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È “violenza contro le donne ogni atto di violenza fondata sul genere che provochi un

danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà.” Così recita l’art.1 della Dichia-

razione dell’ONU sull’eliminazione della violenza contro le donne.

Con l’espressione “violenza di genere” si indicano tutte quelle forme di vio- lenza da quella psicologica e fisica a quella sessuale, dagli atti persecutori del cosid- detto stalking allo stupro, fino al femminicidio, che riguardano un vasto numero di persone discriminate in base al sesso.

Quindi, la violenza contro le donne e la violenza di genere sono, più o meno, la stessa cosa. Ma, molto spesso, il termine per definire la violenza contro le donne è violenza di genere. Quest’ultima, riguarda donne e bambine, ma coinvolge anche mi- norenni.

La distinzione concettuale di genere è stata proposta, per la prima volta, dalla sociologa inglese Anne Oakley nel suo libro “Sesso, genere e società” pubblicato nel 1972, e fa riferimento ai comportamenti ad hoc determinati dalla differenziazione ses- suale maschio/femmina.

Per quanto ci possa apparire strano, il concetto di uguaglianza fra uomo e donna è relativamente recente, anche se, è stata sancito nella Dichiarazione dei diritti umani nel 1948.

Come scrive Bianca Gelli “il concetto di genere nasce negli anni ’70 a partire

dalla presa di coscienza, da parte delle donne, del persistere di una situazione di pro- fonda asimmetria e di squilibrio tra i ruoli sessuali. Nasce come critica all’uso di quel binarismo sessuale che, per secoli, si è tradotto in una precisa gerarchia dei ruoli, consegnando alla biologia l’origine dell’inferiorità femminile.

Il genere è il primo terreno nel quale il potere si manifesta.”155

Quindi, mentre il sesso ha a che fare con il dato biologico al momento della nascita e indica le caratteristiche biologiche e anatomiche degli individui, il termine

154 Approccio trasversale, un modo di guardare le cose. Si tratta in concreto di “una serie di strumenti che permettono di analizzare ogni attività ponendo attenzione continua alle differenze, alle attitudini, alle competenze di uomini e donne” (www.unionefemminile.it/)

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genere indica i tratti sociali e culturali che qualificano il comportamento, il vissuto e i ruoli di una persona in termini di mascolinità o femminilità. È il significato sociale assunto dalle differenze sessuali.

Da questa distinzione nasce l’approccio di genere, che è un’ottica metodologica che consente di analizzare le disparità sociali tra i generi.156

3.2 La normativa europea

La violenza contro le donne è un fenomeno diffuso con conseguenze gravi per il benessere fisico, psicologico e sociale delle donne. È stato riconosciuto in ambito internazionale dalle Nazioni Unite come un importante problema di salute pubblica e sociale, nonché, una violazione dei diritti umani che ha, anche, effetti profondi nella società nel suo insieme.

Dati e informazioni forniscono alle istituzioni, alle associazioni, ai cittadini una base di riferimento per valutare la portata dei fenomeni, conoscere le caratteristiche di vittime e autori, comprendere le radici e i contesti in cui maturano questi crimini ed elaborare politiche e azioni di contrasto.157

La violenza contro le donne e le ragazze si verifica ancora ogni giorno, all’in- terno e all’esterno dell’Unione Europea e l’impegno di quest’ultima è abbastanza recente.

Dalla fondazione della Comunità europea, nel 1957, sono dovuti passare alcuni decenni perché l’argomento comparisse nell’agenda politica europea. Le cause di questa violazione dei diritti umani sono diverse: avviene indipendentemente dal contesto sociale, a casa, a lavoro, a scuola, per strada, nelle attività sportive o anche online. In più, limita la piena partecipazione delle donne e delle ragazze alla so- cietà.

In Europa una donna su tre ha subito violenza fisica e/o sessuale. L’80% delle vittime è di sesso femminile. Nei paesi in via di sviluppo, una ragazza su tre risulta sposata prima di aver compiuto 18 anni.

