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I pareri resi sulla normativa dei contratti pubblici

Nel documento Relazione annuale 2014 (pagine 179-186)

Le misure straordinarie per la gestione dei contratti pubblici

Capitolo 7 L’attività consultiva

7.2 I pareri resi sulla normativa dei contratti pubblici

Nel corso del 2014 l’attività consultiva, esplicatasi nell’emissione di 32 pareri, ha riguardato alcuni argomenti aventi rilevanza generale di notevole interesse, di seguito brevemente illustrati.

Il Project financing – variazione del PEF

È stato sottoposto all’attenzione dell’Autorità il quesito di una SA che domandava se fosse possibile modificare il PEF, nonché termini e modalità di esecuzione, dell’affidamento di una importante opera infrastrutturale in concessione, derivante da procedimento di project financing (anello circonvallatorio a nord, traforo delle Torricelle). Nella suddetta istanza, esponeva il richiedente che il contratto de quo derivava da un procedimento avviato nel 2008 e concluso con aggiudicazione provvisoria nel 2013. Aggiungeva il richiedente - a seguito dell’aggiudicazione, ma ancora nelle more della sottoscrizione del contratto - che il RTI aggiudicatario aveva inoltrato formale proposta alla SA di modificare l’orizzonte temporale dei lavori prima di addivenire alla stipula della convenzione, chiedendo di realizzare l’intervento strutturale in due fasi temporali successive e distinte, precisando di non voler modificare nessuna caratteristica quali/quantitativa dell’opera, bensì variando unicamente le modalità attuative del progetto, al fine di garantirne la sostenibilità economico-finanziaria. In particolare, si sosteneva che gli interventi sarebbero stati distinti in due successive fasi: nella prima sarebbe stata, principalmente, realizzata una prima carreggiata, con una corsia per senso di marcia, e di un unico fornice bidirezionale per il traforo; nella seconda, sarebbe stato ampliato il

collegamento stradale realizzando la seconda carreggiata in affiancamento a quella già in esercizio e sarebbe stato realizzato il secondo fornice in affiancamento al primo già in esercizio. Questa proposta avrebbe comportato sia una rimodulazione dei termini di entrata in esercizio dei due trafori - il primo nell’anno 2017, il secondo con entrata in esercizio nell’anno 2027 - sia a un aggiornamento del PEF, dovendosi rinvenire le ragioni di tali richieste di modifiche contrattuali nella «mutata domanda di trasporto sull’asse infrastrutturale interessato dai lavori», nonché nelle «condizioni del mercato finanziario, a causa della grave congiuntura economica che ha interessato ogni settore economico del Paese».

Richiamando preliminarmente le caratteristiche principali del rapporto concessorio, con particolare riguardo all’allocazione dei rischi e all’assetto dell’operazione economica, l’Autorità ha esaminato, anche alla luce delle interpretazioni fornite in occasioni analoghe, le ragioni che ammettono la possibilità di variazioni del PEF. L’occasione è stata favorevole per l’Autorità per sviluppare alcune constatazioni di ordine generale, anche de

jure condendo, sui margini di modificabilità dei PEF nei contratti di durata, particolarmente

in tempi di crisi. Nel parere sulla normativa del 17 novembre 2014, infatti, si riconosce che la disposizione codicistica sembrerebbe inidonea ad affrontare la situazione contingente: la crisi economico-congiunturale, che ha investito l’economia italiana e globale, coinvolge, infatti, inevitabilmente, nei suoi effetti negativi, il mercato delle opere pubbliche, in primis quelle di grandi proporzioni quali le concessioni di pubblici lavori. Tenendo conto dell’osservatorio privilegiato di cui gode l’Autorità, si è potuto esprimere l’opportunità di una riflessione tesa a un intervento legislativo, alla luce del fatto che tale vuoto normativo rischia di rimettere all’amministrazione pubblica o al conflitto giurisdizionale decisioni sul caso concreto che potrebbero apparire insoddisfacenti o persino arbitrarie o speculative. L’auspicio verso una soluzione generale e astratta garantirebbe, infatti, un equo bilanciamento tra la necessità di prevedere nuovi casi di ius

variandi delle opere pubbliche in relazione alla contingenza economica e la discrezionalità

di decisioni che, in via amministrativa o giurisdizionale, espandano a dismisura tale (spesso importante) rimedio. La riflessione appare frutto dell’esigenza di individuare un equo contemperamento tra i contrapposti interessi alla sostenibilità delle imprese e all’equilibrio di bilancio pubblico di cui si è auspicato che terrà conto il legislatore in sede di recepimento della direttiva 2014/23/CE.

Nel caso di specie, l’Autorità ha concluso negando alla SA la possibilità di rivisitazione del PEF, esprimendo altresì ragioni di perplessità riguardo alla proposta di proroga contrattuale sulla scorta della asserita diminuzione della domanda di trasporto nonché dell’affermata imprevedibilità della crisi economica globale, i cui primi sintomi non potevano essere ignorati all’avvio della procedura da un OE, con diligenza professionale, che si impegna in un piano pluriennale.

