2014, appena 15 giorni dopo l’entrata in vigore del decreto legge, è stata formulata al Prefetto di Milano la “richiesta di straordinaria e temporanea gestione della Maltauro S.p.A.”, proprio con riferimento al predetto appalto. Si è optato per la proposta della più grave misura del commissariamento dell’impresa, ex art. 32, co. 1, lett. b), in virtù della condotta illecita posta in essere dall’indagato nella sua qualità di amministratore pro-tempore della Società in questione, come rilevata dalle numerose intercettazioni telefoniche ed ambientali, che hanno consentito l’apprezzamento dell’eccezionale gravità

dei fatti. Tali valutazioni hanno trovato la piena condivisione da parte del Prefetto di Milano che, il successivo 16 luglio, ha adottato il provvedimento prefettizio di commissariamento dell’Impresa Maltauro.

La medesima misura è stata proposta, in data 22 ottobre 2014 e disposta dal Prefetto di Milano il successivo 3 novembre, anche in relazione all’appalto aggiudicato dalla Società Expo S.p.A. e relativo alle “Vie d’Acqua Sud-Canale e Collegamento Darsena-Expo/Fiera”, con riferimento all’Impresa di costruzioni Giuseppe Maltauro S.p.A, aggiudicataria in qualità di mandataria, e all’Impresa Tagliabue S.p.A nella sua veste di mandante.

Gli elementi probatori attestanti che l’appalto era stato acquisito in modo illecito si sono ricavati integralmente dall’ordinanza di custodia cautelare emessa per i delitti di concorso in turbata libertà degli incanti, ex artt. 353 e 353-bis del Codice penale e di concorso in corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio, proprio con riferimento alla citata procedura di gara, dal GIP (giudice per le indagini preliminari) presso il Tribunale di Milano, il 13 ottobre 2014, nell’ambito del procedimento penale n. 948/11 R.G.N.R. (registro generale notizia di reato).

Qualche settimana dopo, il 6 novembre 2014, sulla scorta delle note vicende giudiziarie che hanno coinvolto i vertici del Consorzio Venezia Nuova e gli amministratori di alcune delle principali società consorziate, si è chiesto al Prefetto di Roma di disporre la straordinaria e temporanea gestione del Consorzio Venezia Nuova, con riferimento al “Sistema Mose”, elaborato da oltre un trentennio per la difesa di Venezia e degli abitati lagunari dalle acque alte e ancora in fase di realizzazione, nell’ambito del rapporto concessorio in essere tra il Ministero delle Infrastrutture - Magistrato alle acque di Venezia e il Consorzio Venezia Nuova.

L’Autorità ha ritenuto pacifica la riconducibilità della suddetta concessione nell’ambito di applicazione soggettivo delle disposizioni di cui all’art. 32, come novellate dal legislatore in sede di conversione. Come si è accennato, infatti, in sede di conversione del d.l. 90/2014, l’ambito di applicazione della norma è stato esteso anche ai «concessionari di lavori pubblici» e ai «contraenti generali». Benché si tratti di soggetti la cui definizione è rinvenibile nel Codice, il mancato richiamo delle relative disposizioni ha indotto l’Autorità a ritenere applicabile la disciplina anche a soggetti che esercitano la predetta attività sulla base di leggi (anche speciali) precedenti all’entrata in vigore del Codice stesso.

La misura, disposta dal Prefetto di Roma con provvedimento del 1 dicembre 2014, costituisce un caso a sé stante rispetto agli altri commissariamenti, atteso che il Consorzio Venezia Nuova si è costituito per la gestione della citata concessione, per cui la straordinaria e temporanea gestione ha comportato l’azzeramento degli organi sociali del Consorzio e la loro sostituzione con i commissari prefettizi.

La valutazione prodromica alla richiesta di adozione della misura si è basata su elementi ricavati dall’ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP presso il Tribunale di Venezia il 31 maggio 2014, nell’ambito dei procedimenti penali n. 12236/2013 R.G.N.R. e n. 12646/2013 R.G.N.R., che ha ricostruito con assoluta chiarezza un sistema corruttivo diffuso, ramificato e consolidato in seno al Consorzio Venezia Nuova, con particolare riferimento ai rapporti che lo legavano all’organo vigilante, il Magistrato alle acque di Venezia. Dalle indagini sono emersi specifici fatti corruttivi legati alla gestione del Consorzio Venezia Nuova per la realizzazione del Mose, che vanno dalla corruzione del Magistrato alle acque di Venezia, per allentare l’attività istituzionale di controllo sul Consorzio, alla corruzione di soggetti operanti a livello centrale, per ottenere finanziamenti per le opere del Mose, influire sulle indagini in corso e ottenere informazioni riservate sulle stesse, fino alla corruzione di soggetti operanti a livello regionale, allo scopo sia di ottenere provvedimenti autorizzativi necessari per le opere del Mose di competenza della Regione Veneto, sia di allentare i controlli a posteriori sugli atti e contratti relativi alle opere del Mose.