L’UE (dal 1993 al 2009) si è interessata tradizionalmente al tema della tutela delle donne in relazione al principio di non discriminazione, sancito dal Trattato di Lisbona e Carta dei diritti fondamentali attraverso:

156 M. L. Bonura, op. cit., p.19

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• Creazione del CSW: Commission of the Status of Woman (commissione sulla condizione della donna);158

• Adozione della CEDAW nel 1979 volta a promuovere la parità tra donne e uomini;

• Conferenze mondiali delle donne: si inquadrano nel percorso di promo- zione dei diritti delle donne sostenuto dalle Nazioni Unite ed hanno svolto un ruolo politico essenziale a partire da metà degli anni ’70: infatti, hanno permesso ad esponenti di governo e rappresentanti della società civile di negoziare un nucleo minimo di politiche comuni in settori chiave per la promozione dei diritti delle donne e della parità di genere;159 • Le prese di posizione del Consiglio di Sicurezza e della Carta Penale

internazionale sul tema delle donne nei conflitti che attestano una nuova sensibilità giuridica nei confronti della violenza;

• La dichiarazione sull’eliminazione della violenza del 1993 dell’Assem- blea Generale delle Nazioni Unite ha riconosciuto il diritto delle donne a vivere libere dalla violenza.

Un altro ambito di cui tradizionalmente si è occupato il legislatore comuni- tario è stato, poi, quello delle “azioni positive”160.

Ritornando al tema della violenza contro le donne e alle varie leggi che af- frontano questo tema, importante è la CEDAW del 1979 che è un accordo che pone l’ineguaglianza e la discriminazione contro le donne all’interno del con- testo relativo alla povertà, alla razza, alla salute e alla rappresentazione politica, comprendendo, inoltre, la discriminazione all’interno delle mura domestiche.

La CEDAW non fa riferimento specifico alla violenza sulle donne, anzi que- sto termine non è mai adoperato nel testo. Tuttavia, ha chiarito che tutte le forme di violenza contro le donne rientrano nella definizione di discrimina- zione e quindi, implicitamente, gli inviti contenuti nella Convenzione di

158 Viene istituita nel 1946 a seguito della strutturazione delle Nazioni Unite e rappresenta il principale corpo intergovernativo esclusivamente incaricato di promuovere l’uguaglianza di genere e l’empower- ment delle donne. (A. Taddei, Contro la violenza di genere: tra trasformazioni ed intervento, Milano, Franco Angeli, 2017, p.27)

159 Le conferenze delle donne sono state 5: Città del Messico (1975), Copenaghen (1980), Nairobi (1985), Pechino (1995), New York (2005). www.controdirittiumani.it/

160 Intese come eccezioni al principio di parità di trattamento e finalizzate a dare attuazione sostan- ziale, in una logica del tutto coerente a quella della “non discriminazione”, ai principi di pari opportu- nità e pari trattamento fra uomini e donne. (F. Macrì, Femicidio e tutela penale di genere, Torino, Giappichelli Editore, 2017, p.37)

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vigilare e combattere i casi di discriminazione sessuale, si riferiscono anche alla lotta contro la violenza di genere.

Dopo dieci anni, nel 1989, il Comitato CEDAW con la Raccomandazione Generale n.12 invita gli Stati a tutelare le donne da ogni forma di violenza nella vita quotidiana e fornire loro assistenza e servizi.

Gli anni ’90 inaugurano un periodo di impegno crescente da parte degli or- ganismi delle Nazioni Unite sulla tematica della violenza contro le donne. Si- curamente le più importanti iniziative internazionali, quali la Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne adottata dall’ONU nel 1993 e, soprattutto, il Programma d’azione della Conferenza mondiale di Pechino del 1995, riconoscendo la violenza contro le donne una violazione dei diritti umani, hanno costituito una spinta propulsiva anche per le istituzioni europee. La Dichiarazione dell’ONU approvata a Vienna nel 1993 assume un ruolo fondamentale, in quanto, per la prima volta, fornisce una definizione ampia di violenza contro le donne definendola nell’art. 1 come “qualunque atto di vio-

lenza sessista, che produca, o possa produrre, danno, sofferenze fisiche, ses- suali o psicologiche, ivi compresa la minaccia di tali atti, la coercizione o pri- vazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che nella vita privata.”

