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Il postulato del diritto pubblico: coesistenza e cosmopolitismo giuridico

III. Cosmopolitismo, popoli, stati

1. Il postulato del diritto pubblico: coesistenza e cosmopolitismo giuridico

Per realizzare la propria Bestimmung il genere umano deve creare una comunità giuridica di tutti i cittadini della terra. La realizzazione di una condizione legale – di una società civile – è per Kant un dovere, che ha una specifica giustificazione. Perché gli esseri umani devono entrare in una situazione legale? C’è un aspetto fondamentale che differenzia Kant dal contrattualismo3, ovvero la diversa motivazione che sta alla base

dell’esigenza degli esseri umani di abbandonare lo stato di natura. Secondo i

1 Per la tesi originaria si veda B. ANDERSON, Imagined Communities. Reflections on the Origin and the Spread of Nationalism, London-New York, Verso, 2006.

2 Cfr. S. BENHABIB, The Rights of Others. Aliens. Residents and Citizens, Cambridge, University of

Cambridge, 2004 (trad. it. di S. DE PETRIS, I diritti degli altri. Stranieri, residenti, cittadini, Milano,

Raffaello Cortina Editore, 2006, pp. 59-75). Qui Benhabib illustra la critica che viene fatta alla

concezione di popolo sviluppata da John Rawls in Liberalismo politico e ne Il diritto dei popoli da quei teorici della giustizia globale che hanno elaborato, differentemente da Rawls, teorie cosmopolitiche. 3 Mi riferisco, ad esempio, al contrattualismo di Hobbes o Locke. (Si veda la voce “Contrattualismo”, in

Enciclopedia delle scienze sociali Treccani, http://www.treccani.it/enciclopedia/contrattualismo_ %28Enciclopedia-delle-scienze-sociali%29/).

contrattualisti, l’abbandono dello stato di natura per creare la società civile (il principio

exeundum e statu naturali), è necessario pragmaticamente. Non è cioè prudente restare

in uno stato di natura in cui si teme per la propria vita o per i propri interessi, come ad esempio una violazione della proprietà privata. Una considerazione di tipo prudenziale è in grado di giustificare l’uscita dallo stato di natura e l’ingresso in una società civile. Lo stato, o società civile, è, in ottica contrattualista, un’impresa di individui che hanno paura per la propria vita e hanno perciò interesse a creare un giudice terzo. Lo strumento privatistico del contratto, basato sul consenso dei contraenti, è perfettamente coerente con questa visione4. Questo aspetto vale per pensatori molto diversi tra loro, come

Hobbes e Locke, pur avendo essi caratterizzato a tinte più o meno fosche lo stato di natura5. Diversamente da Hobbes o da Locke, secondo Kant non dobbiamo abbandonare

lo stato di natura perché è prudente farlo, ma prima di tutto perché è un dovere di diritto [Rechtspflicht], cioè è una obbligazione che ci viene data a priori e che si radica nell’idea degli esseri umani come esseri liberi e razionali, i quali devono regolare le proprie relazioni in una maniera conforme al diritto6. La libertà esterna è un elemento

4 W. KERSTING, Wohlgeordnete Freiheit. Immanuel Kants Rechts- und Staatsphilosophie, Berlin-New

York, de Gruyter, 1984, pp. 199-232.

5 Come è noto, secondo Hobbes lo stato di natura è uno stato di guerra, mentre secondo Locke, nello stato di natura esiste ‘società’ ma non esiste una società civile o politica, ovvero un potere terzo.

6 Si veda H. WILLIAMS, Kant’s Political Philosophy, Oxford, Basil Blackwell, 1983, pp. 166-170. Si veda

anche come ciò si connette alla questione dell’obbligazione giuridica in Kant. Il diritto «solleva una pretesa di obbligazione fondata sulla giustizia» (p. 54). Con Kant l’obbligazione giuridica diviene una autoobbligazione, una «relazione interna, intrasoggettiva, tra l’essere razionale uomo come legislatore e l’essere sensibile uomo come soggetto alla legge» (p. 56). In questo modo, «la coazione legittima è l’equivalente patologico della forza di motivazione della ragione morale. Interviene sempre allorquando chi è giuridicamente obbligato rifiuta di conoscere e riconoscere il dovere giuridico come a lui imposto dalla propria ragione» (W. KERSTING, Libertà e obbligazione in Kant, in G. DUSO, G. RAMETTA (a cura di), La libertà nella filosofia classica tedesca. Politica e filosofia tra Kant, Fichte, Schelling e Hegel, Milano,