Gli accordi di programma complessi

Un ulteriore caso di particolare rilevanza - sia sotto il profilo economico e strategico che sotto l’aspetto interpretativo e sistematico - riguarda la richiesta di valutare la conformità al Codice dell’ipotesi di affidamento in via diretta della realizzazione di un’infrastruttura ad un operatore privato resosi disponibile all’integrale finanziamento dell’opera, sulla base di un accordo di programma per la realizzazione di un centro commerciale polifunzionale e sottoscritto da un OE internazionale e diversi enti locali e territoriali. Principale scopo di tale accordo era la convergenza di enti pubblici e privati per la realizzazione di un imponente centro commerciale nell’area di un comune partecipante, con annesse opere infrastrutturali, ancillari e funzionali all’opera principale di natura commerciale, ma contestualmente legate alla realizzazione della c.d. “viabilità speciale territoriale”. Nella fattispecie, l’OE richiedente proponeva tre modalità alternative di realizzazione dell’opera, con l’indicazione della chiara preferenza per l’opzione che prevedeva l’esecuzione diretta a cura e spese della multinazionale, mediante stipula di contratto di appalto di diritto privato con affidatario dei lavori scelto senza esperimento di gara pubblica (“realizzazione diretta”), in cambio dell’accollo degli oneri di compartecipazione finanziaria per l’intervento, e indicando, in ordine decrescente di preferenza, due alternative che prevedevano l’attribuzione del ruolo di soggetto aggiudicatore al medesimo OE o alla provincia o in ultima ipotesi la realizzazione mediante affidamento dei lavori con gara pubblica.

L’opzione indicata prevedeva che l’operatore privato si sarebbe impegnato ad assumere gli ulteriori oneri economici della realizzazione della viabilità, a condizione che fossero consentiti l’esecuzione diretta della strada e l’affidamento di contratti di diritto privato, con modalità che sembravano evocare, per terminologia e tipologia, la disciplina dettata dall’art. 176, co. 7, del Codice per il CG. In altri termini, l’operazione che il privato

indicava si sarebbe rivelata, in sostanza, un affidamento di opera pubblica, privo della necessaria gara ovvero un’opera di interesse pubblico realizzata interamente da privato su un bene pubblico, con sub-affidamenti di lavori mediante stipula di contratti di diritto privato, a soggetti di cui non erano stati verificati tuttavia i requisiti di qualificazione e, in particolare, i requisiti di capacità organizzativa e tecnico realizzativa.

La legittimità della prestazione di un’opera acquisita dalla PA, senza gara, in ragione della sua pretesa gratuità sotto il profilo patrimoniale, ha richiamato l’attenzione dell’Autorità sollevando invero momenti di seria perplessità. Sotto un primo generale profilo, si è inquadrata la vicenda nella categoria dei programmi complessi, che - nell’ampia e multiforme disciplina di governo del territorio mediante amministrazione negoziata - riguarda tutti quegli istituti che trasferiscono sul piano negoziale i rapporti tra i soggetti pubblici coinvolti e quelli tra gli stessi soggetti pubblici e i privati interessati, a fini urbanistici.

A tal proposito, con il parere sulla normativa del 21 gennaio 2015, l’Autorità ha sottolineato l’importanza di non eludere l’effetto utile della direttiva, cioè l’assoggettabilità alla disciplina concorrenziale di tutte le opere pubbliche, cioè rispondenti all’interesse generale e realizzate a vantaggio della collettività. E richiamando un proprio precedente atto a carattere generale sui c.d. “programmi complessi” (determinazione n. 4 del 4 febbraio 2008), ha evidenziato tutte quelle specifiche clausole dell’accordo di programma dalle quali si poteva ricavare la sussistenza di uno scambio che assumeva carattere essenziale nella trattativa e consentiva, dunque, di affermare la natura negoziale dell’accordo, la cui realizzazione deve essere disciplinata in applicazione analogica dell’istituto delle opere a scomputo previsto all’art. 32, co. 1, lett. g), per le opere sopra soglia, e agli artt. 121 e 122 del Codice, per le opere sotto soglia.

Sulla scorta di tali premesse, l’Autorità ha concluso per il necessario assoggettamento al Codice della realizzazione della strada Cassanese bis, escludendo che si potesse accedere all’ipotesi di permettere l’esecuzione diretta, a cura e spese dell’OE multinazionale, mediante stipula di contratto d’appalto di diritto privato con affidatario dei lavori scelto senza esperimento di gara pubblica.

