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1.5 La Consolatio nella letteratura medievale prima di Dante

1.5.1.4 Ildeberto di Lavardin

Sul presupposto di un sincretismo culturale maturo, essendo ormai superate le contraddizioni di Pier Damiani, si fonda la produzione letteraria del più tardo Ildeberto di Lavardin (1056-1133), autore di opere sia prosastiche sia poetiche che rivelano una riuscita conciliazione tra la retorica elegante dei testi classici e la tensione spirituale della tradizione cristiana. Il culto della letteratura profana è ravvisabile sin dalle scelte formali di Ildeberto, improntate alla ricercatezza stilistica ed alla sperimentazione dei generi e dei metri poetici: tra i modelli sicuramente presenti al magister della scuola cattedrale di Le Mans e tra i più influenti sulla ideazione formale e sulla scelta contenutistica di alcuni suoi scritti va senz‟altro annoverata la Consolatio. Di ispirazione boeziana, a cominciare dalla struttura mista di prosa e di versi, è il Tractatus

de querimonia et conflictu spiritus et carnis, un dialogo (afferente al genere lirico

dell‟altercatio destinato a gran voga nel secolo successivo) che denuncia la natura composita della cultura di Ildeberto richiamandosi al celebre modello tardoantico da un lato ma anche a fonti bibliche e patristiche dall‟altro; l‟influenza di Boezio agisce segnatamente sulle scelte formali dell‟autore, che oltre alla struttura prosimetrica può derivare dalla Consolatio l‟alternanza della veste metrica dei carmi, sempre diversi come nell‟opera boeziana. La fama di poeta raffinato alla stregua dei classici, quale gli riconobbe Giovanni di Salisbury, è però assicurata ad Ildeberto dal poemetto De casu

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huius mundi, 45 distici composti durante un breve periodo trascorso in esilio (1099-

1100)217. Il carme si presenta come «un‟elegante rielaborazione di topoi, che nascono dalla fusione di sapienza pagana e concezione cristiana»218. L‟influenza del modello boeziano si avverte sin dall‟incipit del componimento che, come il primo carme della

Consolatio (vv. 1 e 7), si apre con la reminiscenza del tempo passato e della prosperità

che con esso è ormai tramontata (vv. 1-2):

Nuper eram locuples multisque beatus amicis et risere diu fata secunda mihi219.

Come nel precedente boeziano al rimpianto per la gioventù perduta seguiva l‟apostrofe contro gli inganni della Fortuna «male fida» (Cons. I m.1, 17), anche Ildeberto dopo avere celebrato la floridezza degli anni giovanili si scaglia con analoghe accuse contro i mutamenti della sorte (vv. 15-16):

Mirabar sic te, te sic, Fortuna, fidelem, mirabar stabilem, que levis esse soles220.

Ma è soprattutto nella seconda parte del componimento che si registra l‟occorrenza sistematica di temi boeziani. È stato notato da Bertini come le metafore atmosferiche impiegate nella lunga ecphrasis dei vv. 45-60 per descrivere la rovinosa mutevolezza della Fortuna riprendano la analoga rappresentazione boeziana della dea come agente in grado di scatenare nella vita dell‟uomo improvvise catastrofi (Cons. II m. 1). L‟ultima sezione del poemetto non è meno gremita di riprese dal prosimetro tardoantico: l‟allusione allo stato essenziale che contraddistingue la nascita e la morte dell‟uomo (v. 65) può avere tratto spunto da un concetto boeziano analogo (Cons. I pr. 2); affinità lessicali con un breve passo della Consolatio (II pr. 2 l.6) si riscontrano nel riferimento di Ildeberto alla rapidità con cui un uomo può transitare dalla ricchezza alla povertà (vv. 71-72); la trattazione di temi quali la disposizione divina della provvidenza e del fato (vv. 79-80) e la immobilità di Dio che tutto muove (vv. 82-83) rivela infine una matrice schiettamente boeziana, riconoscibile nella ripresa puntuale di noti passi della

Consolatio (rispettivamente IV pr. 6 e pr. 12).

L‟emulazione letteraria del modello boeziano grazie all‟opera „classicista‟ di Ildeberto ha raggiunto alla fine dell‟XI secolo il suo vertice artistico fin qui più maturo.

217

HILDEBERTI CENOMANNENSIS, Carmina minora, rec. A.B.SCOTT, Leipzig, Teubner, 1969, pp. 11-15.

