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Il campanile della Cattedrale di Sant’Agata di Catania

La cattedrale di Sant’Agata a Catania venne edificata per volere di Ruggero I verso il 1094360 subito dopo la realizzazione del monastero, terminato nel 1091.

Queste informazioni ci sono note grazie a dei diplomi, il primo del Gran Conte porta la data del 9 dicembre 1091361 e riferisce l’istituzione del monastero di Sant’Agata, mentre il secondo, dell’anno successivo, riporta la nomina di vescovo al bretone Angerio da parte di papa Urbano II362.

La cattedrale, così come tutti gli edifici normanni, edificati e ridosso della conquista doveva incarnare, il simbolo di forza e di legittimazione del loro potere sul territorio dopo secoli di dominazione saracena.

360 «Anno ab incarnatione Domini 1094 ind. prima, Urbano secundo Papa Romae, Philippo Rege

Franciae, Rogerio, Guiscardi Ducis filio Duce Italiae, Rogerio quoq. Fratre ipsius Guiscardi Comite totius Siciliae & Calabriae Domino, Ansgerius Catanee Abbatiae episcopus coepi hoc aedificare monasterium, et ad finem usq. cōplevi adiuvāte dṅo nostro Iesu Christo», in Tommaso Fazello, De Rebus Siculis decades duae, Palermo: Giovanni Matteo Mayda e Giovanni Francesco Carrara, 1558,

p.67

361

J. Becker, Graf Roger I. von Sizilien: Wegbereiter des normannischen Königreichs, pp.178-179.

362«dominus Ansgerius Cataniae abbas et episcopus cepit hoc aedificare monasterium, et ad finem

usque complevit an. 1091», in Francesco Privitera, Epitome della vita, martirio e miracoli dell’invitta nobilissima e generosa spora di Giesù S.Agata vergine e martire, Catania: Paolo Bisagni, 1690, p.

120.

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122 Fondata vicino al mare, l’edificio contemporaneo purtroppo presenta ben poco dell’originale struttura architettonica, per via di gravi danni subiti nel corso dei secoli a causa dei numerosi eventi naturali verificatisi nella zona, come il sisma del 1169, l’eruzione dell’Etna nel 1669363

e soprattutto il forte terremoto del 1693364 che portò ad una ricostruzione quasi totale dell’edificio, in stile tardo barocco, ad opera di Girolamo Palazzolo365.

Durante questo evento la torre campanaria, eretta nell’angolo nord-ovest dal vescovo Simone del Pozzo366 nel 1387 circa e sopraelevata in diverse occasioni fino al Seicento367, crollò sulla cattedrale distruggendola quasi totalmente; sopravvissero solo le tre absidi, il transetto, parte della facciata e della sacrestia368.

L’edificio contemporaneo è il risultato di diversi interventi apportati nel corso dell’Ottocento, compreso il nuovo campanile realizzato tra il 1867 e il 1869369

, anche se, restano intatte le dimensioni originali della pianta e la disposizione interna degli spazi della cattedrale, grazie alle porzioni murarie sopravvissute con il quale le successive riedificazioni si andarono uniformando.

Della fondazione medievale sono sopravvissute fino ad oggi solo le mura perimetrali comprese quelle del transetto e delle absidi; grazie a queste e ad alcune fonti grafiche si è riusciti ad elaborare una parziale ricostruzione dell’aspetto dell’edificio normanno.

363 Emauela Guidoboni, Catania medievale e il terremoto del 4 febbraio 1169, in Catania terremoti e

lave dal mondo antico alla fine del Novecento, a cura di Enzo Boschi, Roma: Compositori, 2001,

pp.47-51.

364 W. Krönig, Il Duomo di Monreale e l'architettura normanna in Sicilia, cit., p. 146.

365 Giuseppe Bellafiore, La civiltà artistica della Sicilia dalla preistoria ad oggi, Firenze: Le Monnier,

1963, p.156.

