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Fig. 1. Esempio di font

MUSINT 2. Nuove esperienze di ricerca e didattica nella museologia interattiva, a cura di Anna Margherita Jasink, Giulia

Dionisio, ISBN 978-88-6453-396-4 (online), ISBN 978-88-6453-395-7 (print), CC BY 4.0, 2016 Firenze University Press

I giovani si sono applicati alla creazione dei singoli «segni», sia manualmente che attraverso l’uso di photoshop, coadiuvati da un nostro collaboratore informatico. Tali font, incentrati soprattutto sul «geroglifico cretese», sono un risultato utilissimo per chiunque scriva un lavoro che necessiti di segni o gruppi di segni minoici, in quanto sono accessi- bili direttamente, dopo averli inseriti fra i «caratteri» all’interno del «pannello di control- lo» del proprio computer, come avviene per lettere greche o di qualsiasi scrittura o segno rappresentato da un codice non inserito nella tastiera. Un altro esempio di «laboratorio didattico» nelle prime fasi di DBAS è stata la creazione di bibliografie selezionate, che hanno previsto per gli studenti un attento studio bibliografico, sempre produttivo per chi si avvia a scrivere una tesi, seguito da un inserimento ragionato (con parole chiave indi- cate appositamente a seconda delle tematiche scelte) e quindi con un approccio utile sia nel contenuto che nel metodo di lavoro.

Naturalmente nel corso degli anni DBAS si è accresciuto sia nei contenuti che nelle metodologie usate, rinnovandosi di continuo e continuando a rappresentare struttural- mente un work in progress.

i contenuti

DBAS può essere distinto attualmente in diverse sezioni, alcune più nettamente scienti- fiche, altre a carattere più didattico, ma nell’insieme ciascuna di esse è comprensiva di entrambi gli aspetti. Si considereranno qui di seguito le tre sezioni che meglio dimostra- no una incidenza notevole sull’esperienza didattica universitaria.

Una prima sezione viene definita come DataBases (Fig. 2) ed ha lo scopo di fornire, oltre ad un catalogo di oggetti diversi (dai sigilli ai repertori ceramici ai testi scritti, ecc.), una completa analisi statistica incrociata dei dati selezionati all’interno di ciascuna scheda, con eventuali collegamenti anche ad altre fonti (sia bibliografiche che reperibili su altri siti).

Alcuni database sono completi, come il «database sui sigilli geroglifici cretesi», il «database sulle collezioni egee del Museo Nazionale Archeologico di Firenze», il «data- base sui sigilli a cuscinetto egei». Altri, già in fase di elaborazione da diverso tempo e che

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hanno prodotto, come i precedenti, ricerche concernenti alcuni aspetti specifici, oggetto sia di presentazione a congressi che di pubblicazioni su riviste specialistiche, saranno pronti entro breve tempo (come il «database sulla ‘Questione di Ahhiyawa’», il «database sulle cretule di Haghia Triada», il «database sulle aree di lavorazione dei tessuti in Creta nell’Età del Bronzo»); altri sono ancora in una fase iniziale ma già organizzati in appositi «contenitori». Naturalmente completano questa sezione vari database bibliografici, sia relativi ai database di ricerca sopra menzionati che creati indipendentemente.

Una seconda sezione comprende i tools, cioè strumenti importanti per affrontare ri- cerche su varie tematiche. Il primo gruppo di strumenti è costituito dai downloadable

fonts ai quali abbiamo già accennato nella parte introduttiva. Questi, scaricati da chiun-

que lo voglia, ovviamente facilitano la compilazione di lavori che richiedano «simboli» rari. Particolarmente utile risulta un secondo gruppo definito Educational (Fig. 3), dal quale si possono scaricare testi e immagini su argomenti specifici che sono stati oggetto di lezioni e conferenze tanto nell’ambito dei corsi di Civiltà Egee dell’Università di Firen- ze a tutti e tre i livelli (triennale, biennale e di dottorato o specializzazione).