In più, recita “i diritti umani delle donne e delle bambine sono inalienabili

e parte integrante e indivisibile dei diritti umani universali… la violenza di genere e tutte le forme di molestie e di sfruttamento sessuale, incluse quelle che risultino dal pregiudizio culturale e dal traffico internazionale, sono in- compatibili con la dignità e il valore della persona umana, e perciò devono essere eliminate.”161

La Dichiarazione pone l’accento sulla relazione che si stabilisce tra l’elimi- nazione di tutte le forme di discriminazione contro la donna e l’eliminazione della violenza di genere: il primo passo per poter contrastare il fenomeno della violenza è, infatti, l’eliminazione della discriminazione di natura sessista. La violenza è descritta come un ostacolo alla parità, allo sviluppo e alla pace in generale, come un ostacolo allo stesso sviluppo umano, riconoscendo che la violenza contro le donne costituisce una manifestazione delle relazioni di po- tere diseguale fra uomini e donne.

161 V. Franco, op. cit., p.25

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Nella Piattaforma di Pechino del 1995 si legge “la violenza contro le donne

è un ostacolo al raggiungimento degli obiettivi di uguaglianza, sviluppo e pace. La violenza contro le donne viola indebolisce o vanifica il godimento da parte delle donne dei loro diritti umani e delle loro libertà fondamentali.”162

Quindi, la Piattaforma ripropone la stessa definizione di violenza sulle donne presentata nella Dichiarazione del 1993 e identifica 12 aree prioritarie di inter- vento, ponendo tra esse la lotta alla violenza di genere e ha stabilito tre obiettivi strategici: implementare misure integrate per prevenire ed eliminare la violenza contro le donne; eliminare la tratta delle donne; ed infine, assistere le vittime di violenza.

Sono, quindi, due documenti che hanno segnato un punto di non ritorno sulla strada del riconoscimento della gravità della violenza contro le donne e del necessario impegno degli Stati e delle Comunità nel contrastarla con ogni mezzo.

Cinque anni dopo, nell’Assemblea “Pechino + 5” viene ribadita la rilevanza del fenomeno, invitando gli Stati a prendere tutte le misure necessarie per eli- minare la violenza contro le donne ed una delle sue principali cause: la discri- minazione sessuale.

A livello europeo la tutela della donna nell’esercizio dei diritti umani è ga- rantita dalla Carta Sociale Europea, adottata nel 1961 e rivista nel 1999 che contiene varie clausole antidiscriminatorie in cui viene sancita la parità tra uomo e donna come condizione necessaria per un’efficace lotta alla violenza di genere.

A partire dai primi anni 2000 tutti i programmi d’azione per le pari opportu- nità promossi dall’UE hanno incluso lo sradicamento della violenza contro le donne tra gli obiettivi, per l’affermazione dell’uguaglianza ed hanno finanziato progetti volti a combattere la violenza identificata, non solo, in modo neutro, come violenza domestica, ma come violenza gender based, strutturalmente ra- dicata nei diseguali rapporti di potere tra i sessi.

Sulla competenza in materia di salute pubblica saranno fondati l’iniziativa Daphne e i successivi programmi sulla prevenzione e la lotta contro la violenza verso i bambini, i giovani e le donne. Mentre l’iniziativa Daphne (1997-1999)

162 Ibidem

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puntava soprattutto su azioni di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, i pro- grammi Daphne (2000-2003, 2004-2008, 2007-2013) avevano obiettivi più ambiziosi includendo tra i destinatari del sostegno, oltre alle associazioni e alle ONG, anche le istituzioni pubbliche locali degli stati membri.

Esplicitamente riferita alla violenza contro le donne è la Raccomandazione Rec (2002)5 emanata dal Consiglio dei Ministri degli Stati membri adottata il 30 aprile 2002. Questa raccomandazione è il primo strumento internazionale che ha proposto una strategia globale per prevenire la violenza e proteggere le vittime, e tuttora costituisce una delle misure legislative fondamentali a livello europeo nella lotta alla violenza contro le donne. In seguito, invita gli Stati a adottare o sviluppare politiche nazionali di lotta contro la violenza, istituire strutture o organi che a livello centrale, mettano in atto misure di contrasto ai fenomeni di violenza di genere e a sviluppare la ricerca e raccolta di dati creando una rete a livello nazionale e sovranazionale.

Nel 2009 entra in vigore il Trattato di Lisbona in cui non solo viene ricono- sciuta la parità tra uomini e donne, ma diventa vincolante anche la Carta dei diritti fondamentali dell’UE che stabilisce il rispetto della dignità umana, il di- vieto di discriminazione sulla base del sesso e l’obbligo di assicurare la parità tra uomini e donne. Questa dichiarazione, però, non ha avuto nessun seguito, né ha prodotto l’effetto auspicato.

