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Nonostante le molte trasformazioni nei rapporti tra i sessi e nonostante gli sforzi ope- rati sul piano della repressione e della sensibilizzazione, la violenza contro le donne continua ad assumere proporzioni inquietanti.

Bisogna chiedersi quali siano le politiche e quali possano essere, oggi, le politiche di contrasto e prevenzione.

Le politiche contro la violenza sono politiche ad alto contenuto di innovazione: esse richiedono, congiuntamente, un lavoro sul sistema e sulla persona; favoriscono interventi flessibili ed integrati; promuovono azioni di tipo preventivo e non mera- mente riparativo.

Nonostante oggi la violenza sia considerata un problema sociale diffuso e me- ritevole di particolare attenzione rispetto ad un passato in cui appariva invisibile e am- piamente giustificata nella società, le politiche e le risposte che i governi ed i rappre- sentanti istituzionali adottano e forniscono, dimostrano come essa non sia ancora in- tesa nella sua accezione specifica.

Cimagalli nel suo libro “Le politiche contro la violenza di genere nel welfare che cam-

bia” si chiede sempre più spesso se si debba parlare di politiche o di semplici interventi

contro la violenza.

Emerge che oggi non esiste una vera e propria politica, perché sia gli interventi che i servizi non sono inseriti in un quadro organico ben definito, ma sono tra loro molto frammentati.

Inoltre, sempre secondo l’autore, le politiche e i servizi contro la violenza non nascono in forma reticolare: da un lato si colloca la filiera di interventi e servizi di tipo lineare che fanno riferimento ai bisogni emergenti della persona (polizia, pronto soccorso); dall’altro lato si collocano i servizi di relazione, di ascolto, i centri di aiuto che svilup- pano l’empowerment, puntano alla personalizzazione ed all’implementazione di inter- venti di bottom-up.

Data l’esistenza di varie forme di violenza, diviene necessaria una mirata pia- nificazione, programmazione e progettazione delle politiche sociali che passi attra- verso un’attenta rilevazione del fenomeno, l’individuazione dei giusti canali giuridici ed istituzionali da attivare, la messa in rete delle esperienze e degli interventi ed un adeguato raccordo tra gli enti.

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Detto ciò, secondo Cimagalli, l’obiettivo è quello di creare una politica ex ante, di prevenzione contro la violenza.

Nello specifico, in questo capitolo, si tratteranno, la normativa e le politiche di prevenzione e di contrasto alla violenza, in Toscana e Puglia.

5.1 La normativa in Toscana

Un caso emblematico, meritevole di attenzione è quello della Toscana. Sin dal 2009 con il “Primo Rapporto sulla violenza di genere in Toscana. Anno 2009” la Regione Toscana, attuando quanto dalla stessa sancito con la legge regionale 59/2007, è stata costantemente in prima linea tra le regioni italiane, per quanto concerne il monitorag- gio del fenomeno del femicidio e della violenza di genere, oltre che all’implementa- zione di politiche ad hoc dirette a contrastare i crimini e qualunque tipo di discrimina- zione contro le donne.

Nell’ultimo rapporto, l’ottavo200 la sezione dedicata al femminicidio è caratte- rizzata da un ampio livello di approfondimento caratterizzata dai dati forniti dall’Istat.

Il fenomeno del femicidio è stato delineato in concreto adottando criteri opera- tivi fondati su una definizione in cui il femminicidio è omicidio con vittima femminile ed autore maschile in cui la donna viene uccisa in quanto donna (ovvero sia omicidio motivato da discriminazione di genere).201

La Toscana, infatti, appartiene ad una di quelle regione che ha deciso di ema- nare una legge ad hoc sulla violenza contro le donne, la L. n. 59/2007, e successiva- mente, la delibera 291/2010 in cui sono sancite le “linee guida contro la violenza di genere”.

200 Regione Toscana, Ottavo rapporto sulla violenza di genere in Toscana. Anno 2016, consultabile online sul sito istituzionale www.regione.toscana.it

