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Ripercussioni della violenza sui figli Violenza assistita o (witnessing

CAPITOLO 2: LA VIOLENZA DI GENERE: UN QUADRO GENERALE

2.8 Ripercussioni della violenza sui figli Violenza assistita o (witnessing

Se gli effetti della violenza sono facili da constatare sulla donna è più difficile controllarli nei bambini, eppure, un bambino cresciuto in un ambiente violento è a sua volta vittima di violenza.118

117 (usl 5 di Pisa, s.d.), http://www.uslnordovest.toscana.it/ 118 M. F. Hirigoyen, op. cit., p.173

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La violenza contro le donne e i bambini è ancora terribilmente diffusa nei nostri Paesi. Le conseguenze sui bambini sono ormai patrimonio condiviso dal mondo scientifico che si occupa di studiare e curare i danni dei comportamenti violenti in età evolutiva, ma sfuggono clamorosamente all’attenzione non solo delle istituzioni ma degli stessi servizi di tutela dei minori, della scuola e dei genitori.

Solo la reale consapevolezza dei danni inferti dalla violenza potrebbe davvero mobilitare il governo, gli operatori e i genitori stessi per cercare di prevenire il conciliarsi della violenza. La maggior parte dei problemi della no- stra società ha origine proprio nei comportamenti violenti che i bambini subi- scono nell’infanzia, nell’indifferenza di tutti.

“I bambini hanno bisogno di una famiglia unita e della presenza quo- tidiana del padre anche se è violento con la loro madre.”119

Diversi studi hanno dimostrato che assistere alla violenza nei confronti di una figura di riferimento è una forma di abuso a tutti gli effetti, in grado di compromettere lo sviluppo individuale e produrre sintomi psico-fisici a breve, medio e lungo termine per lo più sovrapponibili a quelli di un abuso diretto.

La violenza assistita è un fenomeno sommerso e invisibile sia a livello culturale che a livello sociale, molto complesso degno di tutela sia a livello giuridico che psicologico.

La “violenza assistita” o witnessing violence consiste nel far assistere bambini/e ad atti di abuso fisico, verbale, psicologico, sessuale o economico sulla madre o su altri membri della famiglia o figure per lui/lei effettivamente importanti.

Per il CISMAI120 (coordinamento italiano dei servizi contro il maltrat- tamento e l’abuso all’infanzia) per violenza assistita da minori in ambito fami- liare si intende “il fare esperienza da parte del bambino di qualsiasi forma di maltrattamento, compiuto attraverso atti di violenza fisica, verbale,

119 M. L. Bonura, op. cit., p.48

120 Coordinamento italiano dei servizi contro il maltrattamento e l’abuso all’infanzia nasce nel 1993 su iniziativa di alcuni centri e servizi attivi nell’ambito del lavoro di prevenzione e presa in carico dei casi di abuso e maltrattamento ai danni di bambini e bambine. Nel 2005 il CISMAI ha prodotto le li- nee guida per gli operatori nel “Documento sui requisiti minimi degli interventi a favore delle vittime di violenza assistita sulle madri.” Le linee guida sono state aggiornate nel 2017 includendo una nuova tipologia di vittima: quella dei cosiddetti “orfani speciali” cioè tutti quei bambini/e che hanno perso la madre per mano del padre. Sono le vittime di violenza assistita da omicidio, omicidi plurimi, omici- dio-suicidio. (www.wikipedia.it/)

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psicologica, sessuale o economica su figure di riconoscimento o su altre figure effettivamente significative, adulte o minori. Si includono le violenze messe in atto da minori su altri minori e/o su altri membri della famiglia, e gli abbandoni e i maltrattamenti.” Il bambino può fare esperienza dell’agito violento diretta- mente, indirettamente e/o percependone gli effetti.

I ruoli che assumono in queste situazioni assai drammatiche sono: l’es- sere testimoni passivi della violenza; l’essere testimoni attivi quando si met- tono in mezzo ai genitori durante l’agito violento allo scopo di difendere o fare da scudo alla madre; l’essere bersagli in quanto colpiti direttamente dall’abu- sante o dal lancio di oggetti.

Per un bambino essere testimoni di violenza coniugale è lo stesso che essere maltrattato in prima persona. La madre potrà fare in modo che non assi- sta direttamente alla violenza, ma lui le vedrà le tracce delle botte e lo sconforto nei suoi occhi.121

I bambini che assistono sono considerati delle vere e proprie vittime di maltrattamento, subiscono in continuazione un abuso emotivo e sono più a ri- schio per altri tipi di maltrattamento: violenze fisiche, incuria e abuso sessuale.

Alcuni maltrattamenti arrivano a coinvolgere i figli nel controllo e nel maltrattamento alla donna-madre attraverso comportamenti manipolatori (“se mi dici cosa sta facendo la mamma, ti compro quel gioco che volevi”) o sottili ricatti affettivi (“non vuoi dirmi con chi era la mamma? Ma allora non vuoi più bene a papà?”).