La pervasività del sistema corruttivo, consolidatosi in diversi decenni, il carattere seriale delle condotte, accompagnato dalla oggettiva gravità dei fatti, hanno indotto l’Autorità a proporre al Prefetto di Roma l’adozione della più grave misura della straordinaria e temporanea gestione del Consorzio Venezia Nuova, con la contestuale sospensione dei poteri di disposizione e gestione degli organi di amministrazione del Consorzio, ai sensi del co. 3 dell’art. 32.

L’anno 2015 si è aperto con due richieste formulate al Prefetto di Roma, a seguito dei gravi fatti emersi nell’inchiesta “Mondo di mezzo” che ha travolto Roma Capitale, aventi ad oggetto la straordinaria e temporanea gestione di due appalti sui servizi di raccolta, trasporto e conferimento dei rifiuti, aggiudicati da Ama S.p.A., Azienda totalmente partecipata dal Comune di Roma, alla Edera Società cooperativa di Roma e al Consorzio Nazionale Servizi di Bologna.

Anche in questo caso, l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP presso il Tribunale di Roma, in data 28 novembre 2014, ha evidenziato la sussistenza di un sodalizio criminale che utilizzava il metodo mafioso per intervenire nel settore degli appalti pubblici e dei rifiuti in particolare e ha offerto elementi probatori significativi con riferimento alla corruttela posta in essere dagli indagati al fine di pilotare l’aggiudicazione delle gare indette da Ama S.p.A. Il Prefetto di Roma ha condiviso le valutazioni dell’Autorità e ha disposto dapprima il commissariamento dei sopra citati appalti con due decreti del 23 e del 27 gennaio 2015, attualmente impugnati dalle cooperative destinatarie dinanzi al Tribunale amministrativo regionale (TAR) Lazio.

6.2.5 L’interpretazione dei procedimenti ex art. 32, co. 10

In attuazione del protocollo di intesa siglato con il Ministero dell’Interno, l’Autorità ha svolto una costante attività consultiva nei confronti delle prefetture, non solo nei procedimenti di cui al co. 1, ma anche nelle ipotesi di cui al co. 10, su richiesta della prefettura o su istanza della SA o dell’OE.

Invero, proprio l’applicazione delle disposizioni di cui al co. 10 ha rilevato criticità e problematiche tali da richiedere la presenza costante e il supporto continuo dell’ANAC, non solo nella fase valutativa, preliminare all’adozione della misura, ma anche nella fase di esecuzione contrattuale da parte della gestione commissariale. In altri termini, benché l’art. 32 abbia individuato il Presidente dell’ANAC come mero destinatario di una comunicazione da parte del prefetto, il campo dei commissariamenti in costanza di interdittiva antimafia è stato quello che ha visto maggiormente coinvolta l’Autorità, almeno in base all’esperienza del primo anno di applicazione della norma.

A fronte di tale impegno, l’Autorità si è adoperata affinché l’apporto collaborativo prestato nei procedimenti avviati ai sensi del co. 10 trovasse l’avallo del legislatore, intervenendo con delle proprie osservazioni sullo “Schema di decreto legislativo concernente ulteriori disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, recante il codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia”.

In particolare, in tale sede, si è auspicato che il legislatore cogliesse l’opportunità di operare, con il decreto correttivo, il necessario coordinamento del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove

disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136), nel seguito denominato “Codice antimafia”, con la disciplina introdotta

dall’art. 32 del d.l. 90/2014, mediante l’inserimento di una specifica previsione che ponesse in capo al prefetto, all’atto dell’emissione dell’informazione antimafia interdittiva, l’obbligo di verificare la sussistenza dei presupposti per l’adozione delle misure di cui all’art. 32, co. 10 e di informare, sempre nella predetta ottica di coordinamento formale tra le norme, accanto all’impresa, società o associazione interessata, anche il Presidente dell’ANAC.

Tale osservazione è stata recepita nel richiamato decreto correttivo e, in particolare, nell’art. 92, co. 2-bis, nella parte in cui prevede che «il prefetto, adottata l’informazione antimafia interdittiva, verifica altresì la sussistenza dei presupposti per l’applicazione delle misure di cui all’articolo 32, comma 10, del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, e, in caso positivo, ne informa tempestivamente il Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione».

L’inserimento di questa previsione ha consolidato il rapporto collaborativo e la prassi di molte prefetture di chiedere, prima della formale adozione del provvedimento, l’avviso dell’Autorità in ordine alla sussistenza dei presupposti previsti dalla legge e, in corso di esecuzione contrattuale, la collaborazione nel superamento delle principali criticità applicative.

Dalla data di entrata in vigore della legge al 30 maggio 2015, l’Autorità ha prestato la propria collaborazione in 23 procedimenti, di cui nove si sono conclusi con provvedimenti di adozione delle misure straordinarie di cui all’art. 32.

