• Non ci sono risultati.

2.1 La Sicilia e le sue dominazioni

2.1.3 Gli Svevi

Alla morte di Tancredi di Lecce, impegnato per una continuità normanna al potere sui territori dell’Italia meridionale, Enrico VI Hohenstaufen, figlio dell’imperatore Federico I Barbarossa e già al potere nei territori tedeschi, grazie al matrimonio con Costanza d’Altavilla, figlia di Ruggero II, nel 1194 assunse il potere anche sui territori del Mezzogiorno italiano.

La sua presenza però durò solo tre anni. Alla sua morte, la sovranità passò a Federico II, già incoronato, affidato alla reggenza della madre Costanza, anch’essa morta prematuramente nel 1198198.

Rimasto solo, il giovane principe, venne assicurato alle cure di papa Innocenzo III, che riconobbe la successione al trono, ma affiancò a Federico un consiglio di reggenza che aveva il compito di governare il regno fino alla sua maggiore età, dando così inizio ad una nuova dinastia in Sicilia, gli Svevi.

196

Giovanni Vitolo, Medioevo. I caratteri originali di un'età di transizione, Sansoni Editore, 2000, pp.297-300.

197 H. Houben, I Normanni, cit.,p.101.

198 Hubert Houben, Federico II. Imperatore, uomo, mito, Bologna: Il Mulino, 2009, pp.15-25. Cfr. S.

Università degli studi di Pisa Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere

71 Nel 1208, divenuto quattordicenne, Federico assunse i pieni poteri sul regno, e l’anno seguente, per volere papale, convolò a nozze con Costanza d’Aragona199, alla quale lasciò temporaneamente il dominio dei territori italiani, in occasione del primo viaggio nei territori tedeschi, intrapreso per ristabilire il pieno controllo assunto ingiustamente da Ottone IV200.

Al ritorno da questa impresa, dove lasciò nei territori come suo rappresentante il primogenito Enrico, sostò, insieme alla moglie Costanza che lo aveva raggiunto, a Roma, dove il 22 novembre del 1220 fu incoronato imperatore da papa Onorio III201. Una volta riaffermato il suo potere, il sovrano, decise di dedicarsi alla Sicilia, terra molto amata, trasformando Palermo in centro dell’impero e grande città culturale. Il suo regno fu segnato da una forte rivalità con il papato, con il quale ebbe numerosi scontri a causa di una Crociata in Terrasanta più volte rimandata da Federico, scelta che lo condusse alla scomunica da parte di papa Gregorio IX nel 1227202. Finalmente salpato, nel 1228, tramite negoziati, e non attraverso delle battaglie come voleva il papa, cinse la corona di Gerusalemme sposando Isabella di Brienne203.

Il papa, intanto, approfittando della sua assenza, s’impegnò nella conquista dell'Italia meridionale, prontamente fermata da Federico che, tornato di fretta sul territorio, contrastò le forze papali.

Fu con papa Innocenzo IV che si arrivò alla deposizione dal trono di Federico, durante il concilio di Lione nel 1245, dove il sovrano venne accusato d'eresia, bestemmia e spergiuro, ma la decisione non ebbe nessun esito pratico204.

L'imperatore morì nel 1250, mentre cercava di reagire alle disfatte subite in Italia settentrionale contro i comuni205, lasciando come successore al trono imperiale il figlio Corrado IV, affiancato dal figlio Manfredi, al quale cedeva il Principato di Taranto e altri feudi nonché la luogotenenza sul regno di Sicilia.

199 Già sposata con re Emerico d’Ungheria morto prematuramente nel 1204, Norbert Kamp,

COSTANZA d'Aragona, imperatrice, regina d'Ungheria e di Sicilia, in Dizionario Biografico degli

Italiani Treccani, n.30, 1984, http://www.treccani.it/enciclopedia/costanza-d-aragona-imperatrice- regina-d-ungheria-e-di-sicilia_%28Dizionario-Biografico%29/. Data di consultazione: Novembre 06, 2018.

200 H. Houben, Federico II. Imperatore, uomo, mito, cit., pp.20-23.

201 Ivi, p.26. Cfr. Ferdinando Maurici, Federico re di Sicilia e imperatore, in F. Benigno e G.

Giarrizzo, Storia della Sicilia, pp.96-98.

202 H. Houben, Federico II. Imperatore, uomo, mito, cit., p.34. 203

Ivi, pp.28, 35-39.

204 Antonio Menniti Ippolito, Federico II di Svevia, in Enciclopedia Treccani, 2005, http://www.treccani.it/enciclopedia/federico-ii-di-svevia_%28Enciclopedia-dei-ragazzi%29/. Data di consultazione: Novembre 06, 2018.