che sta alla base della definizione del diritto: «Diritto è la limitazione della libertà di ciascuno alla condizione della sua armonia [Zusammenstimmung] con la libertà di ognuno, nella misura in cui essa è possibile secondo una legge universale; e il diritto

pubblico è il complesso delle leggi esterne, le quali rendono possibile una tale armonia

pervasiva [durchgängige]»7. Il diritto è un principio formale, che astrae dalle nostre

particolari concezioni di felicità, dai contenuti variabili che essa assume per ognuno di noi8. Dobbiamo entrare nella società civile perché abbiamo un fondamentale e innato

diritto alla libertà esterna9, che possiamo far valere solo in una società civile. Restare

nello stato di natura è contrario al diritto degli esseri umani, il quale sgorga a priori dalla ragione10: se gli individui nello stato di natura fossero «buoni e amanti del

7 TuP, AA VIII 289-290, trad. it. cit. p. 103. Cfr. M. C. PIEVATOLO (a cura di), Sette scritti politici liberi, p.

135.

8 Si veda quanto scritto nel Detto comune: «Ma il concetto di un diritto esterno in generale proviene interamente dal concetto di libertà nelle relazioni esterne reciproche degli esseri umani, e non ha nulla a che fare con il fine che tutti gli esseri umani hanno per natura (l’intenzione alla felicità), né col precetto [Vorschrift] dei mezzi per riuscire a ottenerlo: così che anche perciò quest’ultimo fine non deve assolutamente immischiarsi in quella legge come fondamento di determinazione del precetto stesso [derselben]» (TuP, AA VIII 290, trad. it. cit. p. 103).

9 Il diritto innato alla libertà che spetta a tutti gli esseri umani è il centro della dottrina kantiana, e come abbiamo visto giustifica l’entrata in una società civile. Si veda la Metafisica dei Costumi: «Il diritto

innato è uno solo. La libertà (indipendenza dall’arbitrio costrittivo altrui), in quanto essa può coesistere

con la libertà di ogni altro secondo una legge universale, è questo l’unico diritto originario spettante a ogni uomo in virtù della sua umanità» (MdS, AA VI 237, trad. it. cit. p. 44).

10 Restando nello stato di natura gli esseri umani «commettono un’ingiustizia al massimo grado», questo perché «tolgono al concetto stesso di diritto ogni validità» (MdS, AA VI 307, trad. it. cit. pp. 134-135). Il diritto è costruito a priori dalla ragion pura pratica, che «non ha riguardo per nessuno scopo empirico (tutti i fini simili sono compresi sotto il nome generale di felicità); siccome sullo scopo e su dove ciascuno vuole porlo gli esseri umani la pensano in modi del tutto diversi, la loro volontà non può essere ricondotta sotto un principio comune e quindi neppure sotto una legge esterna che si accordi con la libertà di ognuno» (TuP, AA VIII 290, trad. it. cit. p. 104).

diritto»11 dovrebbero comunque entrare nella società civile, perché solo una società

civile che eserciti la coazione può garantire strutturalmente il loro diritto alla libertà esterna.

Il principio del diritto, ovvero della coesistenza delle nostre libertà esterne o della costrizione che abbiamo tutti egualmente rispetto al prossimo12, deve trovare

un’applicazione sensibile per poter gestire le relazioni tra gli esseri umani. Il diritto degli esseri umani è una costruzione che deve essere calata nel contesto in cui ci troviamo ad agire. Le relazioni di diritto tra gli esseri umani hanno luogo (1) tra persone incarnate, che non esistono se non in un corpo13, (2) in uno spazio finito, ovvero la

superficie sferica della terra. A partire da questi dati empirici, che fanno

necessariamente parte della nostra vita e a cui non possiamo derogare, dobbiamo costruire le nostre relazioni di diritto14. Questa costruzione inizia con il ‘postulato del

diritto pubblico’, ovvero: «Tu devi, in base al rapporto di coesistenza, che si stabilisce

inevitabilmente tra te e gli altri uomini, uscire dallo stato di natura per entrare in uno

stato giuridico»15. La coesistenza diviene dunque l’unico fatto da considerare quando ci

11 MdS, AA VI 312, trad. it. cit. p. 140.

12 «Lo stretto diritto può anche essere rappresentato come la possibilità di una costrizione generale e reciproca, accordantesi con la libertà di ognuno secondo leggi universali» (MdS, AA VI 232, trad. it. cit. p. 36).

13 Questa è la ‘acquisizione originaria’ di cui Kant parla nella Metafisica dei Costumi (Mds, AA VI 262, trad. it. cit. pp. 76-77). Si veda K. FLIKSCHUH, Kant and Modern Political Philosophy, p. 153.