366

Salvatore Fodale, DEL POZZO, Simone, Dizionario Biografico degli Italiani Treccani, vol.38, 1990, http://www.treccani.it/enciclopedia/simone-del-pozzo_(Dizionario-Biografico)/. Data di consultazione: Settembre 02, 2019.

367

Giovanni Battista De Grossis, Catanense Decachordum sive novissima sacrae catanensisi

ecclesiae Notitia, vol.I, Catania: Giovanni Rossi, 1642, p.51. Cfr. Vito Maria Amico, Catana illustrata, sive sacra et civilis urbis Catanae Historia, vol.III, Catania: Nabu, 1741, pp.101-104.

368 Eugenio Megnano di San Lio, Giovan Battista Vaccarini. Architetto italiano del Settecento, vol.II,

Siracusa: Lombardi editore, 2008, pp.90-117.

369

Rosario Pennisi, Notizie storiche della Cattedrale di Catania e sull'affresco della grande abside, “Archivio storico per la Sicilia Orientale”, vol.II, 1927-28, pp.289-295, Adolfo Longhitano, La

cattedrale attraverso le epoche, in Catania: Splendore del Barocco. Un itinerario attraverso le chiese del centro storico, a cura dell’Ufficio per i Beni Culturali dell’Arcidiocesi di Catania, Catania 2004,

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123 Le porzioni medievali delle absidi e del transetto sono state più volte prese in esame per riuscire a determinarne una datazione più precisa.

Gally Knight370, lo Schwarz371 e il Bottari372 un secolo dopo, attribuirono queste porzioni murarie alla ricostruzione di fine XII secolo, a causa del terremoto del 1169, mentre il Di Stefano373 e il Gandolfo374 le riportano a prima del sisma, facenti parte della costruzione del tempo di Angerio.

La Bruzelius375, in un recente articolo dedicato alla cattedrale catanese, appoggia la tesi del Gandolfo elaborando nuove teorie che riporterebbero la datazione, delle parti antiche, alla prima costruzione del XI secolo.

370 M. Gally Knight, Relation d’une excursion monumentale en Sicilie et Calabre, Caen, 1839, pp.11-

15.

371 Heinrich Mathias Schwarz, Die Baukunst Kalabriens und Sizilien im Zeitalter der Normannen,

vol.I, Die lateinischen Kirchengründungen des 11. Jahrhunderts und der Dom von Cefalù, «Römisches Jahrbuch für Kunstgeschichte», 1942-44, pp.47-54.

372 S. Bottari, L’architettura della Contea: studi sulla prima architettura del periodo normanno

nell’Italia meridionale e in Sicilia, pp.7-13.

373 G. Di Stefano, Monumenti della Sicilia Normanna, cit., pp.5-7.

374 Francesco Gandolfo, Le cattedrali siciliane nel Medioevo, in L’Europa delle cattedrali, atti del

convegno internazionale di studio, Parma, 19-23 settembre 2006, Milano: A.C. Quintavalle, 2007, pp. 191-207.

375 Caroline Bruzelius, The Norman Cathedral Of Sant’agata In Catania, in L’officina dello sguardo,

scritti in onore di Maria Andaloro, I luoghi dell'arte. Immagine, memoria, materia, a cura di Giulia

Bordi, Iole Carlettini, vol. I, Roma: Gangemi editore, 2016, pp.121-125.

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124 La Bruzelius studiando i resti ritrovati sotto il piano pavimentale durante il restauro del 1950, in cui furono rinvenuti dei solidi supporti progettati per sostenere una rilevante pressione verticale, ipotizza il reimpiego di colonne antiche all’interno della cattedrale di Sant’Agata, paragonandola così alla cattedrale di Cefalù e all’abbazia della Santissima Trinità di Mileto, anche se, per via di un interasse molto ampio, a Catania furono impiegati ulteriori elementi di rinforzo.