205

Università degli studi di Pisa Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere

72 I due si aiutarono, per esercitare un forte controllo sul regno ma, già nel 1253, Corrado moriva lasciando il figlio Corradino, ancora bambino, sul trono sotto la tutela papale che, andando contro alla successione, promise il regno a Edmondo Plantageneto, detto il Gobbo, purché occupasse il regno206. Manfredi, tramite un accordo con il pontefice, cercò di sistemare la situazione ma, scatenò una guerra che, mentre in un primo momento verteva verso la sconfitta di Manfredi, si capovolse poi portando l’esercito papale alla resa.

Diffusa, forse da Manfredi stesso, la voce della morte di Corradino, i baroni siciliani, nel 1258, affidarono la corona all’ultimo esponente svevo, scelta che lo tramutò in usurpatore agli occhi di papa Alessandro IV.

In questi anni difficili, Manfredi cercò e ottenne appoggio della corona aragonese, grazie ad un’alleanza matrimoniale tra sua figlia, Costanza di Svevia, e Pietro III d’Aragona.

Scomunicato da Urbano IV nel 1263, il pontefice offrì la corona a Carlo I d’Angiò che durante la battaglia di Benevento, il 26 febbraio del 1266, uccise Manfredi e si impadronì del territorio.

Intanto Corradino IV di Svevia, ormai quattordicenne, nel 1268, intraprese una spedizione allo scopo di riprendere i territori e la corona ma, sconfitto nella battaglia di Tagliacozzo, perse la vita207.

Terminava così la dinastia Sveva, poi rivendicata, nel 1281, da Costanza di Svevia, ora Costanza II di Sicilia e d’Aragona, figlia di Manfredi e moglie di Pietro III d’Aragona.

La politica di Federico II non ebbe una forte influenza artistica.

Negli edifici realizzati durante il suo dominio non troviamo infatti un’unicità stilistica, ma sono presenti alcuni elementi che rimandano alle architetture cistercensi e alle maestranze di quest’ordine208.

Del periodo federiciano restano in Sicilia poche testimonianze architettoniche, soprattutto militari, tra cui i meravigliosi castelli209.

206 Ivi, p.78.

207 Enzo Petrucci, Battaglia di Tagliacozzo, in Enciclopedia Treccani,

http://www.treccani.it/enciclopedia/battaglia-di-tagliacozzo_%28Enciclopedia-Dantesca%29/. Data di consultazione: Novembre 06, 2018.

208 Corrado Bozzoni, Architettura, Regno Di Sicilia, http://www.treccani.it/enciclopedia/regno-di- sicilia-architettura_%28Federiciana%29/. Data di consultazione: Novembre 06, 2018.

209

Università degli studi di Pisa Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere

73 Il primo in questione è Castel Maniace (fig.45), situato sulla punta estrema del’isola di Ortigia, è da annoverarsi, secondo Tota210, «tra le più compiute espressioni, in Sicilia, dell’intenso programma fortificatorio intrapreso dalla Corona sveva a partire dagli anni Trenta del Duecento».

Il castello, infatti, fu edificato per rappresentare l’autorità imperiale anche se fisicamente questa non era presente sul territorio, al fine di scoraggiare eventuali rivolte211.

Costituito da un unico ambiente quadrato cinto, per l’intero perimetro, da un nastro murario continuo, anch’esso di forma quadrangolare, rinserrato ai quattro angoli da altrettante torri scalari dal profilo cilindrico, il castello era destinato allo svago. Questa funzione è suggerita dalla presenza di quattro camini all’interno, dalla finestra che si apre sul mare lungo il fianco meridionale e dalla preziosa entità dei suoi partiti scultorei212.

Dalle lettere lodigiane213 siamo a conoscenza che nel 1240 il castello doveva già essere ultimato; fu modificato poi per via del terremoto del 1693 e ancora a causa dell’esplosione, nel 1704, di una polveriera che si trovava nella torre nord-ovest e che comportò l’abbattimento di quest’ultima. Dell’ originario castello federiciano, oggi sopravvivono, oltre al circuito perimetrale, solamente le ultime due navate del salone prospicienti il lato sud-orientale214.

Spostandoci ad Augusta, è da menzionare il Castello Svevo (fig.46) all’ingresso della città. La prima notizia sul castello risale al 17 novembre del 1239215, in una lettera che Federico II spedì a Riccardo da Lentini dove si deduce uno stato avanzato della costruzione.