Per Roberta Luperti e Maria Teresa Pedrocco Brancardi: “subire mal-

trattamento cronico è associato con un alto rischio di depressione, disordine da stress post traumatico e tentativi di suicidio per le vittime. Anche i bambini e gli adolescenti mostrano problemi acuti sul piano emotivo e comportamen- tale. Se l’essere in un ambiente sicuro spesso allevia questi problemi, molte donne e bambini necessitano di un sostegno individuale di gruppo e di inter- venti terapeutici.”122

I primi a non vedere e sottovalutare il problema sono proprio gli stessi genitori: molte madri che subiscono violenze dal partner affermano che “i

121 M.F. Hirigoyen, op. cit., p.174

122 S. Mazzaglia, Il Danno invisibile nella violenza assistita da minori, Roma, Edizioni Universitarie, 2010, p.49

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bambini non sentono nulla perché dormono o sono in un’altra stanza o comun- que non capiscono.” In realtà i figli percepiscono sempre il clima di tensione e di angoscia che regna in un ambiente violento, e anche se non assistono diret- tamente all’episodio violento, subiscono gravi danni perché sanno che quelle cose succedono e ne vedono gli effetti in casa e sulla madre stessa.

La violenza assistita, purtroppo, comporta effetti a breve o lungo ter- mine su più livelli: emotivo, cognitivo fisico e relazionale.

L’entità del danno riportato dai bambini che hanno assistito alla vio- lenza fra i genitori è strettamente connessa alla paura di perdere le figure di attaccamento oppure all’impossibilità di costruire relazioni di attaccamento con le figure genitoriali.

Per superare il disagio occorre guardare all’essere, al diritto di persona del minore privo da ansie e paure davanti al nuovo: “la sua tutela quando si

trova in condizioni di disagio va quindi considerata tutela non solo nei suoi diritti ad “avere”, ma anche nei suoi diritti ad “essere”. L’essere implica la capacità di essere attivo nelle situazioni, mentre l’avere segnala una posizione passiva nei confronti della realtà esterna.”123

Davanti a queste situazioni una strategia di difesa è la resilienza usata come arma contro la violenza assistita.

La resilienza124 può e deve essere alimentata nelle madri e nei figli af- finché sia possibile rilanciare a partire dal passato, non “contro” di esso (ne- gandolo), ma a partire da esso e dalla sua elaborazione.

“Nel processo di resilienza vengono sperimentate soluzioni nuove per compiti e difficoltà sconosciuti, i vissuti individuali vengono memorizzati e alla fine del loro processo, gli individui possono guardare indietro, considerare il loro passato e scoprire di aver superato emotivamente eventi con risultati che non credevano potessero essere possibili per loro. Superare le proprie diffi- coltà e farlo in maniera soddisfacente può stimolare la sensazione positiva di un sé efficace e competente e la propria ridefinizione come persona.”125

123 Ivi, p.52

124 In generale è la capacità di un sistema di adattarsi al cambiamento. In psicologia, è la capacità di far fronte in maniera positiva agli eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita di- nanzi alle difficoltà, di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre, senza alienare la propria identità.

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Alcuni dati: la violenza assistita era pari al 65,2% nel 2014: • In aumento, era il 60,3% nel 2006;

• I figli direttamente coinvolti nel 25% dei casi, era il 15,9% nel 2006.

Secondo Save The Children126 nel 2018 sono 427 mila i bambini, che hanno vissuto la violenza tra le mura domestiche nei confronti delle loro mamme, nella quasi totalità dei casi compiute per mano di un uomo. Sono bam- bini che assistono direttamente ai maltrattamenti o ne prendono coscienza no- tando i lividi, le ferite o i cambiamenti di umore. In più di un caso su 10 le donne dichiarano che i propri figli sono stati, a loro volta, vittime dirette.

Cosa si può fare per i bambini vittime di violenza?

Il lavoro più importante da fare è quello di prevenzione. Da un lato pre- venire la violenza, dall’altro investire risorse per crescere bambini più resi- lienti.

Quando la violenza è già attuata occorre fermarla prima di pensare a degli interventi di sostegno psicologico o di terapia del bambino o della donna. La mentalità che l’allontanamento dalla famiglia per un bambino sia più dannoso della violenza è ancora troppo diffusa. Peraltro, è ancora diffusa l’idea che la violenza contro le donne e i bambini sia in qualche modo da accettare come un dato storico e culturale inevitabile, e solo quando si è di fronte ad una violenza estrema, essa viene condannata con fermezza da tutta la società.

Per contrastare il maltrattamento non basta individuarlo o fermarlo; bi- sogna sostituirlo con altro, togliere il maltrattamento affermando i diritti del bambino.

Solo una strategia di prevenzione, che miri a rafforzare i legami di at- taccamento fra il bambino e i suoi genitori (in particolare la madre), ponendo al centro dell’attenzione i danni che la violenza perdura, potrà rappresentare dei passi avanti a tutela dei bambini.