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Verso un linguaggio rispettoso dell’identità di genere

CAPITOLO 2: LA VIOLENZA DI GENERE: UN QUADRO GENERALE

2.10 Verso un linguaggio rispettoso dell’identità di genere

La lingua è “il luogo in cui si costruiscono e si stabiliscono i modelli di com- portamento, le rappresentazioni sociali, le visioni del mondo, a cui si adeguano e si conformano le donne e gli uomini.” 136

Con l’espressione “sessismo linguistico” si fa riferimento alla nozione linguistic sexism elaborata negli anni 60-70 negli USA nell’ambito degli studi sulla manifestazione della differenza sessuale nel linguaggio. Era emersa, in- fatti, una profonda discriminazione nel modo di rappresentare la donna rispetto all’uomo attraverso l’uso della lingua.

La questione della rappresentazione della donna attraverso il linguaggio emergeva in Italia in un periodo in cui la questione della parità fra uomo e donna era alla ribalta sul piano sociale e politico. Fino alla fine degli anni ’80 l’idea di parità sembrava implicare un adeguamento della donna al modello maschile o, più tecnicamente, una sua “omologazione” al paradigma sociocul- turale maschile.

Per le donne che raggiungono posizioni professionali o occupavano ruoli istituzionali di prestigio, essere incluse nel “mondo linguistico” e sentirsi

135 file: /descrizione-del-piano-d-azione-straordinario-contro-la-violenza-sessuale-e-di-genere.pdf 136 O. Fornara, Il linguaggio non sessista in Italia. Politiche istituzionali e pratiche d’uso, in Mi fai

male, Atti del convegno Venezia, Auditorium Santa Margherita, 2008, a cura di G. Giusti e S. Regaz-

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chiamare direttore, chirurgo, architetto rappresentava una prova della tanto so- spirata parità.

Il linguaggio sessista si può considerare come una forma di discrimina- zione sessuale indiretta ovvero una di quelle situazioni nelle quali una disposi- zione, un criterio o una prassi possono invece mettere in una posizione di svan- taggio le persone di un determinato sesso rispetto a quelle di un altro.

Dall’altro lato utilizzare un linguaggio più rispettoso delle identità di genere risponde alla necessità di rendere la lingua istituzionale più trasparente e cor- retta.

Alma Sabatini in “Le raccomandazioni per un uso non sessista della

lingua italiana”137 estratto da “il sessismo della lingua italiana” distingue due tipi di sessismi:

1. Derivanti da asimmetrie semantiche che riflettono gli stereotipi sociali;

2. Derivanti da asimmetrie grammaticali come l’uso del maschile per persone sia di sesso maschile che femminile.

Secondo Sabatini per “parità non si intende adeguamento alla norma

“uomo”, bensì reale possibilità di pieno sviluppo e realizzazione per tutti gli esseri umani nelle loro diversità”. Molte persone sono convinte di ciò, eppure

si continua a dire che “la donna deve essere pari all’uomo” e mai che “l’uomo

deve essere pari alla donna” e nemmeno che “la donna e l’uomo (o l’uomo e la donna) devono essere pari: strano concetto di parità questo in cui il para- metro è sempre l’uomo.”138

In italiano e in tutte le altre lingue che distinguono morfologicamente il genere maschile e quello femminile, la donna risulta spesso nascosta “dentro” il genere grammaticale maschile che viene usato in riferimento a donne e uo- mini (es. cittadini).

137 Lo scopo per la Sabatini è (ri)stabilire la “parità fra i sessi” attraverso il riconoscimento delle diffe- renze di genere. Al linguaggio viene riconosciuto un ruolo fondamentale nella costruzione sociale della realtà e, quindi, anche dell’identità di genere maschile e femminile: è perciò necessario che sia usato in modo non “sessista” e non privilegi più, come fa da secoli, il genere maschile né tantomeno continui a tramandare una serie di pregiudizi negativi nei confronti delle donne, ma diventi rispettoso di entrambi i generi.

138 A. Sabatini, Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana, Presidenza del Consi- glio dei Ministri, Roma, 1986, p.99 (http://www.funzionepubblica.gov.it/)

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Frequentissimo è, anche, l’uso della forma maschile anziché femminile per i titoli professionali e per i ruoli istituzionali riferiti alle donne (es. sindaco e non sindaca, chirurgo e non chirurga).

Sia nella comunicazione istituzionale, sia in quella quotidiana le resi- stenze a adattare il linguaggio alla nuova realtà sociale sono ancora forti e così, donne ormai diventate professionali, acclamate e prestigiose, salite ai posti più alti delle gerarchie politiche e istituzionali, vengono definite con titoli di genere grammaticale maschile (es. ministro, avvocato).

Comunque la situazione è in movimento, si notano una maggiore atten- zione, da parte dei media, a usare il genere femminile per i titoli professionali e i ruoli istituzionali (es. ministra, deputata).

La rappresentazione della donna attraverso il linguaggio costituisce un argomento di riflessione. In Italia i numerosi studi hanno messo in evidenza che la figura femminile viene spesso svilita dall’uso di un linguaggio stereoti- pato che dà un’immagine negativa o quantomeno subalterna rispetto all’uomo. Vi è, poi, un’ingiustizia delle parole in quanto assumono significato diverso se riferite al maschile o al femminile. Alcuni esempi:

MASCHILE FEMMINILE

CORTIGIANO:

un uomo che vive a corte

CORTIGIANA: una poco di buono UN UOMO DI STRADA:

un uomo del popolo

UNA DONNA DI STRADA: una poco di buono

UN UOMO FACILE: un uomo senza pretese

UNA DONNA FACILE: una poco di buono

UNO CHE BATTE: un tennista serve la palla

UNA CHE BATTE: una poco di buono

Tabella 4 Serena Dellamore, La violenza contro le donne e la sua rappresentazione nei media.139

Qual è la ragione di questo atteggiamento?

139 http://www.academia.edu/6088706/La_violenza_contro_le_donne_e_la_sua_rappresenta- zione_nei_media_italiani

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Questo atteggiamento è frutto di un’impostazione linguistica cioè la nostra lin- gua è androcentrica incentrata sull’uomo ciò comporta l’inclusione del femmi- nile nel maschile.

Le resistenze all’uso del genere grammaticale femminile per molti titoli professionali sembrano poggiare su ragioni di tipo linguistico, ma in realtà sono di tipo culturale.

Un uso più consapevole della lingua contribuisce a una più adeguata rappresentazione pubblica del ruolo della donna nella società e a realizzare quel salto di qualità nel modo di vedere la donna che si chiede alla società. Società che è cambiata, cambia e cambierà ancora. Professioni e funzioni che sono state per anni di esclusivo dominio maschile sono oggi, invece, rivestite da uomini e donne indifferentemente.

Un uso della lingua rispettoso della parità di genere è di fondamentale importanza per un effettivo superamento delle disuguaglianze che sono un dato di fatto nella società italiana.