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Memento Mori è un chiaro esempio di come il gioco e le sue regole possono trasformarsi

in un momento (ovviamente non esclusivo) di approccio alla cultura: è un chiaro incen- tivo alla creazione di un’esperienza che riesce a coinvolgere l’utente a più livelli, fondato sull’eteronomia tipica dei linguaggi dell’arte ma offerto al pubblico per mezzo del digi- tale, che fa sempre più parte del nostro quotidiano; l’engagement completa l’approccio esperienziale grazie allo stimolo del divertimento e della passione.

L’esperienza del gioco e del suo impiego come tramite verso una diversa modalità di accedere alla conoscenza può rivelarsi un ottimo sistema purché si eviti un effetto stra-

20 Mediamente, per passare da una sezione all’altra, compiere tutte le azioni e conquistare il vantaggio di procedere nel gioco, sono necessari non meno di 3/5 minuti, un tempo non trascurabile.

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niante nel fruitore: il suo valore sta nel compendiare gli strumenti di conoscenza e non nel sostituirvisi21.

Del resto la gamification altro non è che l’impiego degli elementi di design del gioco e il loro trasferimento in contesti che nulla hanno a che fare con esso, con lo scopo di stimolare quei processi motivazionali che rinforzano la volontà dell’uomo di integrarsi, stimolano il desiderio di comunicare e produrre la condivisione dei traguardi raggiunti. I dati sulla partecipazione e sull’impiego del videogioco – non solo dai cosiddetti mille-

nians ma anche da fasce di età superiori – è un chiaro esempio di necessità alla quale

sarebbe opportuno dare una risposta seria e univoca. Come osservano gli addetti ai lavori

«milioni di persone nel mondo si aspettano di ritrovare in ogni momento della vita quo- tidiana quell’alternanza di emozioni, coinvolgimento, premialità e partecipazione attiva sperimentata nelle lunghe sessioni di gaming. Proprio la partecipazione attiva è uno degli elementi di rottura rispetto ad altre industrie creative e dell’intrattenimento. I video- giochi consentono, seppur nei limiti delle regole e della struttura generale concepita dal creatore, di prendere decisioni indipendenti: vado a destra o sinistra, utilizzo la pozione magica subito o la conservo per dopo, salvo un personaggio o un altro. Questo framework decisionale, abbinato al learning by doing, rende i video-giochi delle straordinarie mac- chine per l’apprendimento consentendo, spesso, al giocatore di modificare il finale in base alle scelte intraprese nel corso dell’esperienza22».

Il Museo nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci di Milano spe- rimenta l’approccio del gioco all’interno della complessa strategia digitale adottata per la comunicazione delle proprie collezioni; i cosiddetti serious games23, ben lontani dai

videogiochi il cui unico scopo è il divertimento, sono software che utilizzano il linguag- gio, le regole e le tecnologie dei videogame per ingaggiare tipi particolari di pubblico in attività educative o informative utilizzate come potenti strumenti di conoscenza e di interpretazione. Il 16 luglio 2016 il Museo ha avviato un progetto denominato Creative

Collision24 grazie al quale sarà possibile simulare lo scontro tra particelle, trasformate

in oggetti di vita quotidiana; nato dalla collaborazione con il CERN (Centro Europeo di Ricerca Nucleare) e con l’ INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare), questo serious

game permetterà di scagliare oggetti (digitalmente parlando) gli uni contro gli altri si-

mulando la velocità della luce, dando origine così ad altri oggetti. La parte del gioco e dell’engagement risiede nella capacità di creare l’urto perfetto, grazie al quale si ani- meranno manufatti di natura completamente diversa, quasi surreale. Lungi dall’essere una strada praticabile da chiunque, senza pericoli né fragilità25, attingere al mondo del

21 Deterding et al. 2011, p. 1ss. «Recent years have seen a rapid proliferation of mass-market consumer software that takes

inspiration from video games. Usually summarized as “gamification”, this trend connects to a sizeable body of existing concepts and research in human-computer interaction and game studies, such as serious games, pervasive games, alternate reality games, or playful design. However, it is not clear how “gamification” relates to these, whether it denotes a novel phenomenon, and how to define it. Thus, in this paper we investigate “gamification” and the historical origins of the term in relation to precursors and similar concepts. It is suggested that “gamified” applications provide insight into novel, gameful phenomena complementary to playful phenomena. Based on our research, we propose a definition of “gamification” as the use of game design elements in non-game contexts»