Il contratto di disponibilità e la realizzazione di opere demaniali o da realizzarsi su demanio pubblico

È stato chiesto, da parte del concessionario ex lege dell’infrastruttura demaniale su cui insiste il realizzando intervento, l’avviso dell’Autorità circa la possibilità di ricorrere al contratto di disponibilità (art. 3, co. 15-bis e art. 160-ter del Codice) per l’affidamento da parte di una società pubblica di progetto, di lavori di completamento/adeguamento di un importante tratto stradale (E78 Grosseto-Fano). Nel quesito, volto al superamento di quanto osservato nella determinazione n. 4 del 22 maggio 2013 circa i limiti all’utilizzo del contratto di disponibilità in caso di opere demaniali o da realizzarsi sul demanio, è stata fatta valere la circostanza per cui le aree di sedime demaniale su cui dovrebbe realizzarsi l’intervento sono in concessione all’istante in virtù di una norma di legge e diventerebbero oggetto di subconcessione all’affidatario del contratto di disponibilità: ciò comporterebbe la titolarità, in capo all’affidatario, di un diritto di natura non tipicamente reale, ma avente portata concessoria nei confronti dell’opera realizzata, con la conseguenza che, al termine del contratto, l’acquisizione dell’infrastruttura sarebbe necessaria (e non già facoltativa come nel contratto di disponibilità), data la natura dei beni e la loro non fungibilità a corrispondere ad interessi diversi da quelli pubblici, propri dei beni appartenenti al demanio stradale.

La risposta al quesito ha richiesto l’analisi del contratto di disponibilità di cui l’Autorità ha evidenziato il carattere innovativo di strumento negoziale estremamente duttile con il quale l’amministrazione, per il tramite di procedure ad evidenza pubblica, promuove la realizzazione di un’opera privata (e che salvo diverso avviso dell’amministrazione rimane tale) gravata da un vincolo di destinazione allo svolgimento di un servizio pubblico, di cui si assicura la disponibilità per un certo lasso temporale avendo garantito dal privato proprietario il mantenimento dei livelli di funzionalità pattuiti.

A fronte della caratteristica peculiare del contratto di disponibilità rappresentata dalla proprietà privata dell’opera realizzata, l’Autorità è stata indotta a confermare, con il parere sulla normativa del 23 gennaio 2015, la posizione assunta nella determinazione 4/2013 - secondo cui il contratto di disponibilità non può riguardare opere demaniali o da realizzarsi sul demanio pubblico, mentre può essere utilmente impiegato per la realizzazione di aree immobiliari - non ritenendo significativa la circostanza che l’area demaniale sia oggetto di concessione e che quindi l’affidatario del contratto di disponibilità, benché non proprietario, sia titolare di un diritto avente portata concessoria.

Ciò in quanto la concessione ex lege non incide sulla natura demaniale del bene, la quale, a sua volta, esclude che l’area (e l’opera) possano considerarsi di proprietà di “terzi”, in difformità a quanto risulta essere uno dei tratti distintivi del contratto di disponibilità, escludendo che l’ipotesi negoziale prospettata corrisponda al modello di contratto di disponibilità tipizzato dal legislatore.

Ad ulteriore conforto di una simile conclusione, l’Autorità ha evidenziato che la circostanza che l’affidatario non sia proprietario ma mero concessionario priva di efficacia l’eventuale risoluzione del contratto di disponibilità giacché l’opera continua comunque a permanere nel demanio dello Stato e priva l’amministrazione della possibilità di scegliere di non acquisirla al termine del contratto, neutralizzando, di fatto, gli strumenti negoziali offerti dal legislatore all’amministrazione per circoscrivere il proprio impegno contrattuale nei limiti in cui l’opera sia rispondente alle caratteristiche prestazionali prestabilite.

I protocolli di legalità e il divieto di subappalto per le imprese partecipanti alla gara

Un quesito di notevole interesse riguardante il contemperamento delle esigenze di tutela della libera concorrenza con la libertà d’organizzazione d’impresa ha riguardato la legittimità della clausola, sovente presente nei protocolli di legalità, che vieta all’aggiudicatario della gara di subappaltare ad altre imprese che abbiano presentato autonoma offerta nella medesima gara.

Sulla scorta delle considerazioni svolte nella determinazione n. 14 del 15 ottobre 2003, che sono state confortate dai più recenti sviluppi normativi e giurisprudenziali, l’Autorità ha valutato che una simile clausola, in quanto limitativa della libertà di organizzazione dell’impresa, nonché della libertà di iniziativa economica privata (art. 41 Cost.), vada applicata nel rispetto del principio di proporzionalità, in un’ottica di contemperamento della necessità di prevenire condotte anticoncorrenziali, anche aventi connotazione mafiosa, con il principio di libera organizzazione dei mezzi imprenditoriali, e dunque partendo dall’analisi, caso per caso, del mercato di riferimento, con la valutazione del livello di rischio condotta in riferimento alla tipologia di lavori/beni/servizi oggetto della gara, al contesto ambientale, al numero e alle dimensioni delle imprese operanti nel settore di interesse, al livello di “influenza” mafiosa nel richiamato settore, ecc. Queste considerazioni - le stesse che hanno indotto ad escludere la clausola in esame da quelle previste nei bandi-tipo di cui all’art. 64, co. 4-bis, del Codice - hanno portato l’Autorità,

come da parere sulla normativa del 12 marzo 2014, a ritenere che la previsione possa rientrare in un protocollo di legalità (o patto d’integrità) solo previa specifica valutazione del livello di rischio di infiltrazioni mafiose nel mercato di riferimento.

Capitolo 8

La risoluzione delle controversie:

Nel documento Relazione annuale 2014 (pagine 179-186)