Secondo le sue ipotesi, la Bruzelius allontana la cattedrale di Catania dall’influenza dell’abbazia di Montecassino e dai modelli preromanici, con basilica divisa in navate da colonne individuali che sostengono arcate, avvicinandola invece alle costruzioni benedettine transalpine e calabresi, con richiami alle moschee presenti sul territorio all’arrivo dei Normanni, in modo da preservarne un aspetto familiare nella popolazione appena conquistata.

Secondo questo studio, infatti, si possono notare delle similitudini tra la cattedrale catanese medievale e l’abbazia di Sant’Adriano a San Demetrio Corone, in provincia di Cosenza.

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125 Le prime notizie sull’abbazia sono ricondotte al X secolo, quando fu edificata per volere del monaco italo-greco Nilo da Rossano e intitolata ai Santi Martiri Adriano e Natalia. Distrutta dai Saraceni, venne ristrutturata dai Normanni nell’XI secolo e donata ai monaci di Cava dei Tirreni376.

Per tutta l’età medievale mantenne l’aspetto normanno modificato poi a partire dalla fine del XVIII secolo con nuovi lavori di ampliamento e l’edificazione di una nuova zona presbiteriale con cupola377.

Ormai in rovina, la chiesa subirà importanti restauri per tutto il Novecento, in particolare gli interventi del 1948-1955, ad opera di Gisberto Martelli, riportarono alla luce un rosone sopra l’arco absidale, delle finestre in facciata e l’originaria abside d’età normanna al di sotto dell’odierno piano pavimentale378.

L’interno dell’abbazia mostra una divisione in tre navate divise da quattro ampie arcate sorrette da colonne provviste di solide basi e di capitelli d’età classica, come nei resti rinvenuti nella cattedrale di Sant’Agata, e da pilastri.

Difficile poter definire, dai resti emergenti nell’abbazia di Sant’Adriano, la struttura relativa all’impianto del X secolo. Questo sembra potersi identificare in una pianta centrale che, con la piena età normanna, forse in conseguenza del forte terremoto del 1184, sarà modificata con l’attuale aspetto a tre navate divise da archi ogivali e con un’unica abside; inoltre, al periodo normanno, si riporta un protiro in facciata sorretto da leoni stilofori andato perso379.

Questo studio della Bruzelius, sui resti visibili dell’antica cattedrale normanna, mi trova concorde sulla datazione di quest’ultimi, anche per via di un’ulteriore ipotesi che, ponendo l’attenzione sull’antica facciata della cattedrale catanese, riporterebbe tutto l’edificio alla fine del XI secolo.

Volendo cercare di ricostruire un’idea dell’antica facciata di Sant’Agata, distrutta durante il terremoto del 1693 e ricostruita ad opera di Giovanni Battista Vaccarini380, si può provare a farlo grazie al bassorilievo del sarcofago della regina Costanza d’Aragona dove è raffigurata la cattedrale, con tetto a capanna.

376 Adele Coscarella, La chiesa di Sant’Adrianoa San Demetrio Corone (CS): nuove indagini,

Congresso nazionale di archeologia medievale, Centro direzionale CARISPAQ Strinella 88, L'Aquila, 12-15 settembre 2012, a cura di Fabio Redi, Alfonso Forgione, Firenze, 2012, p.154.

377 Ibidem. 378 Ibidem. 379 Ivi, p.158. 380

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126 Da questa rappresentazione, dai resti della pianta e della scansione interna degli spazi, secondo una mia ipotesi, si può comunque supporre che la cattedrale normanna di Sant’Agata, come quella di Messina che vedremo a breve, può aver subito influssi legati non solo all’area calabrese, come suggerito dalla Bruzelius, ma anche ad altri territori normanni dell’Italia meridionale, sempre della fine dell’XI secolo.

Diverse similitudini sono difatti visibili anche nella cattedrale di Bitonto e nella basilica di San Nicola a Bari, iniziate pochi anni prima.

