CAPITOLO 2: LA VIOLENZA DI GENERE: UN QUADRO GENERALE
2.9 Violenza: come viene veicolata dai mass media
126 Nasce nel 1919. È una delle più grandi organizzazioni internazionali indipendenti e opera in 125 Paesi. Realizza programmi di medio-lungo termine. Opera nei seguenti ambiti: educazione, salute, protezione all’abuso e allo sfruttamento, rafforzamento dei sistemi di tutela dei diritti e partecipazione dei minori. Adotta un approccio che si fonda sulla Convenzione Onu dell’Infanzia e dell’Adolescenza ratificata in Italia nel 1991. (www.wikipedia.it/)
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Nel contesto italiano i media riportano, come sempre, con maggiore frequenza, notizie sul tema della violenza e della sicurezza e tutta la letteratura psicoso- ciale più recente evidenzia come la violenza si radica nella vita intra-familiare, oltre che sociale.127
Il ruolo che i mass media giocano nella nostra vita quotidiana e nelle vicende legate alla violenza contro le donne è determinante.
La violenza di genere nel nostro Paese ha una matrice culturale fortis- sima che nasce innanzitutto dalla convinzione di “debolezza e inferiorità fem-
minile”. Le manifestazioni di odio nei confronti delle donne si esprimono nella forma del disprezzo, della degradazione e personalizzazione, per lo più con connotati sessuali.”128
Bisogna, comunque, porre al centro dell’attenzione i mass media nei quali viene rappresentata l’immagine della donna osservando come, nel corso del tempo, si è passati da una rappresentazione di quest’ultima come donna dedita alla casa e alla famiglia per poi diventare un vero e proprio “oggetto” volgendo l’attenzione esclusivamente al suo corpo utilizzato per attirare l’at- tenzione su campagne pubblicitarie o fare audience nei programmi televisivi. È sempre più dilagante lo sfruttamento distorto e spudorato della sua immagine e del suo corpo e l’abuso del suo valore simbolico.129
Oltretutto i mass media ci riportano frequentemente storie di violenza volgendo l’attenzione sul modo in cui questi ultimi rappresentano un fenomeno così importante come la violenza di genere, notando come spesso gli avveni- menti vengano raccontati in modo distorto o addirittura in alcuni casi occultati.
Nel modo in cui si parla sui mass media della violenza maschile sulle donne spicca un dato: quasi mai in primo piano è posto l’uomo autore della violenza anche sul piano visivo. Anche nel modo di problematizzare la vio- lenza maschile sulle donne, tutta la parte della questione che riguarda gli autori della violenza in quanto uomini è espunta dal discorso, rimossa; al centro c’è solo la vittima della violenza spesso identificata come vittima, cioè con un’identità ristretta, nella più classica rappresentazione della femminilità, alla
127 L. Valenzi, la violenza coniugale: da diritto a reato, in Sono caduta dalle scale…i luoghi e gli at-
tori della violenza di genere, a cura di C. Arcidiacono, I. Di Napoli, Milano, Franco Angeli, 2012,
p.12
128 N. Folla, Affrontare la violenza sulle donne, Convegno Erickson 129 G. Lusuardi, op. cit., p.79
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sua presunta condizione di passività, debolezza, subalternità, mentre l’uomo compare esclusivamente nella sua qualità di deviante, anormale. Quel che af- fiora nei media è solo una parte di una realtà assai più endemica e diffusa di vessazioni, soprusi, umiliazioni e violenza contro le donne.130
La descrizione della violenza sulle donne raccontata dai media come una questione sentimentale o di omicidi è un errore da evitare perché invia alla società un messaggio distorto.
I media nel raccontare la violenza di genere strutturano la cosiddetta “cornice interpretativa” o frame e la forniscono all’utente finale. Le informa- zioni fornite dai media vengono definite dalla Lipperini e dalla Murgia come delle “trappole logiche e semantiche che in maniera stereotipata, incasellano,
designano ruoli, attribuiscono colpe e giustificano comportamenti.”131
Le cronache sono piene di femminicidio: “Bambini cattivi e bambine
dolci e gentili.” Donne vittime di violenza definite come “soggetti deboli”. I
giornali e gli articoli web sono pieni di espressioni di questo tipo con una ten- denza alla generalizzazione che dipingono donne stereotipate ad un ruolo su- balterno o imprigionate in una condizione di inferiorità fisica, caratteriale, de- cisionale.