Importante è, in questo caso, la Convenzione di Istanbul del 2011163 in cui si trova una specifica definizione di “violenza basata sul genere”.164

Nella Convenzione si può leggere non solo la condanna da ogni forma di violenza sulle donne, ma soprattutto l’ispirazione dei Paesi aderenti a “creare un’Europa libera dalla violenza contro le donne.”165

163 Si presenta come uno strumento molto innovativo per il suo approccio olistico, caratterizzato dalla più ampia partecipazione della società civile e al ruolo dell’informazione e comunicazione nella pre- venzione e lotta del fenomeno. Ritiene prioritarie due aree di intervento: la prevenzione e l’accesso ai servizi da parte delle donne che hanno subito violenza. Promuove e realizza l’impegno effettivo nella lotta contro la violenza di genere. La Convenzione rappresenta il trattato internazionale di più ampia portata per affrontare la violazione dei diritti umani e nei confronti delle donne. È l’ennesimo invito della comunità a cambiare atteggiamento nei confronti delle donne come violazione dei diritti umani. (A. Taddei, op. cit., p.30)

164 Ci si riferisce ai ruoli, ai comportamenti, attività e attributi socialmente costruiti che una determi- nata società considera appropriati per uomini e donne. L’espressione violenza contro le donne basata sul genere designa qualsiasi violenza diretta contro una donna in quanto tale, o che colpisce le donne in modo sproporzionato. (A. Taddei, op. cit., p.30)

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È importante il riconoscimento di tre fatti incontrovertibili:

1. Il raggiungimento dell’uguaglianza di genere de jure e de facto che è un elemento chiave per prevenire la violenza contro le donne; 2. La violenza contro le donne è una manifestazione dei rapporti di

forza storicamente diseguali tra i sessi, che hanno portato alla domi- nazione sulle donne e alla discriminazione nei loro confronti da parte degli uomini e impedito la loro piena emancipazione;

3. La violenza contro le donne è uno dei meccanismi sociali cruciali per mezzo dei quali le donne sono costrette in una posizione subordinata rispetto agli uomini.

Ne risulta che fra gli obiettivi principali della Convenzione si trovi quello di contribuire ad eliminare ogni forma di discriminazione contro le donne e promuovere la concreta parità tra i sessi, rafforzando la loro autonomia e auto- determinazione che diventano le parole chiave per costruire una nuova forma di con-vivenza. Ciò porta a disegnare una convivenza fra i due generi rispettosa dell’autonomia e della dignità della donna e improntata al principio dell’invio- labilità del corpo femminile.

L’attenzione dell’UE ai temi della violenza si è intensificata in relazione alla quale è da menzionare, anzitutto, la risoluzione in materia di contrasto alla violenza di genere, e a tutte le forme di discriminazione contro la donna adot- tata a Strasburgo il 6 Febbraio 2013.

Sotto un profilo più concreto sono da considerare due atti normativi nel 2011 e 2012 che produrranno un maggiore impatto nell’ottica di tutela effettiva delle donne. In primis ci si riferisce alla direttiva 2011/99UE con la quale si è introdotto l’EPO166 (ordine di protezione europeo) finalizzato ad assicurare che le vittime di violenza domestica possano fare affidamento su ordini di prote- zioni validi nell’intero territorio dell’UE.

Il provvedimento normativo maggiormente rilevante è la direttiva 2012/29UE167 con la quale si sono stabilite e/o potenziate le prerogative delle

166 A. Merli rimarca che “l’EPO consente all’autorità giudiziaria di uno Stato membro, che abbia pre- disposto per un suo cittadino un ordine di protezione nei confronti di un terzo che attenta alla sua vita o alla sua integrità psicologica o fisica, di utilizzare questo strumento affinché la protezione valga an- che in un altro stato membro in cui il cittadino venga a trovarsi.” (A. Merli, Violenza di genere e fem-

minicidio, Napoli, ESI, 2015, p.436)

167 Direttiva 2012/29UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 Ottobre 2012 che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato. (M. Rossilli, Le