Quanto alle misure disposte, l’Autorità si è sempre espressa nel senso che, fatte salve le situazioni particolari che richiedono una valutazione ad hoc, in linea generale e nell’ottica di utilizzare un criterio uniforme nei confronti delle imprese raggiunte da interdittiva antimafia, non sussistendo elementi oggettivi per parametrare e differenziare la gravità dei fatti che hanno dato luogo al provvedimento prefettizio, la misura generalmente applicabile è quella della straordinaria e temporanea gestione dell’impresa.

Tale posizione ha trovato riscontro nel modus operandi delle prefetture, le quali in otto procedimenti - sui nove sopra citati - hanno disposto la misura del commissariamento. In un solo caso, all’esito di una procedura valutativa che ha trovato la piena condivisione di

questa Autorità, il prefetto competente ha disposto la misura del sostegno e del monitoraggio dell’impresa.

L’esperienza applicativa ha rilevato alcune criticità nelle ipotesi in cui l’interdittiva antimafia sia stata emessa a carico di un’impresa nei confronti della quale era già in corso una misura di straordinaria e temporanea gestione di un appalto, ai sensi dell’art. 32, co. 1. In linea generale, l’Autorità si è espressa nel senso che il prefetto che ha adottato l’interdittiva, anche laddove ritenga sussistenti i presupposti giuridici per l’applicazione del co. 10, si limiterà a prendere atto della gestione commissariale che proseguirà ai sensi del co. 1, fino alla revoca o alla cessazione del precedente provvedimento.

In linea generale, la prassi sta evidenziando le peculiarità di questo procedimento, rispetto a quello generale delineato nel co. 1 e ne sta sperimentando l’efficacia, anche in un’ottica che trascende il singolo appalto che ha dato luogo all’interdittiva.

Invero, nel caso di cui all’art. 32, co. 10, l’evento “a monte” della misura non coincide con un fatto corruttivo o illecito riferibile a un ipotesi contrattuale ben individuata, ma consegue a un giudizio sull’onorabilità dell’OE, sotto il profilo dell’antimafia, che si riverbera sulla complessiva capacità di contrattare con la PA.

Se per un verso, dunque, il commissariamento del singolo appalto rende parzialmente inoperante l’interdittiva nei confronti del contratto oggetto della misura, dall’altro si è posto il problema, soprattutto con riferimento a OE titolari di una moltitudine di contratti pubblici, di attivare un presidio di legalità a tutela di tutti gli appalti/concessioni pubblici in fase di esecuzione o di completamento, per i quali ricorrono le eccezionali condizioni previste dalla norma.

La questione è stata di recente sottoposta all’Autorità con riferimento alla CPL Concordia società cooperativa, destinataria di un’interdittiva antimafia e titolare di un rilevante numero di contratti e convenzioni per la concessione di servizi stipulati con diversi committenti pubblici. In questo caso, l’esercizio generalizzato del diritto di recesso da parte delle SA, previsto dall’art. 94, co. 2, del Codice antimafia avrebbe comportato gravi ripercussioni sul piano occupazionale, nonché sulla continuità di servizi e funzioni indifferibili, tenuto conto del consistente numero di posti di lavoro a rischio, stimabile in oltre 1.800, e della prevalente incidenza nell’ambito della Provincia di Modena.

La salvaguardia dei livelli occupazionali, nel caso di specie, non avrebbe potuto prescindere da un’approfondita disamina dei molteplici contratti pubblici, in primis, al fine

di individuare quelli in corso di esecuzione o di completamento e, in seconda istanza, di selezionare i contratti la cui esecuzione o prosecuzione fosse ritenuta urgente e necessaria, in considerazione dell’elevato importo dell’appalto e del numero di lavoratori impiegati. Sulla base delle valutazioni che precedono, l’Autorità ha espresso l’avviso, condiviso dal Prefetto di Modena, competente all’adozione del provvedimento, secondo cui le posizioni economiche e sociali, congiuntamente ai preminenti interessi pubblici coinvolti avrebbero trovato adeguata tutela solo mediante la disposizione della misura della straordinaria e temporanea gestione di cui all’art. 32, co. 1, lett. b), con riferimento a tutti i contratti d’appalto e alle concessioni di natura pubblica in corso di esecuzione, per i quali sussistono i requisiti di cui al co. 10.

Parimenti si è ritenuta opportuna la nomina di tre commissari, incaricati espressamente di svolgere anche funzioni di sostegno e monitoraggio dell’impresa, al fine di costituire un presidio di legalità degli affidamenti e di affiancare l’OE in una revisione organizzativa e gestionale.

Si è trattato di una prima significativa sperimentazione che potrebbe portare, in alcune fattispecie, a una nuova chiave di lettura del binomio interdittiva antimafia-commissariamento, nell’ottica di salvaguardare, sul piano della prevenzione amministrativa, i preminenti interessi pubblici previsti dalla norma e riportare, al contempo, l’impresa in bonis, attraverso la revisione organizzativa e gestionale promossa dai commissari.

Capitolo 7

Nel documento Relazione annuale 2014 (pagine 158-166)