La sezione che si è sviluppata solo in un secondo momento all’interno del sistema dei progetti che si sono venuti strutturando in DBAS, e che possiamo considerare come lo sbocco naturale dei lavori di ricerca precedenti, costituisce il progetto MUSINT – ab- breviazione di Museo Interattivo – che in realtà comprende e comprenderà non un solo museo interattivo ma una serie di musei caratterizzati da strutture e finalità analoghe.

Il primo di questi musei, denominato semplicemente MUSINT (Fig. 4), è stato realiz- zato grazie all’apporto sostanzioso della Regione Toscana, che ha permesso di usufruire

di una serie di strategie correlate fra più Dipartimenti dell’Università, la Soprintendenza ai Beni Archeologici e Ditte esterne a carattere informatico.

Forse è opportuno definirlo come «studio di fattibilità», in quanto, al termine dell’o- pera, durata più di tre anni, ci siamo resi conto di quanto possa essere migliorato e so- prattutto aggiornato, avendo ormai ben presenti gli elementi che lo possono rendere più

attractive per un pubblico sempre più esigente e consapevole degli aspetti virtuali che,

anche se con nostro rammarico, talvolta tendono a mettere in ombra le strutture «reali» che devono invece rimanere costantementelo scopo ultimo delle nostre ricerche, come spiegheremo in dettaglio nel prosieguo di questo lavoro.

Il termine stesso MUSINT sta ad indicare due aspetti diversi anche se fra loro connessi:

• Da un lato MUSINT vuol essere un Museo Virtuale, per cui la maggior parte delle informazioni che offre possono essere lette soltanto attraverso strumenti informatici. È questo il caso degli oggetti schedati, i quali appaiono in gran parte nella forma di modelli tridimensionali, che l’utente può maneggiare a suo piacimento (girarli, ingrandirli, soffermarsi su un motivo particolare) a seconda dell’interesse che ha per l’oggetto stesso. In MUSINT viene offerta, oltre alla completa schedatura che accom- pagna il materiale, una serie di dati che permettono di inserire l’oggetto prescelto o, meglio, la categoria dell’oggetto, in un griglia temporale e in una realtà geografica (Fig. 5) che accompagna l’oggetto dal luogo del ritrovamento al luogo di arrivo (cioè il museo «reale» dove viene conservato). Una galleria di immagini accompagna i vari percorsi seguiti dal visitatore, da immagini d’epoca a foto degli scopritori, sezioni di scavo e oggetti di raffronto. Una sezione è dedicata ad un pubblico giovane – per ora abbiamo privilegiato la scuola primaria – con racconti e immagini di impatto più immediato.

• Dall’altro lato MUSINT aspira ad essere un insieme di Musei, intendendosi il termine «interattivo» come non solo di interazione fra oggetto visto e utente, ma anche di inte- razione fra più Musei. Il secondo scopo è quello infatti di riunire in un unico Museo oggetti raccolti in collezioni simili ma geograficamente lontane, dando così la possi- bilità al visitatore di essere contemporaneamente in più luoghi. Il nostro scopo finale è che proprio vedendo «virtualmente» gli oggetti, il visitatore sia spinto ad andare a vederli di persona, scoprendo musei e località che altrimenti sarebbero forse sfuggiti

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alla sua attenzione. È il caso appunto di MUSINT, dove sono raccolti materiali egei presenti non solo nel museo archeologico di Firenze ma anche in quelli di Montelupo Fiorentino, di Cortona, di Pisa2. Ed è il caso di MUSINT II, dove sono visibili mate-

riali cretesi, provenienti da un unico scavo, fatto nel corso degli anni dalla Missio- ne archeologica italiana a Creta, una parte dei quali si trova nel Museo Pigorini di Roma, noto soprattutto come Museo di Preistoria e di Etnografia, e un’altra parte nel Museo Archeologico di Firenze, anch’esso più noto per i materiali greci come il «vaso François» o per la «Chimera» etrusca. In MUSINT II si sottolinea anche il legame con un aspetto di non minore importanza, cioè la presenza dell’archeologia italiana a Creta: Federico Halbherr porta alla luce il palazzo minoico di Festòs a partire dal 1900, cioè lo stesso anno in cui l’inglese Arthur Evans porta alla luce il palazzo mi- noico di Cnosso.

le tecniche virtuali e l’approccio interattivo impiegati in dbaS con finalità