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vittime di reato. Contempla, altresì, due disposizioni specificatamente rivolte alla tutela delle vittime di violenza di genere:

• Art. 17: dedicato alle vittime di violenza di genere. La violenza è definita in modo ampio come “la violenza diretta contro una

persona a causa del suo genere, della sua identità di genere o della sua espressione di genere o che colpisce in modo spropor- zionato le persone di un particolare genere.”168

Sempre questo articolo precisa come suddetta violenza possa provocare un danno fisico, sessuale, emotivo o psicologico alla vittima. Relativamente alle donne vittime di violenza di genere, ed ai figli di queste la direttiva in esame sancisce il diritto di avere un’assistenza e protezione speciali, ciò motivato dall’ele- vato rischio di vittimizzazione secondaria e ripetuta.

• Art. 18: dedicato alle vittime di violenza nelle relazioni strette. Questa violenza è in tale contesto come la “violenza commessa da una persona che è l’attuale o l’ex coniuge o partner della vit- tima, ovvero da un altro membro della sua famiglia, a prescin- dere dal fatto che l’autore del reato conviva o abbia convissuto con la vittima”. Trattasi, pertanto, di nozione più estesa della violenza nell’ambito della coppia.

L’UE ha finanziato numerosi progetti finalizzati all’approfondimento scientifico e all’elaborazione di proposte concrete per contrastare la violenza di genere. Non può essere trascurata l’importante azione della FRA169.

Tra le tante ricerche condotte in materia di violenza sulle donne è degna di nota la prima indagine ad ampio spettro sulla violenza in tutti i 28 Paesi UE condotta mediante l’intervista di 42.000 donne nel 2014. Sempre nel 2014 il programma Daphne che oggi è parte del più generale programma Diritti, ugua- glianza e cittadinanza (2014-2020) include l’obiettivo dell’eliminazione della violenza di genere in quanto violazione dei diritti fondamentali.

politiche europee di contrasto della violenza di genere: il bilancio del ventennio 1997-2015, in La violenza contro le donne, a cura di S. Feci e Schettini, Roma, Viella, 2017, p.217)

168 F. Macrì, op. cit., p.39

169 Agenzia decentralizzata dell’UE dotata di un ruolo consultivo in materia di implementazione e ri- spetto dei diritti fondamentali. (F. Macrì, op. cit., p.40)

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Le cose, a questo punto, stanno iniziando a cambiare. Per eliminare una volta per tutte questo tipo di violenza basata sul genere, bisogna migliorare l’istruzione e la legislazione, e cambiare le norme sociali. Nel 2017, ad esem- pio, si è avviata l’iniziativa “Spotlight” in cui si affrontano, a livello mondiale, le cause profonde della violenza contro le donne e le ragazze, aiuta le vittime e offre loro gli strumenti per contribuire alla creazione di società più sicure, più resilienti, più ricche e più libere.

L’anno scorso la Commissione Europea ha lanciato la campagna “NON.

NO. NEIN- Say no! Stop violence against woman” il cui obiettivo era, da un

lato una maggiore sensibilizzazione dell’opinione pubblica a questo problema, dall’altro il finanziamento di progetti concreti mirati a ridurre il rischio di vio- lenze e a sostenere le donne che ne sono vittime.

Nel giugno 2017 la Commissione ha assunto la leadership dell’inizia- tiva “Invito ad agire” a favore della protezione dalla violenza di genere in si- tuazioni di emergenza. L’invito all’azione riunisce oltre 60 organizzazioni umanitarie per uno stesso scopo: che la violenza di genere venga riconosciuta come un pericolo per la vita stessa e affrontata dal primo manifestarsi di una crisi.

In conclusione, l’eliminazione della violenza è un primo passo verso la pace e la sicurezza globali ed è al centro dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. È una premessa indispensabile per la promozione, la tutela e il ri- spetto dei diritti umani, per la parità di genere, per la democrazia e la crescita economica.

L’UE continuerà a lavorare intensamente, attraverso tutti gli strumenti a sua disposizione, per eliminare la violenza contro le donne e le ragazze fa- cendo sì che essa diventi un semplice ricordo del passato.

3.3 La normativa in Italia

Nel Codice Zanardelli la disciplina dei reati sessuali era contenuta nel titolo VIII del libro II, dedicato ai delitti contro il buon costume e l’ordine della famiglia,