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Appartenenza a una cosa comune

IV. Cittadinanza e appartenenza in Kant

1. Appartenenza a una cosa comune

Possiamo tornare alla domanda di questa tesi. Cosa significa essere cittadini di uno stato? In particolare1, che cosa significa appartenere allo stato? In questo capitolo

cercheremo di cogliere il patriottismo nello stato kantiano. Prima di fare ciò, vorrei recuperare alcuni punti centrali dei capitoli precedenti. Abbiamo esaminato la cittadinanza e il rapporto tra cittadinanza e appartenenza nel pensiero liberale e comunitarista. Secondo i comunitaristi i diritti non esistono al di fuori di un concetto di bene comune. Se il punto mi sembra stabilito2, il contrasto teorico è invece sulla

tipologia di bene comune, che segna appunto quello a cui appartenere: i comunitaristi insistono su una comunità storica particolare, dotata di un suo proprio ethos. Si legga cosa scrive Charles Taylor: «Ma dobbiamo ricordare che il patriottismo comporta qualcosa di più che principi morali convergenti: è una comune dedizione ad una comunità storica particolare. L’averla a cuore e sostenerla deve essere uno scopo comune, e questo è più che consenso sulla regola del giusto. In altre parole, il patriottismo comporta, oltre a dei valori convergenti, amore per il particolare. Sostenere questo specifico insieme storico di istituzioni e di forme è, e deve essere, un fine

1 Abbiamo definito la cittadinanza, nel primo capitolo, attraverso le tre dimensioni dei diritti, della partecipazione politica e dell’appartenenza.

2 Si veda R. BELLAMY, op. cit., in D. ZOLO (a cura di), La cittadinanza. Appartenenza, identità, diritti, p.

comune socialmente approvato»3. L’appartenenza dei cittadini a questa comunità

particolare è necessaria, la comunità è logicamente primaria rispetto agli individui. Con queste premesse antropologiche, il patriottismo dei comunitaristi è dovuto. Diversamente, il pensiero liberale pone al centro l’individuo, dotato di una sua autonomia morale, capacità di scelta e di azione che travalicano le comunità particolari di appartenenza. In questo caso, essere cittadini significa avere diritti, necessari per realizzare i propri fini soggettivi, e partecipare allo schema cooperativo o contratto sociale che li rende possibili per tutti. Quello che rischia di far fallire questo tipo di cittadinanza è, secondo i suoi critici, l’incapacità di superare la stretta reciprocità delle obbligazioni di cittadinanza, che rende difficile lo schema di cooperazione. La stretta reciprocità è infatti impossibile in una società di individui diversi, con diverse capacità, dotazioni di partenza, fortuna. Si tratterebbe di riconoscere lo schema cooperativo, «la regola del giusto», come bene comune, e non insistere su un’antropologia liberale che vede gli individui come, in fondo4, massimizzatori del proprio interesse. Per non far

fallire il contratto, per superare la stretta reciprocità , è necessario «accettare la tesi repubblicana, e dichiarare di avere un posto per il bene comune, e quindi un posto per il patriottismo»5. Il bene comune può essere uno schema cooperativo, una regola del

3 C. TAYLOR, Il dibattito fra sordi..., cit. p. 159.

4 K. FLIKSCHUH, Kant and Modern Political Philosophy, pp. 200-201.

5 Charles Taylor scrive che, nonostante tutto, «il patriottismo repubblicano è ancora fortemente presente tra noi e gioca un ruolo essenziale nel mantenimento dei nostri regimi liberal-democratici contemporanei. […] Allora il liberalismo non può rispondere all’accusa di inagibilità semplicemente dando per scontato l’atomismo e scartando la tesi repubblicana. Fare ciò significherebbe non vedere le dinamiche cruciali della società moderna. Ma ciò lascia in piedi l’altra risposta: quella secondo cui una società liberale procedurale può essere, per un verso cruciale, una società repubblicana. E in verità questa è una maniera di interpretare la reazione al Watergate. Ciò che i cittadini sdegnati videro violata era precisamente una regola del giusto, una concezione liberale dello stato di diritto» (C. TAYLOR, Il dibattito fra sordi…, cit. pp.

giusto, e il patriottismo può essere rivolto ad esso, al mantenimento di esso. A partire da ciò, recependo la critica comunitarista, la cittadinanza liberale può funzionare, e le obbligazioni di cittadinanza reggersi da sole, senza bisogno di usare l’idea di nazione per renderle possibili6. Questa è la convinzione di Habermas, quando scrive che «il

repubblicanesimo deve imparare a reggersi in piedi da solo»7. È lo schema cooperativo,

basato sui diritti e reso possibile dal processo democratico, a costituire il legame tra cittadini e stato, il loro possibile senso di appartenenza. Si parla quindi di «patriottismo costituzionale» (Habermas) attorno a un bene comune che è una grandezza giuridica. Nel confronto tra antropologia kantiana e antropologia liberale, è emerso l’interesse della nostra ragione, secondo Kant, a costruire un mondo comune, che renda possibile la coesistenza degli arbitrii e la realizzazione delle nostre disposizioni naturali, come genere umano. Costruire il mondo comune, con difficoltà, data la nostra «insocievole socievolezza», è il nostro compito. Ma qual è questo bene comune? Il problema è individuare il senso proprio dell’appartenenza agli stati come cose comuni, situati all’interno di un sistema di diritto cosmopolitico che è egualmente nostro compito realizzare – se restiamo coerentemente all’interno di una lettura cosmopolitica del pensiero kantiano. Mi pare che, a partire da questo, la cittadinanza kantiana debba avere in prospettiva la realizzazione di una qualche cittadinanza oltre lo stato, che si può declinare diversamente8. Non analizzerò queste ipotesi di cittadinanza cosmopolitica,

155-159).

6 Si veda D. MILLER, On Nationality, p. 72.

7 J. HABERMAS, op. cit., p. 131.

8 In questo senso si veda il terzo articolo definitivo della Pace Perpetua: «Il diritto cosmopolitico deve essere limitato alle condizioni dell’ospitalità universale» (ZeF, AA VIII 357, trad. it. cit. p. 166). Qui Kant inaugura la figura stessa del diritto cosmopolitico, accanto a quello pubblico statuale e

ma tenterò solamente di comprendere il significato della cittadinanza nella repubblica kantiana, di modo che si possa poi valutare la sua possibile estensione o integrazione con una cittadinanza oltre lo stato o cosmopolitica9.