14 K. FLIKSCHUH, Kant and Modern Political Philosophy; K. FLIKSCHUH, Kant’s Sovereignty Dilemma: A Contemporary Analysis, «The Journal of Political Philosophy», 18 (2010), n. 4, pp. 469-493.

15 Mds, AA VI 307, trad. it. cit. p. 134 [corsivo mio]. Si veda anche un’altra formulazione del postulato del diritto pubblico, che si trova in nota all’introduzione della seconda sezione della Pace perpetua: «Dunque il postulato che sta a fondamento di tutti gli articoli seguenti è: Tutti gli esseri umani che si possono influenzare reciprocamente l’un l’altro devono appartenere a una qualche costituzione civile» (ZeF, AA VIII 349, trad. it. cit. p. 159).

apprestiamo a pensare l’uscita dallo stato di natura; non sono le caratteristiche antropologiche degli esseri umani16. La coesistenza interviene non a giustificare la

società civile, che come visto si giustifica con il nostro diritto alla libertà esterna, bensì come dato empirico da cui non possiamo prescindere. La coesistenza tra persone dotate di libero arbitrio, che possono ledersi solamente standosi accanto, e pure hanno un diritto alla libertà esterna, è la circostanza a partire dalla quale costruire una situazione legale17. La situazione legale che deve essere costruita non è quindi una situazione di

giustizia da istituirsi primariamente all’interno dei nostri stati ma è per Kant un sistema di diritto, che comprende tutti i popoli e gli stati che possono influenzarsi tra di loro e ledersi nella loro libertà esterna. Cittadini, popoli e esseri umani devono essere in relazioni di diritto, che ne garantiscano la libertà esterna, la eguale coazione reciproca, dal momento che si trovano a coesistere, che sono in una condizione di possibile influenza l’uno con l’altro. Questa condizione di possibile influenza è una conseguenza della sfericità o limitatezza della superficie terrestre: vivere su un globo significa poter entrare in contatto con tutti ed è un fatto inderogabile che porta con sé la necessità di

16 Si veda a proposito W. KERSTING, Wohlgeordnete Freiheit, cit. pp. 203-204.

17 Come scrive Flikschuh: «Here we have an image of unaivodable empirical constraints, abstractly conceived, attention to which is essential to the practical construction of the concept of Right. The earth’s spherical surface is that empirically given space for possible agency within which human beings are constrained to articulate their claims to freedom of choice and action. It is not a subjectively given,

merely empirical condition, which is in principle open to modification by human willing and agency. To

the contrary, the global boundary constitutes an objectively given, unavoidable condition of empirical reality within the limits of which human agents are constrained to estabilish possible relations of Right» (K. FLIKSCHUH, Kant and Modern Political Philosophy, p. 133). Si veda anche quanto scrive Benhabib:

«La superficie sferica della Terra costituisce una circostanza di giustizia, ma non funge da giustificazione morale sulla quale fondare il diritto cosmopolitico» (S. BENHABIB, I diritti degli altri, cit. p. 27).

costruire il diritto tenendo conto di ciò18. Il diritto pubblico si distingue in tre livelli19,

ma ogni livello ha la medesima urgenza normativa, ovvero si giustifica a partire dalla libertà esterna degli individui e si costruisce sul fatto della coesistenza: questo ci porta a costruire e giustificare un sistema di diritto cosmopolitico. Come scrive Kant nella

Metafisica dei Costumi: «Sotto al concetto generale del diritto pubblico bisogna

comprendere non soltanto il diritto statuale, ma anche il diritto delle genti (ius gentium); e poiché il suolo della terra non è una superficie sconfinata, ma una superficie che si circoscrive da sé, queste due specie di diritto insieme conducono inevitabilmente all’idea di un diritto politico delle genti o di un diritto cosmopolitico (ius

cosmopoliticum). Così che, se soltanto una di queste forme possibili dello stato

giuridico mancasse del principio capace di limitare per mezzo di leggi la libertà esterna, l’edificio delle altre due ne verrebbe inevitabilmente minato e finirebbe col precipitare»20.

La situazione cosmopolitica da realizzarsi può essere concepita diversamente. Kant individua due alternative che il genere umano ha a sua disposizione per

18 Come sostiene Katrin Flikschuh nel già citato Kant and Modern Political Philosophy, se la terra fosse un infinito piano, il cercare di costruire una comunità non sarebbe un dato ineliminabile della nostra esistenza. Invece il possesso comune originario della terra (che deriva dalla sua sfericità e dalla nostra corporeità) funziona come idea, concetto razionale pratico che fa sorgere un sistema di diritto, una volontà generale che è in ultima istanza cosmopolitica. Cfr. S. BENHABIB, I diritti degli altri, cit. pp. 26-28.