201 Si puntualizza nell’ambito dell’indagine che “l’omicidio è stato considerato femicidio ogni qual- volta un uomo abbia ucciso una donna e sia stata presente almeno a una delle seguenti condizioni: 1) l’omicidio è avvenuto all’interno di una relazione intima presente o passata, anche occasionalmente; 2) tra vittima e omicida esiste una relazione di parentela, non sono presenti chiari motivi di altra na- tura e le vittime sono solo di sesso femminile; 3) quale che sia il rapporto tra vittima e omicida, il mo- vente è chiaramente un rifiuto di tipo sessuale/affettivo; 4) l’omicidio è avvenuto nell’ambito del mondo della prostituzione e non sono presenti motivazioni legate al denaro (morte in seguito ad una rapina); 5) l’omicidio è avvenuto in una situazione di subalternità dell’uomo nei confronti della donna e le vittime sono solo di genere femminile (o l’eventuale vittima di genere maschile è “collaterale”). (D. Bogattini, V. Pedani, Il femicidio: definizioni e dimensioni del fenomeno, in Regione Toscana, ot- tavo rapporto sulla violenza di genere in Toscana. Anno 2016, p.29)

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La legge 59/2007 “Norme contro la violenza di genere” è composta da 12 arti- coli tra cui si trovano i principi e le finalità della legge, ma anche gli strumenti di contrasto.

Nell’art. 1 viene data una definizione di violenza di genere affermando che

“ la Regione Toscana riconosce ogni tipo di violenza di genere, psicologica, fisica, sessuale ed economica, ivi compresa, la minaccia di tali atti, la persecuzione, la coer- cizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che nella vita privata, costituisce una violazione dei diritti umani alla vita, alla sicurezza, alla li- bertà, alla dignità, all’integrità fisica e psichica e costituisce un’autentica minaccia per la salute ed un ostacolo al godimento del diritto a una cittadinanza sicura, libera e giusta”; le finalità sono esplicate nell’art. 2 e riguardano attività di prevenzione e

adeguata accoglienza e sostegno alle vittime.

Per quanto riguarda le reti nella legge, si trovano i soggetti che devono perse- guire le finalità favorendo procedure omogenee promuovendo intese e protocolli per l’attuazione di interventi omogenei (art. 3). Qui sta anche una delle differenze fonda- mentali con i profili penali dell’intervento statale che contempla ipotesi d’intervento d’ufficio.

Questa legge prevede che la vittima possa rivolgersi anche ad un solo soggetto della rete perché si attivino l’assistenza e la protezione di tutti i soggetti che ne fanno parte (comuni, province, aziende ospedaliere universitarie, Asl, società della salute, prefetture, centri antiviolenza).

Alle province spetta il compito di promuovere il coordinamento territoriale dei soggetti della rete; alle aziende ospedaliere spetta il compito di attivare un centro di coordinamento per i problemi della violenza di genere su ogni zona che avrà il compito di attivare l’intervento e valutare le risorse.

La regione attua:

• il coordinamento mediante le linee guida e promuove la costitu- zione di centri di coordinamento. Il ruolo di indirizzo e coordi- namento è svolto in relazione agli interventi di comunicazione e sensibilizzazione da rivolgere alle vittime e al territorio, all’at- tività di formazione degli operatori e all’organizzazione dei la- vori del tavolo di lavoro del governo regionale per eliminare e contrastare la violenza sulle donne e sui bambini;

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• Promozione della costituzione di reti tenendo conto degli ac- cordi;

• Istituzione di una sezione dell’Osservatorio regionale denomi- nata “Osservatorio regionale sulla violenza di genere” per rea- lizzare un sistema di osservazione, monitoraggio, analisi e pre- visione del fenomeno della violenza di genere nonché di moni- toraggio delle relative politiche attraverso la raccolta e l’elabo- razione dei dati forniti dai centri antiviolenza, dai consultori e dai servizi territoriali;

• Programmazione attraverso una metodologia integrata che cor- risponde a competenze e interventi multidisciplinari e a risorse individuate nell’ambito di tutta la normativa regionale;

• Prevenzione.

A questa Legge sono connesse le Linee Guida della successiva delibera n. 291/2010 che hanno lo scopo di chiarire quali sono le competenze degli enti coinvolti. Esse comprendono un’”Appendice normativa” con riferimenti alla normativa europea, internazionale, nazionale e regionale. Nelle linee guida compare la definizione di cen- tro antiviolenza e le procedure ed interventi di contrasto alla violenza contro le donne.202

La regione Toscana è stata una delle prime regioni a sperimentare il Codice Rosa attraverso un protocollo203 siglato con la Procura della Repubblica che, piano piano, si sta diffondendo anche in altre regioni italiane.