22 Tratto da «I video-giochi sono industria culturale?» di Fabio Viola, Giornale delle Fondazioni, 13/05/2016; in questo interessante contributo si analizza proprio la necessità di rispondere con esperienze concrete alla domanda di giochi in continuo aumento. (http://www.ilgiornaledellefondazioni.com/content/i-video-giochi-sono-industria-culturale)

23 Landers et al. 2011: 421.

24 http://www.museoscienza.org/extreme/ 25 Schell 2010.

gioco, se consapevolmente indirizzato, potrebbe in realtà essere un utile strumento di ri- pensamento dell’approccio all’educazione e divenire uno stimolante metodo di inclusione sociale26. Gli accademici di tutto il mondo stanno attentamente valutando e, più o meno

tutti, concordano che, prima ancora di procedere ad una sperimentazione in orizzontale, sia necessario che vengano stabilite regole, finalità, e azioni concrete, per evitare che il grande potenziale educativo venga oscurato da un approccio esclusivamente ludico.

L’industria del videogioco è stata vagliata attentamente da psicologi per anni e la conclusione generale è quella di aver stabilito che l’uso del gioco è una delle possibili strade verso la conoscenza: «giocare» all’insegnamento della storia può effettivamente contribuire anche in ambito scolastico allo sviluppo di maggiore interazione e parteci- pazione degli alunni su temi complessi27. Del resto sarebbe un grave errore non rilevare

che l’impiego dei videogames appartiene prevalentemente a quella stessa fascia di età alla quale pare impossibile far fruire il museo: le nuove tecnologie offrono agli studenti accessi immediati alla rete e alle sue componenti. Dalla filosofia dell’insegnamento Mon- tessori alle game-based activities gli insegnanti si trasformano in «coaches, advisors, and producers28» direzionando l’attenzione su specifici argomenti; i ragazzi partecipano

sentendosi parte di una comunità e si comportano come un team, che viene incorporato all’interno di un processo educativo che fonda le sue basi nelle regole del gioco29.

Allo stesso modo in cui si progetta un’esposizione o si costruisce un allestimento all’interno di un museo, così deve essere curato l’aspetto museo-grafico del gioco, che diviene metafora digitale di spazi non vivibili fisicamente; per questo nella creazione dei games non dovrebbe prevalere l’aspetto estetico con il rischio di creare accattivanti quan- to irrealistiche scenografie. Lo spazio deve essere quello idoneo ad una comunità che si rapporta alla cultura e che nei suoi ideali si rispecchia, una comunità che si relaziona alla storia dell’arte come all’archeologia con altri strumenti e non per questo deve essere privata dei necessari approfondimenti specialistici (come risulta assodato dai giochi del- la Tate Modern); le ricostruzioni virtuali possono trarre spunto dal lessico specialistico e devono tentare con ogni mezzo di combinarlo con l’aspetto della comunicazione e del coinvolgimento dell’utente, il quale non deve essere distratto né sopraffatto dal messaggio scientifico rispetto a quello ludico (perché questo non è il contesto adatto, non perché non sia necessario).

Nell’elaborazione e progettazione di un gioco, una delle componenti essenziali da te- nere in considerazione è la capacità di coinvolgimento dell’utente, azione che deve essere valutata in relazione alla possibilità che lo stesso ha di divertirsi.

I serious games sono l’ideale declinazione di un approccio al gioco in ambito muse- ale poichè maggiormente legati al raggiungimento di scopi e traguardi anche educativi. Possono inoltre supportare la necessità di abbinare la fruizione (reale o virtuale) del mu- seo all’aspetto più specificamente educativo, attraverso una «comunicazione» dedicata, semplice ed intuitiva: puzzle oppure sfide, coinvolgendo l’utente e invitandolo a comple- tare una azione, alla quale segue un progresso nel gioco, come ad esempio risolvere un «problema» poichè spinti dalla motivazione, divengono parte fondante di un processo

26 Reiners et al. 2014: 242-258. 27 Squire 2004: 1-503. 28 Squire 2011: 59. 29 Shirong Lu 2012: 277-280.

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educativo, quasi senza che l’utente ne percepisca il peso, anzi, avvertendo una diffusa sensazione benessere e divertimento30.