19 I tre livelli sono il diritto civile statale, il diritto internazionale e il diritto cosmopolitico. Si veda nella

Pace Perpetua: «Ma ogni costituzione giuridica è, per quanto concerne le persone che vi si trovano: 1.

quella secondo il diritto civile statale degli esseri umani in un popolo (ius civitatis), 2. quella secondo il

diritto internazionale degli stati in relazione reciproca (ius gentium), 3. quella secondo il diritto

cosmopolitico, nella misura in cui esseri umani e stati, essendo in una relazione esterna di influenza reciproca sono da considerarsi come cittadini di uno stato universale degli esseri umani (ius

cosmopoliticum)» (ZeF, AA VIII 349, trad. it. cit. p. 159).

istituzionalizzare il diritto e garantire, attraverso di esso, la pace. Queste sono articolate chiaramente nello scritto Per la pace perpetua, ma le troviamo accennate o più o meno esposte negli altri scritti21. Mi concentro sul secondo articolo definitivo, che recita: «Il

diritto internazionale deve essere fondato su un federalismo di liberi stati»22. Kant

sostiene qui l’istituzione di una confederazione, «una lega di popoli [Völkerbund] che però non dovrebbe [müßte] nondimeno essere uno stato di popoli»23. Il Völkerbund è

una «lega di pace (foedus pacificum), la quale sarebbe differente dal trattato di pace (pactum pacis) in quanto questo cerca semplicemente di finire una guerra, ma quella

tutte le guerre per sempre»24. La lega di pace è pensata estendersi a tutti gli stati, in

maniera graduale. Alla fine del secondo articolo definitivo essa viene definita come un mero surrogato negativo che allontana la guerra e «può trattenere il torrente dell’inclinazione ostile che rifugge il diritto, però con il rischio costante della sua rottura»25. Nell’articolo si alternano infatti due soluzioni: una soluzione in thesi, ovvero

dettata dalla ragion pratica, che rappresenta ciò che dobbiamo fare, e una soluzione in

hypothesi, cioè prudenziale, che può essere accettata più facilmente dai capi di stato ma

21 Lo scritto Per la pace perpetua articola meglio qualcosa che tuttavia si ritrova anche negli altri scritti. Il problema del cosmopolitismo politico kantiano – del suo federalismo – lo troviamo infatti nell’Idea per

una storia universale in un intento cosmopolitico, nel Detto Comune, ne La religione entro i limiti della sola ragione e nella Metafisica dei Costumi. Lo scritto Per la pace perpetua ha il vantaggio di

un’esposizione più chiara delle alternative kantiane, nonché di essere esplicitamente concentrato sul problema della realizzazione di una pace perpetua sulla terra attraverso l’istituzione di una situazione giuridica coercitiva tra esseri umani e stati che, coesistendo, possono ledersi tra di loro.

22 ZeF, AA VIII 354, trad. it. cit. pp. 163. 23 Ibidem.

24 Ibidem, 356, trad. it. cit. p. 165. 25 Ibidem, 357, trad. it. cit. p. 166.

non è comandata dalla ragion pratica26. La seconda soluzione, quella prudenziale,

prevede appunto una confederazione permanente, una lega di popoli o Völkerbund, in cui gli stati non possono essere costretti a entrare. Essa non ha tuttavia neppure la forza coattiva per far valere il diritto, ovvero per dirimere giuridicamente le controversie che sorgono tra gli stati. Il valore di questa opzione risiede nella modalità della sua istituzione, ovvero nella volontarietà, l’assenza di coercizione nella sua creazione27; ma

l’assenza di coercizione connessa al diritto, ovvero il fatto che, usando una terminologia contemporanea, il Völkerbund rappresenti una mera confederazione e non una federazione, non può veramente classificare questa opzione come uscita dallo stato di natura in cui si trovano tra loro gli stati, dato che il diritto è per Kant strettamente connesso con la sua forza coattiva28. Questa soluzione rimette in ultima istanza la

decisione sulla guerra agli stati singoli e, come scrive Kant, è surrogatoria29.

Diversamente, la soluzione in thesi connette al diritto una forza coercitiva.

Qual è dunque la soluzione in thesi? Kant la definisce «l’idea positiva di una repubblica

mondiale»30. Nel momento in cui egli cerca di istituire, al di sopra del diritto pubblico

statuale, una situazione sovra-nazionale che, conservando la coercitività del diritto, porti

26 Si veda N. DE FEDERICIS, Kant’s Defense of a World Republic between 1793 and 1795, in S. BACIN, A.

FERRARIN, C. LA ROCCA, M. RUFFING (hrsg. von), Kant und die Philosophie in weltbürgerlicher Absicht. Akten des XI. Internationalen Kant-Kongresses, Band 4, Berlin, de Gruyter, 2013, pp. 623-634.