Il codice rosa204 è un percorso di accesso al pronto soccorso per le vittime di violenza e/o maltrattamento con l’obiettivo di attivare interventi istituzionali condivisi in grado di prevenire e contrastare il fenomeno. Tale progetto ha previsto la costituzione di un gruppo operativo formato da personale sociosanitario, Procura della Repubblica e

202 F. Cimagalli, Le politiche contro la violenza di genere nel welfare che cambia. Concetti, modelli e

servizi, Milano, Franco Angeli, 2013, p.74

203 Strumento che in tutti i territori viene considerato dagli attori indispensabili per la lotta alla vio- lenza alle donne. La costruzione dei protocolli assorbe molte energie e risorse, ma tale processo risulta fallimentare se non è accompagnato da un processo di “cura” e di monitoraggio dell’effettiva loro im- plementazione. (M. C. Foglia, Emilia-Romagna e Toscana: la rete tra insidie e vantaggi, in Le politi-

che contro la violenza del genere nel welfare che cambia. Concetti, modelli e servizi, a cura di F. Ci-

magalli, Milano, Franco Angeli, 2013, p.78)

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Forze di Polizia, che cerca di individuare l’autore del maltrattamento e, se necessario, attiva i servizi territoriali.

Quindi è un percorso di accoglienza e protezione che si attiva nell’accesso al Pronto Soccorso ed è dedicato a chi subisce violenza, abusi e discriminazioni sessuali. Oltre alle cure mediche è previsto un sostegno psicologico e gli operatori sono formati per riconoscere subito i segni dei maltrattamenti subiti.205

Il progetto ha preso avvio, nel 2014, attraverso la stesura di protocolli d’intesa tra le Aziende Sanitarie e le Procure della Repubblica, in cui si cercano di dare delle risposte integrate di supporto attivando la rete antiviolenza per la presa in carico suc- cessiva all’intervento di primo soccorso.

Oltre alla legge 59/2007 e alla successiva delibera 291/2010, che sono le più im- portanti, in Toscana, sono previste altre leggi, protocolli e strumenti che si pongono come obiettivo il raggiungimento della parità di genere, che tratteremo in sintesi.

5.1.1 Legge regionale n. 16/2009 “Cittadinanza di genere”

Sul bollettino ufficiale della regione Toscana del 6 Aprile 2009 è stata pubblicata la legge regionale n. 16/2009 “Cittadinanza di genere”. Con questa legge la regione per- segue obiettivi specifici per raggiungere una piena parità di genere nella vita sociale, culturale ed economica, evidenziando il carattere trasversale delle politiche di genere rispetto all’insieme delle politiche regionali con particolare riferimento ai settori dell’istruzione, delle politiche economiche, della sanità, della comunicazione e della formazione.

La legge si compone di 26 articoli suddividi tra i seguenti titoli: • Titolo I: disposizioni generali;

• Titolo II: azioni per la conciliazione vita-lavoro e le pari opportunità nella vita sociale e politica;

• Titolo III: politiche per la cittadinanza di genere; • Titolo IV: strumenti di attuazione e disposizioni finali.

5.1.2 Protocollo d’intesa tra Anci e D.i.Re Maggio 2013

205 R. Biancheri, Violenza di genere: quali effetti e quali risposte per la salute delle donne? in “Salute

e Società. Aspetti sociologici. Forme simboliche e pratiche sociali dell’alimentazione”, 3 (2016), pp.

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Il protocollo D.i.Re- Anci (associazione Comuni Italiani) si impegna a collaborare per promuovere e sviluppare azioni, progetti o iniziative finalizzate alla prevenzione e al contrasto della violenza maschile contro le donne, attuando azioni di sensibilizzazione e informazione sulla violenza di genere.

Il protocollo firmato il 20 Maggio 2013 prevede l’istituzione di tavoli tecnici che coinvolgano tutti gli attori interessati per verificare la possibilità di sostenere, con- cretamente, le donne vittime e i loro figli.

Vediamo, ora, quali sono i due strumenti.

5.1.3 Tavolo regionale di coordinamento per le politiche di genere

È istituito ai sensi dell’art. 8 della legge regionale n. 16/2009, così come modificato dalla legge regionale n. 4/2011 per rendere stabili la partecipazione e il confronto sullo sviluppo delle politiche di genere e delle relative normative.

Il tavolo è:

• Uno strumento di partecipazione e rappresentanza dei soggetti che promuo- vono politiche di pari opportunità;

• Una sede di confronto dei soggetti interessati per l’esame delle problematiche e delle politiche, oggetto della legge regionale n. 16/2009 e dei relativi stru- menti di programmazione e intervento.

Il tavolo assume un ruolo di promozione e impulso per le iniziative volte all’attua- zione delle pari opportunità e per la valorizzazione della figura femminile.

Con deliberazione della giunta sono individuate le istituzioni, nonché i soggetti che promuovono politiche di genere e di pari opportunità chiamati a fare parte del tavolo.