Anche gli episodi di violenza che affiorano nel discorso mediatico rien- trano in un continuum di sopraffazione maschile sulle donne, che non riguarda solo la famiglia o la relazione sentimentale, quanto le relazioni, più in generale, fra uomini e donne. Presi nel loro insieme gli atti di violenza maschile contro le donne hanno un significato preciso: la riaffermazione della supremazia di un ordine gerarchico fra i generi laddove il maschile è ritenuto ancora il luogo di una presunta superiorità e autorevolezza.132
I femminicidi vengono rappresentati dalla cronaca all’interno di un frame in cui l’assassino risulta spesso in preda a “raptus”, “gelosia” o con pro- blemi legati ad alcool e droghe.
130 S. Bellassai, Alle radici della violenza maschile sulle donne, in Femminicidio. L’antico volto del
dominio maschile, a cura di G. Lusuardi, Reggio Emilia, Vme, 2013, p.78
131 L. Lipperini, M. Murgia, op. cit., p.12
132 C. Gamberi, Retoriche della violenza. Il femminismo raccontato dai mass media, in La violenza
contro le donne nella storia. Contesti, linguaggi, politiche del diritto, a cura di S. Feci e L. Schettini,
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“Raptus di gelosia”, “l’ha uccisa ma era innamorato”, o addirittura “l’ha uccisa perché era innamorato”. Non è infrequente leggere o ascoltare
cose di questo tipo. Ma questo è vero amore?
Ciò non è vero amore e usando parole di questo tipo i media, non solo sminuiscono la violenza di genere ma, veicolano in maniera sbagliata il con- cetto di vero amore. Molto spesso questo tipo di omicidi vengono definiti come “delitti passionali.”
In questo tipo di delitti la vera vittima è l’uomo, mentre la donna uccisa è la colpevole e colei che se l’è cercata, cioè colei che con determinati compor- tamenti avrebbe scatenato la “follia” dell’assassino: tradimento, abbandoni, se- parazioni che vengono presentate come motivazioni del gesto.
In Italia la tv è il principale mezzo di diffusione dei modelli di genere e di rapporti tra i generi.
Il sociologo Bourdieu nel saggio “Sulla televisione”133 ha focalizzato l’attenzione sul giornalismo televisivo caratterizzato sulla ricerca del sensazio- nale. Tre sono le grandi limitazioni comunicative che la tv evidenzia:
• Tende a rappresentare sé stessa e non la realtà che la circonda; • Diffonde violenza anche se con diversi gradi di intensità; • Si focalizza sulle opinioni generiche.
La violenza contro le donne, come rappresentata dai tg o dai media, subi- sce un processo di “esorcizzazione” poiché sembra il risultato di culture, etnie, religioni o, semplicemente, gesti compiuti da sconosciuti o da “malati”: in que- sto modo rimane in ombra la normalità della violenza, quella cioè che si genera dentro la famiglia o nelle relazioni intime.
Questo fenomeno permette di rimuovere il problema dalla coscienza e di “esorcizzarlo.”134
Non tutte le donne uccise da uomini finiscono in prima pagina. La notizia- bilità dei fatti criminali e la maggior visibilità appartengono a storie di donne che diventano casi mediatici. I delitti orribili che suscitano sgomento ed
133 L’autore mediante un’analisi diretta e pungente affronta il delicato tema dell’informazione radiote- levisiva. Nella prima parte del libro smonta pezzo per pezzo i meccanismi della censura invisibile esercitata sulla televisione e svela alcuni segreti della fabbricazione di quelle opere d’arte che sono le immagini e i discorsi televisivi; nella seconda parte del libro spiega in che modo la televisione, che domina il mondo del giornalismo, abbia profondamente alterato il funzionamento di ambiti molto di- versi, quali arte, la letteratura, la filosofia, la politica, la giustizia e la scienza.
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emozioni nell’opinione pubblica, la soggettività delle donne scompare dietro la necessità di rappresentare un femminile distinto tra donne deboli, devote, brave e donne forti, controcorrenti e cattive.
Molto spesso nei casi di femminicidi l’attenzione dei media si concentra molto sugli stili di vita della vittima, sul loro conformarsi ai ruoli sessuali tra- dizionali.