La costruzione della cattedrale di Bitonto ebbe inizio nel 1087 sotto la guida del vescovo Arnolfo e, secondo alcune fonti381, i lavori erano già terminati all’epoca dell’inizio del duomo di Catania; fu completata infatti prima della morte di Arnolfo avvenuta nel 1095382.

In questa costruzione la facciata a salienti, tripartita da lesene che seguono l’andamento interno delle navate, è occupata nel registro inferiore da tre portali d’accesso. Il portale centrale più grande presenta un doppio archivolto ornato con figure animali e vegetali e con cornice decorata con foglie d’acanto scolpite, sormontata da un pellicano383, messo particolarmente in risalto da un protiro con due

381 Pina Belli D'Elia, Bitonto, in Enciclopedia dell' Arte Medievale Treccani, 1992,

http://www.treccani.it/enciclopedia/bitonto_%28Enciclopedia-dell%27-Arte-Medievale%29/. Data di consultazione: Aprile 15, 2019.

382

Ibidem.

383 Il pellicano simboleggia Cristo che dona il proprio corpo come cibo e il proprio sangue come

bevanda durante l’ultima cena. La ragione è legata ad una antica leggenda o meglio ad un errore, simbologia alla generosità della Chiesa. Il Pellicano, in Enciclopedia Treccani,

http://www.treccani.it/enciclopedia/pellicano/. Data di consultazione: Aprile 15, 2019.

Figura 77: Catania, Cappella della Madonna nella cattedrale di Sant’Agata, dettaglio

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127 leoni384 stilofori reggenti colonne con capitelli corinzi sul quale poggiano due grifoni385, il portale maggiore è provvisto sull'architrave di una decorazione, scolpita a bassorilievo, con scene del nuovo testamento mentre, nella lunetta, è rappresentata un Anastasis386.

Nel registro superiore della facciata, incorniciata da archetti pensili, sono visibili quattro bifore poggianti su colonnina; due più grandi nella parte centrale, con doppi archivolti poggianti anch’essi su colonnine, e due più piccole nelle porzioni laterali. In alto la facciata è coronata da un rosone a sedici bracci, inquadrato da un'edicola a tutto sesto sorretta anche’essa da due leoni.

384 Animale araldico degli Altavilla e poi degli Svevi. Luigi Todisco, Scultura antica e reimpiego in

Italia meridionale I: Puglia, Basilicata, Campania, Bari: Edipuglia, 1994, p.413.

385

Emblema araldico normanno, L. Kalby, Tarsie ed archi intrecciati nel romanico meridionale, cit., p.85.

386 P. Belli D'Elia, Bitonto, in Enciclopedia dell' Arte Medievale Treccani,

http://www.treccani.it/enciclopedia/bitonto_%28Enciclopedia-dell%27-Arte-Medievale%29/. Data di consultazione: Aprile 15, 2019.

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128 Altro riferimento alla cattedrale normanna di Sant’Agata è la basilica di San Nicola di Bari.

Bari divenuta città normanna nel 1071387, ospita ancora oggi la basilica normanna di San Nicola i cui lavori ebbero inizio nel 1087 per volere dell’abate Elia, con lo scopo di ospitare le reliquie del santo388.

L'edificio secondo lo Schettini389 è il risultato del riadattamento di una costruzione civile d'età bizantina mentre, al contrario, la Belli D'Elia390 arrivò alla conclusione che San Nicola fosse il frutto di un progetto unitario realizzato nell'arco di un secolo.

In San Nicola, analoga a Bitonto, la facciata si presenta a salienti, tripartita da lesene e coronata da archetti pensili, assenti nella costruzione bitontina.

387 Gioia Bertelli Buquicchio, Bari, in Enciclopedia dell' Arte Medievale Treccani, 1992,

http://www.treccani.it/enciclopedia/bari_%28Enciclopedia-dell%27-Arte-Medievale%29/. Data di consultazione: Aprile 15, 2019.

388 San Nicola di Bari e la sua Basilica: culto, arte, tradizione, a cura di Giorgio Otranto, Milano:

Electa, 1987, p.213.