210

Francesca Tota, Una committenza imperiale nel Regno di Sicilia: l’apparato scultoreo di Castel

Maniace a Siracusa, in Il Potere dell’arte nel Medioevo: Studi in onore di Mario D’Onofrio, a cura di

Manuela Gianandrea, Francesco Gangemi, Carlo Costantini, Roma: Campisano Editore Srl, 2014, pp.243-244.

211

Ferdinando Maurici, Federico II e la Sicilia. I castelli dell’imperatore, in «Universitates saggi storia arte folklore», Catania: Maimone, 1997, pp. 285.

212 Liliane Dufour, Siracusa città e fortificazioni, Palermo: Sellerio, 1987, pp.33-39. Cfr. Ferdinando

Maurici, Il castel Maniace di Siracusa. Nuova ipotesi di interpretazione di un monumento svevo, in « Mélanges de l'école française de Rome», 1998, p.691. Cfr. AA.VV., Federico II e la Sicilia: dalla

terra alla corona, Sicilia Soprintendenza per i beni culturali e ambientali Palermo, Siracusa: Ediprint,

1995, pp.377-381. Cfr. Stefano Bottari, Monumenti Svevi di Sicilia, Catania: Pellicanolibri, 1984, pp.23-26.

213

F. Tota, Una committenza imperiale nel Regno di Sicilia: l’apparato scultoreo di Castel Maniace a

Siracusa, cit., pp.243-244.

214 F. Maurici, Il Castel Maniace di Siracusa. Nuova ipotesi di interpretazione di un monumento

svevo, cit., p.692. Cfr. AA.VV., Federico II e la Sicilia: dalla terra alla corona, cit., pp.425-428.

215

Università degli studi di Pisa Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere

74 Oggi il castello non corrisponde all’opera originaria ma è il risultato di alcuni rimaneggiamenti Seicenteschi dovuti alla dominazione francese e al terremoto del 1693, nonché per la trasformazione a penitenziario di fine Ottocento216.

Grazie alle ricostruzioni di Agnello217, conosciamo l’originaria planimetria, a pianta quadrata con quattro torri angolari anch’esse a base quadrata e al centro, su ogni lato, altrettante torri, due rettangolari e due poligonali.

Spostandoci a Catania il primitivo castello normanno fu totalmente sostituito, per volere di Federico II, da un nuovo grande castello, l’Ursino218 (fig.47).

Questo è una fortezza urbana che si affacciava sul mare e controllava la città; l’inizio della costruzione è documentato dalle lettere di Federico II, precedentemente citate, del 1239219 dove si parlava del sito di costruzione: protetto dal promontorio alle spalle e con il mare di fronte.

A pianta quadrata con all’interno una corte aperta, con quattro torri angolari cilindriche e quattro torri mediane semicilindriche, anche Castell’Ursino subì variazioni a causa di diversi eventi, come la colata lavica del 1669 che lo allontanò dal mare e il terremoto del 1693: oggi solo il piano terra mantiene l’impianto svevo originario220.

Spostandoci verso l’entroterra siciliano troviamo il Castello di Lombardia di Enna (fig.48), antecedente all’epoca Sveva ma modificato da Federico II, che gli conferì un aspetto fortificato221. Del castello federiciano oggi resta intatta, purtroppo, solo la Torre Pisana, situata nell’angolo nord-ovest del piazzale di San Nicola.

Alla torre, alta e possente, si accede da un ingresso costruito negli anni ’50 del XX secolo, all'interno una scalinata in pietra conduce al primo livello, sul quale si aprono panoramiche finestre, e quindi al grande terrazzo i cui merli, ricostruiti, ricordano il suo ruolo strategico e difensivo222.

Secondo Federico II la bellezza di queste architetture rappresentava la forza del sovrano e il suo controllo sul territorio.

216 Ibidem. 217

Giuseppe Agnello, L’architettura Sveva in Sicilia, Roma: Collezione meridionale, 1935, p.143.

218 Henri Bresc e Ferdinando Maurici, I castelli demaniali della Sicilia (secoli XIII-XV), in Castelli e

fortezze nelle città italiane e nei centri minori italiani (secoli XIII-XV), atti del convegno, a cura di

Francesco Panero, Giuliano Pinto, Cherasco, CISIM 15-16 novembre 2008, Cherasco: Centro Internazionale di Ricerca sui Beni Culturali, 2009, p.274.

219

AA.VV., Federico II e la Sicilia: dalla terra alla corona, cit., pp.465-466.

220 S. Bottari, Monumenti Svevi di Sicilia, cit., pp.35-39.

221 S. Bottari, Monumenti Svevi di Sicilia, cit., pp.49-50. Cfr. AA.VV., Federico II e la Sicilia: dalla

terra alla corona, cit., pp.583-589.

222

Università degli studi di Pisa Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere

75