27 Differentemente da quanto avviene nel caso dell’istituzione della società civile, in cui posso costringere le persone vicino a me ad entrare. Si veda a proposito P. KLEINGELD, Kant and Cosmopolitanism, cit. pp. 50-58; K. FLIKSCHUH, Kant’s Sovereignty Dilemma..., cit. p. 484.

28 MdS, AA VI 236, trad. it. cit. p. 36.

29 Pur avendo un valore provvisorio, nell’approssimazione alla soluzione in thesi. Si veda G. MARINI, La filosofia cosmopolitica di Kant, pp. 246-271.

l’umanità verso una situazione giuridica che risolva i conflitti e realizzi la pace perpetua31, si trova di fronte a una serie di difficoltà. La prima difficoltà concerne la

stessa istituzione della situazione cosmopolitica. Un modo di affrontare il problema è applicare interamente l’analogia interna, ovvero: se si possono costringere le persone che si trovano vicino a me nello stato di natura a entrare in una condizione civile si può farlo anche con gli stati32. Kant propone e rifiuta l’analogia interna a questo livello33.

Seguendo l’analogia interna, come gli esseri umani nello stato di natura, così gli stati verrebbero costretti anche contro la loro volontà. Si realizzerebbe così una situazione sovra-statuale che dirime attraverso il diritto le dispute tra gli stati, in maniera coattiva. Questa soluzione connetterebbe il diritto alla forza e pertanto realizzerebbe un’uscita dallo stato di natura internazionale in cui si trovano gli stati. Ma Kant rifiuta, come

31 La soluzione sovra-nazionale deve avere il compito di realizzare il diritto cosmopolitico definito in maniera ampia, ovvero quello per cui esseri umani e stati sono da considerarsi come cittadini di uno stato universale degli esseri umani [Menschenstaat] (ZeF, AA VIII 349, trad. it. cit. p. 159).

32 Si veda in una nota all’introduzione agli articoli definitivi di Per la pace perpetua: «Si assume comunemente che non si dovrebbe operare in modo ostile contro nessuno se non quando ci ha già attivamente leso, e ciò è pure del tutto giusto, quando entrambi sono in uno stato [Zustand] civile-legale. Infatti, l’uno, per il fatto di essere entrato in tale stato, offre all’altro la sicurezza richiesta (mediante l’autorità che ha vigore su entrambi). - Ma l’essere umano (o il popolo) nel semplice stato di natura mi toglie questa sicurezza, e mi lede già proprio tramite questo stato [Zustand], essendo accanto a me, sebbene non attivamente (facto) tuttavia attraverso la mancanza di legge della sua condizione (statu

iniusto) per la quale io sono continuamente minacciato da lui, e lo posso costringere o a entrare con me in

uno stato [Zustand] comunitario-legale o a ritrarsi dalla mia vicinanza. - Dunque il postulato che sta a fondamento di tutti gli articoli seguenti è: Tutti gli esseri umani che si possono influenzare

reciprocamente l’un l’altro devono appartenere a una qualche costituzione civile» (ZeF, AA VIII 349, trad. it. cit. p. 159).

33 «E tuttavia per gli stati, secondo il diritto internazionale, non può valere nemmeno quanto vale per gli esseri umani nella situazione priva di legge, secondo il diritto di natura, che si deve uscire da questo stato (perché essi, in quanto stati, hanno già internamente una costituzione giuridica, e dunque si sono sottratti alla coercizione da parte di altri a portarli sotto una costituzione legale allargata secondo i loro concetti di diritto)» (ZeF, AA VIII 356, trad. it. cit. p. 165).

abbiamo visto, la coercizione nello stabilimento della situazione legale internazionale: l’uscita dallo stato di natura internazionale può essere solo un processo volontario e pertanto graduale34. Perché Kant ferma l’analogia interna? Come sostiene Kleingeld:

«L’uscita dallo stato di natura delle persone che si uniscono in uno stato è ciò che porta per la prima volta l’autonomia politica nel mondo […] Costringerle a entrare in uno stato di stati andrebbe contro l’idea di fondo di un popolo come un’unione politica che si autodetermina e legifera per sé»35. Costringere gli stati significa per Kant rischiare di

portare indietro il percorso che il diritto si è aperto nel mondo attraverso di essi, andare