5.1.4 Tavolo dei servizi delle istituzioni e della cittadinanza attiva contro la vio- lenza e il programma “Non da sola. Una rete per uscire dalla violenza”

La proposta di programma di intervento sulla violenza nasce dall’esigenza di dare ri- sposte alle criticità presenti sul territorio della Zona Pisana che, da sempre, sono state evidenziate nelle risposte e nella presa in carico delle persone che hanno subito vio- lenza ed abuso intra familiare.

L’obiettivo complessivo è quello di definire le linee di indirizzo per la pro- grammazione zonale: stabilire connessioni stabili tra servizi, istituzioni, realtà della

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cittadinanza attiva per arrivare alla costituzione di un sistema unitario di servizi rivolti alle donne e ai bambini che hanno subito violenza.206

Il Tavolo contro la violenza è quindi un primo spazio per giungere alla condi- visione di metodi, linguaggi, obiettivi e attraverso questo, creare un sistema di servizi diversificati, ma in grado di connettersi in un progetto unitario e integrato di interventi. Le direttrici attraverso cui si muove sono quelle contenute nella legislazione nazionale e regionale:

1. costruzione di processi integrati di presa in carico;

2. potenziamento delle competenze attraverso azioni mirate di formazione; 3. strutturazione di un sistema a rete per la rilevazione e la lettura dei feno-

meni;

4. programmazione integrata di azioni di sensibilizzazione e di promozione. Questi quindi gli obiettivi del Tavolo:

1. Elaborare, attivare e verificare un piano di interventi integrati a livello zo- nale per la prevenzione della violenza e per la tutela e la cura dei soggetti (donne e minori) che hanno subito violenza;

2. Coordinare e incrementare la raccolta dei dati sulla violenza; 3. Promuovere campagne di informazione e di sensibilizzazione;

4. Promuovere la ricerca sulle cause, conseguenze, costi e prevenzione della violenza.

La formalizzazione del Tavolo consente di avviare la programmazione delle atti- vità integrate in gruppi di lavoro. Questi ultimi devono agire su mandato del Tavolo Interistituzionale e devono essere composti dai referenti dei servizi, delle istituzioni e della cittadinanza attiva ingaggiati nel programma generale.

5.1.5 Comitato regionale di coordinamento sulla violenza di genere

Il Comitato è previsto dall’art. 26 decies della legge regionale 82/2015207 per suppor- tare la Giunta regionale a realizzare tutte le iniziative utili, per quanto di competenza regionale, a mettere in atto, in modo omogeneo su tutto il territorio toscano, un’efficace

206www.comune.pisa.it/

207 La L. Reg. 82/2015 ha istituito un contributo per il triennio 2016-2018 a favore delle famiglie con figli disabili, con l’obiettivo di sostenere le persone che vivono in particolari situazioni di disagio. (www.regione.toscana.it/ )

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strategia di prevenzione, sensibilizzazione, contrasto alla violenza di genere e di so- stegno, orientamento, protezione, aiuto alle vittime.

Il comitato è composto da: • Il Presidente della Giunta;

• I componenti della giunta regionale competenti, in materia di pari opportunità, sociale, sanità, sicurezza, istruzione e lavoro;

• Presidente della Commissione regionale Pari Opportunità;

• Legale rappresentante di ciascuno dei centri antiviolenza della Toscana; • Due rappresentanti di Anci e Upi.208

Con la delibera n. 76/2016 è stata deliberata la modalità di funzionamento del Comi- tato e ne è stata integrata la composizione con i seguenti componenti:

• Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Firenze; • Prefetto di Firenze;

• Questore di Firenze;

• Direttore dell’ufficio scolastico regionale; • Responsabile della rete regionale Codice Rosa; • Responsabile dell’Osservatorio sociale regionale;

• Legale rappresentante di ciascuno dei centri per autori della violenza sulle donne;

• Membro designato delle organizzazioni sindacali partecipanti al tavolo di con- certazione generale.

Con decreto del Presidente della Giunta Regionale n. 82/2017 sono stati nominati i rappresentanti di Anci e Upi e delle organizzazioni sindacali partecipanti al tavolo di concertazione generale.

Nonostante l’attuazione delle leggi, dei protocolli e degli strumenti messi in atto, sopra citati, la violenza delle donne, in Toscana è in aumento. Dal 2006 al 2017 si sono verificati 108 femminicidi in gran parte dal partner o ex partner. Delle 108 donne uc- cise 80 erano italiane, 23 straniere. E secondo le indagini tra le forme di violenza quella psicologica si conferma la più diffusa.

