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1.3.2 I commenti del XII secolo

1.3.2.1 Guglielmo di Conches

Tra il secondo ed il terzo decennio del XII secolo però l‟esegesi boeziana conosce un nuovo impulso grazie al commento del normanno Guglielmo di Conches (ca. 1098 - ca. 1165-1170), destinato a raccogliere l‟eredità remigiana come punto di riferimento più autorevole per l‟interpretazione della Consolatio84. La recente edizione critica85 ha favorito il superamento delle interpretazioni parziali prodotte in passato da Jourdain86,

83

«The cronology is not clear and it is possible that some of them may be older commentaries surviving only in a later manuscript» (ivi, p. 298).

84

«Queste glosse ebbero larga fortuna, dimostrata dal gran numero di manoscritti come dalla eco nei posteriori commenti, in particolare in quello di Nicola Treveth che a volte lo copia tacitamente, a volte cita Guglielmo con il lusinghiero titolo di commentator; del resto il commento di Guglielmo accompagnò Boezio nelle scuole così da sostituirsi al commento di Remigio d‟Auxerre che aveva fatto testo nei secoli X e XI» (T. GREGORY, Anima mundi. La filosofia di Guglielmo di Conches e la scuola di Chartres, Firenze, Sansoni, 1955, p. 11).

85

GUILLELMI DE CONCHIS, Glosae super Boetium cit.

86

C. JOURDAIN, Des commentaires inédits de Guillaume de Conches et de Nicolas Treveth sur la

Consolation de la Philosophie de Boèce, in Notices et extraits des manuscrits de la Bibliothèque Impériale, 20/2, 1862, pp. 40-82.

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cui pure va riconosciuto il merito di aver rinvenuto alcuni codici contenenti le Glosae

super Boetium, e dallo stesso Courcelle, che dedica a questo commento un‟analisi

insolitamente esigua, sebbene si premuri di riscattarne l‟originalità culturale dalla condanna di giudizi espressi troppo severamente87. Nessun dubbio intorno alla datazione del commento che verosimilmente risale al 1120 circa ovvero ai primi anni in cui Guglielmo, essendo succeduto al maestro Bernardo, teneva l‟insegnamento di grammatica a Chartres: l‟ipotesi che si tratti della prima opera di Guglielmo è suffragata da notevoli indizi interni, i quali ne testimoniano la precedenza sia rispetto alle glosse al

Timeo sia rispetto al trattato Philosophia, a loro volta considerati come prodotti

giovanili dell‟autore88

. La formazione segnata dal culto degli auctores classici, come ricorda Giovanni di Salisbury, e gli interessi grammatici e filologici, connessi all‟attività di insegnamento svolta in quegli stessi anni, si riflettono sulla concezione stessa del commento, che da un lato si pone in una scia di continuità rispetto alla tradizione remigiana (limitatamente ai suoi aspetti eruditi) e dall‟altro segna l‟avvento di un rinnovato modus interpretandi, ravvisabile sin dalla organizzazione del materiale esegetico nella forma, inedita per i commenti alla Consolatio, di testo continuo89. Traspare inoltre dalle Glosae un‟attenzione spiccata per la filosofia naturale, segno tangibile ed esemplare della sensibilità di Guglielmo per le sollecitazioni culturali proprie del suo tempo; l‟eredità dei commenti carolingi non viene abiurata ma ampiamente rimaneggiata e proporzionata alle istanze del XII secolo: in tal senso è stato opportunamente riconosciuto il debito verso Remigio e Adalboldo soprattutto per le glosse di carattere linguistico, storico e mitologico. Nel solco dei suoi predecessori Guglielmo spende gran parte del proprio impegno esegetico nel tentativo di salvaguardare l‟ortodossia di Boezio dalle consuete accuse e diffidenze acuitesi particolarmente durante l‟XI secolo: il disegno apologetico viene tuttavia condotto attraverso una raffinatezza metodologica estranea alla tradizione e che si fonda sulla maturità delle competenze platoniche a disposizione di Guglielmo90. Profondo

87

COURCELLE, La consolation cit., p. 302.