389 Carl Arnold Willemsen, Dagmar Odenthal, Puglia: terra dei Normanni e degli Svevi, Bari: Laterza

editori, 1978, pp.30-33.

390 Pina Belli D'Elia, La Basilica di S. Nicola a Bari: un monumento nel tempo, Galatina: Congedo,

1985, pp.7-8.

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129 Anche qui la facciata è aperta, nel registro inferiore, da tre portali; il centrale messo in risalto da un protiro con leoni stilofori e lunetta scolpita a bassorilievo, gli ordini superiori sono aperti, invece, da monofore, bifore e da un piccolo rosone centrale che articolano la facciata.

Questa è affiancata da due massicce torri campanarie scalari a pianta quadrata non terminate; si suppone che entrambe fossero già presenti, almeno in parte, all’epoca dell’inizio della costruzione della basilica per via delle loro differenze, in caso contrario se avessero fatto parte di un progetto unitario, si sarebbero realizzate uguali o almeno simmetriche391.

Alla torre di nord-ovest, nota come torre delle Milizie392, si accede dall’interno della basilica e, attraverso una scala molto stretta, si arriva ad un primo vano sovrastato dalla galleria esterna a nord e subito sopra da una tribuna interna.

Lo Schettini avanzò un’ipotesi che vedeva la torre inserita in un precedente edificio di un ufficiale greco, probabilmente imparentato con la famiglia Adralisto, impegnato nella costruzione della chiesa di San Gregorio intorno al Mille393.

Anche la Belli d’Elia concorda nell’affermare che la torre era sicuramente preesistente, anche se il secondo piano fu realizzato solo nel corso del XII secolo394. La torre sud-ovest invece, campanile attuale, venne edificata qualche decennio dopo ma comunque conclusa prima del 1188395, quando venne alterata per accogliere le sepolture dei chierici della Basilica, con la creazione della cappella dei Santi Pietro e Paolo396.

I modelli al quale l'abate Elia dovette ispirarsi per l’edificazione della basilica di San Nicola sono da ricercarsi negli edifici d'età romanica della Francia normanna397, come l’abbazia di Notre-Dame a Jumièges o di Saint-Etienne a Caen che analizzeremo tra poco e che, a mio avviso, furono presi come riferimento anche per l’originaria cattedrale catanese.

391

G. Bertelli Buquicchio, Bari, in Enciclopedia dell' Arte Medievale Treccani, 1992,

http://www.treccani.it/enciclopedia/bari_%28Enciclopedia-dell%27-Arte-Medievale%29/. Data di consultazione: Aprile 15, 2019.

392

Il nome delle Milizie deriva dall’interpretazione dell’architetto Schettini che ipotizzò fosse utilizzata dalle milizie preposte al presidio della torre stessa, Franco Schettini, La Basilica di San

Nicola di Bari, Bari: Laterza, 1967, p. 21.

393 Alfredo Petrucci, Cattedrali di Puglia, Roma: Carlo Bestetti, 1960.

394 P. Belli D'Elia, La Basilica di S. Nicola a Bari: un monumento nel tempo, p.45. 395

Ibidem.

396 San Nicola di Bari e la sua Basilica: culto, arte, tradizione, a cura di G. Otranto, p.214. 397 G. Bertelli Buquicchio, Bari, in Enciclopedia dell' Arte Medievale Treccani, 1992,

http://www.treccani.it/enciclopedia/bari_%28Enciclopedia-dell%27-Arte-Medievale%29/. Data di consultazione: Aprile 15, 2019.