“E’ una tragedia che colpisce trasversalmente tutte le classi sociali, senza distinzioni, commenta Barbara Pignalini, la Presidente della Commissione per le pari opportunità

208 L’ANCI è l’acronimo di “associazione nazionale comuni italiani”; l’UPI è l’acronimo di “unione province d’Italia”.

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della Regione, dobbiamo liberarci da un’eredità che deriva da secoli da stereotipi

sessisti fossilizzati da un modello di società patriarcale.”209

Secondo Stefania Saccardi “serve una svolta culturale, in un tempo in cui si costrui-

scono muri e si alimenta la paura del diverso, bisogna lavorare su una comunità che rispetti il diverso, su una cultura a tutto tondo del rispetto dell’altro.”210

5.2 La normativa in Puglia

La Regione Puglia è intervenuta più volte a livello legislativo in materia di sistema integrato di welfare e di politiche di genere, riconoscendo l’urgenza e la necessità di attivare strumenti efficaci di lotta alla discriminazione e alla violenza, assumendo il principio delle pari opportunità.211

La Giunta Regionale, con la Delibera n.1104 del 2004, ha approvato il “Piano Regionale delle Politiche Sociali”, previsto dalla Legge n. 17 del 2003 “Sistema inte- grato d’interventi e servizi sociali in Puglia”, che disciplina il nuovo sistema integrato di interventi e servizi sociali prevedendo la definizione di scelte strategiche di politiche sociali, la costruzione di una rete di livelli essenziali di assistenza e il riconoscimento del ruolo protagonista degli attori sociali.212

Queste linee guida sono state riprese dalla legge regionale n. 19 del 2006 “Di- sciplina del sistema integrato dei servizi sociali per la dignità e il benessere delle donne e degli uomini di Puglia”213, in cui si individuano le tipologie di strutture ed i servizi per il sostegno e l’inclusione sociale delle donne vittime di violenza, al fine di garantire una maggiore tutela improntata alla non discriminazione. Con tale legge viene istituito l’Osservatorio regionale delle Politiche Sociali.214

209 E. Benedetti, Violenza contro le donne: dal 2006 in Toscana 108 femminicidi (www.pisatoday.it, 23 Novembre 2018)

210 Ibidem

211www.pariopportunità.regione.puglia.it/

212 G. Campanelli, M. Carducci, I. Loiodice, V. Tondi Delle Mura, Lineamenti di diritto costituzionale

della Regione Puglia, Torino, Giappichelli Editore, 2016, p.127

213 Legge quadro per la programmazione e attuazione delle politiche di welfare all’interno della quale il titolo III è interamente dedicato all’attuazione di politiche di conciliazione vita-lavoro, in attuazione di quanto previsto dalla l. 53 del 2000. (www.regione.puglia.it)

214 Al suo interno viene posto l’Osservatorio permanente sulle famiglie e le politiche familiari che “studia ed analizza l’evoluzione delle condizioni di vita delle famiglie, con particolare attenzione alle situazioni di disagio e di violenza, al rapporto famiglia-lavoro, al fine di individuare le problematiche emergenti e l’evoluzione complessiva delle esigenze familiari.” (A. Panico, M. Sibilla, La violenza nel

mirino: la Puglia e la Basilicata, in Le politiche contro la violenza di genere nel welfare che cambia,

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Nel 2007 la Regione ha approvato la legge n. 7 “Norme per le politiche di ge- nere e la conciliazione vita-lavoro in Puglia” per offrire una base normativa certa per servizi e iniziative in grado di garantire condizioni effettive di pari opportunità e ri- disegnare il profilo della città garantendo il miglioramento delle condizioni di vita per tutti.

La legge ha individuato tra i propri obiettivi la promozione ed il sostegno ad

“iniziative di sensibilizzazione, trasferimento e scambio di buone pratiche volte a fa- vorire il cambiamento verso una cittadinanza sessuata ovvero attenta alle differenze di genere per la rimozione di ogni forma di violenza e abuso contro le donne215”; in

seguito, è stato ritenuto fondamentale “promuovere e sostenere iniziative volte a su-

perare gli stereotipi di genere; promuovere ricerche, studi e la raccolta sistematica di documentazione e di dati statistici disaggregati per genere sulla condizione femminile, sulle discriminazioni con particolare attenzione al fenomeno della violenza di genere garantendone la divulgazione”.216

Oltre alle leggi su citate, bisogna fare riferimento ad altri strumenti, organismi