Da una parte abbiamo le “donne angeliche”, “le moglie devote”, “brave ragazze” perché rispecchiano il modello femminile tradizionale italiano, della brava donna eterosessuale, casalinga e devota alla famiglia; dall’altra parte ab- biamo le vittime cattive, in qualche modo colpevoli quando il loro comporta- mento non rientra nel binario delle norme sociali decorose, quando hanno tra- sgredito in un certo modo alle regole patriarcali della società.
Molte volte i mass media applicano delle distorsioni sistemiche ai casi. Gli elementi fuorvianti sono:
• Eufemizzazione: si utilizzano eufemismi (litigi, conflitti di coppia) invece di parlare di violenza;
• Colpevolizzazione della vittima: la vittima è responsabile (ha pro- vocato, l’ha lasciato);
• Si ignora che la violenza ha preceduto, quasi sempre, l’omicidio della donna da parte del partner;
• Si cercano i motivi della violenza;
• Si parla più dell’aggressore che della vittima;
• Si sottolinea, già nel titolo, quando l’aggressore, la vittima o en- trambi sono stranieri.
Nel corriere della sera nella sezione “27esima ora” si sono delineati 10 punti per i mass media:
1. Evitare di riferirsi alle donne come “soggetti deboli”, vittime predestinate, e agli uomini come “soggetti cattivi”;
2. Evitare di ricorrere a “raptus di gelosia”, “omicidio passionale”; 3. Non proporre ai lettori solo le facce, i corpi delle donne uccise
ma anche gli uomini che connettono quei reati; 4. Ricostruire le storie di violenza;
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5. Non si parla di un’emergenza, di un’onda improvvisa che si è alzata;
6. Creare uno spazio per le storie che invece non finiscono male; 7. Il ruolo dei mass media deve essere, anche, quello di raccontare
storie di belle donne;
8. Contribuire ad un sovvertimento della subcultura generale della disuguaglianza secondo cui la mascolinità si esprime attraverso il dominio e il controllo delle donne;
9. Non cedere alla sovrapposizione maschile-femminile;
10. Chiedersi perché il fattore culturale che definisce i rapporti tra uomini-donne si stia rivelando così resistente a un’evoluzione liberatrice di energie tanto per le donne quanto per gli uomini. Importante, da non dimenticare, è la Convenzione di Istanbul che pre- vede la partecipazione del settore privato e dei mass media all’elaborazione e attuazione di politiche, linee guida e norme di autoregolamentazione per pre- venire la violenza di genere e rafforzare il rispetto della dignità della donna (art.17).
Sulla corretta rappresentazione dei generi nel sistema si ritiene neces- sario che la comunicazione, anche commerciale e l’informazione, siano in linea con le conclusioni del comitato CEDAW rivolte all’Italia nel 2011 (art.23 a, 24, 25) con le quali l’Italia è stata invitata “ a mettere in atto una politica com- pleta, sostenuta e coordinata, rivolta a uomini e donne, fanciulli e fanciulle, per superare l’immagine delle donne come oggetto sessuale e gli stereotipi relativi ai loro ruoli nella società e nella famiglia.”
Sul fronte dell’utilizzo dell’immagine femminile da parte dei media questa linea di azione prevede attività volte a far sì che la comunicazione, anche commerciale, sia rispettosa della rappresentazione di genere e, in particolare, rispecchi l’effettivo ruolo svolto dalla donna nella vita sociale, culturale ed economica del nostro Paese attraverso un impegno da parte dei media volto a: • Evitare la diffusione di comunicazioni contenenti immagini, reali o vir-
tuali, di violenza di genere ovvero rappresentazioni che incitino ad atti di violenza sulle donne;
• Veicolare comunicazioni finalizzate alla prevenzione e al contrasto della violenza di genere, fornendo un’informazione corretta degli
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episodi di violenza di genere, contrastando una comunicazione che vit- timizza o colpevolizza le vittime.135
In conclusione, per affrontare il tema della violenza di genere visto dalla parte dei mass media occorre utilizzare un duplice strumento: da una parte è necessario comprendere che i mass media sono alla ricerca della notizia sensazionale; dall’altra parte è importante capire la percezione che giunge al lettore di quel modo di dare notizia.
“Cambiare il linguaggio per cambiare cultura”. È un appello rivolto ai
mass media. Il linguaggio attraverso cui si racconta la violenza maschile sulle donne è un punto fondamentale per combattere il femminicidio perché è il primo passo per cambiare la cultura della società italiana.