88

Per un resoconto dettagliato della vita e delle opere di Guglielmo di Conches resta valido GREGORY,

Anima mundi cit., pp. 1-40.

89

«Taken in its entirety, however, we have noticed that his metodology of glossing went beyond his preecessors‟ in comprehensiveness and organization, and though it was certainly not exclusive to William or the „Chartrian‟ generation, it was applied to the Consolatio, as far as we know, for the first time, his commentary being the first integral lemmatic commentary on this text» (GUILLELMI DE CONCHIS, Glosae super Boetium cit., pp. lxxvii-lxxviii).

90

«Le commentaire de Guillaume de Conches […] est de la même lignée que ceux de Remi et d‟Aldabold; comme eux, il est destiné à l‟enseignement; comme eux, il tend à mettre l‟accord entre la philosophie antique et le christianisme; comme eux, il admet d‟avance toutes les théories de Boèce. Mais les temps ont changé: il n‟est plus necessaire, comme faisait Remi, de falsifier constamment la pensée de

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conoscitore del Timeo, che utilizza come supporto indispensabile all‟esegesi boeziana, Guglielmo ricorre per l‟interpretazione dei luoghi più controversi della Consolatio al sistematico impiego della categoria ermeneutica dell‟integumentum91: questa nozione, impiegata anche da Abelardo e da Bernardo Silvestre al cospetto degli autori classici, da un lato fa salva la dottrina platonica dei testi boeziani e dall‟altro, grazie alla decifrazione dei simboli, consente di riconoscervi al di là del rivestimento allegorico un contenuto morale ineccepibile rispetto alla verità delle Scritture92. La vastità della tradizione manoscritta testimonia il successo duraturo delle Glosae super Boetium, il cui testo completo nella forma di commentum continuum è conservato in almeno diciassette esemplari, tutti databili tra il tardo XII ed il XIV secolo93: il computo dei codici presi in considerazione dall‟editore esclude quei testimoni che presentano vistose difformità sostanziali rispetto alla versione delle Glosae considerata autentica, i quali d‟altra parte offrono una dimostrazione indiretta dell‟elevato grado di circolazione raggiunto da queste ultime, naturalmente sottoposte a interpolazioni e rimaneggiamenti, che non ne hanno tuttavia pregiudicato l‟omogeneità testuale. Va inoltre tenuto presente il gran numero di codici della Consolatio contenenti glosse singole o parti di glosse o accessus riconducibili con probabilità all‟opera di Guglielmo: è il caso di un gruppo di manoscritti fiorentini prevalentemente di uso scolastico databili tra la fine del XII e gli inizi del XV secolo, che a margine del testo boeziano riportano chiose derivate sicuramente dal maestro di Conches94. Per la costituzione del testo l‟editore si è avvalso

Boèce pour la rendre chrétienne; Guillaume sait tout ce que Boèce doit à Platon, et l‟avoue; mais il n‟y voit pas un signe condamnable de paganisme, puisque lui-même est imbû de cette doctrine qu‟il tient de l‟école de Chartres; en défendant Boèce, il défend Platon, il se defend lui-même» (COURCELLE, La

consolation cit., p. 313).

91

E.JEAUNEAU, L‟usage de la notion d‟„integumentum‟ à travers les gloses de Guillaume de Conches, in

«Archives d‟histoire littéraire et doctrinale du Moyen Âge», XXIV, 1957, pp. 36-100. Secondo Troncarelli l‟attribuzione sistematica alle tematiche platoniche del significato di integumenta comportando la definitiva emancipazione cristiana della Consolatio «spiega la grande voga del commento di Guglielmo, che durerà nel corso dei secoli e avrà riflessi in molti altri commenti ed in molti altri autori che riprenderanno il suo modello interpretativo anche quando non ne condividono le conseguenze filosofiche» (TRONCARELLI, Boezio cit., p. 315).

