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Un limite certamente ascrivibile a Bovo è la mancata conoscenza diretta del Timeo, riferimento indispensabile per l‟esatta comprensione filosofica del carme boeziano, che pure era accessibile nel X secolo grazie al commento e alla parziale traduzione latina di Calcidio, di cui invece doveva disporre l‟Anonimo autore del commento trasmesso dal manoscritto Einsiedlensis 30274. Grazie al costante supporto del dialogo platonico, a cui riconoscono lo statuto di fonte principale, le glosse ne evidenziano la poderosa presenza lungo tutto il canto 9 sì da fornire un‟interpretazione finalmente efficace dell‟allusione boeziana alla triplice natura dell‟Anima del mondo; inoltre pur essendo al corrente dei commenti di Remigio e di Bovo, l‟Anonimo si guarda dall‟eccedere sia nella direzione dell‟interpretazione cristiana proposta dal primo sia in favore della salvaguardia dell‟ortodossia propugnata dal secondo. Elogiandone la «sérénité philosophique» Courcelle riconosce all‟Anonimo di Einsiedeln una cifra comune all‟opera di Bovo, che consiste nella scarsa circolazione dei due commenti deducibile dalla esiguità delle testimonianze manoscritte: la ragione principale del mancato successo andrà ravvisata nella astrusità speculativa dei due commenti, impegnati ad illustrare il pensiero di Boezio alla luce delle sue fonti platoniche. Si tratta di interpretazioni filosofiche ben lontane dallo scopo divulgativo perseguito da Remigio, che testimoniano sin dall‟alto Medioevo la coesistenza di diversi livelli di circolazione e di impiego della Consolatio, destinata ora come testo di uso scolastico ad una cerchia ampia di lettori alle prime armi, ora come libro filosofico alla fruizione erudita da parte di una ristretta élite culturale75.

73

«Bovo‟s commentary is largely a tidyng-up operation» (BEAUMONT,The Latin Tradition cit., p. 295).

74

COURCELLE, La consolation cit., pp. 295-296.

75

«Bovo et l‟anonyme d‟Einsiedeln ont fait vraiment œvre de savants, non de vulgarisateurs; ils ne furent certainement connus que d‟un petit nombre de doctes» (ivi, p. 296).

27 1.3.1.7 Adalboldo di Utrecht

Un secolo più tardi la fortuna della Consolatio in qualità di testo per l‟insegnamento rimane immutata, come sembra confermare il commento di Adalboldo, vescovo di Utrecht dal 1010 al 1026, che risente sensibilmente dell‟influenza del metodo di Remigio, del quale ripropone l‟impostazione apertamente scolastica, soffermandosi in particolare sull‟interpretazione del carme 9 proposta dal monaco di Auxerre. Il commento sopravvive in quattro testimoni (Paris. lat. 7361 e Bodl., Digby 174 del XII secolo; Paris. lat. 6770 e Paris. lat. 15104 del XIII secolo) ed è stato pubblicato secondo i criteri propri di un‟edizione critica dal solo Huygens all‟interno dell‟articolo che contiene anche l‟edizione di Bovo76. Contravvenendo alla linea esegetica tracciata dall‟abate di Corvey, Adalboldo si ispira al metodo remigiano della conciliazione tra la filosofia pagana e la Bibbia: egli non nega ad esempio l‟esistenza dell‟Anima del mondo di matrice platonica, che semmai viene interpretata come un ente al servizio del Dio cristiano ed in grado di regolare le leggi della natura. In tal senso il commento di Adalboldo mostra verso il platonismo del testo boeziano una capacità di tolleranza culturale addirittura più radicale del tentativo di conciliazione con le Scritture attuato da Remigio, come ha avvertito Courcelle: «[Adalbold] n‟a donc même pas besoin, comme Remi, de solliciter le texte de Boèce pour le christianiser, puisque lui, chrétien, admet sans peine les théories platoniciennes»77. D‟altra parte neppure il vescovo di Utrecht si sottrae alla consuetudine di interpretare simbolicamente i passaggi del carme più delicati per l‟ortodossia e la conclusione del suo commento ne testimonia lo sforzo esegetico volto a risemantizzare in senso cristiano i termini platonici impiegati da Boezio: «Principium humanitatis per creationem, semita per legem, dux per prophetias,

vector per evangelii gratiam, terminus sive per redemptionem, sive per universae carnis

examinationem»78.

Se nel corso dei secoli IX e X l‟interpretazione della Consolatio si è contraddistinta per la profusione e per la diversità dei contributi esegetici, l‟XI secolo conosce una sostanziale flessione dell‟interesse per il prosimetro da parte di commentatori: ad eccezione delle chiose di Aldaboldo, databili comunque entro il primo ventennio, non si registrano infatti novità di rilievo. La spiegazione offerta da Courcelle, che fa riferimento ad una generale diffidenza crescente in quegli anni verso la filosofia, è senz‟altro plausibile come conferma in modo esemplare la posizione di Otlone di

76

HUYGENS,Mittelalterliche Kommentare cit., pp. 409-426.

77

COURCELLE, La consolation cit., p. 298.

78

28

Sant‟Emmerano (coetaneo di Pier Damiani ed autore di opere contrassegnate da una dialettica vivacissima tra cultura sacra e profana) apertamente ostile a qualunque studio non contempli in primo luogo la salvaguardia dogmatica delle sacre Scritture79: si tratta di una tendenza diffusa, ravvisabile nel favore esclusivo goduto dal commento di Remigio che, in ragione del suo sistematico tentativo di cristianizzare l‟opera boeziana, è il solo tra quelli di età carolingia a vantare testimonianze manoscritte certamente databili all‟XI secolo. In generale la ricezione della Consolatio risente in questo periodo del primato indiscusso della speculazione logica, come testimoniano l‟integrazione nel codice Orléans 260 (XII secolo) delle glosse al prosimetro con le glosse alle opere logiche80 oppure le stringenti analogie iconografiche tra la rappresentazione della Filosofia in alcuni codici miniati della Consolatio (ad esempio il manoscritto Leipzig 1253) e la raffigurazione del medesimo soggetto nell‟ambito di un testo di logica dell‟XI secolo (Munich Clm 14516)81.