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130 Tornando a concentrarci sulla cattedrale di Sant’Agata, osservando lo spessore murario, le feritoie ed i camminamenti di gronda, oggi ancora visibili nelle parti medievali superstiti, notiamo che questi elementi suggeriscono che la cattedrale catanese, come è solito nelle costruzioni normanne, doveva rappresentare una sorta di chiesa-fortezza. Edificata sul mare, la cattedrale infatti doveva difendere la costa dagli attacchi provenienti dal litorale e con la sua forma imponente e resistente fungeva da simbolo del nuovo forte potere, non solo religioso ma anche politico. Questa tipologia è fra le prime diffuse dai nuovi dominatori che, temendo rivolte dai popoli appena conquistati, realizzarono edifici capaci di resistere a forti attacchi. Riguardo al campanile della cattedrale normanna abbiamo un’importante fonte, il testamento di Angerio398, che attesta la presenza nella primitiva costruzione di due campanili purtroppo mai ultimati posti in facciata, come nelle grandi cattedrali di Monreale o Cefalù ma il Bellafiore399 suppone la presenza di altre due torri poste ai lati del transetto in contrapposizione a quelle della facciata.

398Egli dice «Iustius ecclesie primus fundamina ieci/ muros et turres faciendaque cetera feci».W.

Krönig, Il Duomo di Monreale e l'architettura normanna in Sicilia, cit., p.148.

399

G. Bellafiore, La civiltà artistica della Sicilia dalla preistoria ad oggi, cit., p.156.

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131 Questa ipotesi del Bellafiore ci porta a credere che l’antica cattedrale di Sant’Agata poteva in qualche modo rassomigliare alla cattedrale di Mazara e alla, tutt’oggi visibile, cattedrale di Palermo che affronteremo a breve.

Ciò dimostra che tale tipo d’impianto costruttivo fosse preferito dai Normanni per motivazioni politiche.

Le tre cattedrali, secondo una mia ipotesi, mostrano queste analogie in pianta per via delle diverse problematiche comuni alle città.

Catania, Mazara e Palermo, infatti, con la loro posizione sul mare, avevano maggior bisogno di controllo da parte dei nuovi dominatori, in quanto più facilmente attaccabili dal litorale.

Inoltre, in queste città il clima dopo la conquista era particolarmente teso. La popolazione resistette con forza ai Normanni organizzando attacchi per riprendere il potere; questi scontri ebbero esito positivo con la riconquista di Mazara da parte degli arabi nel 1075 subito ripresa dai Normanni400, lo stesso avvenne a Catania nel 1081401. Queste vicende portarono alla fortificazione delle città comprese le cattedrali, che con le loro alte torri fornirono ottimi punti di vista sul territorio circostante e una posizione vantaggiosa in caso d’attacco.

Grazie allo studio del Bellafiore si può quindi supporre che la cattedrale di Sant’Agata funse da modello per la successiva cattedrale di Palermo, ciò dimostra la grande importanza della costruzione catanese.

Tornando a Catania, l’incompiutezza delle torri in facciata portò all’edificazione del campanile già citato voluto da Simone del Pozzo del 1387 circa402, che affiancò l’edificio fino al terremoto del 1693 quando crollò sul tetto di questo. L’imponente torre campanaria a base quadrata, posta in posizione isolata sul fianco settentrionale della cattedrale, viene raffigurata in alcune rappresentazioni della città tra cui l’affresco conservato all’interno della cattedrale stessa, nella sacrestia, realizzato da

400 J. Becker, Graf Roger I. von Sizilien: Wegbereiter des normannischen, cit., pp.60-61. Cfr. Camillo

Filangeri, Metamorfosi architettoniche, in Trasfigurazione. La Basilica Cattedrale di Mazara del

Vallo. Culto Storia Arte, a cura di Leo Di Simone, Mazara del Vallo: Il Colombre, 2006, p.167.

401 Marina Mangiameli, Catania medievale, Acireale: Bonanno, 2014. Cfr. Antonino Recupero, Tra

Normanni e Svevi,in Guida di Catania e provincia, Catania: Giuseppe Maimone editore, 1991, p.40-

42. Cfr. Salvatore Tramontana, La monarchia normanna e sveva, in Storia della Sicilia, vol.III, Napoli : Società editrice Storia di Napoli e della Sicilia, 1983, pp.435-810.