92

Si veda ad esempio l‟interpretazione del carme 9 del libro III, che fa registrare «un grand progrès philosophique par rapporte à celle de Remi» (COURCELLE, La consolation cit., p. 302) e che mira ad una conciliazione più matura sul piano speculativo tra platonismo e cristianesimo: «William‟s commentary on III m. ix is the exact reverse of some of the contemporary commentaries of Genesis» (BEAUMONT,The Latin Tradition cit., pp. 299).

93

I primi manoscritti che recano il testo delle Glosae risalgono all‟ultimo trentennio del XII secolo, circa cinquant‟anni dopo la presumibile data del loro concepimento (intorno al 1120).

94

Notizie dettagliate intorno all‟impatto dell‟opera di Guglielmo nei manoscritti fiorentini della

Consolatio sono diffusamente trattate in R.BLACK-G.POMARO, „La Consolazione della filosofia‟ nel

Medioevo e nel Rinascimento italiano, Firenze, SISMEL-Edizioni del Galluzzo, 2000. I codici

sicuramente contenenti glosse derivanti dal commento del maestro di Chartres sono: Firenze, Bibl. Nazion. Centr., II.IX.142 (fine XII sec.); Firenze, Bibl. Nazion. Centr., Fondo Conventi Soppressi J.X.23 (tardo XIII sec.); Lucca, Bibl. Statale 370 (XIV sec.); Firenze, Bibl. Medicea Laur., Plut. 89 superiore 82

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di un manoscritto di base individuato in Leipzig, Universitätsbibliothek 1253 (siglato

L), databile all‟inizio del XIII secolo, ritenuto migliore per la esiguità di correzioni

successive ed interpolazioni e per lo stato complessivamente affidabile delle lezioni; altri due manoscritti oltre L sono stati interamente collazionati ed utilizzati per un sistematico confronto: Heiligenkreuz, Stiftsbibliothek, 130 (=H) e Troyes, Bibliothèque municipale, lat. 1101 (=R), entrambi risalenti alla fine del XII secolo95. Una misura esemplare della complessità e della stratificazione caratterizzanti la tradizione delle

Glosae si ricava dall‟individuazione al suo interno di un gruppo di dieci codici latori di

un commento, alternato alla Consolatio, che a lungo è stato attribuito a Guglielmo, con il cui testo concorda in effetti per la maggior parte: l‟esame delle fonti ha tuttavia imposto una datazione posteriore, dimostrando che si tratta in realtà di una versione spuria più tarda, esito di un‟ampia revisione del commento originario che è stata completata molto probabilmente alla fine del XIII secolo e che per gli innegabili punti di contatto con quest‟ultimo si attribuisce ora convenzionalmente ad uno Pseudo- Guglielmo (in due manoscritti questa versione accompagna oltre al testo latino la traduzione francese dello Pseudo-de Meung)96. Una ulteriore revisione del commento di Guglielmo si trova in alcuni manoscritti bilingui della Consolatio che contengono sia il testo latino sia la traduzione francese di Jean de Meung: si tratta di glosse marginali che

(XIV sec.); Firenze, Bibl. Medicea Laur., Fondo Conventi Soppressi 258 (XV sec.); Firenze, Bibl. Medicea Laur., Fondo Conventi Soppressi 531(XV sec.); Oxford, Bodleian Library Laud. Lat. 53 (inizio XVsec.). A questo elenco va naturalmente aggiunto l‟unico manoscritto „fiorentino‟ contenente il testo completo (in forma di commento continuo o „lemmatico‟) delle Glosae, contemplato da Nauta tra i 17 testimoni principali della sua edizione: il codice Firenze, Bibl. Medicea Laur., Plut. LXXVII.4 (siglato F dall‟editore) risale alla seconda metà del XIII secolo ed è probabilmente di provenienza francese.