218

F.BERTINI, Il secolo XI, in Letteratura latina medievale. Un manuale, a cura di C.LEONARDI, Firenze, SISMEL – Edizioni del Galluzzo, 2003, pp. 175-230; il paragrafo su Ildeberto è alle pp. 221-225: 222.

219

HILDEBERTI,Carmina cit., p. 11.

220

70 1.5.2 Il secolo XII

Nel panorama della generale fioritura che contraddistinse la produzione letteraria latina e volgare in Europa dopo il 1100 (tale da giustificare per questo fenomeno la definizione di «Rinascita del XII secolo»), tra i „generi letterari‟ che ebbero uno sviluppo notevole si deve contare certamente la forma del prosimetrum. Il successo di componimenti „misti‟ di prose e versi, che già nel secolo precedente avevano potuto annoverare illustri testimonianze, è ora in particolare vincolato ad un interesse quasi esclusivo per le questioni di filosofia naturale conforme alle istanze culturali di questo secolo (durante il quale proliferano centri di sapere come le Scuole filosofiche di San Vittore, di Parigi e di Chartres), che promuove la specializzazione tematica delle forme prosimetriche avviando, come ha sintetizzato Peter Dronke, «il rinnovamento di un genere più filosofico di prosimetrum»221. In questa prospettiva è naturale che sia la

Consolatio di Boezio, analogamente al De Nuptiis di Marziano Capella, a rappresentare

per gli aspiranti epigoni il modello fondamentale di „dialogo filosofico‟ secondo la tradizione classica incarnata e trasmessa al Medioevo dal neoplatonismo tardoantico222.

Una autorevole testimonianza di questa egemonia esercitata dall‟opera boeziana nell‟ambito dei modelli che concorsero alla codificazione del genere dialogico è indirettamente offerta da Pietro Abelardo (1079-1142): l‟autore del Soliloquium (un dialogo interiore tra i due «sé» del protagonista, Pietro e Abelardo) all‟interno della esposizione sulla Genesi enuncia un criterio formale fondamentale tra i princìpi che presiedono alla organizzazione del genere dialogico, quando ad essere messa in scena è la disputatio tra personae che incarnano allegoricamente le diverse forme dell‟unica personalità dell‟autore, ed (in abbinamento al Liber Soliloquiorum di Agostino) indica nella Consolatio, ove il confronto tra Boezio e la Filosofia è avvertito come la rappresentazione allegorica di un conflitto interiore, l‟opera esemplare di questo tipo di „scrittura interiore‟:

Quasi ergo aliquis secum loquens se et rationem suam quasi duo constituit cum eam consulit, sicut Boetius in libro De consolatione Philosophiae, vel Augustinus in libro Soliloquiorum223.

221

P.DRONKE, Il secolo XII, in Letteratura latina cit., pp. 231-302: 258.

222

Intorno alla „tradizione‟ della forma prosimetrica in età medievale si veda soprattutto P. DRONKE,

Verse with prose cit.

223

71 1.5.2.1 Adelardo di Bath

Sulla scorta dell‟originale modello di altercatio rappresentato dal „boeziano‟ prosimetro De querimonia et conflictu spiritus et carnis di Ildeberto di Lavardin, la forma mista di prose e versi viene adottata all‟esordio del XII secolo da Adelardo di Bath (ca. 1080 – ca. 1150), studioso-viaggiatore contemporaneo di Abelardo ed autore in età giovanile dell‟allegorica visione De eodem et diverso (anteriore al 1116)224

. L‟opera, ambientata a Tours, mette in scena la simbolica contrapposizione tra i personaggi di Philosophia e Philocosmia (che allude, in antitesi alla prima, all‟amore per il mondo sensibile), impegnati ciascuno con l‟ausilio delle rispettive ancelle in un conflitto campale tra Bene spirituale e Bene materiale. Gli elementi generali che rinviano al precedente boeziano sono molteplici, a partire dalla scelta formale del prosimetro e per giungere alla personificazione allegorica della Filosofia e al tema centrale del conflitto tra il piacere dell‟anima e quello del corpo; d‟altra parte in mancanza di indagini più accurate intorno ai rapporti intertestuali tra il dialogo tardoantico e quest‟opera rimane necessario sottolineare la mediazione svoltavi in materia di „prestiti boeziani‟ dal prosimetro di Ildeberto, evidente modello di Adelardo ove già risulta attiva l‟interpretazione delle rappresentazioni allegoriche della

Consolatio come modello „scientifico‟ per la messa in scena del conflitto naturale tra

anima e corpo su cui fa perno l‟intera visione De eodem et diverso.