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I restanti codici consultati da Nauta, dei quali vengono riportate in apparato le varianti significative, sono: Troyes, Bibliothèque municipale, lat. 1381 (XIII sec.); Leiden, Bibliotheca Publica Lugduno- Batava, 191A (XIII-XV sec.); Dijion, Bibliothèque municipale, 253 [201] (XIII-XIV sec.); Erlangen, Universitätsbibl. 436 (tardo XIII-XIV sec.); Firenze, Bibl. Medicea Laurenziana, Plut. LXXVII.4 (seconda metà XIII sec.); Göttingen, Universitätsbibl., Philol. 167 (inizio XIII sec.); München, Bayerische Staatsbibl., Clm 4603 (XII, XIII e XIV sec.); Orléans, Bibliothèque municipale, 274 [230] (XII, XV sec.); Praha, Státní Knihovna IV.F.14 [720] (fine XIII sec.); Paris, Bibliothèque Nationale, lat. 14380 (X, XIV e XV sec.); Città del Vaticano, Bibl. Apostolica Vaticana, Regin. lat. 5202 (forse di provenienza italiana; XIII sec.); Wien, Österr. Nationalbibl. 1082 (XII, XIII e XIV sec.); Paris, Bibliothèque Nationale, lat. 15131 (XIII sec.).

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Il manoscritto più antico (Dijon, Bibl. mun.254 [202], datato alla fine del XIII sec. anche se non si può escludere che esso risalga all‟inizio del XIV) contiene molte citazioni da testi che sono apparsi nell‟Occidente latino molto tempo dopo la morte di Guglielmo (opere di Aristotele come l‟Etica a

Nicomaco, gli Analitici secondi e la Metafisica; il Liber de causis attribuito ad Alfarabi e la Metaphysica

di Algazel). La datazione degli altri codici oscilla tra l‟inizio del XIV ed il XV secolo: London, British Library, Royal 15.B.III (ritenuto da Nauta il manoscritto migliore insieme al digionese); Paris, Bibliothèque Nationale, lat. 6406; Tours, Bibliothèque municipale, 699; Pelplin, Biblioteka Seminarium Duchownego, MS 128 [253]; Cambridge, Jesus College, Q.G.22; Città del Vaticano, Bibl. Apostolica Vaticana, Ottoboni lat. 612 (il cui testo si segnala per le numerose varianti sostanziali rispetto alla restante tradizione); Paris, Bibliothèque Nationale, lat. 16094; infine Aberystwyth, National Library of Wales, 5039D e New York, Pierpont Morgan, M222, nei quali le glosse accompagnano anche la traduzione francese dello Pseudo-de Meun.

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per cronologia e per contenuti sono vicine alla revisione dello Pseudo-Guglielmo pur non potendo essere assimilate a quest‟ultima per le evidenti varianti testuali97

. Non si può escludere inoltre l‟eventualità che altri manoscritti della Consolatio, finora mai presi in considerazione per il testo delle Glosae super Boetium, ne siano testimoni sia pure in modo parziale; la difficoltà principale nell‟attribuzione di queste glosse risiede nell‟impiego massiccio dell‟opera di Guglielmo da parte del domenicano Nicola Trevet, il cui commento a Boezio conobbe fin dalla sua prima circolazione (intorno al 1300) un largo successo, dimostrato dal numero di testimoni che ne hanno tramandato il testo (oltre un centinaio): pertanto la contaminazione delle glosse di Guglielmo con quelle di Trevet rende spesso impossibile determinare con certezza se un copista si sia servito per la sua trascrizione dell‟uno o dell‟altro commento ovvero se abbia attinto direttamente al testo del maestro di Chartres o inconsapevolmente ne abbia ricevuto la mediazione del domenicano. Le Glosae super Boetium sono state oggetto di ulteriori revisioni da parte di commentatori più tardi, che hanno contribuito all‟esegesi della Consolatio nel tardo Medioevo, a riprova di come il primato culturale conseguito dalla tradizione di Guglielmo (che come detto sarebbe confluita per gran parte nel monumentale commento del predicatore inglese Nicola Trevet) sia rimasto sostanzialmente ininterrotto almeno fino alla metà del Quattrocento.